RENZI E LETTA NELLA PARTITA PER L’ITALIA: TORNA “MALEDETTI - TopicsExpress



          

RENZI E LETTA NELLA PARTITA PER L’ITALIA: TORNA “MALEDETTI TOSCANI” Ovvìa, icché vogliono codesti due? Eh, sì, anche stavolta ci sta: maledetti toscani! Chissà cosa avrebbe pensato Curzio Malaparte che nellanno 2013-14 il destino non tanto del centrosinistra, ma dellItalia si sarebbe giocato lungo lasse che da Pisa (Letta) arriva fino a Firenze (Renzi)? La Leopolda, fin dal nome, brulica di toscani, toscanità, toscanisterie e altre incessanti ed estese bubbole campanilistiche per le quali i fiorentini, e un po anche il loro sindaho, anzi il loro sindahino, come lui stesso a volte si autodesigna, con tanto di giglio doro bene in vista sulla fascia tricolore, nutrono un gusto tutto particolare e tignosissimo, unico al mondo. E aperto a qualsiasi novità. Adesso, per dire, centra anche laeroporto. Renzi vuole ingrandire quello di Firenze, strenuamente. Il presidente della Toscana Rossi, che è pisano, gli mette i bastoni tra le ruote. I senesi, figurarsi, godono; gli aretini se la spassano; i pistoiesi fanno finta di allearsi ora con Pisa ora con la sua storica nemica. E si avverte la più viva nostalgia di Montanelli, che era nato a Fucecchio, equidistante tra le capitali dei due leader: nessuno meglio del vecchio Indro, che peraltro cordialmente detestava ampiamente ricambiato il pratese Malaparte, avrebbe trovato le parole giuste per illustrare al meglio lodio secolare ritornato in voga dinanzi alla conquista dellItalia. Ma da queste parti, pure in mancanza di Montanelli, lo spiritaccio offre risorse di inesauribile perfidia, con il che sempre riguardo al duello tra Renzi e Letta ci si limita a segnalare un mirabile titolo del livornese Vernacoliere: Piripitto contro Pallemoscie. Sarà perché la fine delle ideologie e delle culture politiche fa riemergere identità e anche maschere locali e municipali. Sta di fatto che Piripitto non solo adora la sua città (che pure i puristi sostengono non essere sua, essendo egli di Rignano), e la squadra dei viola, scherza sul carro su cui salireo da tirare evocando quello rituale, il Brindellone che alla fine della settimana santa viene fatto scoppiare sotto il Duomo, ma soprattutto di Firenze ha fatto la cifra superbamente sua per dare lassalto al potere, un alibi di sprezzante superiorità rispetto a qualunque altro sindaco o politico italiano. Lesprit florentin, quel tratto di eleganza nellattraversare le asprezze del potere che qualificò addirittura Mitterrand, la velocità ultrasonica della battuta di spirito, meglio se oltraggiosa (chiedere a Marini e alla Finocchiaro); la più astuta e concreta energia; la più evidente e coraggiosa immodestia; la necessità al limite della beceraggine (per quanto Malaparte scrivesse che becero è un toscano allo stato di grazia) di voler dire lultima parola: ecco, tutto questo è Renzi, nella terra che ha dato i natali a Machiavelli, lOld Nick chea loro volta gli inglesi ritenevano fosse lincarnazione del diavolo. Per tutto questo, o proprio per tutto questo, magari domani vincerà. Ma su Facebook gira anche un fantastico fotomontaggio che raffigura Renzi come il mostro di Firenze numero 2; mentre, sia pure con umorismo più raffinato e sottile, per quanto anchesso molto fiorentino, lillustratore Francesco Spadoni, alias Pennello da Quaracchi, lo dipinge come un signore mediceo, incautamente megalomane. Qualche giorno fa Michele Salvati ha avvicinato Renzi a Dante Alighieri: Qui si parrà la tua nobilitate. Per lui deve essere suonato come un invito a nozze. Irruento comè, e misirizzi come i seguaci del Giglio magico lhanno un tantino viziato a essere, Piripitto dialoga e talvolta, come nel libro Stil novo (Rizzoli, 2012), tratta alla pari i Grandi del passato, Dante è ganzo osserva. Pallemoscie invece è riflessivo, cauto, sorvegliato, assai civile e magari anche un po ipocrita. Ma se decide che ce nè bisogno, sa essere piuttosto velenosetto. Per cui, rispetto al XXXIII canto dellInferno, quello in cui Pisa è definita vituperio delle genti, e il Poeta arriva ad auspicare una specie di tsunami (Muovasi la Capraia e la Gorgona), insomma, abilmente schermandosi dietro a un poeta pisano, il Ficini, in ogni caso Letta ha fatto notare che Dante, dopo tutto, altro non era che un lecchino. Così va fra i toscani. A tanto arrivano. Del resto secoli fa si fecero sanguinose guerre, e stragi, pulizie etniche, tali da aver lasciato strascichia livello atavico, ancestrale, da psicanalisi sociale. Ha raccontato Roberto Benigni che la rivalità tra pisani e fiorentini finisce per incentrarsi sullaltezza fallica delle rispettive torri. Ma è un fatto acclarato che, una volta in visita a Firenze, il sindaco ha voluto portare il premier in cima a Palazzo Vecchio e da lassù gli ha fatto notare che ui è drittququi la torre è dritta, mentre a Pisa pende, tiè. Chissà quante ancora toccherà sentirne - ovvìa, da codesti due.
Posted on: Tue, 29 Oct 2013 16:15:47 +0000

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