Recensione di Hyouka “Comincia a far freddo.” … “No, - TopicsExpress



          

Recensione di Hyouka “Comincia a far freddo.” … “No, ora è primavera.” Con questo semplice scambio di battute tra Oreki e Chitanda questo intricato anime sintetizza tutto il suo essere, la sua complessità e soprattutto il traguardo raggiunto dai suoi quattro protagonisti. Ma andiamo per ordine a illustrare i molti dettagli che compongono il complesso puzzle narrativo e semantico che è Hyouka, serie di certo tra le più criticate del 2012. Il perché di un tale accanimento verso questa produzione resta un mistero a cui forse solo Oreki potrebbe trovare una degna soluzione, ma non potendo certo interpellarlo dovremo cercare da noi di trovare una valida spiegazione allenigma. E’ facile supporre che molti spettatori non siano riusciti ad apprezzare la produzione in primis per colpa della stessa Kyoto Animation, capace di compattare il gruppo dei suoi detrattori sotto l’obbiettivo comune della lotta senza se e senza ma allo stile “moe” di grande successo che la compagnia ha prodotto negli anni, spesso da molti considerato causa dell’inarrestabile proliferazione di serie animate dalle trame semplicistiche se non del tutto assenti. Inoltre, come ormai per ogni suo nuovo lavoro, molto alte erano le aspettative, con gli spettatori frementi di ritrovarsi tra le mani ancora un nuovo capolavoro. Ovviamente non è semplice crearne di nuovi e anche KyoAni fatica non poco nell’impresa, anche se proprio in Hyouka la compagnia inserisce in alcuni episodi una riflessione su cosa sia e come venga alla luce un capolavoro, mostrando come spesso un’altra opera meritevole possa venire offuscata dallingombrante presenza della fiamma del talento. In questo arco narrativo l’esempio è sui manga, ma tranquillamente estensibile al campo degli anime. In pochi inoltre hanno riconosciuto nel corso degli anni il coraggio mostrato dallo studio di Kyoto che non ha evitato infatti di cercare strade nuove, come con Hyouka, ma anche con Chuunibyou demo Koi ga Shitai!, piuttosto che continuare a vivere del successo delle sue apprezzate serie storiche, come La malinconia di Haruhi Suzumiya o anche K-on!, entrambe potenzialmente ancora sfruttabili. “Sono curioso!” Accostare questa produzione a un genere specifico nonché trovare paragoni efficaci con altre produzioni precedenti o successive si è rivelata un’operazione piuttosto appagante. In linea di massima è certo possibile attaccare a Hyouka la prolifica etichetta di slice of life, come è altrettanto scontato inserirlo nel filone delle serie “investigative”, dato che l’elemento misterioso e la sua risoluzione sono certo parte fondante della narrazione. D’altro canto però è impossibile non notare quanto a essere indiscussa protagonista delle vicende sia la riflessione tutta psicologica sulla vita e sul mondo, sul come si debba considerare e spendere la propria esistenza, in relazione a se stessi e a chi ci è intorno. A prima vista molti potrebbero vedere una forte analogia della serie con la precedente La malinconia di Haruhi Suzumiya, ma questo sarebbe un paragone davvero superficiale. Infatti in questa serie l’elemento sovrannaturale non è affatto presente, come anche non ci sono vere analogie, nonostante una superficiale somiglianza, tra Kyon e Oreki o Haruhi e Chitanda. Kyon infatti non ha certo gli stessi problemi di Oreki, ma presenta una condizione interiore come anche obbiettivi molto diversi. Houtarou Oreki ci viene dapprima presentato come uno studente svogliato nonché annoiato dalla vita stessa. Non è però un asociale, ma semplicemente reputa superfluo spendere energie nel compiere qualsiasi azione non sia strettamente necessaria, e questo include ovviamente anche le relazione sociali. Motivo per cui solo due sono i suoi compagni e amici storici: Satoshi Fukube e Mayaka Ibara. Non è però difficile se si presta attenzione notare fin da subito delle grandi differenze con il suo predecessore Kyon, il quale non possiede realmente nessuna capacità particolare ne stimolo interiore che lo persuada ad agire. A farlo muovere è solo la meteora impazzita Haruhi. Oreki all’inverso possiede straordinarie doti analitiche che incredibilmente lo porteranno a sentirsi solo e a disagio rispetto al mondo e ai suoi compagni, tanto che non potrà far a meno di impiegare questo suo talento non tanto per spiegare i misteriosi “eventi” in cui il Club Classico si imbatterà di volta in volta, ma piuttosto per capire i sentimenti del suo prossimo. Hyouka, così come il suo protagonista, si concentra nel liberare la realtà (l’essere degli individui) dall’apparenza, portando avanti così una feroce critica al sistema sociale nipponico basato all’inverso proprio sul modo di mostrarsi in superficie agli altri. L’interesse di Oreki non è quindi verso i misteri, quanto piuttosto verso le persone. Vuole sapere se Jun Sekitani, lo zio di Chitanda da anni scomparso, avesse rimpianti, capire perché il suo vecchio professore delle medie provasse un tale interesse per gli elicotteri, comprendere l’animo del suo fido compagno Satoshi. Paradossalmente si sentirà sempre inferiore agli amici, di cui invidia il “roseo” modo di vivere, opposto a quella che lui stesso considera la sua “grigia” esistenza. Ed anche quando riceverà delle lodi per il suo talento e per questo sarà a sua volta invidiato dagli amici nonché tenuto in grande considerazione questo lo porterà a sentirsi ancora più isolato rispetto al mondo. Non a caso avrà la tendenza a sminuirsi attribuendo i suoi successi sempre e solo alla fortuna. Il lato piacevole della produzione è che per una volta viene portata avanti un’autentica maturazione del personaggio, che ben si riassume nell’esclamazione dallo stesso pronunciata nel finale della serie “Sono curioso!”. Inoltre gli ovvi risvolti sentimentali della serie trovano una ragione di essere proprio nello sviluppo di Oreki, cessando di essere come invece spesso accade un semplice surplus impiegato per spiegare l’agire di un protagonista caratterialmente apatico. Insomma, con quel “Sono curioso!” Oreki scopre per la prima volta e lo ammette a se stesso che esistono cose al mondo per le quali vale la pena di sforzarsi. Molto suggestivo inoltre che questa sia anche la frase tormentone di Chitanda, a cui il protagonista letteralmente la ruba. Satoshi Fukube è invece l’altra figura maschile dell’anime, nonché l’altro elemento del quartetto che come Oreki ha ormai intrapreso una strada di maturazione che lo porterà pian piano a cambiare. Nel corso della serie ci verrà però spiegato che questo percorso è stato intrapreso non come per l’amico all’inizio delle superiori, ma prima, fin dall’ultimo anno delle medie. Definisce sé stesso come un enorme database, ma incapace di dedurre soluzioni, affermazione con la quale manifesta in maniera nemmeno troppo velata il suo senso di inferiorità rispetto all’amico, di cui invidia le spiccate doti deduttive. In lui troviamo molto del personaggio di Sunohara, della famosa opera firmata sempre KyoAni Clannad, se non altro per il carattere piuttosto effervescente e per il rapporto fiduciario vigente tra lui è il protagonista. Un’ipotesi che potrebbe trovare in parte conferma anche nella scelta dei doppiatori, Youichi Nakamura e Daisuke Sakaguchi, rispettivamente proprio Tomoya Okazaki e Sunohara Youhei in Clannad. In realtà anche qui è facile prendere un abbaglio, dato che similitudini comportamentali a parte il duo di Hyouka e quello di Clannad condividono troppo poco, e quel che c’è fa di certo più assimilare Oreki a Tomoya che non Satoshi a Sunohara. Un paragone più efficace possiamo trovarlo nella recente serie Sakurasou no Pet na Kanojo, dove Eita diviene un paragone più probabile per Satoshi, mentre il rapporto tra Youta Takemoto e Shinobu Morita di Honey and Clover ben potrebbe adattarsi a descrivere la difficile convivenza tra le due personalità. Molto suggestiva la critica al termine “speranza” impostata da Satoshi in seguito a un suo fallimento, poi ripresa pochi minuti dopo sempre nello stesso episodio proprio dall’amico, sebbene solo fugacemente. Il tutto riassume in se ed elabora con estrema eleganza il discorso sulla difficile convivenza tra le persone normali e quelle dotate di un grande talento, fulcro di tutto l’arco narrativo dedicato al festival culturale della scuola. Forte il plauso per aver fatto in modo che la riflessione passasse attraverso un triplo binario, legato nelle sue diverse strade al mistero del momento, con il quale numerosi sono i rimandi e gli intrecci, capace di coinvolgere tutti e quattro i personaggi del gruppo con assoluta naturalezza narrativa. Lintricata natura del gentil sesso Passiamo ora ai personaggi femminili della serie: Mayaka Ibara e Chitanda Eru. E’ bene fin da subito sottolineare come le ragazze in questa serie svolgano un ruolo ben diverso dalle rispettive controparti maschili, e questo sebbene Ibara condivida con Satoshi la sofferenza di non sentirsi all’altezza dei suoi modelli. Infatti il sogno di quest’ultima è quello di realizzare un proprio manga, obbiettivo che però va incontro alla spiacevole sensazione provata dalla ragazza di non sentirsi dentro il talento necessario all’impresa. Validissima quanto crudele la scelta da parte degli sceneggiatori di lasciare in sospeso la questione, questa come altre nella serie, il tutto finalizzato a chiarire al lettore che la storia di Hyouka non è affatto definitiva, ma solo transitoria. Il che significa solo che Ibara, come gli altri membri del club, sta crescendo ma non è certo ancora arrivata alla fine del processo. In più sulla figura della giovane gravano le sofferenze e contraddizioni proprie dell’amore, che lei cercherà di affrontare al meglio delle sue possibilità. Tornando al ruolo complessivo delle figure femminili, la loro parte nella storia di Hyouka potrebbe essere definita come quella di micce. Ibara lo è per Satoshi a causa dei suoi sentimenti per lui, mentre Chitanda Eru, la figura principale dell’opera dopo il tormentato protagonista, lo è per Oreki. Lei è senza dubbio il personaggio più discusso nonché criticato dagli avversatori della serie, forse perché quello a primo impatto più stereotipato e antipatico, causa anche il suo modo tutto particolare di interagire con Oreki. Come per il personaggio di Haruhi qualcuno ha voluto vedere nella ragazza quell’elemento disturbatore della tranquillità della vita del protagonista, che pertanto lo costringe a rivedere e mutare il proprio modo di essere. Peccato che una simile considerazione tralasci di ragionare su alcuni aspetti mostrati nel corso degli episodi che mal si sposano con un’interpretazione tanto semplicistica e superficiale. Di solito chiunque abbia a che fare con il personaggio tende a etichettarla come una ragazza estremamente curiosa per il solo gusto del mistero, sintesi del personaggio che troverebbe certo fondamento e valide argomentazioni se si ignorassero bellamente alcuni importanti passaggi dell’anime, dove si scopre che non è affatto così come sembrerebbe. Non è curiosità dettata da un capriccio, ma altro. Basti tenere a mente che dei quattro membri del club Chitanda è l’unica a non interessarsi di gialli, tanto da non averne mai letto uno, a differenza di Oreki, consumatore occasionale e di Satoshi e Ibara, rispettivamente appassionati delle opere su Sherlock Holmes e dei gialli di Agatha Christie. Inoltre sempre Chitanda in uno dei casi affrontati, quello del film lasciato incompleto, è l’unica a non interessarsi più di tanto alla soluzione dello stesso, mentre invece cerca con determinazione di comprendere i sentimenti della sceneggiatrice della storia messa in scena. Insomma, Chitanda è alla ricerca di altro, schiacciata com’è dal peso di tradizioni familiari che la limitano in uno spazio vitale ristretto, obbligandola entro un percorso già deciso. Così per compensazione desidera più di ogni altra cosa conoscere il mondo e comprendere le persone che le sono attorno, oltre le apparenze. Lei che è solo una ragazzina al primo anno del liceo, ma già erede delle rigide tradizioni di una famiglia imbrigliata in rigidi protocolli comportamentali. E sempre per contrasto con la serietà che il suo ruolo sociale le impone si comporta invece con gli amici all’opposto, apparento una ragazzina spensierata e entusiasta, quasi una bambina. L’incontro con Oreki anche lui in cerca di risposte simili, anche se per altri motivi, è quindi fatidico e quasi predestinato. Entrambi vogliono abbattere le apparenze che la società impone di edificare ai singoli individui e capire così i veri sentimenti delle persone che gli stanno attorno. In questo Chianda è per Oreki come una miccia, che con la sua curiosità e modo di agire fornisce una valida scusa al ragazzo per uscire dal suo guscio, dandogli modo di fare ciò che desidera senza però dover confessare apertamente di volerlo anche, lasciandogli quindi la possibilità di recitare la sua parte. E non è certo un mistero che tra le cose che più incuriosiscono Chitanda ci sia proprio lo stesso Oreki. A proposito dell’incontro tra i dei due nel Club Classico risulta piuttosto suggestiva la sequela di coincidenze che porta a ipotizzare che non sia il fato a organizzare l’incontro tra Oreki e Chitanda, ma che questo sia all’inverso stato programmato da altri. Non sfuggirà infatti ai più attenti che lo zio di Chitanda sia scomparso, morto solo legalmente perché non più visto da sette anni, durante un viaggio in India, luogo dove si trova anche la sorella di Oreki che proprio da li spedisce la lettera che invita il fratello a iscriversi al Club Classico, che questa vista da Chitanda le ricordi qualcuno già incontrato in passato, che sappia bene del caso “Hyouka”, sebbene come lei dica fosse tabù parlarne, che torni giusto in tempo per il festival culturale durante il quale acquista una copia del florilegio contenente la verità circa la storia di Sekitani, per poi riscomparire. Altro dettaglio curioso è la scelta di non mostrarne mai il volto, che resta sempre celato allo spettatore. Questo il cast di personaggi della serie, a cui si affiancano tutta una serie di comprimari e semplici figuranti di buon livello, alcuni dei quali davvero ben realizzati, come la glaciale Irisu Fuyumi. Misteri su misteri Per quanto concerne invece l’aspetto relativo ai misteri affrontati è bene chiarire che non ne esistono di reali, o meglio ad essere oggetto di analisi come si precedentemente detto non sono crimini o delitti, ma comportamenti. Il tutto si riduce perciò ad un esercizio di puro ragionamento deduttivo lo scopo di conoscere le motivazioni soggiacenti a certo modo di agire o i perché dell’avvenimento oggetto dell’indagine. Ovviamente chiunque abbia letto un romanzo con Sherlock Holmes non potrà fare a meno di notare le numerose analogie con questi, pieni zeppi di storie di questo tipo. Anche quando non ci sono gli elementi necessari alla risoluzione di un mistero, i ragionamenti di Oreki, tutti fedeli al motto sherlockiano secondo il quale una volta escluso limpossibile ciò che resta, anche se improbabile, non può non essere la verità, accompagnano per mano lo spettatore, così come i suoi compagni, alla comprensione dell’accaduto. In questo schema Hotaro incarna senza dubbio la figura di Holmes, mentre Chitanda quello del suo inseparabile compagno Watson. Così, proprio come il duo inglese anche loro studiano la realtà intorno a loro, comuni casi quotidiani, secondo questo semplice modo di procedere. Ed è certo inutile dirsi che molti di questi misteri siano ridicoli o facilmente risolvibili chiedendo alle persone coinvolte, perché questo non importa a nessuno, e tantomeno ai due protagonisti di questa storia. Emblematico a tal proposito l’episodio incentrato su un semplice annuncio udito a scuola, dove per gioco i due giungeranno a quella che poi si rivelerà essere la verità, il tutto semplicemente sedendosi a un tavolo a discutere. Non siamo perciò dinanzi a una serie di indagini in stile Agatha Christie, ma l’opera è invece un chiaro omaggio ai racconti di Conan Doyle, incentrati sulla sola logica. Sempre a riprova di questa teoria è importante notare che proprio quando Oreki si troverà a dover portare avanti un’indagine sul modello di Agatha Christie, il caso del film incompiuto, fallisca in toto. La serie è dunque un riuscitissimo omaggio allo scrittore Conan Doyle, della cui intima essenza si appropria meglio e più fedelmente di quanto non facciano altre serie investigative, come ad esempio la celebre Detective Conan. Invece la trama nel suo complesso, ovvero andando ad analizzare quanto accaduto dal primo frame dell’episodio 1 all’ultimo dell’episodio 22, risulta piuttosto minimalista, quasi inesistente, facendo di Hyouka uno slice of lice puro, tutto centrato sul rapporto tra i personaggi e la loro crescita interiore. Inoltre è bene tenere a mente che l’opera non presenta tracce di azione, ma è spesso risolta in lunghi dialoghi tra i membri del club e qualche volta figure esterne allo stesso. Queste caratteristiche della narrazione sono difetti solo nella misura in cui lo spettatore non riesca ad appassionarsi ai vari casi affrontati e alle vicende personali di Oreki e compagni. Dunque se lo sono questo vale esclusivamente per parte una parte del potenziale pubblico, ovvero per tutti coloro che non reggono una narrazione incentrata sulla psicologia dei personaggi priva di una forte trama a sostegno. Insomma, si tratta di difetti per lo più soggettivi, legati ai gusti di chi guarda. Da segnalare una praticamente assoluta assenza di fanservice. Aprite bene gli occhi Il comparto tecnico di questa produzione è assolutamente splendido, con una resa visiva che non trova facilmente serie rivali in grado di far meglio. Nel 2012, anno di messa in onda in Giappone, non è un’esagerazione dire che KyoAni fosse in grado di offrire il miglior risultato possibile in termini di qualità estetica. Animazioni eccellenti e senza pari, effetti di luce talmente ben fatti da acciecare lo spettatore nelle scene al tramonto, colori saturati al punto giusto e sebbene vivi mai eccessivi. Ogni singolo fotogramma mostrato presenta un livello di dettagli e una cura tale da far impallidire gran parte della concorrenza. Anche la colonna sonora è su livelli di assoluta eccellenza, mixando brani originali a sinfonie classiche di grandi maestri come Bach, Beethoven e Pahud. Molto ben riuscite le sigle, come la ritmata Yasashisa no Riyū di ChouCho e la sigla di chiusura Madoromi no Yakusoku del duo Satomi Satou - Ai Kayano. Entrambe si mantengono piuttosto convenzionali e poco fanno trasparire riguardo il fulcro concettuale dell’opera, al contrario di quelle impiegate nella seconda parte della serie: Mikansei Stride di Saori Kodama che palesa con meno titubanze i temi affrontati e la giocosa ending Kimi ni Matsuwaru Mystery, sempre del duo Satomi Satou - Ai Kayano che si diverte a scherzare sul carattere investigativo dell’anime. Un grande esempio del genere slice of life Hyouka insomma è un’opera di grande valore, talmente complessa da finire per essere fraintesa da molti. In realtà sia la parte tipicamente slice of life che quella investigativa risultano ottimamente realizzate, senza sbavature ne errori di copione. Il tutto è poi retto da un comprato sia sonoro che visivo di primo piano. Ovviamente non si tratta di un anime adatto a tutti, soprattutto se cercate trame elaborate e odiate seguire lunghi dialoghi che, ripeto, sono una ripresa fedele del modo di lavorare di Holmes e Watson, il duo a cui la serie si rifà in maniera palese. Se invece amate il genere degli slice, non quelli dalla forte componete comica ovviamente, ma quelli invece tutti incentrati sulla crescita interiore dei personaggi, Hyouka è senza dubbio un gioiello che non dovete perdervi. Forse l’opera più riuscita dello studio di Kyoto da dopo Clannad. Si puà pertanto affermare che Yasuhiro Takemoto, regista della serie, con Hyouka ha sfornato davvero un grande successo.
Posted on: Tue, 22 Oct 2013 08:03:40 +0000

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