SAN PIETRO E STATO A ROMA ... Fino al 1400 nessuno aveva messo - TopicsExpress



          

SAN PIETRO E STATO A ROMA ... Fino al 1400 nessuno aveva messo in dubbio la presenza di San Pietro a Roma, e la cosa è talmente certa che anche protestanti e ortodossi oggi la ammettono. I. Il nuovo Testamento senza dubbio proclama il primato di Pietro: Gesù conferisce il primato a Pietro personalmente; Gesù non parla ancora di primato della Chiesa di Roma: soltanto Luca, alla lista di 12 popoli presenti a Gerusalemme il giorno di pentecoste (elenco classico) aggiunge, quale tredicesimo, Roma. Testimoni antichissimi attestano il primato della Chiesa Romana, compresi SantIreneo e Costituzione Apostolica. II. Tra i reperti archeologici Romani, il maggior numero di dipinti raffigura Gesù Buon Pastore; ma subito dopo abbiamo limmagine di Pietro, indipendentemente da San Paolo e da altri santi. E spesso San Pietro è raffigurato sotto a Mosè, come nuovo Mosè: Pietro, vicario di Cristo, è il nuovo legislatore. III. E difficile mettere in dubbio le testimonianze circa il martirio di San Pietro a Roma. Anche qui la presenza di tradizioni diverse e di particolari che alcuni definiscono leggendari è un elemento a favore: di solito una leggenda si forma sempre attorno a una verità storica ammessa e conosciuta da tutti. IV. La tomba di San Pietro è a Roma, in Vaticano. V. S.Ireneo scrive: avendo fondato e costruito la Chiesa (a Roma), i beati apostoli affidarono la funzione dellepiscopato a Lino, ecc.... Adv. Haer: 3, 3, 2.: quindi San Pietro a Roma non è omesso da SantIreneo. La venuta di S. Pietro a Roma non fu mai contestata sistematicamente fino al secolo scorso. Secondo il grande inquisitore Pietro Moneta [1] i Valdesi e, nel secolo XIV, Marsilio da Padova, negavano che tale venuta potesse esser dimostrata dalla Bibbia. Anche al tempo della Riforma soltanto voci isolate, fra le quali ricordiamo particolarmente Ulrico Veleno [2] e Federico Spanheim [3], osarono attaccare la tradizione, contro la quale, nellepoca quasi-moderna, troviamo schierata lintera Scuola di Tubinga (Baur, Schwegler, Zeller, Straub, Lipsius, ecc...). Oggi soltanto qualche scrittore inacidito e spaesato si ostina a negare un fatto che ha ormai la saldezza del granito [4]. La maggior parte degli stessi acattolici sono ritornati allantica tradizione [5]. Anche i Protestanti tedeschi, che pur avevano un tempo contestato accanitamente la venuta di Pietro a Roma, hanno finito per far macchina indietro. Così per esempio, Harnack [6], Lietzmann [7], Caspar [8], M. Dibelius [9], H. von Campenhausen [10], ecc. Harnack scrive testualmente: Il martirio di S. Pietro a Roma è stato negato dai tendenziosi pregiudizi protestanti ed in seguito dai preconcetti dei critici partigiani... Non vi è studioso che attualmente esiti a riconoscere che questo fu un errore [11]. Il russo Basilio Bolotov dichiara che negare la venuta di Pietro a Roma equivale a rigettare ogni verità storica [12]. Cullmann, riassumendo la sua indagine sulla vita e lattività dellapostolo Pietro, cosi si esprime: Se vogliamo riassumere, diremo che, durante la vita di Gesù, Pietro ha occupato tra i discepoli una posizione di preminenza; che dopo la morte di Cristo, egli ha per alcuni anni governato la Chiesa di Gerusalemme, poi è diventato capo della missione giudeo-cristiana; che in questa qualità... egli è venuto a Roma ad una data che non si può determinare, ma che non ha dovuto precedere di molto la sua fine: che egli è morto martire in questa città sotto il regno di Nerone, dopo avervi esercitato la sua attività durante un tempo assai breve [13]. LE TESTIMONIANZE DI SAN PIETRO A ROMA 1. La prima allusione abbastanza chiara al soggiorno romano di Pietro si ha nella Scrittura. Lo stesso S. Pietro, scrivendo ai cristiani dellAsia Minore, termina la sua lettera con queste parole: Vi saluta [la Chiesa] che è coadunata in Babilonia, e Marco il mio figliuolo [14]. Ma che cosè questa Babilonia? La parola, di per sè, potrebbe essere presa in senso letterale, come anche in senso metaforico. Praticamente, non possiamo prenderla che in questultimo senso. Di città che portassero infatti quel nome, allora, ce nerano solo due: Babilonia di Mesopotamia e Babilonia dEgitto (la Bibbia non ha specificato quale delle due). Se non che, la prima, un tempo celeberrima, era stata, allora, abbandonata dai Giudei e, secondo la descrizione di Plinio e di Strabone, non era più che un grande deserto . Comunque, non vi si trovavano ancora i cristiani. Costoro, al dire del Talmud, vi faranno la loro comparsa solo al III sec. Nel saluto della I Petri non si può dunque, trattare di questa Babilonia di Mesopotamia. La seconda città di tal nome, lattuale Cairo, era, in quellepoca, un piccolo forte militare, quasi sconosciuto. A parte che da un castrum militare non si usa datare le lettere, è sommamente improbabile che il Principe degli Apostoli si trovasse a dirigere una minuscola comunità cristiana, quale poteva esser quella di una località cosi ristretta. Del resto, siccome la Chiesa siriaca formerà quasi una cosa sola con la Chiesa mesopotamica; siccome, poi, anche lEgitto ha avuto più di un santo Padre che ha scritto di Pietro, perché, nelle rispettive tradizioni di queste chiese, non fare mai neanche un accenno al salutat vos dellApostolo, al suo soggiorno babilonese, se ciò le avesse riguardate? Babilonia , dunque, non può avere che un senso metaforico. Come già nellApocalisse di S. Giovanni (c. 17-18) e nei Libri Sibillini, il nome di Babilonia designa la Roma pagana (Babilonia = Roma pagana). Così linterpretarono, oltretutto, gli scrittori antichi, quali Papia, Clemente Alessandrino, Eusebio di Cesarea, S. Girolamo; in tal senso lo prendono tutti gli esegeti cattolici moderni insieme anche a molti protestanti. Lo stesso Renan asserisce: In questo passo Babilonia designa evidentemente Roma; è in tal modo che si chiama, nelle comunità primitive, la capitale dellimpero [15]. Se nella Scrittura Babilonia è il tipo della città depravata, effettivamente Pietro (cfr. 2, 2; 2, 4 sgg.; 3, 18 sgg.; 5, 8 sgg.) non poteva scegliere nome più adatto per indicare quella capitale, nella quale al dire di Tacito confluiva da ogni parte e veniva celebrato tutto ciò che sa datroce e di vergognoso [16]. Non va dimenticato, infine, che lApostolo proprio in quel tempo era probabilmente braccato dalla polizia imperiale di Nerone. Per cui, onde evitare il pericolo di essere scoperto, nulla di strano che sia ricorso alluso di un nome simbolico. Babilonia è, dunque, sinonimo di Roma. Pietro ha scritto da Roma: Pietro è stato a Roma. Unaltra chiara allusione al soggiorno romano di Pietro si trova nella celebre Lettera ai Corinti di Clemente. Dopo aver parlato (c. 5) delle sofferenze e del martirio delle più grandi e giuste colonne , i buoni apostoli Pietro e Paolo, soggiunge: A questi uomini che vissero santamente si unì una grande moltitudine di oltraggi e tormenti, divennero esempio bellissimo in mezzo a noi, (gr. en &m&n) [17]. La grande moltitudine del testo è sicuramente quella stessa di cui parla Tacito, Ann. 15, 44, multitudo ingens, e cioè la moltitudine delle vittime sacrificate a Roma durante la persecuzione neroniana. Ora proprio a questa moltitudine, che è stata di bellissimo esempio fra noi , e cioè a Roma [18], vengon, da Clemente, associate anche le due colonne Pietro e Paolo. Pietro e Paolo - questa la testimonianza di Clemente - hanno subito il martirio a Roma, sotto Nerone. Verso il 107 Ignazio dAntiochia, scrivendo ai cristiani di Roma, dopo averli scongiurati a non voler impedire che sia macinato dai denti delle belve , menziona espressamente Pietro e Paolo: Io non vi comando come Pietro e Paolo. Essi erano Apostoli, io sono un condannato; essi erano liberi, io, finora, sono uno schiavo [19]. Parole, queste, che non avrebbero un fondamento, ne un significato, se non supponessero un governo di Pietro nellUrbe. Nessuna tradizione, daltronde, ci parla di un comando esercitato per lettera. Se Pietro e Paolo hanno comandato ai Romani, devono averlo fatto di persona: Pietro e Paolo sono stati a Roma. Dionigi, Vescovo di Corinto, in una lettera al Papa Sotère, del 166-170 circa, attesta esplicitamente: Tutte due (Pietro e Paolo), venendo nella nostra città di Corinto, ci ammaestrarono nella dottrina evangelica; indi se ne andarono in Italia ed, avendo istruiti allo stesso modo voi (Romani), contemporaneamente subirono il martirio [20]. Secondo Eusebio di Cesarea, tanto Clemente Alessandrino come Papia (+ 150), vescovo di Gerapoli, testimoniano espressamente che Pietro predicò a Roma la catechesi apostolica che poi fu messa per iscritto da S. Marco suo interprete dietro preghiera dei cristiani stessi di quella comunità (Stor. Eccles. 3, 39, 15; 6, 14, 7. MG. 20, 299; 551). Ireneo di Lione (+ 202) parla, a più riprese di Pietro e del suo apostolato nellUrbe. Matteo - attesta nellAdversus Haereses - ha scritto per gli Ebrei e nella loro lingua, al tempo in cui Pietro e Paolo evangelizzavano Roma e vi fondavano la Chiesa . E un po più avanti, dopo aver affermato che ...la massima ed antichissima Chiesa, da tutti conosciuta, [è stata] fondata a Roma dai due gloriosissimi Apostoli Pietro e Paolo [21], riporta un catalogo dei Papi, che scende fino ad Eleuterio, con queste precise parole: avendo fondato e costruito la Chiesa (a Roma), i beati apostoli affidarono la funzione dellepiscopato a Lino, ecc.... [22]. Secondo Tertulliano, Pietro venne a Roma fatto simile al Signore nel martirio (De Praescriptione haeret. 36. ML. 2, c. 9) e battezzò nel Tevere (De Baptism. 4. ML. 1, 1203). Da Eusebio ci vien tramandato anche un frammento di un opuscolo composto dal presbitero Gaio contro il montanista Proclo sotto Papa Zeffirino (200-217), in cui si accenna ai sepolcri gloriosi di Pietro e di Paolo in questi termini: Io posso mostrarti i trofei ( = sepolcri) degli Apostoli. Se vorrai recarti nel Vaticano o sulla via Ostiense, troverai i trofei di questi due, che fondarono questa Chiesa [23]. Origene (+ 250), nel suo Commentario alla Genesi, scrive: Pietro sembra aver predicato nel Ponto, nella Galazia, nella Bitinia, nella Cappadocia, nellAsia, ai Giudei della Dispersione. Finalmente, venuto a Roma, vi fu crocifisso con la testa allingiù [24]. Nel secolo IV la convinzione che S. Pietro fosse il fondatore della Chiesa di Roma era universale e ormai la documentazione è ricchissima. 2. Una luminosa conferma alle testimonianze storiche ci viene fornita dallArcheologia a) Uniscrizione, detta della platonia (corruzione forse di platoma - lastra di marmo), posta, da quellappassionato cultore delle antiche memorie cristiane che fu Papa Damaso (+ 384), nelle Catacombe di S. Sebastiano, al terzo miglio della via Appia, suona così: Tu che domandi sul nome di Pietro e di Paolo, sappi: qui un tempo hanno abitato i due santi. LOriente mandò i discepoli, lo ammettiamo; - ma a causa del loro martirio sanguinoso - poiché essi sono saliti dietro a Cristo attraverso le stelle alla sede celeste e sono arrivati al regno dei beati - Roma ha ottenuto con maggior diritto di considerarli come suoi cittadini. Questo vuol cantare Damaso a vostra gloria, o nuove stelle [25]. La frase qui un tempo hanno abitato i due santi ci lascia perplessi: si deve pensare ad una dimora vera e propria degli Apostoli, o ad una loro sepoltura? Non cè nessun argomento che favorisca la prima ipotesi. Quanto alla seconda (sepoltura), il Presbitero Romano Gaio, come abbiamo sentito sopra, ci fa sapere che verso il 200 le ossa degli Apostoli si trovavano al Vaticano e sulla via Ostiense. Ora, questa testimonianza non sarebbe per caso in contraddizione con la frase damasiana? Non sembra. Secondo una teoria, assai condivisa dagli archeologi, le cose sarebbero andate cosi: mentre Paolo era stato seppellito sulla via Ostiense, Pietro inizialmente venne seppellito al Vaticano, dove si trovava ancora al tempo del prete Gaio. Nel 258 (anno terribile della persecuzione di Valeriano, nel quale, fra laltro vennero sequestrati i cimiteri) i cristiani - sia forse per salvarle dalla profanazione, sia per aver la possibilità di venerarle più facilmente - trasportarono le reliquie del loro primo Vescovo e di S. Paolo lontano dalla città, nelle Catacombe di S. Sebastiano. Fintanto che, terminata la persecuzione, dopo il 260, non le ricollocarono di nuovo nel loro sepolcro originario [26]. b) Che i corpi dei due apostoli abbiano, per un certo periodo, riposato nelle catacombe di S. Sebastiano, lo provano evidentemente alcune importantissime scoperte fatte tra il 1915-1916 sotto la parte anteriore di quella Basilica. In una stanza, chiamata dagli archeologi Triclia ( = sala da pranzo), è stata trovata infatti unintera parete piena zeppa di graffiti, anteriori al periodo costantiniano, nei quali ritornano costantemente i nomi di Pietro e Paolo con più di cento invocazioni dogni specie in greco e in latino, o anche in latino con caratteri greci. Paolo e Pietro, pregate per Vittore! ; Paolo, Pietro, pregate per Erato! ; Pietro e Paolo, venite in aiuto a Primo peccatore! ; Pietro e Paolo, ricordatevi di Antonio Basso! ; Pietro e Paolo, proteggete i vostri servi! . Parecchie iscrizioni accennano anche al refrigerium, una specie di banchetto funebre, dorigine pagana, che si celebrava in onore dei defunti. Io, Tomio Celio, ho tenuto il refrigerium per Pietro e per Paolo ; Dalmazio ha celebrato il refrigerium ; Io ho fatto un refrigerium presso Pietro e Paolo [27]. c) Da antiche memorie, come per esempio il Liber Pontificalis [28], sapevamo che Costantino verso il 315 aveva eretto una grandiosa Basilica sulla tomba originaria e... definitiva di S. Pietro al Vaticano. La monumentale Chiesa, a cinque navate, resistette fino agli inizi del 1500, quando Giulio II decise di costruirne una più grande, più sontuosa, quella attuale, sormontata dalla cupola di Michelangelo. Essendo stati scoperti, in occasione della sistemazione della tomba di Pio XI, ambienti prima sconosciuti, Pio XII, il 28 giugno 1939, dette ordine di iniziare degli scavi sistematici sotto la Basilica di S. Pietro. Le diligentissime ricerche hanno portato alla più luminosa conferma dei dati offerti dallantichissima tradizione [29]. E cioè: sotto il livello dellattuale basilica, alla profondità di parecchi metri, furono ritrovati i resti dellantica basilica costantiniana, e al di sotto di essa venne alla luce una vasta zona cimiteriale pagana con elementi cristiani, anteriore allimperatore Costantino (morto nel 337). La zona era attraversata, nella direzione dellasse centrale della basilica, da una via romana, fiancheggiata da ricchi mausolei gentilizi del secondo e terzo secolo dopo Cristo. La via andava a sfociare in una specie di piazzuola circondata da varie tombe a inumazione della fine del primo secolo, scavate nella nuda terra, proprio nel punto che, sul piano dellattuale basilica, corrisponde allaltare della Confessione . La disposizione e lantichità di quelle tombe erano tali che i quattro archeologi preposti agli scavi, pensarono di essere ormai vicini alla tomba del primo Papa. E infatti si presento loro, in corrispondenza diretta con lattuale altare papale, una costruzione quadrangolare, ornata di marmi rari e di porfido, delletà costantiniana. Aperta una breccia, gli archeologi vi scoprirono lantico trofeo di Gaio. Era una specie di edicola funeraria, appoggiata a un contemporaneo muro (il muro rosso, chiamato cosi dal colore dellintonaco) e costituita da due piccole nicchie sovrapposte, divise da una mensa di travertino sorretta da due colonnine di marmo. Pot& essere fissata anche lepoca della costruzione del muro e delledicola: circa lanno 150. Un muro, aggiunto successivamente poco sopra ledicola (il così detto muro g), risultò coperto da una vera selva di graffiti, ossia di iscrizioni incise sullintonaco da pii visitatori. La professoressa Guarducci, dopo due anni di studio, riuscì a decifrarli, ricavandone una serie di acclamazioni e invocazioni cristiane di vittoria e di pace per i defunti. Varie volte il nome di Pietro vi appariva unito al nome di Cristo e persino di Maria! Spesso il nome di Pietro era scritto solo con le due iniziali maiuscole PE; oppure la E era attaccata alla base della P e ne risultava un segno a forma di chiave: P E. Allusione evidente alle chiavi di San Pietro. I graffiti risalgono alla fine del terzo secolo e agli inizi del quarto. Sotto ledicola furono trovati i resti di una tomba terragna, stranamente vuota e quasi distrutta, mentre le tombe vicine contenevano ancora delle ossa. Alcuni resti di ossa umane furono ritrovati addosso al muro rosso, e altri nella zona circonvicina. Non poteva più esserci alcun dubbio: quella fossa, difesa dalledicola e inglobata da Costantino entro la sua costruzione ornata di marmi preziosi e di porfido, era la tomba umilissima del primo Papa! Pio XII, nel messaggio natalizio del 1950, ne diede il festoso annunzio: è stata veramente ritrovata la tomba di San Pietro? A tale domanda la conclusione finale dei lavori e degli studi risponde con un chiarissimo sì. La tomba del Principe degli Apostoli è stata ritrovata . E il Papa proseguiva: Una seconda questione, subordinata alla prima, riguarda le reliquie del Santo. Sono state esse rinvenute? . La risposta non pot& essere altrettanto positiva: furono sì ritrovati resti di ossa umane al margine del sepolcro, ma come si sarebbe potuto garantirne la sicura appartenenza a San Pietro? Restava però intatta la realtà storica della tomba, e il Papa poteva concludere: La gigantesca cupola sinarca esattamente sul sepolcro del primo Vescovo, di Roma, del primo Papa: sepolcro, in origine, umilissimo, ma sul quale la venerazione dei secoli posteriori, con meravigliosa successione di opere, eresse il massimo tempio della Cristianità . Rimaneva dunque aperta la seconda questione, riguardante le reliquie dellApostolo. Erano state veramente ritrovate? Ed ecco la seconda pagina di questa storia meravigliosa. La professoressa Guarducci nel 1953 iniziò il delicato lavoro di decifrazione dei graffiti del muro g. Notò subito, incavato nello spessore del muro, un piccolo vano segreto, foderato di lastrine di marmo, ma scardinato e inspiegabilmente vuoto. Venne a sapere dal sampietrino che aveva eseguito i lavori che, durante gli scavi, mons. Ludovico Kaas, segretario economo della Fabbrica di San Pietro, senza dir nulla ai quattro archeologi, aveva fatto aprire il ripostiglio e ne aveva asportato il contenuto. Aveva trovato ossa umane, pezzettini di stoffa di porpora ricoperti di fili doro purissimo, frammenti di marmo e di intonaco rosso, ossicini di animali... Fece rinchiudere tutto in una cassettina di legno e vi aggiunse un suo biglietto con le indicazioni essenziali, poi depose la cassetta in un ambiente della medesima zona di esplorazioni. Quella cassetta, in seguito alla morte di mons. Kaas, era stata dimenticata; nel 1953 il sampietrino andò a prelevarla e la consegnò alla professoressa Guarducci, la quale impegnata a decifrare i suoi graffiti, si limitò solo a osservarne il contenuto, senza annettervi eccessiva importanza. Nel 1956, per ordine di Pio XII, vennero affidati al prof. Venerando Correnti, direttore dellIstituto di Antropologia allUniversità di Palermo, i due gruppi di ossa che erano state ritrovate attorno alla tomba di San Pietro, perch& ne facesse un accurato esame. Gli fu pure consegnata, a parte, la famosa cassetta. Lesame, minuziosissimo, si protrasse per vari anni. Alla prova dei fatti, le ossa del primo gruppo risultarono resti di tre individui, di cui uno quasi certamente di sesso femminile; mentre quelle del secondo gruppo appartenevano addirittura a quattro individui diversi. Non si poteva quindi individuarvi i resti di San Pietro. Nella primavera del 1964 venne ultimato lesame delle ossa contenute nella cassetta. Il responso risultò sorprendente: esse costituivano circa la metà di uno scheletro (rappresentato in quasi tutte le sue parti, compreso il cranio), e appartenevano ad un unico individuo di sesso maschile, di corporatura robusta, di età fra i sessanta e i settantanni (età in cui subì il martirio sotto Nerone) , di altezza tra m. 1,64 e 1,65. I dati offerti dallesame scientifico delle ossa corrispondevano in pieno alle caratteristiche di San Pietro: corporatura robusta, altezza più che normale per un palestinese di quei tempi, età avanzata: una vera rarità per unepoca in cui, secondo i calcoli degli scienziati, la media della vita umana non superava i 25-30 anni. Quei resti erano stati rinvenuti gelosamente nascosti entro lo spessore del muro g, ricoperto di graffiti inneggianti allApostolo, situato proprio sulla sua primitiva fossa, che non per nulla era stata trovata semidistrutta e vuota. Aderente alle ossa, fu notata della terra che, allesame scientifico, risultò la stessa della fossa sottostante. Dunque quelle ossa, ritenute sicuramente di San Pietro, Costantino le aveva fatte estrarre dalla fossa e le aveva nascoste - allasciutto e al sicuro - nel vano rivestito di marmo del muro g, che egli poi aveva inglobato - con il muro rosso e il trofeo di Gaio - entro il suo mausoleo ricoperto di marmi rari e di porfido. Una nuova conferma si può avere nei pezzettini di stoffa di pura porpora imperiale rivestita di fili doro finissimo: dunque, le ossa erano di un personaggio a cui limperatore non aveva trovato eccessivo rendere onori regali! I frammenti di marmo e di intonaco rosso non fanno che confermare che quelle ossa erano state asportate proprio dal misterioso ripostiglio addossato al muro rosso e scheggiato nei suoi marmi al momento della estrazione: il che del resto risultava pure dal logoro biglietto di mons. Kaas, che ne indicava la provenienza. E la presenza di ossicini di animali (bue, pecora, gallinaccio, ecc.), trovati frammisti alle ossa umane? Essa in un primo momento sorprese e sconcertò un poco, tanto più che analoga presenza riguardava pure gli altri due gruppi di ossa. Alla fine però quegli ossicini si dimostrarono anchessi provvidenziali per una conferma definitiva: la loro presenza indicava, infatti, che il corpo di San Pietro era stato inumato in un terreno che, al tempo di Nerone, era ancora coltivato, e cioè prima di essere trasformato definitivamente in vero e proprio cimitero. Dunque, la tomba di San Pietro risale... allepoca del suo martirio! Ma unaltra prova era destinata a porre lultimo suggello. Osservando bene entro il vuoto ripostiglio, la Guarducci vi aveva decifrato una brevissima iscrizione, in lingua greca, con lettere tracciate stentatamente, che tradotte in italiano suonano cosi: Pietro è qui dentro. Dunque, prima che il muro dei graffiti, col suo ripostiglio segreto e il suo prezioso contenuto, venisse incluso nel monumento costantiniano, una mano si introdusse furtiva nel piccolo vano e incise con difficoltà, sullintonaco del muro rosso che faceva da parete, le fatidiche parole, quasi a suggellare e tramandare ai posteri il ricordo di quella traslazione memorabile: Pietro è qui dentro , parole che oggi costituiscono per noi come una specie di autentica per le reliquie del Principe degli Apostoli, e ancor più per la sua venuta a Roma. Davanti alle stesse pietre che parlano, la verità della venuta e della morte di S. Pietro a Roma sillumina di tanta luce, che, se al tempo di Harnack era da ciechi il rinnegarla, oggi sarebbe addirittura da pazzi. Unobiezione, che spesso ci sentivamo ripetere dai negatori del soggiorno romano di Pietro era la seguente: Se Pietro era già stato nella capitale e vi si trovava ancora, perch& S. Paolo, scrivendo nel 58 ai Romani, non gli manda neppure un saluto? perch& non lo ricorda nemmeno? Veramente, il silenzio di uno, o di pochi, non può mai annullare un coro così potente di voci tutte concordi ed unanimi. Tanto meno, quando ci siano delle ragioni che lo giustifichino appieno. Prima di tutto, se si ammette che Pietro era presente a Roma - dice il Garofalo - quando Paolo scriveva, è necessario fare unosservazione ovvia. Quando Paolo ha inviato la sua lettera alla comunità di Roma, a chi lha indirizzata? Alla comunità, naturalmente; ma una lettera non si consegna ad una folla; si consegna ad una persona, la quale, in questo caso, non poteva essere che il capo della Chiesa. E allora che bisogno cera, in una lettera mandata alla comunità, tramite il capo, di nominare il capo stesso? [30]. Non va dimenticato, daltra parte, che siamo in tempi calamitosi, in cui è necessario uno spirito di somma discrezione per non arrecar danno alla Chiesa nascente. Ora, se lEucarestia era una cosa da nascondere, certamente non era meno da nascondere il capo della Chiesa, S. Pietro. Del resto, nellelogio caloroso della fede dei Romani celebrata in tutto il mondo (1, 8), nella confessione che Paolo fa di aver come regola di non invadere il campo degli altri per non edificare su fondamento altrui (15, 29), nella protesta di voler venire a Roma non per insegnare, ma per consolarsi (1, 11 e 12), per saziarsi (15, 24), ecc. ... non cè, forse, tutta una trasparente, allusione ad un fondatore, di quella Chiesa, più importante dellapostolato stesso dei pagani, una allusione a S. Pietro? Comunque, una risposta più radicale allobbiezione potrebbe essere anche questa: Paolo non saluta Pietro, perché costui si trovava momentaneamente assente da Roma. CHI NEGA QUINDI CHE PIETRO SIA STATO A ROMA NEGA LA REALTA DEI FATTI. NOTE 1 Adversus Cath. et Wald., V, 2, p. 411 (Ed. Roma, 1743). 2 Nel 1520 pubblicò uno scritto intitolato: Tractatus quod Petrus Apostolus numquam Romae fuerit. 3 De ficta profectione Petri Apostoli in Urbem Romam, Leydae, 1679. 4 Fra i moderni negatori ricordiamo: CH. GUIGNEBERT, La Primaut& de Pierre et la venue de Pierre à Roma, Parigi 1909; N. KÉPHALAS, Mel&t& istorik& peri ait&&n to& sk&smatos, Atene, 1911, pp. 12-40; F. DI SILVESTRI FALCONIERI, LApostolo S. Pietro è mai stato in Roma?, 1925; J. TURMEL, Histoires des dogmes, III, La Papaut&, Paris, 1933, p. 105 sg.; K. HEUSSI, War Petrus in Rom, Gotha 1937; M. GOGUEL, Les premiers temps de lÉglise, pp. 220-225, è... fra color che son sospesi! Dopo aver tentato di negare il valore alle testimonianze e ai fatti generalmente addotti per provare la venuta di S. Pietro a Roma, così conclude: Se largomento decisivo in favore della Tradizione fa difetto, non si può avanzare alcun fatto o alcun testo che stabilisca che Pietro non è venuto a Roma e non vi ha subito il martirio. Una critica prudente deve confessare qui la sua impotenza. Una cosa solamente sembra certa, e cioè, che se Pietro è venuto a Roma e vi è morto martire, egli non cè venuto che tardi . Per una storia dettagliata della questione, vedi O. CULLMANN, Saint Pierre, Neuch&tel 1962, pp. 62-67. 5 J. MARX, Manuale di Storia Ecclesiastica, I, Firenze, 1913, p. 38, cita - fra i protestanti che ammettono il fatto storico - Neander, Guericke, Hase, Leipnitz, Hilgenfeld, Hundhausen, Lightfoot, Gieseler. A costoro potremmo aggiungere, fra i viventi: O. Cullman, E. Molland, A. Fridrichsen, G. Kr&ger, C. T. Craig, C. King, I. Munck. 6 Chronologie der altkirchlichen Literatur, I, Berlino, 1897, p. 244. 7 Petrus und Paulus in Rom, II ed., Berlino 1927, specialmente c. 13 e 14; Petrus r&mischer M&rtyrer, Berlin, 1936, p. 13. 8 Die
Posted on: Sat, 23 Nov 2013 19:23:58 +0000

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