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“Si narra di un monastero che, in seguito a un’ondata di persecuzioni antimonastiche verificatesi nel XVII e nel XVIII secolo e a una crescente secolarizzazione del XIX secolo, stava vivendo tempi difficili. Ormai, nella grande e cadente abbazia non vivevano che l’Abate e altri quattro monaci, tutti molto anziani. II monastero era chiaramente destinato a scomparire. Nel fitto bosco che lo circondava, c’era una piccola capanna che un Rabbino di una città vicina usava di tanto in tanto come eremo. Nei lunghi anni di preghiera e contemplazione i monaci avevano sviluppato una straordinaria sensibilità ed erano perciò quasi sempre in grado di capire quando il Rabbino si trovava nell’eremo. Un giorno l’Abate, sempre più preoccupato per la situazione dell’Ordine, volle recarsi alla capanna per chiedere consiglio al saggio ebreo, ma questi non poté fare altro che condividere il suo dolore: «Conosco il problema; la gente ha perso la spiritualità e anche nella mia città quasi nessuno viene più alla sinagoga». Si lamentarono insieme, poi lessero alcuni brani della Torah e conversarono serenamente di profonde questioni spirituali. Prima di congedarsi, l’Abate gli domandò di nuovo se non avesse dei consigli da dargli per salvare il monastero e l’Ordine dalla rovina. «No, mi dispiace ripeté il Rabbino ; l’unica cosa che posso dirti è che il Messia è tra voi». Rientrato al monastero, l’Abate riferì le strane parole del Rabbino e nei giorni, nelle settimane che seguirono, i vecchi monaci riflettevano su quella frase: Forse il Messia è uno di noi? Certo, potrebbe essere l’Abate oppure fratello Thomas che è davvero un sant’uomo; sembra invece difficile che il Rabbino alludesse a fratello Elred, irascibile com’è, ma non si sa mai; quanto a fratello Philip, è una vera nullità e tuttavia, quando c’è bisogno di lui, quasi misteriosamente è sempre presente e dunque magari è proprio lui il Messia. E se fossi io?, diceva il quarto monaco. Non è possibile, non sono tanto importante, però per il Signore lo sono; chissà? Immersi in questi pensieri, i monaci cominciarono a trattarsi tra di loro con straordinario rispetto perché esisteva, pur se remota, la possibilità che il Messia fosse tra loro. La foresta in cui si ergeva il monastero era stupenda e accadeva che di tanto in tanto arrivassero dei visitatori che venivano a passeggiare lungo i viali o per i sentieri. Senza rendersene conto, i visitatori cominciarono ad avvertire il clima di straordinario rispetto che circondava i cinque monaci e che da loro irradiava. Tornarono al convento più spesso, portarono degli amici per mostrare quel posto speciale; e gli amici arrivarono con altri amici. Dopo qualche tempo uno chiese di unirsi ai monaci; poi un altro e un altro ancora. Nel giro di pochi anni il monastero ridivenne un centro vivo di luce e di spiritualità per tutta la regione”.
Posted on: Fri, 09 Aug 2013 16:32:10 +0000

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