Storia di Napoli Da Wikipedia, lenciclopedia - TopicsExpress



          

Storia di Napoli Da Wikipedia, lenciclopedia libera. 1leftarrow.pngVoce principale: Napoli. Storia di Napoli Popolo fondatore Greci, Cumani, Osci Anno fondazione VIII secolo a.C. Stati Polis greca, fino al 326 a.C. (greci) Roma, fino al 476 (romani) Regno di Odoacre, fino al 493 (eruli ed altri) Regno Ostrogoto, fino al 542 circa (ostrogoti) Imp. Bizantino, fino al 763 (bizantini) Ducato di Napoli, fino al 1137 (formalmente bizantino) Regno di Sicilia, fino al 1197 (normanni) Regno di Sicilia, fino al 1266 (svevi) Regno di Sicilia, fino al 1302 (angioini) Regno di Napoli, fino al 1442 (angioini, famiglia Durazzo) Regno di Napoli, fino al 1501 (aragonesi) Regno di Napoli, fino al 1646 (viceregno spagnolo) Repubblica Napoletana, fino al 1647 Regno di Napoli, fino al 1713 (viceregno spagnolo) Regno di Napoli, fino al 1734 (austriaci) Regno di Napoli, fino al 1799 (dinastia borbonica, ma regno autonomo) Repubblica Partenopea, 1799 Regno di Napoli, fino al 1806 (dinastia borbonica, ma regno autonomo) Regno di Napoli, fino al 1815 (francesi) Regno delle Due Sicilie, fino al 1860 Regno dItalia, fino al 1946 Repubblica Italiana, attuale Questa voce riguarda la storia della città di Napoli, dagli anni della sua fondazione sino ai giorni nostri. Indice [nascondi] 1 Le origini 1.1 Preistoria e protostoria 1.1.1 Prima della città 1.1.1.1 Le fonti storiche 1.1.1.2 Ritrovamenti archeologici 2 Età antica 2.1 La fondazione di Partenope 2.1.1 Palepolis e Neapolis 2.1.2 Linfluenza ateniese e siracusana 2.1.3 Neapolis osca 2.2 I Romani 2.2.1 La parentesi Virgiliana tra storia e leggenda 2.2.2 La città degli otia e Pausylipon 2.2.3 Verso la fine dellImpero 2.2.3.1 Leruzione pliniana del 79 d.C. 2.2.3.2 Lavvento del cristianesimo 3 Medioevo 3.1 Periodo bizantino 3.1.1 La provincia bizantina di Campania 3.1.1.1 La guerra gotica 3.1.1.2 Lordinamento giuridico 3.1.1.3 Il periodo vescovile 3.1.2 Ducato bizantino 3.1.3 Il Ducato autonomo e le continue minacce esterne 3.2 Periodo normanno 3.2.1 Le vicende storiche 3.2.2 Il nuovo sistema istituzionale e sociale 3.3 Periodo svevo 3.3.1 Federico II 3.3.2 Gli ultimi anni svevi: rivolte e assedi 3.4 Gli Angioini 3.4.1 Da capitale siciliana a capitale neapolitana 3.4.2 Il potere della monarchia 3.4.3 Il decadimento del Regno 3.4.4 Altri episodi di rilievo 3.4.5 Traguardi artistici 3.5 Gli Aragonesi 4 Età moderna 4.1 Carlo VIII: la presa di Napoli e le Guerre dItalia 4.2 Gli spagnoli 4.2.1 La rivolta di Masaniello 4.2.2 Leruzione del 1631 e la grande peste del 1656 4.2.3 Napoli barocca 4.3 Il Viceregno austriaco e i Borbone 4.3.1 Le riqualificazioni urbane e la nuova capitale[100] 4.3.2 Napoli capitale illuministica 4.3.3 La riscoperta di Pompei ed Ercolano e limpatto sullEuropa 4.4 La repubblica partenopea 5 Età contemporanea 5.1 Il Regno francese di Bonaparte e Murat 5.2 Lunione del Regno di Napoli e Sicilia 5.2.1 Francesco II e la fine del Regno 5.3 Napoli dopo lUnità dItalia 5.3.1 Il Fascismo e le trasformazioni urbane 5.3.2 La seconda guerra mondiale 5.4 Dal secondo dopoguerra ad oggi 5.4.1 La camorra 5.4.2 Il problema Vesuvio e Campi Flegrei: da rischio a risorsa 6 Note 7 Bibliografia 8 Voci correlate 9 Altri progetti Le origini[modifica | modifica sorgente] Preistoria e protostoria[modifica | modifica sorgente] Se nelle vicine Capri e penisola sorrentina scavi archeologici hanno permesso di riportare alla luce importanti reperti circa la frequentazione umana (sia da un punto di vista temporale che qualitativo) risalenti al periodo preistorico, nel sottosuolo napoletano invece sono stati reperiti soltanto pochi ritrovamenti che risalgono a tal periodo. In occasione dei nuovi lavori per la metropolitana di Napoli sono state riscontrate diverse attestazioni che rimandano allepoca neolitica. In via A. Diaz sono stati rinvenuti buchi di palo del VI millennio a.C., riconducibili a piccoli insediamenti pastorizi[1]. Nello stesso sito, anche dei paleosuoli con tracce incrociate di arature[2]associati a frammenti ceramici riferibili al neolitico finale (V-IV millennio a.C.); i cocci fanno riferimento alla facies di Diana. Tracce di frequentazione umana del V millennio sono state riscontrate anche sul Monte Echia, luogo dove nascerà Partenope, il primo nucleo urbano vero e proprio della città di Napoli[3]. Non molto lontano, nel vico Neve a Materdei negli anni 50 furono ritrovate alcune tombe di epoca eneolitica (fine III millennio a.C.), riferibili alla Cultura del Gaudo[4], molto diffusa nella regione. Prima della città[modifica | modifica sorgente] Le fonti storiche[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Ausoni e Opici. La tradizione letteraria greca (Antioco, Aristotele) ricorda che la pianura campana era abitata dagli Opici (vale a dire “lavoratori della terra”[5]) e Ausoni. Per molto tempo gli studiosi, condizionati dalle incertezze degli antichi, hanno identificato tali popolazioni in un unico ambito culturale ed éthnê. Gli studi recenti, invece, tendono a separarle.[6] In questi luoghi fu segnalata anche la presenza dei Teleboi, unantica popolazione dell’Acarnania, di uno strato etnico pregreco, confusa in età posteriore a Omero con i Tafi[7]. I Teleboi, secondo Virgilio, si sarebbero stanziati dapprima a Capri e poi nella costa napoletana.[8] Ad ogni modo si tratterebbe piuttosto di popolazioni leggendarie che venivano coinvolte in forme di relazione e di contatto. Magari popolazioni locali venivano così pronunciate per motivazioni che andrebbero definite di volta in volta.[8] Ritrovamenti archeologici[modifica | modifica sorgente] Nel 1952, sul Monte Echia, furono individuati dallarcheologo Ferdinando Ferrajoli[9][10] degli ambienti sacri ricavati nella roccia[11][12]. Gli studi elaborati allora, ormai alquanto discutibili[13], li ricondussero ad ogni modo alle popolazioni preelleniche. Successivamente tali ritrovamenti finirono non molto tardi nel dimenticatoio: ancor oggi risultano in stato dincuria e sono orfani di ulteriori sopralluoghi[12]. In realtà è lintera zona Echia-Santa Lucia a non poter contare, ancor oggi, su di una sistematica esplorazione archeologica atta a delineare un quadro completo ed ineccepibile del luogo.[14] Le moderne indagini archeologiche in città, rese possibili anche in questo caso grazie ai nuovi lavori per la metropolitana di Napoli, hanno dimostrato chiaramente che durante tutto il II millennio a.C. buona fetta del territorio napoletano era costellato da villaggi[15]. Alcuni di essi vennero certamente in contatto con le popolazioni egee[16] stanziate a Vivara, Ischia e Afragola[17]. I ritrovamenti del 2006 di questultimo sito menzionato, rinvenuti durante i lavori di costruzione della stazione ferroviaria di Napoli Afragola, sono costituiti da un insediamento del XII-X secolo a.C.[18]; esso è contraddistinto da spiccate caratteristiche commerciali e produttive. Questultime attestazioni hanno dimostrato allintera comunità archeologica lesistenza di un centro miceneo sorto su terraferma e in una zona dellentroterra (non dai caratteri isolani o costieri), con grandi quantità di resti ceramici di importazione ed imitazione dal mediterraneo orientale[18][19]. È chiaro che anche questultimi ritrovamenti, esattamente come quelli insulari, facciano riferimento a quei semplici scali nel percorso marittimo verso lOccidente[6][20][21]. Età antica[modifica | modifica sorgente] La fondazione di Partenope[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Magna Grecia, Partenope (storia), Partenope (mitologia) e Storia di Napoli greca. Monte Echia, luogo dove sorse la polis greca Il culto delle sirene era indubbiamente molto antico ed è riscontrato solo in tre località della Magna Grecia (golfo di Napoli, costa di Posidonia e Terina). Secondo gli studi di Giovanni Pugliese Carratelli le sue radici sarebbero da constatare nellambiente siro-anatolico: Rodi e Creta furono i centri in cui il motivo della sirena, rielaborato dai greci, si propagò nel mondo ellenico. Qualsiasi siano le radici precedentemente di quelle figure promiscue di elementi umani e animali, è certo che mediante alla loro espansione in Occidente furono proprio i greci.[22] La tradizione storica che parla della fondazione rodia di Partenope in unepoca anteriore allistituzione delle Olimpiadi (776 a.C.)[23] ha indotto lo studioso a ritenere che tale culto sia stato introdotto in Magna Grecia dai Rodii.[22] Il sito di Partenope sarebbe sorto nel IX-VIII secolo a.C. sullisolotto di Megaride e sarebbe stato (riallacciandosi allaltra tradizione storica che parla, invece, di una fondazione cumana) in un secondo momento esteso anche al Monte Echia[6]. Tali visioni sono tuttavia contrastate dagli studi moderni[24], favorendo la pista cumana.[25] Il culto delle sirene fu introdotto da questi ultimi nellambito del gioco di occidentalizzazione dei viaggi di Odisseo[25][26]. La sede principale era situata nel golfo di Napoli, sul promontorio di Sorrento e da qui il culto si diffuse negli altri centri della Magna Grecia. Linsediamento sarebbe nato intorno alla figura della sirena Partenope morta a Li Galli e lì, sul luogo cittadino, trasportata dal mare[26]. I ritrovamenti archeologici, costituiti da un gruppo di materiali di abitato ritrovati alla fine del XIX secolo e da una necropoli rinvenuta nel 1949 durante i lavori di ristrutturazione di uno stabile distrutto durante la seconda guerra mondiale[27], hanno confermato la presenza dellinsediamento cumano. In particolare, lo studio circa i materiali dabitato ha mostrato una fase iniziale databile alla fine dellVIII inizio del VII secolo a.C. ed una fase tardoarcaica che sembra interrompersi nella prima metà del V secolo a.C. Dalla seconda metà di questo fino al III secolo a.C. lo scarico ha dato scarsi materiali. Il sito visse ad ogni modo almeno fino al IV-III secolo a.C.[28][18] Le ultime rilevanze archeologiche rinvenute sul Monte Echia (2011) hanno tuttavia permesso di avvicinare lepoca di fondazione di Partenope a quella di Cuma e Pithecusa[29][3]. Partenope si inserisce nella logica di una creazione di approdi e caposaldi nel golfo. Probabilmente il porto era situato a valle della collina, verso lattuale piazza del Municipio. Non si sa molto sulla storia di Partenope. Lutazio Catulo, console romano e autore di testi storici, riferisce di una sua distruzione e, in un secondo momento, ricostruzione (Neapolis) per mano cumana. Probabilmente Lutazio si riferiva ad una distruzione frutto delle staseis (periodi di instabilità sociale e politica): è attendibile che fin da allora essa servisse come rifugio per le fazioni perdenti cumane.[28] Palepolis e Neapolis[modifica | modifica sorgente] Neapolis (città nuova), lampliamento del tessuto urbano o il quartiere nuovo[25], venne fondata dai cumani. Tale responsabilità di fondazione è abbondantemente riscontrata dalla tradizione storica, sia dagli autori che assumono unottica cumana, dipendendo da fonti cumane (Strabone, Velleio Patercolo, Scimno di Chio), sia da quelli che assumono unottica neapolitana, dipendendo da fonti neapolitane (Lutazio, Tito Livio).[25] Neapolis nasce dalla dialettica interna ai gruppi sociali Cumani e si colloca nel periodo di Aristodemo.[30] I ritrovamenti archeologici dimostrano che il pianoro sottostante alla collina di Pizzofalcone era diffusamente frequentato già dalla metà del VI secolo a.C. e che la Città Nuova sia da ricondurre alla fine dello stesso.[31] Il primo nucleo urbano acquisì via via il nome di Palepolis (città vecchia). La Magna Grecia. Linfluenza ateniese rese il porto di Neapolis uno dei più importanti del Mediterraneo[32], producendo uno sviluppo urbanistico che rimase immutato sino alla metà del I secolo a.C. Linfluenza ateniese e siracusana[modifica | modifica sorgente] La rinnovata città diventò ben presto un vero e proprio faro di cultura ateniese della Magna Grecia, ricevendo dalla città attica bellezza degli edifici, tradizioni ma soprattutto unintegrazione nel complesso sistema di relazioni commerciali che caratterizzavano le polis greche.[32] La nuova zona urbana seppe in breve tempo sia sostituirsi a Cuma nei commerci marittimi sia assumere il controllo sul golfo[6]. Il suo successo in campo commerciale fu reso possibile grazie al declino della Tirannide dei Dinomenidi a Siracusa (466 a.C.) e allabbandono di Pithecusa da parte del presidio siracusano, a causa di una violenta eruzione vulcanica. Tale situazione fece sì che Pericle potesse affermare senza molti problemi, linfluenza ateniese nei territori della Magna Grecia e quindi su Neapolis[32]. Lattenzione ateniese per la Campania, ma anche per la Sicilia e lAdriatico, fu dovuta dal bisogno di derrate alimentari (soprattutto per quanto riguarda il commercio cerealicolo) per una popolazione in continuo aumento. Il golfo di Napoli e più in generale le fertili pianure della Campania mostravano una scelta territoriale più che adeguata. La città attica si servì di Neapolis ma a trarne vantaggi fu soprattutto questultima in quanto, oltre a constatare una notevole rilevanza del suo porto, si immise nellarea (insieme forse ad Elea) della sorgente comunità italiota non solo da una punto di vista culturale ma anche economico. Col diventare il capolinea degli scambi commerciali con il mondo campano interno, Neapolis registrò un incremento demografico.[32] Intorno alla metà del V secolo a.C.[33] linsediamento vide la spedizione del celebre ammiraglio ateniese Diotimo. Questultimo raggiunse Neapolis con la sua flotta al fine di fornirla di coloni attici e calcidesi di Eubea, per il potenziamento del corpo civico[34][35]. Allo stabilirsi di numerosi coloni Greci la popolazione crebbe sino a 30.000 abitanti. Grazie a questa spedizione venne oltremodo istituita una lampadedromia destinata a diventare celebre in tutto il mondo.[26] Solo un ostacolo si interpose agli ateniesi per la conquista del ricco mercato campano, ovvero i tentativi siracusani di conservare, ancora in seguito alla caduta dei Tirannidi, un ruolo primario nel Tirreno[32]. Un fattore che alla lunga avrebbe portato allo scontro con la città siciliana. Nel 415 a.C. la spedizione contro Siracusa finì in un vero e proprio disastro. I rapporti tra Neapolis e Atene subirono una attenuazione con le vicende belliche della guerra archidamica e la peste, che minarono sostanzialmente leconomia dellAttica[32]. Neapolis osca[modifica | modifica sorgente] Intorno alla metà del V secolo a.C. lequilibrio politico e sociale di Neapolis venne progressivamente minato dalla popolazione osca[36]. Nel 423 a.C. gli Osci, dopo un maggiore consolidamento del proprio ruolo, divennero una popolazione alquanto potente capace di liberare Capua dalla signoria Etrusca. Nel 420 a.C. presero Cuma ed una parte dei suoi abitanti si rifugiò a Neapolis. Questultima di sua volta riuscì a mantenersi greca, sebbene dovette aprire le porte ad una parte di questa popolazione. Tra i vecchi residenti e i nuovi abitanti si instaurò un vero e proprio rapporto di tipo culturale e commerciale[37]. La prima insegnò al rozzo popolo maggiori modelli di civilizzazione mentre i secondi contribuirono ad occuparsi delle merci per lesportazione. A livello politico Neapolis subì un elevato condizionamento, ma senza tuttavia perdere la sua grecità[36]. In secondo luogo, nel 327 a.C., scoppiò un conflitto: la parte osca dellinsediamento si era infatti alleata con i Sanniti, mentre quella greca con i Romani.[36] Neapolis venne assediata dai Sanniti e i Romani accorsi in aiuto degli alleati greco-napoletani sconfissero i Sanniti e stipularono con questultima un foedus aequum (trattato di alleanza paritaria), immettendo il territorio napoletano nella loro area dinfluenza[38][39]. I Romani[modifica | modifica sorgente] Napoli come seconda città della Regio I Latium et Campania, regione romana. La nuova potenza emergente di Roma, intuendo le potenzialità di Neapolis e del suo porto, manifestò le sue mire espansionistiche per sottrarre la città allinfluenza greca, cumana e sannita. Nel 327 a.C. il console romano Quinto Publilio Filone accampò il suo esercito tra i due nuclei urbani, Neapolis e Palepolis, in modo tale da impedire eventuali aiuti reciproci visto che gli attacchi provenivano da entrambi i lati[25]. Lucio Cornelio Lentulo invece entrò nel territorio dei sanniti alleati dei greci di Palepolis. La città di Palepolis si arrese[40]lanno successivo, anche grazie ad uno stratagemma con il quale i greci allontanarono i Sanniti dalla città (per approfondire questo episodio storico, vedi storia di Partenope). Nel 280 a.C., durante la battaglia di Eraclea, quando Pirro si accorse che non cera alcuna possibilità di un accordo con il Senato romano, decise di passare al contrattacco, avanzando con la sua armata verso nord. Durante lavanzata deviò su Napoli con lintento di prenderla o di indurla a ribellarsi a Roma.[41] Il tentativo fallì e comportò una perdita di tempo che giocò a vantaggio dei Romani: quando giunse a Capua la trovò già presidiata da Levino. Dal 199 a.C., anno dellistituzione di una dogana, le importazioni della città iniziarono a diminuire a vantaggio in particolare della vicina concorrente Pozzuoli e in seguito, nonostante i tentativi di Annibale di sobillare i suoi abitanti contro Roma, Neapolis fu promossa a municipio romano, perdendo parte delle sue autonomie, sebbene restassero ancora in vigore le fratrìe e le figure di arconti di tradizione greca. Nel 82 a.C., nella lotta fra Mario e Silla, trovandosi a parteggiare per il primo, la città dovette subire le devastazioni e le stragi compiute dal secondo, animato dal desiderio di vendetta per laffronto subito; ciò privò oltretutto Neapolis della sua flotta e dellisola dIschia e ne compromise il commercio a tutto vantaggio di Pozzuoli, dando lavvio ad un periodo di decadenza. La città in questo lasso storico si pose soprattutto come un rilevante centro culturale. Virgilio, una figura simbolo della libertà politica e culturale di Napoli[36], compose proprio in città le Bucoliche (il primo frutto della poesia di Virgilio, ma, nello stesso tempo, possono essere considerate la trasformazione in linguaggio poetico dei precetti di vita appresi dalla scuola epicurea di Napoli[42]), le Georgiche e la prima parte dellEneide.[43] Nel 73 a.C., alle porte della città, a Capua, scoppiò la rivolta dei gladiatori guidata da Spartaco. Di lì a poco sul monte Vesuvio ebbe luogo una delle battaglie che vide la sconfitta dellesercito romano. Nel 49 a.C. nella guerra civile tra Cesare e Pompeo, la città si vide schierata dalla parte dello sconfitto: per questo motivo subì conseguenze negative. La parentesi Virgiliana tra storia e leggenda[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Publio Virgilio Marone. Come stretto amico di personaggi di potere e di grandissima influenza come limperatore Augusto, il grande poeta latino poté beneficare in molti modi la città di Napoli. I suoi biografi medioevali infatti ci narrano che fu Virgilio a consigliare allimperatore di costruire lacquedotto del Serino che servisse questa ed anche altre città, come Nola, Avella, Pozzuoli e Baia (Bacoli). Inoltre esortò Augusto a creare per Napoli una rete di pozzi e fontane per lapprovvigionamento idrico, un sistema fognario di cloache e complessi termali terapeutici a Baia e Pozzuoli, per cui fu anche necessario scavare un grandioso traforo nella collina di Posillipo, lodierna Grotta di Posillipo, nota per tale motivo fino al XIV secolo come Grotta di Virgilio.[44][45] Un altro provvedimento fu listituzione di un particolare gioco di lotta tra gladiatori, allora noto come gioco della Carbonara, da cui probabilmente deriva lodierno toponimo della via della Carbonara (sita nel quartiere di S. Lorenzo). Infine, Virgilio, essendo appassionato di divinazione e del mondo della religione in generale (come traspare anche dalle sue opere letterarie), fece installare due sculture di teste umane in marmo, una maschile e allegra, laltra femminile e triste, sulle mura della città e precisamente ai lati della porta di Forcella al fine di fornire un presagio casuale fausto o infausto (una sorta di innocua cefalomanzia minerale) per i cittadini di passaggio [46]. Con lallargamento delle murazioni orientali in epoca aragonese, le teste furono trasferite nella lussuosa Villa di Poggioreale che andarono però perdute a causa della distruzione del complesso. Come riportano i suoi più antichi biografi, Virgilio aderì al neopitagorismo, corrente filosofica e magica allora molto diffusa nella Magna Grecia, ed in particolare a Neapolis, una delle poche città del Meridione che dopo la conquista romana aveva conservato la sua vita culturale genuinamente ellenica. In quanto filosofo neopitagorico e mago gli sono attribuiti nove talismani di protezione per la città di Napoli che tanto amò, secondo i biografi medioevali e rinascimentali (tra cui spicca Paracelso). La città degli otia e Pausylipon[modifica | modifica sorgente] Villa Imperiale di Pausylipon. La città diventò anche una meta privilegiata dellaristocrazia romana desiderosa di passare qui pause di governo o gli ultimi anni della propria esistenza. Risale a questultimo periodo la celebre villa di Lucio Licinio Lucullo che si estendeva sullisolotto di Megaride sino alla collina di Pizzofalcone, ove un tempo sorgeva Palepolis. Altre strutture di rilievo erano locate ad occidente e a oriente della città: a Pausylipon (odierno quartiere Posillipo, il cui nome è di derivazione greca e significa pausa del dolore), fu costruita la vasta villa imperiale di Publio Vedio Pollione; a tal fine venne realizzata anche la Grotta di Seiano opera dellarchitetto cumano Lucio Cocceio Aucto. A detta degli storici, la Neapolis di questa frangente storica fu una città alquanto contraddittoria, se da un lato fu costituita dalla presenza di una forte componente romana, dallaltro la voglia di vivere alla greca non si spense mai. Uno squilibrio sociale che troverà un certo ordine solo con lavvento delletà augustea. Anche gli imperatori stessi come Claudio, Tiberio, Nerone trascorsero a Napoli le loro pause dal governo dellImpero in eleganti ville. Verso la fine dellImpero[modifica | modifica sorgente] A Neapolis si formò la congiura per uccidere Cesare (sembra che Cassio partì proprio da uno dei lidi della città per andare a compiere il celebre omicidio), proprio nel periodo in cui Miseno surclassava la città per importanza commerciale del suo porto e laristocrazia romana veniva ormai in città quasi solo per organizzare manifestazioni culturali e spettacoli. Nel 2 d.C. Neapolis, ritenuta la città più greca dItalia[47], fu scelta dallImperatore Augusto come custode della cultura ellenica e la nominò quale sede dei giochi Isolimpici, sul modello di Olimpia (Grecia).[48][49] Nel medesimo periodo la città andò acquisendo elementi stranieri col progressivo stanziarsi di colonie orientali; la comunità proveniente da Alessandria dEgitto importò con sé il culto di Iside. A prova della regio nilensis vi è ancora la Statua del dio Nilo situata nellomonimo largo. Leruzione pliniana del 79 d.C.[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Eruzione del Vesuvio del 79. San Gennaro, patrono di Napoli. Nel 79 d.C. Neapolis fu scossa da una violenta eruzione del Vesuvio. A quei tempi, gli antichi, non conoscendo la vera natura della montagna furono del tutto colti di sorpresa. Oltremodo il Vesuvio non aveva dato molte opportunità di farsi conoscere, poiché per secoli fu un vulcano del tutto inattivo, in profondo stato di quiescenza. Si verificarono degli eventi precursori quali i terremoti del 63 e del 64 d.C. che danneggiarono tutte le città della baia. A Neapolis crollò anche una parte del teatro allaperto. La storiografia moderna vuole che Nerone si stesse esibendo nel suddetto teatro, proprio durante uno di quegli eventi sismici.[50] Il 24 agosto del 79 d.C. cominciò la terribile eruzione vulcanica. Essa fu osservata da Plinio il Vecchio dalla non lontana città di Miseno, ma ad averla tramandata ai posteri fu suo nipote, allora diciassettenne, Plinio il giovane. Dopo aver seppellito di cenere e pomici le città che sorgevano non lontane dal vulcano, le nubi ardenti diedero il colpo di grazia: queste ebbero una potenza tale da disperdersi in un raggio dazione di più di 10 km dal cratere sul lato nord-ovest e circa 17 sul lato sud-est[51]. Neapolis non venne investita da queste ultime ma fu piuttosto danneggiata dai discreti eventi sismici e dalle abbondanti piogge di cenere. Pompei, Ercolano, Oplontis e Stabia (qui morirà anche Plinio il Vecchio[52]) e tutti i villaggi più vicini alla montagna furono del tutto distrutti. In seguito, lo stesso imperatore Tito volle venir a quantificare i danni della calamità, ma pochi interventi furono possibili.[53] Lavvento del cristianesimo[modifica | modifica sorgente] Nel 117 d.C. ulteriori interventi urbanistici a Neapolis e, più in generale in Campania, furono attuati da Adriano. Con la successiva trasformazione da municipio romano a colonia, in città andò affermandosi sempre più la lingua latina e si ebbe una graduale ripresa dal periodo di decadenza (narrato anche da Petronio nel suo Satyricon), con un conseguente aumento della popolazione e un incremento dei commerci dovuto alla presenza alessandrina dallOriente nel I secolo. Nel 202 d.C. il Vesuvio eruttò di nuovo violentemente, i suoi boati furono udibili fino a Capua: con Tertulliano, che probabilmente risiedeva a Neapolis, la montagna diventò sinonimo di inferi, entrando così nelliconografia cristiana.[54] La religione emergente, il Cristianesimo, fece presa e si radicò subito dopo la metà del I secolo, in quanto era già in atto un processo di progressiva assimilazione della colonia ebraica presente in città, come testimonia San Paolo nelle sue Lettere e alcuni rinvenimenti archeologici nelle Catacombe di San Gennaro e il Calendarium della Chiesa di San Giovanni Maggiore. Il primo vescovo napoletano fu Aspreno, forse ordinato dallo stesso San Pietro (che una leggenda vuole presente a Napoli a dire messa nella Basilica di San Pietro ad Aram); Aspreno, poi canonizzato, resse la comunità cristiana napoletana per 33 anni e morì nel 69; lassenza di martiri fra i cristiani di Napoli spinse alla scelta, come santo patrono della città, di San Gennaro, vescovo di Benevento, decapitato nella vicina Pozzuoli nel 305. Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi San Gennaro, SantAspreno e Catacombe di Napoli. Larrivo a Neapolis dei testi di grandi apologisti latini come Tertulliano, lazione organizzatrice di papa Vittore I prima e quella più strettamente caritativa di papa Callisto I da un lato e il nuovo corso impresso alla politica romana dalla dinastia dei Severi, diedero impulsi benefici alla comunità cristiana ed alla città più in generale. Sotto Diocleziano, persecuzioni anti-cristiane avvennero anche a Neapolis, almeno sino al 311, anno in cui un editto imperiale concedeva ai cristiani libertà di riunione e di professione della loro fede. Numerose sono le leggende legate alla figura di Costantino e molte di esse riguardano la costruzione di chiese, come quella di San Giovanni Maggiore e quella di San Gregorio Armeno, solo per citare le più note, ma gli influssi positivi della politica di questo imperatore furono di durata breve in quanto ebbero avvio, dal 410 in avanti numerose invasioni barbariche. La città fu attaccata, ma non espugnata grazie anche alle sue fortificazioni, dai vandali. Nel 476 Romolo Augusto, lultimo degli imperatori romani dOccidente, venne deposto ed imprigionato, per mano di Odoacre, presso Castel dellOvo, a quel tempo villa romana fortificata. Medioevo[modifica | modifica sorgente] Periodo bizantino[modifica | modifica sorgente] La provincia bizantina di Campania[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Campania (provincia romana). La guerra gotica[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Assedio di Napoli (536) e Assedio di Napoli (543). Nel VI secolo la città venne sottratta ai Goti dallImpero romano dOriente durante il tentativo di Giustiniano I di ricreare lImpero e la città fu sottomessa dal nuovo conquistatore, il generale Belisario (536) che, dopo un duro assedio, saccheggiò la città per punire i napoletani dellappoggio dato ai barbari, anche se, secondo Procopio di Cesarea (testimone oculare dei fatti), non compì stragi perché i napoletani erano cristiani come i Bizantini. Dopo una nuova e breve parentesi gota (riconquista di Totila del 542), Napoli fu saldamente in mano bizantina grazie allazione militare di Narsete e diventò provincia bizantina, a partire dal 534 e per i successivi sei secoli. La provincia bizantina di Campania era amministrata da uno Iudex Provinciae mentre la massima autorità militare era un dux o un magister militum. Nel 571 i Longobardi simpadronirono di Benevento fondando il Ducato di Benevento e sottrassero ai Bizantini il controllo dellentroterra campano. Qualche anno dopo lImperatore Tiberio II (578-582) decise di scindere la provincia di Campania in due: lUrbicaria e la Campania. LUrbicaria divenne poi il ducato romano mentre la Campania nel corso del VII secolo divenne anchesso un ducato, governato da un duca. Lordinamento giuridico[modifica | modifica sorgente] La notevole influenza del regno di Giustiniano in ambito culturale, artistico e, ancor più, nel campo della giurisprudenza (basti pensare al Novus Iustinianus Codex che fu la base del nuovo ordinamento giuridico) si fece sentire anche a Napoli. Nacque così un governo che era da un lato dotato di una struttura militare, necessaria per la difesa del regno in un siffatto periodo di instabilità politica, e dallaltro di una struttura prettamente civile, deputata più che altro al governo delle province conquistate; inoltre, andò aumentando limportanza conferita al clero, in particolar modo alla figura del vescovo con ampi poteri anche di giurisdizione civile ereditati dalla vecchia figura del magistrato, ormai scomparsa. Il periodo vescovile[modifica | modifica sorgente] Sotto il nome di periodo vescovile sindica generalmente larco di tempo che va dal 578 al 670 e che vede laffermarsi in città della figura del vescovo come figura di primaria importanza sia religiosa che civile e quindi dotata di potere temporale vero e proprio. Proprio per le prerogative conferite loro dal nuovo sistema amministrativo e giuridico, spesso vi furono degli aspri contrasti dei vescovi con gli stessi pontefici romani, arrivando in alcuni casi anche a difendere la città dallingerenza della Chiesa. Fu questo un periodo di continue guerre con i Longobardi che dominavano gran parte dellItalia meridionale e che più volte assediarono la città (come nel 592 e nel 599) senza, tuttavia, riuscire ad assoggettarla, grazie anche al costante apporto del papato, in particolare nella persona di papa Gregorio Magno. Ducato bizantino[modifica | modifica sorgente] La Napoli bizantina nellItalia dellanno 1000. Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Ducato di Napoli. La data di fondazione del ducato napoletano è incerta: secondo Eliodoro Savino (cfr. Campania tardoantica (284-604), p. 138) il territorio campano venne «smembrato pochi anni prima del 600 tra i due ducati bizantini di Roma e di Napoli e quello longobardo di Benevento». La mancanza di riferimenti alla provincia Campania nellepistolario gregoriano, anche se non ne implica labrogazione (che viene smentita da numerose fonti che attestano la presenza di Iudices Campaniae nel corso del VII secolo), è significativa perché indica un crescente potere dei duchi che alla fine diventeranno la massima autorità civile e militare nel 638, portando nello stesso anno allabolizione della carica di Iudex Provinciae. Sulla scia della rivolta del 615 che a Ravenna portò allassassinio dellesarca, a Napoli Giovanni Consino si pose a capo del malcontento popolare che iniziava a suscitare il dominio di Bisanzio e che, testimoniava un sempre maggior desiderio di autonomia dei napoletani. Giovanni si rese quindi indipendente da Bisanzio ma la sua rivolta venne sedata energicamente e in poco tempo dallesarca Eleuterio. Nel 638 il dux divenne la massima autorità civile e militare del ducato. La tradizione dice che il primo duca locale di Napoli fu Basilio nel 661, ma questa tesi viene ora respinta dagli studiosi moderni (Cfr. The New Cambridge Medieval History: c. 500-700, p. 341). I duchi che si susseguirono e che furono, in ordine cronologico, Teofilatto I (666-70), Cosma (670-72), Andrea I (672-77), Cesario I (677-84), Stefano I (684-87), Bonello (687-96), Teodosio (696-706) e Cesario II (706-11), dovettero fronteggiare con una serie di guerre i Longobardi, laltra potenza dellItalia meridionale, che premevano dai vicini ducati di Capua e Benevento. Nel 711 i napoletani, guidati dal saggio governo del duca Giovanni I e spalleggiati dallapporto del Papa Gregorio II, riuscirono a riconquistare la città di Cuma, caduta inaspettatamente in mano longobarda. La controversia iconoclasta scatenatasi nel 726 pose il nuovo duca, Teodoro I in una difficile condizione di incertezza fra la fedeltà allImperatore di Bisanzio e la devozione al Papa, dalla quale il duca seppe uscire a testa alta conservando una posizione di equidistanza che non compromise i rapporti di Napoli né con lImpero né con il Papato. Durante il periodo vescovile in città sorsero numerosi monasteri, oltre a svariate chiese; i monasteri erano per lo più cenobi di origine greca (retti da monaci basiliani) che trovavano allocazione sulle alture dellinterno o sulle isole ma anche in città come quello che sorgeva nellantico Oppidum Lucullianum, sulla collina del Monte Echia o sullisoletta di Megaride, sebbene non mancassero conventi in città come il monastero greco di San Sebastiano. Anche a Napoli, come a Roma, i monaci furono i principali divulgatori della cultura in una lingua ormai diversa dal latino classico e che aveva ormai assorbito influssi greci di derivazione bizantina ma che produsse, oltre a trascrizioni e traduzioni dei classici anche la produzione cristiana, cosiddetta, agiografica. Dal punto di vista artistico va ricordato che a Napoli linflusso longobardo fu pressoché nullo, e la tradizione artistica romana e paleocristiana si perpetuò a lungo nel tempo ma, anche dellarte bizantina da cui la città mutuava molti influssi, è rimasto molto poco a causa sia di eventi come calamità o distruzioni belliche sia di una capacità di trasformazione e di adattamento operata dagli artisti. In questepoca Napoli, che era divenuta la principale città della Campania, fu rafforzata nelle sue mura, anche per una migliore difesa dalle minacce dei Longobardi, e tutta la zona portuale fu inclusa nella cerchia delle mura che di fatto non ebbero un ampliamento di grandissimo rilievo. Il Ducato autonomo e le continue minacce esterne[modifica | modifica sorgente] Il ducato autonomo. Dopo i ducati di Giorgio e Gregorio I, divenne duca Stefano II, in un primo momento molto legato a Bisanzio e poco al Papato ma che, successivamente, nel 763 riconobbe il pontefice Paolo I e si ribellò apertamente allautorità centrale, assumendo la carica vescovile e divenendo così di fatto il primo a guidare il ducato napoletano autonomo. Ciò venne incontro al desiderio del popolo napoletano che andò acquistando una sempre più ampia coscienza civica e una fiducia sempre maggiore nella propria autonomia, tanto che da solo e con la lungimiranza dei suo capi e dei suoi vescovi poté resistere ai tentativi di conquista da parte dei Longobardi, dei Franchi e dei Saraceni. Nell831 la città subì un duro assedio da parte dei Longobardi di Benevento che riuscirono ad impadronirsi del corpo di San Gennaro, mentre la testa rimase nella Basilica di Santa Restituta. Nell832 Stefano fu assassinato da una congiura ordita da alcuni nobili napoletani sobillati da emissari di Sicone, principe longobardo e fu eletto duca proprio uno dei suoi assassini, Bono, destituito dopo appena sei mesi dal suo incarico. Nel frattempo a Palermo si era insediata la dinastia araba, ma già a Napoli sintravide una politica filo-musulmana in vista di una proiezione più mediterranea che continentale del ducato[55]. Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Storia dellIslam nellItalia medievale. Nell840, con lavvento di Sergio I sembrò terminare il lungo periodo di lotta del Ducato contro i barbari e in difesa della romanità e fu inaugurata una politica estera più amichevole nei confronti dei Franchi, in funzione di garantire a Napoli una sempre più salda autonomia dalle incursioni saracene e longobarde; ciò tuttavia non impedì ai Saraceni di distruggere, nell845 la località di Miseno. Le flotte napoletane seppero tener testa ai musulmani di Sicilia e Nordafrica. Nell846 le flotte campane videro la vittoria di punta Licosa. La chiave del successo cittadino fu data dallo sviluppo in campo marittimo, civile e militare. Nello stesso anno Cesario Console liberò Gaeta dai fedeli dellIslam. Tre anni dopo i musulmani attaccarono Roma ma furono respinti dalla flotta napoletana comandata ancora una volta da Cesario Console, giunta in soccorso del pontefice nella battaglia navale di Ostia. Seguì un periodo in cui si tentò una sorta di alleanza con i Saraceni, osteggiata da Papa Giovanni VIII che riuscì a far condurre il duca in catene a Roma e a farlo giustiziare; fu questo un periodo in cui Napoli ed il Papato si ritrovarono ai ferri corti (anche sotto il ducato di Atanasio II). Successivamente Napoli fu nuovamente contro i corsari saraceni. Nel 902 i napoletani rasero al suolo il grande complesso conventuale posto sullisolotto di Megaride (attuale Castel dellOvo), per evitare che vi si fortificassero i Saraceni usandolo come base per linvasione della città, mentre i monaci si ritiravano a Pizzofalcone. In un documento del 1128, tuttavia, nel sito viene nuovamente citata una fortificazione, denominata Arx Sancti Salvatoris dalla chiesa che vi avevano costruito i monaci. Da un punto di vista sociale, in questo periodo la città si arricchì di scuole e biblioteche, mentre la marina mercantile rivolse il suo sviluppo anche verso Oriente. I musulmani dellinsediamento del Traetto furono sconfitti nel 915 nella Battaglia del Garigliano, in cui lesercito napoletano, alleatosi con il Ducato di Capua, fu praticamente sotto il comando di Bisanzio, che non perse occasione per riprendere ad esercitare la propria supremazia sul Ducato; di fatto, i duchi che si susseguirono furono nuovamente nella sfera imperiale, almeno sino al 963. Intanto, un nuovo spauracchio si affacciò sul Ducato, il Sacro Romano Impero che, con Ottone III iniziò a far valere le proprie mire espansionistiche sulle terre del sud Italia e quindi su Napoli, che, pur rimanendo invischiata nei turbolenti anni delle lotte per il possesso di quelle terre, riuscì sostanzialmente a mantenere la sua indipendenza. Nel 1030 il duca Sergio IV donò la contea di Aversa alla banda di mercenari normanni di Rainulfo Drengot, che lo avevano affiancato nellennesima guerra contro il principato di Capua, creando così il primo insediamento normanno nellItalia meridionale. Da qui i normanni assimilarono la cultura della Napoli bizantina, trasformandosi da popolo incolto e rude a popolo civilizzato.[56][57] Dalla base di Aversa, nel volgere di un secolo, i normanni saranno in grado di sottomettere tutto il meridione dItalia, dando vita al Regno di Sicilia. Nel 1077 la città resistette ad un assedio di due anni, mentre la vicina Salerno era già caduta in mano normanna. Il duca Sergio VII nel 1131 fu costretto a riconoscere Ruggero II come suo sovrano ma qualche tempo dopo il vassallaggio ebbe fine in quanto le flotte napoletane parteciparono alla lega anti-Ruggero a Scafati. Nel 1134 i napoletani rigettarono in mare unulteriore flotta normanna. Il sovrano si vendicò con un lungo periodo di stragi e distruzioni che decimarono la popolazione della città. In un gioco di sottomissioni e risottomissioni, Sergio seppe ad ogni modo tenere ancora sotto il suo controllo il ducato. Nel 1136-37 Sergio si ribellò nuovamente. Con la venuta dellImperatore Lotario III il popolo uscì momentaneamente da una situazione di grave pericolo. Con la discesa in Italia di Lotario III ebbe inizio una lunga guerra tra lImpero e i Normanni che vide Re Ruggero II dAltavilla perdere progressivamente i territori dellItalia peninsulare. Ripartito Lotario nellottobre del 1137, Ruggero II poté riconquistare, oltre Napoli, anche Salerno, Avellino, Benevento e Capua. Il Ducato di Napoli fu, comunque, lultimo territorio a cadere in mano normanna. Anche dopo la capitolazione del Duca, i napoletani si ribellarono al sovrano straniero organizzandosi in una Repubblica aristocratica fino alla definitiva resa avvenuta in Benevento (1139).[36] Periodo normanno[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Regno di Sicilia. Gli Altavilla Il blasone della casa di Altavilla Quella degli Altavilla fu la dinastia reale che operò la riunificazione politica dellItalia meridionale,(compresa la Sicilia). Lopera iniziata dai figli di Tancredi (capostipite della famiglia), Roberto il Guiscardo e Ruggero I, fu portata a termine da Ruggero II, nel 1130. Gli Altavilla regnarono indisturbati sui territori meridionali per oltre mezzo secolo quando dovettero arrendersi, nel 1194, alla potenza sveva. Lultima degli Altavilla, Costanza sposò limperatore germanico Enrico VI di Hohenstaufen; questultimo ereditò con le armi il regno normanno, garantendo ancora a lungo quella nuova continuità territoriale che gli Altavilla avevano costituito a scapito dellautonomia che la città di Napoli si era conquistata nei secoli addietro a caro prezzo, nel periodo ducale. Le vicende storiche[modifica | modifica sorgente] Si andava nel frattempo costituendo quel Regno di Sicilia che unificò Sicilia e Italia meridionale sin dal 1130, anno in cui il nuovo stato unitario fu istituito dallAntipapa Anacleto II e successivamente legittimato, nel 1139, per mano di Papa Innocenzo II. Tale nuovo Regno fu governato dai Normanni sino al 1195 con capitale non a Napoli ma, per volere di Ruggero II dAltavilla, a Palermo. Pur tuttavia, la città acquisì grandi funzioni grazie allimportanza del suo porto. Questultimo permise a Napoli di divenire lunica città del Regno e più in generale della penisola italiana, in grado di far parte della Lega Anseatica (1164)[58][59]. Le città della Lega mantennero il monopolio dei commerci su gran parte dellEuropa settentrionale e del mar Baltico.[60] Ruggero II giunse a Napoli nel 1140, accolto con tutti gli onori (così come narrato, con dovizia di particolari, da un cronista medievale[61]) e, dopo la nomina di un responsabile giuridico ed amministrativo (il compalazzo) accentrò in pratica tutti i poteri nelle sue mani, mettendo definitivamente fine al periodo di autonomia della città. Mentre la nobiltà mantenne per certi versi i propri privilegi, il clero conobbe un periodo di decadenza, anche considerando i dissapori dei re normanni con lautorità papale. Nel 1154, salì sul trono di Sicilia, Guglielmo I e tutto il periodo in cui fu sul trono fu caratterizzato da una serie di lotte interne e di difficili rapporti con gli stati esteri; inoltre, a Napoli si accese una contesa tra le classi dei milites e quella dei nobiliores e alcune rivolte portarono anche il popolo a scendere in piazza contro listituto monarchico. Guglielmo represse le rivolte nel sangue, fu molto severo nellamministrazione della giustizia e aumentò limposizione di tasse avvalendosi, per portare a compimento il suo programma, del ministro barese Maione, poi assassinato in una congiura ordita dal suocero Matteo Bonello. Con lavvento sul trono di Guglielmo II, migliorò il dialogo della monarchia normanna con il popolo e Napoli visse un periodo di relativa tranquillità; fu nominato un governo consolare alla cui composizione contribuirono non solo esponenti delle classi nobiliari ma anche dei mediani e del popolo. Maggiore autonomia, specie in ambito commerciale (fu ripristinata lantica promissio riguardante lesenzione dai dazi), fu conferita alla città da Tancredi di Lecce, nuovo sovrano che regnò dal 1189 al 1194. Ma lestremo gesto di Tancredi che fece arrestare limperatrice Costanza (detenuta per un periodo anche a Napoli) e la debole reggenza del figlio di questi, Guglielmo III, non riuscirono ad impedire linvasione del regno da parte degli Svevi che, con Enrico VI posero fine alla dominazione normanna, durata poco più di mezzo secolo. Il nuovo sistema istituzionale e sociale[modifica | modifica sorgente] Regno di Sicilia 1154.svg Con lavvento di Ruggero II, vennero implementate a Napoli, nuove istituzioni fondate sulla preminenza del potere regale che andava ad affiancarsi ai vecchi usi feudali e municipali[62]. Il nuovo sovrano stabilì rapporti molto più stretti con la nobiltà mediante la concessione di privilegi feudali (per la prima volta, a Napoli furono istituite le figure dei cavalieri feudali), assicurandosi così un costante appoggio alla sua politica. Il compalazzo (da comes palatii), di nomina regia, aveva importanti funzioni nellambito della vita cittadina che andavano dallamministrazione delle rendite demaniali, alla gestione della giustizia sia civile che penale, sino al controllo della rete dei funzionari dellamministrazione (conestabili). Fu anche grazie a questo nuovo sistema istituzionale che i re normanni riuscirono a controllare le rivolte, che pur non mancarono a Napoli e in altre zone campane e pugliesi del regno, che la classe dei mediani, costituita essenzialmente da milizie professionali, sobillò contro il potere regio; furono proprio i nobili, fedeli al re, che sincaricarono di stroncare queste rivolte. Negli ultimi anni del governo normanno (specie con Tancredi di Lecce al potere, che governò con un consiglio di consoli, presieduto dal compalazzo), si arrivò addirittura a ristabilire i diritti dei cittadini su alcune terre precedentemente usurpate proprio dal potere regio nella contea di Aversa. In tale periodo sintensificarono i contatti commerciali, specie con la città di Amalfi e alla cittadinanza napoletana fu concessa la possibilità di battere moneta. Dal punto di vista sociale si andarono costituendo gruppi familiari che si radicavano in particolari aree del territorio cittadino che, sempre più influenti, condividevano interessi economici e patrimoniali (i potentes o consortes). A queste consorterie civili si affiancarono gruppi di ispirazione religiosa come le confraternite o le estaurite. Altro elemento che contribuì non poco al mutamento sociale del periodo post-ducale fu laggregazione dei piccoli monasteri di rito greco in strutture monastiche più grandi, che iniziarono a seguire il rito latino. Queste comunità, spesso urbane e non solo esterne alla città muraria come un tempo, beneficiando dei generosi lasciti patrimoniali delle classi aristocratiche napoletane, costituirono un elemento di garanzia per la stabilità del governo della città. Periodo svevo[modifica | modifica sorgente] La fondazione della prima Università statale e laica dOccidente[63][64] Stemma della Federico II LUniversità degli Studi di Napoli fu fondata da Federico II di Svevia il 5 giugno 1224 tramite leditto generalis lictera. LUniversità di Napoli è considerata in assoluto la prima Università di tipo statale (non fondata, cioè, da corporazioni o associazioni di intellettuali, bensì da un sovrano). Due furono i motivi principali che spinsero limperatore alledificazione dello studium generale (lUniversità principale del Regno di Sicilia): in primo luogo la formazione esclusiva del personale amministrativo e burocratico della curia regis e quindi la preparazione dei giuristi che avrebbero aiutato il sovrano nella definizione dellordinamento statale e nellesecuzione delle leggi; in secondo luogo agevolare i propri sudditi nella formazione culturale, evitando loro inutili e costosi viaggi allestero. Luniversità, polarizzata intorno allo studium di diritto e retorica, contribuì allaffermazione di Napoli quale capitale delle scienze giuridiche, dove formare la classe dirigente dello stato[65]. La scelta di Napoli come centro culturale dellImpero fu legata a fattori riappacificatori, strategici e culturali. La città fu lultima a piegarsi ai normanni, mentre più recentemente si oppose per tre anni allassedio di Enrico VI, padre di Federico. Oltremodo si ribellò anche a questultimo, passando al partito di Ottone IV. In più Napoli era locata in un luogo ameno e costituiva già un affermato polo commerciale,[66][67][68] mentre da un punto di vista intellettuale la città campana poteva fregiarsi della propria tradizione virgiliana. Il trapasso dalla monarchia normanna a quella sveva, sia pure facilitato dai legami dinastici che vedevano la figlia di Ruggero II, Costanza, sposa di Enrico VI di Svevia, non fu indolore e condusse ad un periodo di crisi per la città di Napoli e più in generale per tutta lItalia meridionale durato almeno un ventennio. Già nel 1191, con Tancredi ancora in carica, la città si era opposta strenuamente alle truppe imperiali resistendo per tre mesi ad un duro assedio; nel 1194 però Napoli dovette capitolare e fece atto di formale obbedienza allimperatore. Alla morte di Enrico (1197), grazie anche ad un periodo di anarchia che ne seguì, la città ebbe un periodo di relativa autonomia, acquisendo anche una sua forza militare che mise in atto nella distruzione di Cuma, da dove imperversavano le truppe imperiali, avvenuta nel 1207[69]. Federico II[modifica | modifica sorgente] Lautorità imperiale fu ristabilita, non senza difficoltà, in seguito allascesa sul trono degli Hohenstaufen di Federico II. Questi era stato incoronato nel 1198 da Papa Innocenzo III, ancora minorenne e preso in tutela proprio dal Papa, alla morte della madre Costanza avvenuta nel 1198. Nel 1208 fu dichiarato maggiorenne, pur se quattordicenne, ereditando di fatto il regno. Lanno seguente ebbero inizio le rivolte a Napoli, in Sicilia ed in Calabria che il giovane sovrano riuscì brillantemente a reprimere, mostrando anche una sempre maggiore insofferenza verso lautorità ecclesiastica che lo porterà, anni dopo, alla scomunica papale. Gli aristocratici napoletani, approfittarono della situazione di semi-anarchia che si era venuta a creare negli ordinamenti civili e ben presto si trovarono in rotta di collisione con Federico che, gravato dai problemi politici e militari esteri, riuscì a ristabilire lordine nei rapporti di vassallaggio soltanto a partire dal 1231, con la promulgazione delle Costituzioni di Melfi. Federico II fu un sovrano molto attento alla cultura, in special modo a quella letteraria e giuridica (tra i suoi collaboratori è possibile citare il poeta Pier delle Vigne e il giureconsulto Taddeo da Sessa). Nel 1224 istituì a Napoli lo Studio generale, la seconda università della penisola, e la prima statale. Nellatto di fondazione si leggeva[70]: « Noi esigiamo per i Nostri servigi uomini dotti, formati nel fervore dello studio di Jus e Justitia, ai quali senza apprensione affidare lamministrazione dello Stato » Ampliò Castel Capuano, diede incremento ai traffici, aggregò poi al compalazzo una Curia composta di cinque giudici e otto notai. Elementi fortemente negativi per lautonomia cittadina furono invece la rigida politica di imposizione fiscale, labolizione delle autonomie comunali e della classe sociale dei notai (curiales) e la generalizzata ingerenza negli affari privati dei cittadini da parte dellamministrazione fortemente accentrata del re; elementi che contribuirono a scatenare una sostanziale avversione verso lo stupor mundi (come lo svevo era soprannominato), fino a sfociare in aperta insurrezione popolare, alla notizia della sua morte, avvenuta nel 1250, contro il suo successore Corrado IV. Gli ultimi anni svevi: rivolte e assedi[modifica | modifica sorgente] Nel 1251 Napoli si costituì a Comune libero ponendosi sotto la protezione del papa Innocenzo IV. Nel 1253 la città, in stato di assedio, dovette arrendersi a Corrado, decimata dalla pestilenza e dalla fame, dopo quattro mesi di resistenza. La vendetta di Corrado si attuò col diroccare parte delle mura, trasferire lo Studio a Salerno e imporre ulteriori onerose gabelle. Dopo la morte di Corrado (1254) la città si pose nuovamente sotto il papa Innocenzo IV, che si stabilì a Napoli, ma vi morì poco tempo dopo (1254). Nel conclave, tenutosi a Napoli, il 12 dicembre 1254 fu eletto papa Alessandro IV, che si ritirò a Roma allavvicinarsi dellesercito di Manfredi, fratello di Corrado IV. Sottomessa da Manfredi, dopo la sconfitta di questultimo (Battaglia di Benevento, 1266), Napoli aprì le porte al nuovo re Carlo I dAngiò. Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Battaglia di Benevento (1266). Gli Angioini[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Regno di Napoli e Storia di Napoli angioina. Il Regno di Napoli nei suoi perimetri storici. Nel 1266 papa Clemente IV aveva assegnato il Regno di Sicilia a Carlo I dAngiò. Lingresso a Napoli del nuovo sovrano (fratello di Luigi IX di Francia), avvenne in modo trionfale il 7 marzo, dopo che il nuovo erede del regno era stato accolto da una delegazione di cavalieri napoletani alle porte di Aversa. Il cronista fiorentino Giovanni Villani descriverà più tardi il nuovo sovrano francese come «savio, di sano consiglio, e prode in armi, e aspro e molto temuto e ridottato da tutti i re del mondo, magnanimo e dalti intendimenti»[71], a testimonianza del grande prestigio che Carlo aveva assunto sullo scenario europeo. Prestigio che aumentò ancor più dopo la vittoria nella Battaglia di Tagliacozzo (1268), allorquando le truppe angioine sbaragliarono lesercito di Corradino di Svevia, ultimo discendente diretto di Federico II e fautore del partito ghibellino mirante alla riconquista del regno. Con un processo formale, il giovane svevo (aveva solo 16 anni), fu condannato ad essere decapitato al Campo Moricino (lodierna Piazza del Mercato) il 26 ottobre 1268; fu questo il primo episodio di una lunga serie di vendette che furono consumate a Napoli contro tutti coloro che avevano appoggiato il partito svevo di Federico II e di Manfredi. Nel 1284, in seguito alla rivolta dei Vespri Siciliani (scaturiti anche dalla scelta di aver trasferito la capitale del regno a Napoli), gli Angioini persero la parte insulare a vantaggio degli Aragonesi. I due Regni continuarono a definirsi entrambi di Sicilia; in particolare, in quello continentale nacque la formula di Sicilia al di qua del Faro (Napoli) e Sicilia al di là del Faro (per approfondire, vedi Faro di Messina). Le due parti rimasero formalmente separate, nonostante abbiano condiviso quasi sempre lo stesso sovrano, fino al 1816 quando venne costituito il Regno delle Due Sicilie (vedi Regno di Napoli). Persa la Sicilia, Carlo I dAngiò fissò la sua residenza a Napoli che divenne in tal modo la capitale del regno; il periodo che seguì fu tumultuoso con Carlo che cercò di riconquistare lisola perduta e gli Aragonesi, con a capo Pietro III dAragona, che risalirono il continente impossessandosi prima della Calabria e giungendo a lambire persino la capitale con il posizionamento di presidi militari a Ischia e Capri e tentando, con lammiraglio Ruggero di Lauria, di sbarcare a Nisida (1284). Lammiraglio aragonese fece prigioniero lo stesso figlio del re; questultimo dovette designare suo erede temporaneo il nipote Carlo Martello. Alla morte del re, avvenuta nel 1285, vi fu un periodo di interregno durato tre anni durante il quale fu il Papa, nella persona di Onorio IV, a gestire politicamente i territori angioini, con la promulgazione delle cosiddette Costituzioni di Sicilia[72], mentre non cessavano le incursioni aragonesi sulle coste di Sorrento, Castellammare, Positano ed Amalfi. Il figlio del defunto re, Carlo II dAngiò, detto lo Zoppo, cessato nel frattempo il periodo in cui era prigioniero degli aragonesi, fu incoronato nuovo re di Napoli nel 1289, riuscendo a garantire al regno alcuni anni di tranquillità anche in seguito alla stipula della Pace di Caltabellotta (1302), che limitava il regno degli Angioini al meridione continentale dItalia e stabiliva che Federico III dAragona continuasse a regnare in Sicilia con il titolo di Re di Trinacria (e non di Sicilia). Da capitale siciliana a capitale neapolitana[modifica | modifica sorgente] Nel periodo dei primi re angioini la città fu abbellita ed ampliata e in essa sorsero numerose chiese monumentali dovute alle sovvenzioni regie. Ai due castelli pre-esistenti (Capuano e dellOvo), Carlo I vi aggiunse il Maschio Angioino (dove fu ospite Papa Celestino V e fu centro di un nuovo rione popolato di palazzi principeschi), e Giovanna dAngiò, sulla collina che domina la città, un quarto castello, castel SantElmo. La città divenne cosmopolita per la presenza di Genovesi, Fiorentini, Provenzali, i quali risiedettero in quartieri propri, con fondachi e chiese costruiti secondo lo stile delle terre di origine. Laumento dei traffici marittimi portò alla costruzione del cosiddetto Porto di mezzo e di nuovi arsenali. Anticamente il porto di Napoli corrispondeva allattuale Porto Piccolo; in epoca medievale, periodo in cui Napoli era rimasta nei limiti delle mura dellimperatore romano Valentiniano III, al porto romano se ne aggiunse un secondo (Porto Grande). Successivamente, durante il periodo normanno e svevo, la città non subì ingrandimenti. Lo sviluppo urbano riprese invece alla fine del XIII secolo, con gli Angioini, la città fu ampliata verso occidente e fu allargato il Porto Grande. Il potere della monarchia[modifica | modifica sorgente]
Posted on: Sat, 16 Nov 2013 20:30:50 +0000

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