Thomas Keating Monaco cistercense trappista e abate - TopicsExpress



          

Thomas Keating Monaco cistercense trappista e abate dell’Abbazia di St. Joseph a Spencer, in Massachussets, è molto noto a tantissimi cristiani per essere stato il fondatore del movimento Centering Prayer (Preghiera centrante). È autore di scritti importanti sulla preghiera di contemplazione, molti dei quali tradotti in italiano. Primi passi nella preghiera del silenzio* Dal Concilio Vaticano II in poi la Chiesa cattolica romana sta incoraggiando i cattolici a vivere la pienezza della vita cristiana senza aspettarsi che preti, religiosi o altri lo facciano per loro. Ciò comporta, da parte dei laici, creatività e responsabilità insieme per trovare strutture che rendano loro possibile vivere la dimensione contemplativa del vangelo senza le mura di un chiostro. Il chiostro non risolve tutti i problemi della vita. Trabocchetti e insidie vi sono per monaci e monache, come per la gente comune. La via monastica è un genere speciale di vita che porta con sé il suo complesso di difficoltà. Per un verso, essa pone i rapporti umani sotto l’occhio del microscopio. Sebbene le prove non siano così grosse come quelle di chi vive fuori del monastero, esse possono però essere più umilianti. I monaci si turbano per inezie e non possono neppure accampare delle buone ragioni per comportarsi a quel modo. L’unione con Dio è la meta di tutti i cristiani. Siamo stati battezzati; riceviamo l’Eucaristia; abbiamo tutti i mezzi necessari per crescere come persone umane e come figli di Dio; è un errore pensare che soltanto uno speciale stato di vita sia l’unico modo per realizzarlo. Le persone che io conosco come più avanzate nella preghiera sono sposate o impegnate in ministeri attivi, in continuo quotidiano movimento per adempiere i loro doveri. Alcuni anni fa tenni una conferenza a un’assemblea di organizzazioni laicali. Vi erano gruppi d’incontro di coppie di sposi e di azione sociale, istituti secolari e comunità nuove. Il mio discorso di base riguardava la spiritualità monastica, ma invece di dire «monastica» io dicevo «cristiana». Fui stupito nel constatare che la maggioranza delle persone si riconoscevano in questo insegnamento tradizionale. Esso corrispondeva alla loro esperienza personale. Ciò confermò la mia convinzione che l’avventura spirituale è per ogni cristiano che prende seriamente il vangelo. Le discipline spirituali, tanto dell’Oriente che dell’Occidente, si basano sull’ipotesi che vi è qualcosa che noi possiamo fare per avviarci nel cammino verso l’unione con Dio, una volta che ci siamo resi conto che un tale stato è possibile. La preghiera del silenzio è una disciplina che si propone di ridurre gli ostacoli alla preghiera contemplativa. La sua modesta struttura calza bene con l’attrazione contemporanea per i metodi how‑to. È un modo per tirar fuori dalle pagine polverose del passato i procedimenti che si trovano negli insegnamenti contemplativi dei maestri spirituali della tradizione cristiana e portarli all’ampia luce del giorno del presente. La popolarità delle tecniche meditative orientali prova a sufficienza che un qualche metodo è oggi essenziale. Ma la preghiera del silenzio non è soltanto un metodo. E allo stesso tempo vera preghiera. Se piace allargare il significato di preghiera contemplativa così da includere i metodi che preparano ad essa o che vi conducono, la preghiera del silenzio può essere considerata come il primo piolo sulla scala della preghiera contemplativa, che passo dopo passo conduce fino all’unione con Dio. La preghiera del silenzio è un metodo che affina le facoltà intuitive personali, per cui uno entra più facilmente nella preghiera contemplativa. Non è l’unica via per arrivare alla contemplazione, ma è una buona via. Trattandosi di un metodo, è una specie di estratto della spiritualità monastica. Essa concentra l’essenza della pratica monastica in due tempi giornalieri di preghiera. Quando si prende un antibiotico, bisogna mantenere il giusto dosaggio per poter beneficiare della medicina. Bisogna mantenere alto nel sangue il numero di anticorpi richiesti per superare la malattia. Similmente, bisogna mantenere un certo livello di silenzio interiore nella psiche e nel sistema nervoso se si vogliono ottenere i benefici della preghiera contemplativa. La preghiera del silenzio, in quanto è una disciplina, si propone di ritirare la nostra attenzione dal flusso ordinario dei nostri pensieri. Noi tendiamo a identificarci con quel flusso. Ma esiste una parte più profonda di noi. Questa preghiera fa emergere alla nostra consapevolezza il livello spirituale del nostro essere. Questo livello si potrebbe paragonare a un grande fiume sul quale riposano i nostri ricordi, le immagini, i sentimenti, le esperienze intime e la coscienza delle cose esteriori. Molte persone si sono talmente identificate con il flusso ordinario dei loro pensieri e sentimenti, da non avere coscienza della sorgente da cui emergono questi oggetti mentali. Come barche o frammenti che galleggiano sulla superficie del fiume, i nostri pensieri e i nostri sentimenti devono riposare su qualcosa. Essi riposano sulla corrente più profonda della coscienza, che costituisce la nostra partecipazione all’essere di Dio. Questo livello non è immediatamente percepibile alla coscienza ordinaria. Siccome non siamo in contatto immediato con quel livello, dobbiamo fare qualcosa per sviluppare la nostra consapevolezza di esso. Si tratta del livello del nostro essere che ci rende più umani. I valori che vi troviamo sono molto più preziosi dei valori che fluttuano sulla superficie della psiche. Abbiamo bisogno di ristorarci ogni giorno a questo livello profondo. Come abbiamo bisogno di moto, di cibo, di riposo e di sonno, così abbiamo bisogno di momenti di silenzio interiore, perché essi apportano il più profondo genere di ristoro. La fede consiste nell’aprirsi e nell’abbandonarsi a Dio. Il cammino spirituale non richiede che andiamo da nessuna parte, perché Dio è già con noi e in noi. Si tratta di far sì che i nostri pensieri ordinari si ritirino nell’ombra e fluttuino sul fiume della coscienza senza che noi li osserviamo, mentre dirigiamo la nostra attenzione al fiume sul quale essi galleggiano. Noi siamo come uno che siede sulla riva di un fiume e osserva le barche che passano. Se stiamo sulla riva con l’attenzione rivolta al fiume piuttosto che alle barche, svilupperemo la capacità di non fare attenzione ai pensieri che passano ed emergerà un più profondo genere di attenzione. Un pensiero, nel contesto di questo metodo, è qualunque percezione che appare sullo schermo interiore della coscienza. Può trattarsi di una emozione, di una immagine, di un ricordo, di un progetto, di un rumore dall’esterno, di un sentimento di pace, o addirittura di una comunicazione spirituale. In altre parole, ogni cosa, tutto quello che si registra sullo schermo interiore della coscienza, è un «pensiero». Il metodo consiste nel lasciare andare qualunque pensiero nel tempo della preghiera, fossero pure i pensieri più devoti. Per rendere più facile questo lasciare andare, assumi una posizione confortevole in modo da non aver da pensare al tuo corpo. Evita posizioni che possano bloccarti la circolazione, perché allora cominceresti a pensare a ciò che ti infastidisce. Scegli un luogo che sia relativamente tranquillo per non essere disturbato da rumori eccessivi o inattesi. Se non riesci a trovare un posto del genere in casa tua, vedi di trovare un momento di pace in cui sia meno probabile che tu venga disturbato. Buona idea è quella di chiudere gli occhi, dato che tendi a pensare a ciò che vedi. Mediante il ritiro dei sensi dalla loro normale attività, puoi conseguire un profondo riposo. Un suono improvviso o un’interruzione, il suono del telefono, per esempio, ti farà scuotere. Il suono di una sveglia o un timer ‑ che dovrebbe avvisarti quando il tempo della meditazione è finito ‑ dovrebbe essere delicato. Se la sveglia è rumorosa, cacciala sotto un cuscino. Cerca più che puoi di evitare rumori esterni. Se dei rumori sopravvengono comunque, non inquietarti. L’inquietarti è un pensiero con una carica emozionale che facilmente può mandare in fumo qualsiasi grado di silenzio interiore tu abbia raggiunto. Riservati un tempo per la preghiera in cui tu sei ben sveglio e vigile. Un momento buono è quello del mattino presto, prima di dare inizio alle normali faccende quotidiane. Dopo avere scelto un momento e un luogo adatti, una sedia o una posizione che sia relativamente comoda, e una volta chiusi gli occhi, scegli una parola sacra che esprima la tua intenzione di renderti aperto e di abbandonarti a Dio e introducila al livello della tua immaginazione. Non darle forma con le labbra o con le corde vocali. Che sia una parola sola, di una o due sillabe, con la quale ti trovi a tuo agio. Riportala gentilmente alla tua coscienza ogni volta che ti accorgi di essere occupato da qualche altro pensiero. La parola sacra non è un mezzo per andare là dove vuoi giungere. Essa orienta semplicemente la tua intenzione verso Dio e quindi contribuisce a creare un’atmosfera favorevole allo sviluppo di quella consapevolezza più profonda verso la quale la tua natura spirituale è attratta. Il tuo obbiettivo non è la soppressione di tutti i pensieri, perché ciò è impossibile. Di solito ti troverai con un pensiero ogni mezzo minuto di silenzio interiore, a meno che l’azione della grazia non sia tanto forte da far si che tu sia assorto in Dio. La preghiera del silenzio non è un modo per attivare la presenza di Dio. È piuttosto un modo per dire: «Io sono qui». Il passo successivo spetta a Dio. È un modo per metterti a disposizione di Dio; determinarne le conseguenze è affare suo. Forse ti è familiare il gesto di giungere le mani con le dita rivolte verso l’alto. Questo è un simbolo dell’intenzione di raccogliere tutte le facoltà e dirigerle verso Dio. La parola sacra ha esattamente la stessa funzione. È un indicatore di direzione, mentale invece che materiale. La parola andrebbe introdotta senza alcuna forzatura: pensala così come pensi un qualunque pensiero che insorga spontaneamente. Una volta che la parola sacra è ben stabilita, diventa un modo per ridurre il numero ordinario di pensieri occasionali e respingere quelli più interessanti che invadono la corrente della coscienza. Questo lo fa non attaccando direttamente i pensieri, bensì riaffermando la tua intenzione di acconsentire alla presenza di Dio e alla sua azione interiore. Questo rinnovo del consenso della volontà, man mano che diventa abituale, crea un’atmosfera in cui tu puoi più facilmente non far caso all’inevitabile afflusso di pensieri. Se ti senti ansioso perché hai l’impressione di non far «niente» per un certo periodo di tempo, lascia che ti ricordi che nessuno esita ad andare a dormire per sei o sette ore ogni notte. Ma esercitarsi in questa preghiera non vuol dire far niente. Si tratta di un genere molto sottile di attività. La volontà continua a dare il suo consenso a Dio ritornando alla parola sacra, e questa normalmente è un’attività sufficiente per restare svegli e vigili. Venti o trenta minuti è il minimo spazio di tempo necessario per la maggioranza delle persone per stabilirsi nel silenzio interiore e per andare oltre i pensieri superficiali. Potresti essere portato a restare più a lungo. L’esperienza ti dirà qual è il giusto periodo di tempo. Al termine della frazione di tempo che hai scelto, riprendi a occuparti dei pensieri ordinari. Questo potrebbe essere un momento buono per conversare con Dio. Potresti anche desiderare di recitare tranquillamente qualche preghiera vocale, o cominciare a programmare la tua giornata. Concediti almeno due minuti prima di riaprire gli occhi. Il sospendere l’uso ordinario dei sensi esterni e interni ti porta a una profonda attenzione spirituale e riaprire subito gli occhi può essere stridente. Man mano che la tua sensibilità alla dimensione spirituale del tuo essere si sviluppa attraverso la pratica quotidiana di questa preghiera, potresti cominciare ad accorgerti che la consapevolezza della presenza di Dio insorge a volte durante la normale attività. Potresti sentirti attratto a volgerti internamente a Dio senza sapere perché. La qualità della tua vita spirituale si sta sviluppando e ti rende capace di percepire le vibrazioni di un mondo che prima non percepivi. Senza voler pensare a Dio deliberatamente, ti rendi conto che egli spesso è presente nel mezzo delle tue occupazioni quotidiane. E come aggiungere il colore a uno schermo televisivo in bianco e nero. L’immagine è la stessa, ma è assai migliorata dalla nuova dimensione data dal colore e che prima non veniva percepita. Essa già vi era, ma non veniva percepita perché mancava l’apparato ricettivo adatto. La preghiera contemplativa è un modo per sintonizzarsi a un livello più pieno della realtà che è sempre presente e alla quale siamo invitati a partecipare. Per ridurre gli ostacoli che si frappongono a questa espansione di coscienza occorre una qualche tecnica adatta. Un modo è quello di rallentare la velocità con la quale i pensieri ordinari invadono la corrente della coscienza. Se si riesce a far questo, si comincia a percepire dello spazio tra i pensieri, che consente una consapevolezza della realtà sulla quale essi riposano. In questa spiegazione della preghiera del silenzio non esamino i metodi che aiutano a calmare il corpo, la mente e il sistema nervoso, come il respiro, lo yoga e il jogging. Questi metodi servono bene per il rilassamento, ma a noi interessa il rapporto di fede. Questo rapporto si esprime con il prendersi il tempo di aprirsi a Dio ogni giorno, con il prendere Dio abbastanza seriamente da prendere, per così dire, un appuntamento con lui, un appuntamento al quale neppure ci si sognerebbe di mancare. Siccome questo tipo di preghiera non richiede di pensare, possiamo mantenere il nostro impegno anche quando siamo malati. La disposizione fondamentale nella preghiera del silenzio è quella di aprirsi a Dio. La pratica cristiana si può sintetizzare nella parola pazienza. Secondo il Nuovo Testamento, pazienza vuol dire saper attendere Dio senza scadenze di tempo, senza andarsene e senza, abbandonarsi alla noia o allo scoraggiamento. E la disposizione del servo di cui parla il vangelo, che rimase in attesa nonostante che il padrone di casa ritardasse il suo ritorno assai oltre la mezzanotte. Quando finalmente il padrone rientrò, pose il servo a capo di tutta la sua casa. Se saprai attendere, Dio finirà per manifestarsi. Certo, può darsi anche che sia una lunga attesa. Io trovo che questa pratica non mi conduce da nessuna parte. È bene cercare di annullare l’attività delle facoltà? Non devi cercare di annullare le tue facoltà. Vi dovrebbe essere sempre presente un’attività gentile, spirituale, espressa o mediante il pensiero della parola sacra, o mediante la semplice consapevolezza di trovarti alla presenza di Dio. L’esperienza del vuoto è la presenza della tua intenzione in una maniera molto sottile. Tu non puoi conservare l’esperienza del vuoto se la tua intenzione non è all’opera. Può sembrare un non far niente perché è un’azione così semplice. Ma è anche vero che questo metodo di preghiera richiede tempo per poterlo apprendere e non ti devi preoccupare se sperimenti quello che interpreti ogni tanto come vuoto. Questa preghiera è un modo per riposarsi in Dio; se ti accorgi di trovarti nel vuoto, questo è un pensiero; semplicemente ritorna alla parola sacra. Che cosa si deve fare quando ci si accorge di appisolarsi? Se ti appisoli, non preoccuparti. Un bimbo in braccio al proprio genitore si addormenta ogni tanto, ma il genitore non è disturbato dal fatto, purché il bimbo riposi tranquillo e riapra ogni tanto gli occhi. Mi ha sorpreso la rapidità con cui mi è passato il tempo. Si è trattato veramente di venti minuti? Certo. Quando il tempo scorre velocemente è segno che non stavi pensando molto. Non dico che sia un segno di preghiera fatta bene. Non è saggio giudicare un tempo di preghiera sulla base della tua esperienza psicologica. Talvolta puoi essere bombardata dai pensieri per tutto il tempo della preghiera; eppure potrebbe essere un tempo di preghiera molto utile. La tua intenzione potrebbe essere stata molto più profonda di quanto non sembrasse. In ogni caso, tu non puoi pronunciare un valido giudizio sull’andamento delle cose sulla base di un singolo momento di preghiera. Tu devi piuttosto osservarne il frutto nella tua vita quotidiana ordinaria, dopo uno o due mesi. Trovarti più paziente con gli altri, più a tuo agio con te stessa, strillare più di rado e meno violentemente ai figli, sentirti meno ferita quando la famiglia si lamenta della tua cucina: questi sono tutti segni che un nuovo insieme di valori sta cominciando a operare in te. Se durante la preghiera del silenzio non hai alcun pensiero, allora perdi la cognizione del tempo. Questa esperienza dimostra la relatività della tua percezione del tempo. Tuttavia, il periodo di preghiera non sempre ci apparirà breve. Talvolta ci sembrerà assai lungo. L’alternarsi di tranquillità e di lotta contro i pensieri fa parte di un processo, è un affinamento delle facoltà intuitive, cosicché possano essere attente al livello più profondo in maniera più stabile. Se uno è assonnato o molto stanco l’afflusso di pensieri è minore? In genere è così, a meno che non cominci a sognare! Nel monastero ci alziamo alle tre e spesso uno si sente un po’ intontito a quell’ora del mattino. Sembra che questo faccia parte del nostro particolare metodo, di essere, cioè, talmente stanchi da non riuscire a pensare. Si può avere la stessa sensazione a sera dopo una giornata di duro lavoro. Ciò può essere di aiuto, nella misura in cui ti trovi sufficientemente vigile da riuscire a restare sveglio e a non cedere al piacere di un sonnellino. Ma non avertene se ti prende sonno. Forse hai bisogno di un riposino extra. Peraltro, vedi di trovare un momento in cui è più probabile che tu sia vigile in modo tale da fare una migliore esperienza della preghiera del silenzio, invece di andare avanti ciondolando il capo. Se ti prende il sonno, prolunga l’esercizio del raccoglimento per alcuni minuti, in modo da non avere la sensazione che la tua preghiera sia stata un completo fallimento per quel giorno. Il genere di attività che ti impegna durante questa preghiera è talmente semplice che è facile farsi prendere dalla sonnolenza, se non fai la modesta attività che è richiesta, quella, cioè, di restare sveglio. Il pensare la parola sacra è un modo per fare questo. Gesù disse: «Vegliate e pregate». È appunto questo che si fa durante la preghiera del silenzio. Vegliare è un’attività sufficiente per rimanere coscienti. Pregare vuol dire aprirsi a Dio. La preghiera del silenzio non è tanto un esercizio di attenzione, quanto di intenzione. Ci vorrà forse del tempo per afferrare questa distinzione. Non hai da concentrarti su alcun particolare pensiero. Tu intendi piuttosto scendere nel più profondo del tuo essere, là, dove pensi che Dio dimori. Ti apri a Dio in pura fede, non mediante concetti o sentimenti. E un po’ come bussare gentilmente a una porta. Non batti i pugni sulla porta con le tue facoltà come per dire: «Apri, in nome della legge! Esigo che tu mi faccia entrare!». Non puoi forzare questa porta. Essa si apre dall’altra parte. Ciò che, mediante la parola sacra, stai dicendo è: «Io sono qui, in attesa». Si tratta di una gara di attesa all’ennesima potenza. Non accadrà niente di spettacolare, e, se dovesse accadere, dovresti gentilmente ritornare alla parola sacra come se nulla fosse accaduto. Anche se tu avessi una visione o udissi delle parole infuse, dovresti ritornare alla parola sacra. È in questo che consiste l’essenza del metodo. Il mio atteggiamento durante la preghiera era di attesa. Poi mi sono trovato a pensare al fatto che stavo aspettando che accadesse qualcosa. Non abbiate attese in questa preghiera. Si tratta di un esercizio di assenza di sforzo, di mollare la presa. Cercare di fare qualcosa è un pensiero. Ecco perché io dico: «Ritorna alla parola sacra il più facilmente possibile»; oppure: «Porta la parola sacra a livello della tua consapevolezza». Lottare equivale a voler conseguire qualcosa. E questo è un proiettarsi nel futuro, mentre questo metodo di preghiera mira a immergerti nel presente. Anche le attese si riferiscono al futuro; per cui anch’esse sono pensieri. Svuotare la mente della sua solita routine di pensieri è un processo che noi possiamo soltanto iniziare, come il gesto di aprire lo scarico di una vasca da bagno. L’acqua va via da sola. Non hai da spingere l’acqua fuori della vasca. Tu lasci semplicemente che esca. Qualcosa del genere fai in questo tipo di preghiera. Lascia semplicemente che la folla dei tuoi pensieri esca da te. Attendere, senza alcuna aspettativa, è sufficiente attività. Che dire dei sentimenti? Si dovrebbe lasciar andare anche quelli? Sì. Nel contesto di questa preghiera sopravvengono dei pensieri. Una percezione, di qualunque genere sia, è un pensiero. Persino la riflessione sul fatto che non si ha alcun pensiero, è un pensiero. La preghiera del silenzio è un esercitarsi a lasciar andare tutte le percezioni, non dando loro uno spintone o arrabbiandosi contro di esse, ma lasciandole perdere. Questo consente di sviluppare gradualmente un’attenzione spirituale piena di pace, tranquilla e raccolta. Un’attenzione più profonda è conseguenza di un minore afflusso di pensieri? Sì. Potresti persino non avere alcun pensiero. Allora ti trovi al punto di massima profondità. A questo livello sparisce la percezione del tempo. Il tempo è la misura del movimento delle cose. Se non vi è nulla che si muove, si ha l’esperienza dell’assenza di tempo. E una cosa deliziosa. Come comportarsi con i rumori esterni? Il rimedio migliore per un rumore che non puoi controllare è quello di non fargli resistenza e lasciare che avvenga. Gli eventi esterni non sono di ostacolo alla preghiera; il fatto è che noi pensiamo che lo siano. Mediante la piena accettazione delle difficoltà esterne contro le quali non puoi far nulla, tu puoi acquisire la capacità di trovarti in mezzo a tutto il chiasso della terra e tuttavia sperimentare il più profondo raccoglimento. Assumi un atteggiamento positivo nei confronti delle difficoltà esteriori. L’unica cosa verso la quale devi tenere un atteggiamento negativo è l’omissione del tuo momento di preghiera quotidiana. L’unico fermo no è a questo. Anche se il tuo momento di preghiera ti appare pieno di chiasso e hai la sensazione di un totale fallimento, tu continua a farlo. È davvero possibile lo stato contemplativo per persone che corrono tutto il santo giorno? Certo. Con questo non voglio dire che se uno non fa nient’altro che correre tutto il giorno diventerà un contemplativo. D’altra parte, per essere candidato a diventare contemplativo basta l’appartenenza al genere umano. E vero che ci sono degli stati di vita che contribuiscono di più allo sviluppo di un atteggiamento contemplativo, ma questo metodo funziona bene se vi resti fedele. È opportuno dire a delle persone insieme alle quali si sta viaggiando: «Adesso faccio meditazione?». Senz’altro. Anche a loro potrebbe far piacere prendersi qualche minuto di silenzio. Sono cosciente di cercare di lasciar andare i pensieri, ma mi succede di lavorare con immagini della mia percezione di Dio. Esse tendono ad essere visive. Anche questo è un pensiero che dovrebbe essere lasciato cadere? Nel contesto di questa preghiera qualunque immagine è un pensiero. Ogni percezione che deriva da uno qualunque dei sensi o dall’immaginazione, dalla memoria o dalla ragione, è un pensiero. Per cui, qualunque sia la percezione, lasciala cadere. Tutto quello che appare sulla corrente della coscienza ad un certo punto se ne andrà, persino la coscienza di sé. Si tratta appunto di lasciar andare qualunque pensiero. Fissa la tua attenzione sul fiume, piuttosto che su quanto scorre sulla sua superficie. Il modo in cui di solito mi concentro su Dio è attraverso un’immagine. Se elimino quell’immagine, mi trovo in difficoltà a capire su che cosa mi debbo concentrare. La mia attenzione è semplicemente sulla parola che vado ripetendo? La tua attenzione non dovrebbe essere diretta ad alcun pensiero particolare, compresa la parola sacra. La parola sacra è soltanto un mezzo per confermare la tua intenzione di rimanere aperto al vero Sé e a Dio, che sta al centro di esso. Non è necessario ripetere in continuazione la parola sacra. Il silenzio interiore è qualcosa che naturalmente ognuno ha piacere di sperimentare. Non devi forzare nulla. Forzando introduci un altro pensiero, e qualunque pensiero è sufficiente per impedirti di andare là dove vuoi. Per alcuni rimane più facile andare oltre con una immagine visiva, piuttosto che con una parola. Se preferisci qualche tipo di immagine visiva, scegline una che sia generica e non particolare; per esempio, volgi il tuo sguardo interiore verso Dio come se tu ti volgessi a guardare uno che ami. Mentre lei stava parlando, mi è venuto in mente che io uso immagini per impedirmi di andare in caduta libera. Vi sono persone che quando sono tranquille hanno la sensazione di trovarsi sul ciglio di un burrone. Ma non vi preoccupate. Non rischiate di cadere. L’ignoto rende titubante l’immaginazione. Essa è talmente abituata alle immagini, così incastrata in esse, che il tirarla fuori dal suo modo abituale di pensare è una vera fatica. Occorrerà dell’esercizio per sentirsi a proprio agio con questo tipo di preghiera.
Posted on: Tue, 23 Jul 2013 18:36:47 +0000

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