UN ROMANZO IN PILLOLE ANDREA Moiraghi 68#polepole Una cosa che - TopicsExpress



          

UN ROMANZO IN PILLOLE ANDREA Moiraghi 68#polepole Una cosa che subito mi colpì lavorando a Nkubu, fu la richiesta da parte dell’ ospedale di un compenso economico per le prestazioni da noi erogate al paziente. Come si poteva chiedere soldi a gente così indigente, che apparentemente non aveva neppure di che mangiare? In fin dei conti l’ ospedale non aveva tirato fuori un soldo per il nostro ambulatorio e tanto meno doveva farlo nei riguardi di noi operatori. Mi bastò poco per capire che così doveva essere e d’ altra parte tutta la sanità in Kenya è a pagamento, tant’è che molti non vanno negli ospedali pubblici, proprio perché sanno che non verranno curati se non pagano in anticipo. E lascio immaginare al lettore le conseguenze. Venni a conoscenza del fatto che le suore saggiamente distinguevano i pazienti che potevano pagare la prestazione da chi, invece, pativa lo stato di indigenza totale, per cui era giusto che venisse curato gratuitamente. Chiedere quindi un compenso per la cura dentistica a chi poteva, aveva un doppio significato: primo, di rendere cosciente il paziente del valore della prestazione da noi effettuata (le cose gratuite spesso non vengono apprezzate né rispettate) e poi come pagare altrimenti il personale che lavorava per lo studio, la luce elettrica, il materiale odontoiatrico, una volta esaurito quello da noi portato dall’Italia? Far pagare la nostra prestazione non era quindi mancanza di misericordia cristiana, che a quelle suore non fa certo difetto, ma responsabilizzare l’ utente che deve uscire dal circolo vizioso dell’ elemosina fine a sè stessa, che addormenta la mente del ricevente senza aiutarlo a migliorare, ma anzi lo rende dipendente dal donatore. Mi sembra giusto a questo punto ringraziare chi dona a noi materiale e strumentario odontoiatrico. Purtroppo c’è l’ abitudine, in qualche collega, di disfarsi di prodotti scaduti, di strumenti e apparecchiature non ben funzionanti o danneggiati dall’ uso, anziché buttarli. Non consideriamo gli studi dentistici dell’ APA come centri di smaltimento rifiuti. Questo vorrebbe dire mancar di rispetto verso la gente africana e verso i colleghi, che laggiù spesso lavorano in condizioni precarie: elevato rischio infettivo, incostante erogazione di corrente elettrica e di acqua, personale ausiliario non qualificato, carenza di tecnici in grado di riparare i guasti delle nostre apparecchiature, difficoltà di comunicazione con il paziente per via della lingua…
Posted on: Sat, 21 Sep 2013 10:25:50 +0000

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