@Ultimatum Pdl a Letta, ma ancora nessuna rottura. Alfano rivela - TopicsExpress



          

@Ultimatum Pdl a Letta, ma ancora nessuna rottura. Alfano rivela che il premier dice di avere venti carte coperte L’ultimatum è affidato alla penna di Angelino Alfano: “La decadenza dalla carica di senatore di Silvio Berlusconi è impensabile e costituzionalmente inaccettabile”. Parole recapitate “alle massime istituzioni della Repubblica, al primo ministro Enrico Letta e ai partiti che compongono la maggioranza di governo”, ai quali si precisa inoltre che “non c’è più tempo per rinvii e dilazioni” anche sul versante degli impegni assunti dal governo, a partire “dall’abolizione sulla prima casa e agricoltura”. Era tempo che il Cavaliere non radunava l’intero stato maggiore del partito nella sua villa di Arcore sotto il sole agostano. Un vertice durato cinque ore, ma che se non fosse stato per la promessa fatta a Massimiliano Allegri di vedere l’esordio in campionato dell’amato Milan, si sarebbe protratto ben oltre. Presenti i ministri (oltre ad Alfano Maurizio Lupi, Gaetano Quagliariello, Beatrice Lorenzin e Nunzia De Girolamo), i capigruppo Renato Brunetta e Renato Schifani, Denis Verdini, Lara Comi, Anna Maria Bernini, Niccolò Ghedini, Barbara Saltamartini, oltre agli immancabili Gianni Letta e Daniela Santanchè. “Vi ho voluti qui per ascoltare il vostro parere sulla difficile situazione che stiamo vivendo - ha esordito il Cavaliere - anche per fare il punto dopo qualche polemica che c’è stata fra di noi”. C’è poco spazio per falchi o colombe di turno. Al cospetto del leader le posizioni si riallineano, unanimi nel considerare il voto del 9 settembre come il discrimine tra la permanenza del Pdl nell’esecutivo e l’apertura formale di una crisi di governo. È solo Schifani, che pure era intervenuto al Meeting di Rimini con toni tutt’altro che concilianti, che prova a frenare la china che porta a quella che sembra una vera è propria dichiarazione di guerra. Chi era presente al vertice fa notare che non è un caso che la firma in calce alla nota conclusiva sia quella di Alfano e non dei capigruppo. “È segretario del partito - spiegano - vicepremier, ma soprattutto il capo-delegazione dei nostri ministri”. Una missiva imbucata in direzione di Palazzo Chigi da un mittente non qualunque. Perché negli ultimi giorni Berlusconi si è convinto: “Non mi posso fidare né di Letta né della strada che ha indicato Napolitano”. Una sola voce si alza in difesa del Colle: è quella di Quagliariello, che invita ancora una volta a guardare ai segnali di apertura e rilancia la possibilità di prendere un po’ di tempo sull’applicazione della legge Severino facendo ricorso alla Corte costituzionale. Ma non è questa la giornata da dedicare a sofisticati studi sui rivoli giuridici nei quali tentare di far impantanare la questione della decadenza del Cav. Lo stesso Alfano, per allontanare i sospetti di chi guarda a lui come il principale pompiere sul fuoco che rischia di divampare sul governo, fa un intervento durissimo, “da falco in tutto e per tutto”. “Se il Pd vota per l’incandidabilità la crisi è nelle cose” è la posizione unanime presa dai colonnelli berlusconiani, impegnati in una prova di fedeltà assoluta al proprio capo carismatico, al quale sono legati da un “indissolubile vincolo d’affetto” prima ancora che dalla “condivisione politica”. Il leader ascolta, parla poco, alla fine si prende “qualche ora, forse un paio di giorni” per decidere il da farsi. Sa che se pronunciasse qualche parola risolutiva, filtrerebbe fuori dalle pareti della villa. Non è ancora il momento per passare il Rubicone. Berlusconi è ormai convinto della necessità di passare comunque all’opposizione, ma è diviso fra due considerazioni. La prima è quella che ha ripetuto Ghedini: “La decadenza è un falso problema, perché sarebbe poi scavalcato dal ricalcolo dell’interdizione, che la supererebbe”. Un motivo in più per andare verso le urne. Ma c’è la seconda. Fonti bene informate infatti riferiscono che Alfano avrebbe comunicato ai commensali che durante l’incontro di mercoledi, il presidente del Consiglio lo avrebbe avvertito di avere 20 carte coperte. Venti senatori - traducendo - disposti a salvare il governo per non portare il paese a elezioni. Non prima del 2015 almeno. Che sia un bluff o meno, lo stato maggiore del Pdl ha drizzato le antenne: le parole del segretario hanno risvegliato l’antico e infondato timore del Cav di venire strangolato da un abbraccio letale fra il Pd e il Movimento 5 stelle. È su quel versante che si guarda con preoccupazione, anche se qualcuno sussurra della forte irritazione di Berlusconi nei confronti della pattuglia ciellina: l’ovazione delle larghe intese celebrata al Meeting non è stata ben digerita in quel di Arcore. Al netto del pallottoliere, la questione di sostanza rimane, ed è l’unico (debole) freno che provoca remore all’idea di far saltare il banco il prossimo 9 settembre. Se Letta e Napolitano riuscissero a far andare avanti il governo anche senza il Pdl, agli azzurri non rimarrebbe che l’Aventino, al Cavaliere la (metaforica) camicia a righe. Così, a ranghi serrati, si procede a piccoli passi, in attesa di come reagiranno i Democratici, dai quali si continua a sperare in un segnale d’apertura, nella consapevolezza che il doppio ultimatum (sull’abolizione dell’Imu e sulla decadenza del Cavaliere) è l’extrema ratio per sbloccare una situazione che oggi non sembra avere vie d’uscita. La prima deadline è fissata al prossimo 28 agosto: in Cdm si discuterà proprio il dossier sull’abolizione della rata sulla prima casa. In quella data, in quel contesto, potrebbe arrivare il segnale che Berlusconi tanto attende. Oppure no. In questo caso si sarà a un passo dalla rottura definitiva. huffingtonpost.it/2013/08/24/ultimatum-pdl-letta_n_3810238.html?utm_hp_ref=italy
Posted on: Sat, 24 Aug 2013 23:14:02 +0000

Trending Topics



Recently Viewed Topics




© 2015