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da : W E B IL CLIMA DI DON CARLO Laddio che i mutilatini hanno dato a Don Gnocchi ci ha rivelato improvvisamente lo spirito della sua opera. Don Carlo non fu un prete-fondantore, staccato dalla propria isti­tuzione dal freddo calcolo di cifre e statistiche. È stato il papà dei mutilatini. Li conosceva tutti, anche se erano tanti, i più piccoli e i più grandi. Domenico Antonino di Terlizzi ha salutato per tutti Don Carlo Gnocchi nel Duomo di Milano, dopo la preghiera del­la Chiesa. «Caro don Carlo, mio papà e papà di tutti i mutilatini e dei poliomielitici...» Sai che cosa mi ha detto Vincenzino, quando scendeva­mo in macchina dal nostro collegio di Invernizo per venire a salutarti per sempre?: «Adesso don Carlo non si chiama più don Carlo, ma San Carlo». I bambini che danno del tu a don Carlo rivelano quel cli­ma familiare che don Gnocchi aveva suscitato attorno a se. Alla posa della prima pietra del villaggio per i poliomie­litici un mutilatino si avvicinò al presidente Gronchi come per confidargli un segreto. Disse con trepidazione: «Eccellenza, guardi come don Carlo è stanco ed invecchiato. Lo aiuti, lo aiuti». Prima di morire, sorridendo, disse a chi lo assisteva: «Questa notte ho fatto un bel sogno. Ho visto i miei mutila­tini in ginocchio pregare per me». Il dolore del male disegnava sul volto dellinfermo una smorfia di sofferenza... locchio era sereno ma il male non lasciava sorridere sempre. Fu così che don Carlo ebbe un sussulto quando qualcuno gli propose di far entrare nella stanza alcuni mutilatini che attendevano nellatrio della clinica. Aveva sempre sorriso, guardando gli occhi dei suoi bam­bini; e disse: «Voglio che mi ricordino con il volto sorriden­te di quando giocavo con loro». I mutilatini seppero che don Gnocchi se ne andava per sempre la mattina di sabato 25 febbraio e tutti nelle case di Milano, Torino, Genova, Invernizo, Cassano, Pessano co­minciarono a pregare. Quattro di loro, Rina, Giuseppina, Mario e Andreino si recarono da Don Gnocchi e gli dissero che sarebbero partiti per Lourdes per impetrare dalla Vergine la grazia. Don Gnocchi li guardò uno per uno, ac­cennò un gesto di benedizione e affidò ai fanciulli un mes­saggio segreto che essi avrebbero ripetuto alla Madonna da­vanti alla grotta. E il lunedì successivo, nel momento stesso in cui i quat­tro piccoli ambasciatori si presentavano alla Vergine di Lourdes, i loro compagni si riunivano insieme, in ogni parte dItalia e recitavano in coro il Rosario. Era una preghiera spontanea. Ad ogni mistero invocava­no: «Madonna, restituiscici don Carlo». Il mutilatino che entrava in una casa di don Gnocchi non soltanto trovava il conforto di un sorriso, ma doveva intraprendere subito una lenta e dura autoeducazione, che gli do­veva restituire almeno in parte luso degli arti offesi. Soltanto don Carlo era maestro in questa materia di scuola; perché sapeva chinarsi e scegliere le parole giuste. Sul piano umano il dolore non si combatte soltanto con lac­cettazione passiva, ma con una lotta di reazione costante. Incontrando un corpo straziato, di dentro don Carlo san­guinava, si chiedeva il perché, ma poi diceva al ragazzo: «Coraggio, hai perso qualcosa, ma con quel che ti rimane puoi difenderti». Il clima di don Carlo non safflosciò quando i suoi Istituti si svilupparono ed era già una grossa fatica curare le finanze. Era la pietà, la fede sacerdotale a fargli superare ogni li­mite. Orio Vergani, che lo ha incontrato un giorno immerso nella febbre del suo grande amore, ha scritto di questo prete­santo una pagina di poesia. «Da quella altezza spirituale questo gracile prete dal viso di scarno ragazzo non si spaventava delle cifre e delle im­pressionanti statistiche; tante decine di migliaia di mutilatini e, per loro, tante centinaia di migliaia di apparecchi ortope­dici da rinnovare ogni anno: tanti milioni di ore di cure me­diche: tante centinaia di migliaia di atti operatori, tante mi­gliaia di «tronconi» che ogni anno, nella crescita dei ragazzi, i chirurghi dovevano risistemare. Minestre e scuole: aule e palestre: incubi delladolescenza e sogni innocenti di bambi­ni: il mare e i monti per rinvigorire tutti, le alpi per i piccoli che forse non potevano camminare, il mare per i fanciulli che non avevano braccia per nuotare. Un immenso «assur­do», per un cervello abituato ai problemi usuali. Ma la pietà non conosce mai - e questo era linsegnamento di Don Gnocchi - limiti «assurdi». Tutto è possibile alluomo di buona volontà. E adesso, allesercito dei mutilatini, aggiun­geva quello dei poliomielitici: e, pietoso, fra i rottami del­lumanità andava raccattando i piccoli malati figli della guerra. Veramente, per questo pretino, lumanità non aveva mai rottami: ma anime». PER UNA TEOLOGIA DEL DOLORE Il capolavoro di don Gnocchi sta qui, nellaver guarito, elevato delle anime più che dei corpi. Ha vissuto nella fede la battaglia del dolore. Alcuni episodi. I medici stavano anestetizzando un bambino di dodici anni prima di segargli un osso che penetrava nella carne. Il ragazzo pregò lincaricato di non anestetizzarlo. Gli fu chie­sto perché. Rispose: «Voglio soffrire per amore di Gesù, perché Egli converta mio padre». È don Gnocchi che gli aveva insegnato il segreto del do­lore. «Quando un bambino soffre - aveva scritto - è anzi­tutto la comunione con Adamo che si attua in lui... Come particella di un grande corpo sociale, dove tut­to il bene e tutto il male entrano in circolo, anche il bam­bino espia la propria quota parte degli errori e delle colpe personali commesse da tutti gli uomini...». Un giovane diciassettenne aveva perso molto sangue du­rante lamputazione del braccio destro. Il caso era grave, si temeva un collasso. Il dottore ne seguiva con ansia i battiti del cuore. Il ragazzo fece uno sforzo, alzò lunica mano.che gli rimaneva, prese quella del chirurgo, dicendo: «Grazie, grazie, non scorderò mai la sua bontà». Ma lo sforzo e il silenzio del giovane mutilato nascondevano una sapienza di amore e unofferta spontanea del pro­prio sacrificio. Don Gnocchi aveva fissato sul dolore tutta la sua medita­zione. Ha scritto: «La nostra attitudine interna ed esterna di fronte ad un bambino che soffre per invalidità, deficienza, mutilazione, povertà, malattia, abbandono e per qualsiasi altra causa, de­ve essere dominata da un profondo senso di rispetto, di ve­nerazione, e quasi di culto: in ogni bambino sofferente noi dobbiamo vedere non soltanto luomo precocemente chia­mato a partecipare allumana solidarietà nel dolore, secondo la funesta legge di Adamo, ma un piccolo agnello, che puri­fica e redime secondo lamorosa legge di Cristo: «vivente sacrifcio dellumanità innocente per lumanità peccatri­ce» (Pio XII ai mutilatini). I suoi mutilatini svolgevano un composto di redenzione; come nel corpo fisico ci sono organi destinati alla salvaguar­dia e alla purificazione di tutto lorganismo, organi che spesso si ammalano per la difesa e la salvezza di tutto il cor­po, così ci sono, nel corpo mistico della Chiesa, anime desti­nate a portare la sofferenza in virtù della loro capacità puri­ficatrice di tutto il corpo sociale. Tra questi, nel pensiero di don Gnocchi, ci sono anche i bambini. La pedagogia di don Gnocchi si sviluppava attorno a questo tema centrale: «Ogni bimbo che soffre è come una piccola reliquia della redenzione cristiana». Don Carlo aveva avuto lintuizione di tutto questo in un giorno del dopoguerra, indimenticabile e orientatore per sempre. Marco, lunico superstite dei quattro bambini, che ignari e spensierati giocavano su di un campo minato, era stato im­mediatamente sottoposto allintervento chirurgico: amputazione delle gambe, estrazione del bulbo oculare e regolariz­zazione delle vaste e numerose ferite che ne crivellano il fragile corpo palpitante. Don Gnocchi lo vide qualche tempo dopo loperazione quando ancora le medicazioni quotidiane lo facevano tanto soffrire e gli domandò: «Quando ti strappano le bende, ti pungono nelle ferite e ti fanno piangere a chi pensi?». «A nessuno» rispose con una punta di meraviglia. Don Gnocchi incalzò: «Ma tu non credi che ci sia qual­cuno al quale potresti offrire il tuo dolore, per amore del quale tu dovresti reprimere i lamenti e inghiottire le lacrime e che potrebbe aiutarti a sentire meno il tuo dolore?». Marco fissò nel vuoto il viso devastato, guardando con lunico occhio stranito e poi scuotendo lentamente la testa disse: «Non capisco...» e tornò a giocherellare distratto con lorlo del lenzuolo. Don Gnocchi commentò il fatto così e si orientò decisa­mente sulla sua strada: «Fu in quel momento che io ebbi la precisa, quasi mate­riale, sensazione di una immensa irreparabile sciagura: dalla perdita di un tesoro, più prezioso di un quadro dautore o di un diamante di inestimabile valore ... ... un innocente può prendere valore e trovare giustifica­zione: Cristo crocifisso; e, attraverso tutti quei lettini do­spedale, in quei bimbi sofferenti, e per essi in tutti i bimbi sofferenti del mondo (quale massa di dolore era stata impo­sta ai bambini durante la guerra e nei tragici anni seguenti di tormentosa pace!) mi parve vedere allargarsi a dismisura questo dissennato dispendio, senza che gli educatori cristia­ni vi si opponessero sufficientemente, consci della preziosità di questo puro tesoro e dellurgente necessità di ricuperarlo avaramente, per farne dono al Cristo e alla Chiesa». Quali sono gli elementi e i metodi della pedagogia del dolore innocente? Risponde Don Gnocchi: «La pedagogia cristiana del do­lore tende anzitutto ad insegnare praticamente ai bimbi che il dolore non si deve tenerlo per sè, ma bisogna farne dono agli altri e che il dolore ha un grande potere sul cuore di Dio di cui bisogna avvalersi a vantaggio di molti. Opera dunque di estimazione e di spersonalizzazione del dolore, alla quale non è difficile giungere abituando il fan­ciullo a dirigere la sua pena o la sua rinuncia verso obiettivi concreti, quali si offrono ogni giorno alla sua sensibilità (per la guarigione di una persona cara, per i missionari lontani, per la conversione del babbo, per un compagno povero, per lottenimento di una grazia importante, per la cessazione di una guerra, per il Papa, per un condannato, per un anonimo di cui parla la cronaca».
Posted on: Tue, 19 Nov 2013 18:14:16 +0000

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