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joY for Silvano Danesi, giornalista ..nato a Brescia ! Fate, spiriti custodi Angeli. Angeli custodi. Spiriti guida. Dopo anni di indifferenza nei loro confronti, ora a queste entità spirituali è dedicata un’attenzione esorbitante, alimentata dalla produzione di testi, dischi, rituali d’invocazione, metodologie di contatto e quant’altro il mercato dell’anima consenta di mettere in vendita. Un apparato comunicativo del tutto pleonastico, funzionale più al guadagno che al recupero di una tradizione, considerato anche il fatto, non secondario, che degli spiriti guida si recupera solo la parte più vicina alla sensibilità degli uomini nati e cresciuti nell’ambito della cultura cristiana, tralasciandone ogni altra, i cui spiriti non hanno bisogno di intermediari, di evocazioni, di ritualità. Ai bresciani, ad esempio, la cultura celtica ha portato in eredità le Fatae e i Fati, spiriti custodi delle donne e degli uomini e quella latina la Iuno e il Genius. Fatae e Fati non avevano nulla a che fare con il Fato romano; derivavano piuttosto la loro denominazione dal mondo fatato ed erano personificazioni divinizzate degli spiriti delle piante, di luoghi o cose. Fatae e Fati abitavano ed abitano il bosco, le querce (le Fate Dervone), gli alberi in genere, le acque, i refoli del vento, il fuoco, gli anfratti della terra. Testimonianze di queste presenze fatate le troviamo in alcune epigrafi bresciane, come quella di Riva del Garda, dedicata ai Fati Masculi, o quella di Calvagese la cui dedica è alle Fatae Dervones. Quando la cultura della tribù dei Cenomani si incontrò con quella dei Romani, le Fatae e i Fati celtici ebbero presto dei parenti stretti nei Genii e nelle Iuno. Ogni persona, ogni luogo, ogni associazione o comunità, se considerati maschili avevano infatti nella religione romana un nume particolare, il Genius, mentre se considerate femminili la Iuno, la quale non aveva nulla a che fare Giunone. Il Genius o la Iuno, una specie di “doppio” spirituale, proteggeva l’individuo, era il suo angelo custode. A testimonianza del culto che i bresciani riservavano a questa entità spirituale che li seguiva dappresso, li consigliava, li proteggeva, ci sono alcune epigrafi significative, come quella dedicata al “Genius coloniae civicae Aug. Brixiae”, che aveva sostituito il dio celtico Bergimo nella funzione di protettore dell’intera comunità. A Bovegno il culto, come ricorda un’altra epigrafe, era riservato al Genius Pagi Livi. I Romani sacralizzavano le collettività organiche: la gens, la famiglia, la patria. I Celti vedevano le entità spirituali nelle manifestazioni della natura, negli elementi. Gli uni e gli altri ponevano accanto all’uomo e alle comunità degli spiriti guida che invitavano l’individuo o la collettività a pensarsi in termini spirituali, a scoprire dietro ad ogni gesto, ad ogni fatto concreto, ad ogni essere vivente e ad ogni relazione una manifestazione di un’intelligenza universale che lega i vari fatti tra di loro e li rende influenti gli uni per gli altri. Fare del bene o fare del male non è così fare qualcosa ad altri, ma agire su se stessi, con tutte le conseguenze del caso. La Fatae, i Fati, i Genii e la Iuno sono la nostra coscienza vivente. Impariamo a riconoscerli. Non è difficile, se si guarda a ciò che ci circonda con maggiore attenzione e ai fatti che ci accadono non come a singoli episodi, ma come ad una trama di eventi i cui confini sono quelli dell’Universo. Dobbiamo riflettere sul significato di ciò che facciamo, collocare le nostre azioni nel contesto di quanto ci suggerisce la nostra coscienza, avere la percezione dell’importanza, per noi e per gli altri, di ogni nostro gesto. L’angelo custode è il nostro specchio. Impariamo a guardarlo e a guardarci negli occhi.
Posted on: Fri, 08 Nov 2013 20:53:28 +0000

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