ANDATE A HEBRON Vi assicuro che è molto divertente navigare - TopicsExpress



          

ANDATE A HEBRON Vi assicuro che è molto divertente navigare attraverso blog israeliani a meno che non siate deboli di stomaco, ma ormai dovremmo essere abituati alle nefandezze di israele; 64 anni se non sbaglio. 64 anni di farneticazioni, di autocommiserazione, di fandonie, di terrorismo, di mistificazioni, di BOMBE, di impunità, di prevaricazione. Siamo ormai abituati a un paese che ha fatto della sua bandiera il servilismo mondiale? Un paese dove tutti gli uomini politici di potere si inchinano indossando in testa un ridicolo pesudo preservativo? Un paese che accusa di negazionismo e revisionismo e non si accontenta di semplici accuse, ma vuole infierire ulteriormente, sbraitando da anni affinchè tutto ciò sia sottoposto a condanna penale? Devo dire che francamente non so se ridere o piangere, più navigo sul web, nonostante la constatazione di toccare con mano che la maggioranza dei siti israeliti siano blindati, ogni tanto si scopre qualcosa. Forse non sono così intelligenti? Forse di palle ne raccontano così tante che ormai neppure loro riescono a starvi dietro? Israele che accusa gli altri di negazionismo e revisionismo quando è fra i primi stati ad averlo istituzionalizzato, già dimenticavo che loro sono il non plus ultra della menzogna e del nascondiglio, peccato però che la loro mania di protagonismo lasci comunque tracce e di questo ne riparleremo. In ultimo, dopo avere illustrato la vita mondana di Hebron vi rimando a un link tratto da un blog israeliano, e lascio a voi qualsiasi considerazione al riguardo. Da parte mia è da un bel pezzo che mi ripeto ciò che disse Cesare. Il dado è tratto. ******** Quello che sta succedendo a Hebron, in Cisgiordania, dove una minoranza di coloni israeliani domina e opprime la maggioranza palestinese della città, è esemplare di come potrebbero diventare i rapporti fra israeliani e palestinesi se l’attuale tendenza dell’occupazione e della colonizzazione in Cisgiordania non verrà ribaltata immediatamente. Hebron - Andate a Hebron. Osservate come alcune centinaia di coloni israeliani ultra-nazionalisti, una minoranza in una città palestinese di 160.000 abitanti, hanno trasformato la vita dei suoi residenti palestinesi in un inferno. Andate a Hebron. Guardate come una piccola minoranza ebraica domina un’oppressa maggioranza araba, e capirete il motivo per cui Israele ha bisogno di una soluzione a due stati, al fine di sopravvivere in futuro come uno stato ebraico democratico. Andate a Hebron. Vedrete come i coloni ebrei e il governo militare di Israele hanno usato la forza per trasformare quello che era il centro della città – e il centro degli affari e del commercio della Cisgiordania meridionale – in un’enclave ebraica. I palestinesi non sono autorizzati a percorrere a piedi, e tanto meno in automobile, la strada principale del centro di Hebron. Sono costantemente e quotidianamente vittime di molestie da parte dei coloni e dell’esercito. Se volete vedere come diventeranno i rapporti fra israeliani e palestinesi se non iniziamo ad invertire l’attuale escalation dell’occupazione israeliana in Cisgiordania, andate a Hebron. Se avete a cuore il futuro di Israele, se il vostro pensiero politico è determinato dal senso di ciò che è fattibile, di ciò che è giusto e di ciò che è morale, se per voi i valori ebraici significano qualcosa, andate a Hebron. Parlate con i coloni. Ascoltate la loro visione. Parlate con i palestinesi. Chiedete loro della loro vita quotidiana. Chiedete loro del risentimento, dell’odio, della disperazione e del sentimento di vendetta che lo status quo sta infondendo nei loro cuori e nelle loro menti. Parlate con i soldati, i paracadutisti dai berretti rossi – i migliori soldati di Israele – che sono costretti a lavorare in questo luogo deprimente, le cui abilità di combattenti vengono sprecate per controllare le borse della spesa di anziane donne palestinesi, e per tentare di impedire a giovani coloni di commettere atti vandalici nei negozi palestinesi o di lanciare pietre contro gli arabi di Hebron. Se fossi Benjamin Netanyahu, sarei andato a Hebron prima di andare a Washington per incontrare il presidente Obama, prima di definire il “nuovo approccio” del processo di pace israelo-palestinese a cui egli ha fatto riferimento alla conferenza dell’AIPAC. Credo che anche Netanyahu – sì, persino un cinico come Bibi – si vergognerebbe, come israeliano e come ebreo. Io mi sono vergognato, durante la mia recente visita a Hebron con un gruppo di attivisti di Peace Now e di Americans for Peace Now. Nel compiere la sua analisi dei rapporti tra la maggioranza e la minoranza a Hebron, raccomando a Netanyahu di leggere questo brano di B. Michael pubblicato in una recente edizione di Yedioth Ahronoth: “Alla vigilia della Festa dell’Indipendenza, l’Ufficio Centrale di Statistica ha affermato che il numero di residenti in Israele ammonta a 7,4 milioni di persone. C’era anche una notizia che rincuorava gli animi in vista delle vacanze: la maggioranza assoluta della componente ebraica è stata mantenuta; gli ebrei rappresentano il 75,5% della popolazione. Solo il 24,5% non è ebreo. Tuttavia, un deplorevole errore si è fatto strada in questi numeri. L’origine di questo errore consiste nello strano “stile di vita” della Linea Verde (il confine che separa lo stato di Israele propriamente detto dai Territori occupati, ndt). Tale confine, che è presumibilmente “morto” molto tempo fa, salta fuori dalla tomba (o forse viene riesumato con la forza) ogni volta che fa comodo alle statistiche o alle pubbliche relazioni. Ma le cifre reali sono le seguenti: secondo l’Ufficio Centrale di Statistica e la CIA, il governo israeliano controlla 11,43 milioni di esseri umani. Tra questi, 5,6 milioni sono ebrei, 5,83 milioni sono non-ebrei (2,46 milioni di palestinesi in Cisgiordania, 1,55 milioni di palestinesi nella Striscia di Gaza, 1,5 milioni di palestinesi cittadini di Israele e 0,32 milioni di “altri non-ebrei”). I dati esatti sono i seguenti: nell’impero israeliano, gli ebrei costituiscono il 49% della popolazione, mentre i non-ebrei il 51%. Ora possiamo cominciare noi ad essere definiti ‘minoranze’”. Signor Primo Ministro, vada a Hebron. Perché la strisciante “hebronizzazione” di Israele è un cancro. Lei lo sa. E sa anche che non è troppo tardi per fare marcia indietro. L’articolo in lingua originale * portavoce di Americans for Peace Now, è stato corrispondente del quotidiano israeliano Ha’aretz per gli affari palestinesi; questo articolo era originariamente apparso sul sito di Americans for Peace Now il 5 maggio 2009 **************************** Hebron, in arabo al-Khalil, continua a essere una delle città più contese della Cisgiordania. Centinaia di coloni hanno deciso di venire a vivere qui a partire dal 1967 costruendo numerosi insediamenti, attualmente tra i più grandi presenti in Palestina. Oggi la città è divisa in due: in zona H1 vivono circa 120 mila arabi sotto l’autorità palestinese e in zona H2, sotto lautorità dello Stato ebraico, risiedono circa 700 israeliani, insieme a 30 mila palestinesi. Ogni entrata e uscita tra le due zone è controllata dai militari dellIsrael Defense Forces (Idf), circa 2 mila in tutto. La famiglia di Hashem Azzeh vive in sharia al-Shuhada (via dei Martiri) in zona H2, storica via centrale di Hebron oggi deserta, sul lato della strada che si affaccia su un insediamento ebraico. Hashem racconta di soprusi, violenze e discriminazioni. Tutto è iniziato nel 1984, quando è stato costruito linsediamento di Ramat Yishai, racconta Hashem. Da quando si sono stabiliti qui non ci è permesso raccogliere neppure i frutti del nostro giardino, perché secondo le autorità israeliane ci avvicineremmo troppo ai vicini ebrei e questo non garantirebbe la loro sicurezza. La casa di Hashem è ormai circondata da un muro e in quella che una volta era la via daccesso diretta oggi c’è un check-point. Il giardino sul retro si affaccia sulla casa di Baruch Marzel, uno dei coloni storici di Hebron, passato alle cronache per via di numerosi arresti a suo carico. Hashem mi fa notare ladesivo attaccato alla sua porta: I already killed an arab. And you? Poi mi racconta: Merzel e la sua famiglia ci perseguitano, ci lanciano sassi e rifiuti in giardino. Ho dovuto mettere griglie di ferro attorno alle finestre per evitare che venissero colpite dalle pietre. Hashem racconta orgoglioso di aver denunciato più volte i vicini e di aver ottenuto giustizia in diversi casi, ma è comunque costretto a subire continue umiliazioni. Quando mio padre è morto - racconta - per portare la salma al di là del confine siamo dovuti passare sotto il metal detector. Hanno perquisito il corpo di mio padre lasciandolo a terra per diversi minuti. È inaccettabile!. Samir, il figlio minore di Hashem, ha 25 anni e qualche giorno fa è stato arrestato per aver attraversato senza autorizzazione la ‘linea rossa’, quella che separa il vicinato arabo da quello israeliano. Mi hanno rilasciato dopo 2 giorni, racconta Samir, sapevo di correre il rischio di essere arrestato, ma la tentazione e la rabbia sono stati più forti di me. Io sono cresciuto in quella strada e non ci rimettevo piede da 12 anni. Anche i negozianti, i pochi rimasti aperti, parlano del drammatico declino economico della città. Riferiscono che sono moltissime le attività commerciali dismesse per colpa della presenza militare. In effetti a conferma di quanto dicono gli imprenditori locali, l’agenzia Un Ocha (United Nation Office for the Coordination of Humanitarian Affairs) riporta che sono 512 i negozi chiusi per ordine militare, e piú di 1.000 le case abbandonate dai palestinesi in zona H2. I pochi negozi arabi rimasti aperti si trovano di fronte alla Grotta dei Patriarchi (Moschea di Abramo per i musulmani). Gli arabi presenti in zona sono inoltre preoccupati dal veloce aumento degli insediamenti. Il portavoce della comunità ebraica di Hebron, David Wilder, ribadisce il diritto degli ebrei ad abitare in questa terra. Non abbiamo mai rubato niente a nessuno, queste erano case e terreni che appartenevano a famiglie ebraiche, racconta. Lufficio di Wilder si trova in una delle zone più militarizzate della città, ma dice che la presenza dei soldati lo tranquillizza. Gli arabi sono sempre pronti ad attaccarci, non vogliono la pace, ma scatenare la terza intifada, afferma. Poco più di un anno fa un mio caro amico è stato ucciso mentre guidava la sua automobile da un gruppo di ragazzi arabi che lo hanno assalito lanciandogli delle pietre. Wilder ha in mente una strategia per impedire in futuro il ripetersi di violenze: Dobbiamo impedire agli arabi qualunque tipo di ripresa economica. Permettergli di diventare forti non garantirebbe la nostra sicurezza. In questi anni Netanyahu ha ceduto su troppi punti, e i palestinesi ne hanno approfittato. In effetti questo è il sentimento più diffuso in città, dove le percentuali di voto a favore di Naftali Bennet e del suo partito di estrema destra HaBayit HaYehudi sono state altissime, portando addirittura Orit Struck, una colona locale, alla Knesset (il Parlamento israeliano). Wilder è entusiasta e orgoglioso del successo ottenuto: Da oggi rifondiamo, qui dove vissero i nostri patriarchi e dove David fondò il suo Regno, la prima vera Knesset. (thepostinternazionale.it) ********************************** Giovanni Vigna - 3 ottobre 2013 Scontri e arresti ogni giorno. Issa Amro (difensore diritti umani): Praticare il boicottaggio dello Stato Ebraico. Le denunce dellattivista italiana Sarha «Da alcuni giorni a Hebron si respira una calma apparente, ma la situazione di questa città è folle. Non ci sono più stati scontri tra Shabab (giovani palestinesi, ndr) e soldati israeliani. Tuttavia le invasioni notturne nelle abitazioni dei palestinesi e gli arresti avvengono ancora quotidianamente». Lo scorso 22 settembre Sarha, attivista italiana che vive a Hebron, ha assistito molto da vicino alluccisione del sergente Gabriel Kobi, 20 anni, militare dellesercito israeliano. A differenza di quanto riportato dai media internazionali, la morte del soldato non è avvenuta nei pressi della Moschea di Abramo. «Questa versione è stata offerta dagli organi di stampa di tutto il mondo per dare più risalto alla notizia - afferma Sarha, la cui attività può essere seguita sul suo blog sarhainpalestine - in realtà non eravamo vicino a luoghi sacri ma in prossimità del check point 209, sul confine tra lArea H1 e lArea H2, i due settori della città sotto il controllo militare, rispettivamente, dei palestinesi e degli israeliani». Il 27 agosto scorso, racconta Sarha, sono stati uccisi tre giovani palestinesi nel campo profughi di Qalandia: «Per reazione, gli Shabab hanno iniziato a tirare sassi mentre i coloni israeliani hanno utilizzato live ammunition, pallottole vere. Gli scontri sono divampati. È stata unescalation di violenze. I soldati sono saliti sui tetti e hanno sparato bombe sonore, lacrimogeni e proiettili veri ricoperti di gomma che se, vengono sparati a meno di trenta metri, come avviene di solito a Hebron, possono spezzare le ossa». La settimana precedente lomicidio del sergente Kobi sono stati registrati continui scontri. Quel giorno in città erano presenti 11mila israeliani che si erano recati nei luoghi sacri della città palestinese (Al Khalil in arabo) per celebrare il Sukkot, festa ebraica che ricorda il viaggio del popolo dIsraele nel deserto verso la Terra Promessa. «Il 22 settembre, verso le 18 - spiega Sarha - ero impegnata, insieme ad altri due attivisti internazionali, in unazione di interposizione perché, nella zona del check point 209, erano in corso scontri tra palestinesi e militari. Vicino a me cerano anche due giornalisti di BTselem, organizzazione israeliana non governativa che rappresenta il Centro di informazione israeliano per i diritti umani nei territori occupati. Uno di loro è stato arrestato e trascinato via. Quando mi sono seduta su un blocco di cemento, cera silenzio. Gli Shabab si erano ritirati a duecento metri di distanza. Poi è arrivato questo giovane soldato, ho visto che allimprovviso si è portato le mani alla gola ed è caduto a terra. Non ho sentito spari. Pensavo che stesse soffocando. Gli altri soldati sono accorsi subito e gli hanno spostato le mani. A quel punto ho notato un piccolo foro sul lato sinistro della gola. Il sergente Kobi è stato caricato su una jeep e portato via». Sarha è stata rinchiusa dentro una clinica che si trova nelle vicinanze del check point 209. I soldati hanno intimato al personale palestinese di chiudere lentrata: «Sono rimasta dentro la clinica per tre ore insieme ad altri internazionali - sottolinea Sarha - dalla finestra abbiamo visto larrivo di moltissimi soldati e di un bulldozer per togliere i blocchi di cemento che chiudono la strada dal 2001. Poi i militari hanno cominciato una furiosa caccia alluomo. Sono convinti che lassassino sia un cecchino palestinese. Era già buio e non sono mai venuti a cercarci nella clinica». A Sarha, fino ad oggi, non è ancora stato chiesto di testimoniare sulla tragica morte di Kobi, sebbene fosse la persona più vicina al soldato ucciso. Forse uno dei motivi della mancata convocazione da parte delle autorità israeliane è il fatto che lattivista italiana non compare nel video girato da BTselem, che circola in questi giorni nei media israeliani e mostra le immagini della zona dove è morto il soldato. «Nelle ore successive alluccisione del militare - ricorda Sarha - Hebron è stata dichiarata zona militare chiusa. Non si poteva né entrare né uscire dalla città. Adesso (martedì scorso, ndr) la situazione è più tranquilla, da due giorni non ci sono più scontri ma non si può dire che Hebron sia tornata alla normalità. Le invasioni notturne nelle case dei palestinesi e gli arresti proseguono». Un altro testimone delle ingiustizie alle quali sono sottoposti quotidianamente i palestinesi a Hebron è Issa Amro, 34 anni, uno dei fondatori dellorganizzazione Youth Against Settlements (Giovani contro gli insediamenti), gruppo di attivisti palestinesi apartitici che cerca di porre fine alla costruzione e allespansione delle colonie israeliane in Palestina, attraverso la lotta popolare non violenta e la disobbedienza civile. «La situazione dei palestinesi a Hebron è molto dura, a causa delle forze di occupazione israeliane, della violenza dei coloni e delle restrizioni che vengono messe in atto ovunque in città - afferma Amro - i soldati si danno molto da fare per sfollarci dalle nostre case, dalle nostre strade e dai negozi. La situazione, in questi giorni, è peggiorata a causa delle feste ebraiche, duranti le quali arrivano a Hebron migliaia di coloni. In questi frangenti i soldati arrestano, invadono le nostre case e attaccano la gente». In questa fase lesercito ha dunque occupato le case e chiuso le strade. I coloni hanno presidiato la zona che dovrebbe stare sotto il controllo dei palestinesi. Poi i due fronti si sono scontrati e si sono dati battaglia, fino alla morte di Kobi. «Il motivo delluccisione del soldato non è chiaro - sottolinea Amro - qualcuno dice che la causa è da ricercare allinterno dellesercito: potrebbe essere stato fuoco amico. Altre fonti sostengono che sono stati i palestinesi. Fatto sta che, dopo la morte del sergente israeliano, centinaia di palestinesi sono stati fermati e le case perquisite. I checkpoint sono stati chiusi e i coloni ci hanno attaccato». Nonostante alcuni analisti israeliani abbiano dichiarato che forse luccisione del soldato è da imputare al fuoco amico, i militari hanno comunque attaccato le case dei palestinesi. Secondo Issa, ogni scusa è buona per fare la guerra ai residenti di Hebron. «Al momento non ci sono novità sulla ricerca del responsabile delluccisione - ricorda Amro - gli inquirenti stanno indagando a tutto campo». A questo punto la conversazione con Issa si sposta sulla sua attività a difesa dei diritti umani. Lattivista di Hebron è stato preso di mira dallesercito israeliano diverse volte. «I coloni chiedono che io venga ucciso - accusa Issa - sono stato arrestato in numerose occasioni. Le accuse erano false e, a volte, larresto era finto, per fare felici i coloni. Se cerchi su Google la frase kill Issa Amro (uccidi Issa Amro), puoi trovare molte notizie sulle minacce di morte che ho ricevuto e sulle campagne di diffamazione nei miei confronti. Sui siti ebraici puoi vedere la mia faccia incorniciata in un cerchio rosso. Cinque relatori dellOnu per i diritti umani hanno inviato una lettera al Governo israeliano per chiedere che io venga protetto». Lanno scorso Issa è stato arrestato più di venti volte, questanno finora solo otto volte. «Mi hanno imposto molte restrizioni nei movimenti. Nelle Corti israeliane sono stati aperti quindici procedimenti giudiziari contro di me», rivela Amro che deve affrontare due processi, uno alla fine di questanno e un altro nel 2014. Issa è in attesa che i giudici decidano sugli altri casi che lo riguardano. «La sede della mia organizzazione Youth Against Settlements - rammenta lattivista - si trova a Hebron, una delle zone più duramente colpite dalloccupazione israeliana. Per proteggere circa seicento israeliani fondamentalisti, che risiedono nel cuore di Hebron, lo Stato di Israele ha imposto ai residenti palestinesi un regime di sfratto forzato, coprifuoco, chiusura dei mercati, chiusura delle strade, checkpoint militari, assoggettamento alla legge militare incluse le frequenti perquisizioni casuali, che si sommano alle detenzioni senza accuse e alla mancanza di protezione dalla dilagante violenza dei coloni che ha spinto circa 13mila civili palestinesi a lasciare le loro case situate nel centro di Hebron, trasformando la città in una città fantasma». Lorganizzazione di Issa promuove diverse attività come, ad esempio, la responsabilizzazione delle comunità rispetto alla causa palestinese, le azioni di boicottaggio ai danni di Israele, la protezione delle case e della terra dei residenti minacciati dai coloni, lorganizzazione di gruppi per i bambini: «Open Shuhada Street (Aprire Shuhada Street) è una campagna internazionale e locale che ha lobiettivo di riaprire le strade e i mercati chiusi di Hebron, in particolare Shuhada Street, oggi sotto il controllo dei coloni e dei soldati». Youth Against Settlements ha organizzato numerose azioni in tutto il mondo. In cosa consistono, chiediamo ad Amro, queste iniziative? «Manifestazioni di protesta, presentazioni, proiezioni di film su Hebron, mostre fotografiche, lettere ai diplomatici e ai parlamentari, chiusura di strade. E molte altre piccole azioni come disegnare graffiti, scrivere ai media informandoli sulla situazione a Hebron, campagne di sensibilizzazione su Facebook, conferenze, visite in città e speciali da trasmettere alla radio». Cosa pensa Issa dei negoziati di pace ripresi di recente? «Tutti i palestinesi sono a favore di veri colloqui di pace ma non condividono le barzellette sulla pace. Ed è una barzelletta promuovere colloqui di pace, su uno stesso tema, per venti anni». Domandiamo a Issa qual è questo tema. «Nei colloqui di pace si parla solo della sicurezza di Israele, senza tenere in considerazione che la sicurezza è un concetto reciproco. I diritti dei palestinesi dovrebbero essere riconosciuti nella loro pienezza». Amro è pessimista sui negoziati di pace: «Non credo che otterremo niente di nuovo dai colloqui. Israele non rispetta i vecchi accordi. Allora perché affrontare nuovi argomenti se non troviamo lintesa sui temi del passato? Questo rende tutto più difficile per i palestinesi». Una possibile via duscita da questa situazione, secondo Issa, è rappresentata dal boicottaggio internazionale di Israele inteso come Stato dellapartheid. «Il boicottaggio deve essere praticato fino alla fine delloccupazione - sostiene lattivista - senza un vero boicottaggio internazionale contro Israele, lo Stato Ebraico non pagherà mai il prezzo delloccupazione della nazione palestinese. Per produrre un vero cambiamento, gli occupanti devono essere puniti ed essere costretti alla pace, che deve essere imposta dalle leggi internazionali. Israele deve rispondere dei suoi crimini di fronte agli organismi giudiziari internazionali». Cosa dovrebbe fare la politica, anche in Italia, per favorire la pace? «Ai soldati israeliani non dovrebbe essere consentito di visitare lEuropa, loro ci uccidono durante la settimana e, poi, trascorrono il week end in Europa, che non deve accettare dei criminali di guerra. I politici dovrebbero obbligare Israele a fare la pace con i palestinesi e aiutare la Palestina a firmare il Trattato di Roma per far parte della Corte Internazionale. La politica dovrebbe fornire maggiore supporto alla nostra lotta allinterno dellOnu e smettere di appoggiare Israele finché non cesserà loccupazione». Di recente Amro ha tenuto una conferenza a Ginevra presso il Consiglio per i Diritti Umani dellOnu: «Ho parlato delle violazioni dei diritti umani a Hebron e del fatto che i coloni e i militari prendono come target delle loro violenze i difensori dei diritti umani. Ho partecipato a un evento dedicato alla Palestina insieme a Richard Falk, che ha il compito di fornire allOnu dei rapporti sulla situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati dal 1967». (Tratto da: megachip.globalist.it) ************ La continua espansione delle colonie mette in pericolo le comunità delle colline a sud di Hebron Operazione Colomba. Comunicato stampa Mentre il governo promuove la costruzione di 80 nuove unità nella colonia di Karmel, la DCO consegna quattro ordini di fermo dei lavori e un ordine di demolizione nel villaggio palestinese di Al MufaqarahDurante i mesi di giugno e luglio i volontari di Operazione Colomba hanno monitorato l’espansione delle colonie israeliane di Karmel e Ma’on e dell’avamposto di Avigayil. La più grande espansione è stata registrata nella colonia di Karmel. Durante il mese di giugno scavatori e ruspe stavano lavorando per la costruzione della base di un nuovo settore, nella parte sud della colonia. In questa nuova parte della colonia, già a metà luglio, erano presenti sei nuove case e tre gruppi di fondamenta per altre strutture. La colonia di Karmel è stata costruita negli anni ’80 a ridosso del villaggio beduino di Umm Al Kheer. La nuova espansione sta causando ulteriori difficoltà e disagi ai pastori beduini che vanno a pascolare le greggi nelle vicinanze del loro villaggio e della colonia. Negli ultimi due mesi gli abitanti di Umm Al Kheer hanno dovuto affrontare violenze e soprusi quotidiani da parte dell’esercito e dei coloni israeliani, tra cui l’arresto di tre pastori e il danneggiamento di proprietà private beduine. L’espansione dell’avamposto di Avigayil ha gravemente danneggiato i campi palestinesi circostanti. Il 14 luglio, infatti, i coloni hanno utilizzato una ruspa per sottrarre terra da un campo situato di fronte all’entrata dell’avamposto. I proprietari del campo hanno denunciato l’accaduto agli uffici della DCO (District Coordination Office) competente nell’area. Lo stesso giorno è stata documentata la presenza di un nuovo cancello metallico all’entrata dell’avamposto, molto simile a quelli installati all’ingresso di altre colonie della Cisgiordania. A Ma’on sono state registrate espansioni sul lato est della colonia. Alla fine di giugno i lavori interessavano un nuovo edificio e un muro adiacente la strada sottostante. Dopo meno di un mese il muro era stato completato. Mentre l’espansione di queste colonie nelle colline a sud di Hebron compromette lo sviluppo delle comunità locali palestinesi, il comitato di pianificazione dell’attuale governo israeliano sta approvando la costruzione di 5170 nuove unità nelle colonie della Cisgiordania. Tra le quali, un piano di costruzione per 80 nuove unità nella colonia del Karmel è stato depositato e pubblicato, in attesa dell’approvazione finale. (fonte: Peace Now, peacenow.org.il/eng/PlansApproval220713). Il 22 luglio la DCO ha consegnato quattro ordini di fermo dei lavori e un ordine di demolizione a strutture di proprietà palestinese nel villaggio di Al Mufaqarah. Gli ordini riguardano due famiglie. Per la prima famiglia composta da dieci persone, gli ordini riguardano una casa e una tenda. Gli altri sono stati consegnati per una casa, una tenda e un pozzo appartenenti ad una famiglia di undici persone. Il villaggio di Al Mufaqarah si trova in Area C, sotto amministrazione militare e civile israeliana. Tutte le costruzioni devono essere approvate dall’amministrazione israeliana. Israele rifiuta ai palestinesi il permesso di costruire sul 70% dell’Area C, che è circa il 44% della Cisgiordania, mentre nel rimanente 30% vengono applicate una serie di restrizioni che eliminano la possibilità di ottenere permessi (fonte: OCHA oPt). Mentre i villaggi palestinesi e beduini dell’Area C soffrono a causa dell’attuale politica di demolizioni e minacce, i vicini avamposti e colonie continuano ad espandersi. Ciononostante, le comunità palestinesi delle colline a sud di Hebron ribadiscono il loro impegno nell’affermare i propri diritti e nel resistere in modo non violento all’occupazione israeliana. Operazione Colomba mantiene una presenza costante nel villaggio di At-Tuwani e nell’area delle colline a sud di Hebron dal 2004. [Note: secondo la IV Convenzione di Ginevra, la II Convenzione dellAja, la Corte Internazionale di Giustizia e numerose risoluzioni ONU, tutti gli insediamenti israeliani nei Territori Palestinesi Occupati sono illegali. Gli avamposti sono considerati illegali anche secondo la legge israeliana.] (fonte Agenzia stampa Infopal - infopal.it) ************** Esperto di diritto: Israele è intenzionato a sabotare i negoziati costruendo nuove unità coloniali Un esperto palestinese di diritto internazionale ha rivelato che la recente decisione del governo israeliano di costruire 1.700 unità abitative nella città occupata di Gerusalemme e nel resto della Cisgiordania “rappresenta un tentativo di sabotare i negoziati in atto con l’Autorità palestinese (Anp)”. In un comunicato stampa diramato domenica 27 ottobre, l’esperto, Hanna Issa, ha affermato che la decisione di costruire nuove unità abitative in Cisgiordania e Gerusalemme conferma la volontà di Netanyahu di accontentare l’estrema destra che fa parte della sua coalizione di governo, soprattutto perché la tempistica della decisione coincide con l’annuncio dei nomi di 26 prigionieri veterani palestinesi che dovrebbero essere rilasciati nel quadro della prossima fase dell’accordo tra Tel Aviv e l’Anp. Issa ha sottolineato che la costruzione degli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati nel 1967 è un atto illegale, che costituisce una flagrante violazione delle norme del diritto internazionale umanitario e delle disposizioni della IV Convenzione di Ginevra del 1949, relativa alla protezione dei civili in tempo di guerra. Ha quindi aggiunto che i governi israeliani, sin dal 1967, hanno adottato diverse politiche atte a controllare e annettere i territori palestinesi e legittimare la costruzione degli insediamenti su di essi. Egli ha spiegato nel luglio del 1967, Israele emanò l’ordine militare n.10, attraverso il quale lo Stato ebraico ebbe il controllo sulle proprietà degli assenti palestinesi, impedendone la vendita o l’affitto senza la preventiva approvazione delle autorità e delle istituzioni israeliane. (Agenzia stampa Infopal - infopal.it) **************************** Continuano i deliri antisraeliani dell’eurodeputato IDV Gianni Vattimo, sempre più schiavo del pregiudizio: “Israele è uno stato razzista” Emanuel Baroz 25 ottobre 2013 Ci risiamo: dopo aver appoggiato il VERGOGNOSO boicottaggio antisraeliano alla Fiera del Libro di Torino del 2008, dopo aver firmato una sua lettera al Professor Ugo Volli con un eloquente “Sieg Heil”, dopo aver “rivalutato” I Protocolli dei Savi di Sion, questo personaggio, evidentemente bisogonoso di nuova visibilità, oggi ha pensato bene di dare sfogo nuovamente ai suoi deliri antisraeliani e antisemiti. Sappiamo bene che riportando la notizia facciamo il suo gioco, ma lo facciamo esclusivamente per far sapere ai nostri lettori chi siede a spese degli elettori italiani nel Parlamento Europeo. Vattimo: “Israele è uno stato razzista” Il filosofo ed europarlamentare dell’Idv interviene alla Zanzara su Radio 24. Dura replica dell’Unione comunità ebraiche: «Strumentalizzata la Shoah» gianni-vattimo-pregiudizio-antisraeliano-focus-on-israel«Non nego l’Olocausto ma sono scandalizzato dell’uso spregiudicato che ne fa Israele per giustificare la propria politica di oppressione nei confronti dei palestinesi». Lo dice alla Zanzara, su Radio 24, l’europarlamentare dell’Italia dei valori Gianni Vattimo. «Non voglio – aggiunge Vattimo – che ci sia uno stato confessionale e razzista come Israele ». Razzista, chiedono i conduttori?: «Certo, razzista. Basta guardare come trattano i palestinesi». «Strumentalizzare e banalizzare la Shoah a fini politici è un crimine e come tale deve essere trattato: su questo punto non sono possibili compromessi e ambiguità di alcun genere». È quanto dichiara Renzo Gattegna, presidente dell’Ucei, l’Unione delle comunità ebraiche italiane, che chiede al Parlamento Europeo «una adeguata reazione, di fronte alle affermazioni di Gianni Vattimo, filosofo ed europarlamentare di Italia dei Valori», fatte nel corso del programma radiofonico `La Zanzara´. Per Gattegna, «l’Italia non può essere degnamente rappresentata da chi manipola e distorce fatti storici allo scopo di offendere e denigrare il comportamento dello Stato di Israele» che, ricorda, «nei decenni trascorsi si è dovuto difendere da innumerevoli aggressioni e nonostante gli sforzi prodotti non ha mai trovato un valido interlocutore per una pace durevole e nella sicurezza». (focusonisrael.org)
Posted on: Wed, 30 Oct 2013 20:38:49 +0000

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