BUONA NOTTE - TopicsExpress



          

BUONA NOTTE “ MEDITERRANEITA’ ” Arte in Calabria Esemplarmente,l’artista vive e coltiva luoghi mentali.Per costruirsi una meta cui tendere,modulare soste,segmenti di percorso,adeguare mezzi espressivi,portando nel cuore sempre la convinzione che quella meta poi è superabile,per altre mete. Ogni luogo scelto è mentale.Si chiami Itaca o Ogigia,Roma o Atene,l’artista prescinde da identificazioni mitiche,geografiche,storiche per rivivere in lui grumi di idee che diventano luci scintillanti o notti abissali,colori smorzati o violenti come tempeste,classica composizione o impianti stracciati per altre visioni.Purchè il luogo scelto sia la freccia che perfori il tempo,lo salvi dalla sua tirannia come da quella della quotidianità con l’occhio fisso all’”oltre”. Gli artisti presentati in questo catalogo fanno rivivere nelle loro opere il “Mediterraneo”.Non già perché vivono nel mezzogiorno d’Italia,in quella parte della penisola che fu Magna Grecia.E nemmeno per i sapori,gli odori,i colori di quella terra assolata,dove l’agave svetta al cielo,mentre il mare ora tumultua ora ha voce flebile nella risacca d’estate. Se “luogo mentale”,Mediterraneo si sostanzia di tutte le traversìe storiche,mitologiche della sua storia,oltre che della sua bellezza di incantata malìa paesaggistica:in esso è la libertà della polis greca e i miti del ritorno;in esso la pietas romana e il senso della mediazione;in esso ancora la sacralità della “cifra”, alfa e omega ,del messaggio cristiano.Fondamento e sperimentazione s’intrecciano in questo luogo che” sta in ascolto della storia universale”(Braudel),fino alla sua recentissima identità,nel pensiero “meridiano” di Cassano e Alcaro,quando “mediterraneo” diventa pensiero duttile,fantasia,creatività in contrasto col pensiero rigoroso, efficientistico della società fordista. Così,alla fine,e giustamente,”Mediterraneità” è un’ideologia,un modo di essere per un messaggio che travalica i confini del contingente spazio-temporale,perché ogni vera arte”progetta un mondo” come sosteneva kandinsky. Le varie modulazioni che “il mediterraneo” assume e che verranno indicate serveranno a capire le peculiarità degli undici artisti presentati in questa idea da loro condivisa:i diversi momenti,le diverse partitura di un’unica e inimitabile sinfonia. 1)Mediterraneo =”posto in mezzo alle terre”.Se nomina sunt consequentia rerum,in quest’etimo c’è la vocazione di ogni artista. C’è la terra: essa è radice,tradizione,il fondamento di ogni cosa nel suo ciclo produttivo ciclico.E’ anche protezione,nostalgia del ritorno,la patria che si porta dentro per non perdere la propria identità.E’ quanto acquisito nella storia dagli altri che serve alle nostre sperimentazioni,a nuovi modelli interpretativi. C’è il mare:la mobilità delle acque,che conquista con la sfida all’ignoto,nei suoi movimenti cangianti che portano linfa nuova,esperienze nuove,varcando l’imponderabile.E’ la ricerca,l’invito a non fermarsi,a non acquietarsi,a varcare quella zona d’ombra tra cielo e mare,tra finito ed infinito,l’orizzonte che appare e scompare come la possanza di un imprevisto miracoloso. “Mantenere costantemente la frontiera” come dice Scelling sta ad indicare che chi vive questo mare,cullato dalle terre,è sempre teso a varcare il limite,le colonne imposte da Ercole,quando ciò,pur nel pericolo del naufragio,serve a “seguire virtute e conoscenza”. In questo mare,le coordinate geografiche si colorano di infinite simbologie che gli artisti presenti in catalogo avvertono con raffinata sensibilità e sonorità cromatica. Il “Sud” è la lentezza,l’attesa,il sensuale torpore,la tentazione del demonio meridiano,ma è anche l’ebbrezza della vita,la dolcezza,l’aria ferma del mito che dà certezze inquietanti. Il “Nord” è il luogo dell’austerità,della disciplina e della pianificazione,della fertile solitudine,equilibrio e misura. “Ovest” è oltrapassare il limite,il destino dell’Europa come terra del tramonto,la fine di un compimento concluso con appagata soddisfazione. “Est” è la terra d’origine,l’infanzia del mondo,la promessa gravida di futuro,lo scintillìo della prima alba del mondo. 2)”Mediterraneo”:esplosione di colori che vincono la luce cinica. La luce è acquoria,guizzante,dai vividi riflessi,cangiante,nell’armonizzare il paesaggio che al mare è intrinsicamente connesso:dal verde riarso dell’agave a quello umido della sera quando la luna vi si specchia,nelle diverse striature che sembrano campi ondulati di spighe,mosse dal desiderio sognante dello sguardo e della memoria.Oppure è il rosa-pesca,al momento del tramonto in quell’unione mistica tra cielo e terra,mentre il gabbiano solca velocemente le sue onde nel suo biancore cinerino,squarciandone l’immobilità e creando incredibile attesa. In tutte le sue varie manifestazioni,è il colore che crea,emoziona,evoca,sconvolge,appaga,costruisce paesaggi, personaggi, miti. 3)”Mediterraneo”:funzione storica problematica e voce etica. Nel suo incessante movimento,il mare rende essenziale le cose,diventa emblema della vita e dell’arte nella sua capacità di alleggerirsi,scarnificare per diventare universale,facendosi coscienza che ammonisce e guida. Questo mare”sapido di sale greco”(Montale) ci racconta la nostra storia ora attraverso i miti e dei personaggi che l’hanno solcato sia che fosse Ulisse nella sua “metis”,mente variegata che sa prevedere l’imprevedibile, sia che fossero le sirene,nella lusinga irrazionale del loro canto ammaliante. Oppure ci parla di quel primo grumo caldo di luce della Genesi che crea una serie di coppie contrapposte che costituiscono parte essenziale della storia dell’uomo occidentale:scrittura e imagine,quotidianità ed eternità,finito ed infinito,sensualità e misticismo,teoria e prassi,coinvolgendo emblematicamente in tale odissea dello spirito il perno di tutta la nostra civiltà,dalla “idea” greca(visione,oltre alla democrazia e al pensiero critico) al “logos”(sostanziato nel Dio incarnato) ebraico ,fino alla mediazione e comunicazione delle due entità,fatta da Roma.Come vedremo nei dettagli,nei nostri artisti non è una voragine esistenziale,ma quell’equilibrio instabile proprio tra l’essenza(la cifra) e l’esistenza(la figura),tra la durata cioè e il transeunte,con quel senso d’indicibile nostalgia per quel paradiso perduto,per quell’armonia non più ritrovabile. 4)”Mediterraneo”:pensiero “meridiano”,inteso come riscatto,basato non sul rimpianto,sul folkore,sulla fatalità,ma sulla creatività,duttilità,femminilità,contro il pensiero rigoroso,efficiente,pragmatico della società capitalistica,in una dimensione filosofica”zen” che contrappone la contemplazione (intesa come meditazione fattiva) all’azione(solo tecnologica e competitiva),espressione dei mondi dello yang e dello yin(maschile e femminile) Questa plurarità di sensazioni,idee,lavorìo interiore noi troviamo,pur nei vari distinguo e sfumature,negli artisti calabresi presentati,specie nelle loro ultime composizioni. E così in Luigi Greco di Celico la tramatura di luce si fa riflesso acquoreo con quei colori pudicamente tenui e dolci d’autunno,colti persino nella severità della natura montana o si chiude,rigorosa,nell’evocazione serena e certa del silenzio di un notturno e del raccolto momento del paese nella sua spazialità calda,affettuosa e protettiva,per diventare,infine,intrinsica liricità,densità cromatica,ritmo narrativo nella figura di donna che si racconta nella sua sensuale levità e trasparenza. In questo artista,dalla linea purissima,il tempo si nutre di colori caldi e forme dinamiche per occultare l’inquietudine dei sommovimenti interiori. Luigia Granata ,giovanissima,si era imposta già per l’uso del colore(una tempera magra estremamente fine,opaca e luminosa,pallida come pietra) che disincarnava il corpo armonioso,fiorente e fiducioso,offrendo al nostro sguardo un’assorta solitudine,disagio esistenziale e brividi abissali di notta sopravveniente.Ora è giunta ad un cromatismo esplosivo e ad un’espressività aggressiva,in un impianto fortemente espressionisitico connesso ad un’insistenza sofferta di richiami onirici e psicanalitici.Proprio per questo,quel dolore e contestazione gridati che nell’espressionismo diventano urlo,in lei assume un grumo di pianto interiore,salvaguardato dalla morbidezza della linea e dalla dignità del pudore. I suoi soggetti,carichi di sensualità cromatica e di luce,colorano lo spettacolo della vita quotidiana dove modelle,giochi di bambini si animano come magistralmente elaborati dal prezioso intervento di quest’artista,profondamente innovativa anche per quel non-senso e pacata ironia intellettuale. Lucia Paese incarna mirabilmente l’assunto di Canetti:essere l’artista custode della metamorfosi,intesa come consapevole cambiamento,evoluzione che non rinnega il passato.L’artista acrese parte da un intenso cromatismo attraverso il quale i suoi fiori,alcuni già aperti al profumo della vita,altri ancora acerbi ma desiderosi di esplodere,restituiscono,in una felicità espressiva,alla rievocazione sognante dell’infanzia la forza propulsiva di essere certezza di vita e progettualità esistenziale. “Poi nella finta calma/sopra l’acque scavate/dovè mettersi un vento”(Montale):l’accensione cromatica ,ora ,indica l’incertezza e l’incubo dell’esistere in quel rosso che occupa arbitrariamente la scena,risolta solo,a livello di speranza,dalla farfalla che impegna voli di libertà,in quell’azzurro delle ali che cantano e colloquiano con il dinamismo dei volti della”metamorfosi”. Le avvisaviglie che Maria Credidio sarebbe arrivata,nel suo variegato e lungo percorso artistico,alla computer art sono precise e interessanti.La sua linea,serena,sobria,pudìca,di rara purezza si accendeva di improvvisi schioppettìi e i suoi colori,intensi( le sanguigne) o delicati,creavano già volumi,immagini e movimenti,non collassati al loro interno ,ma slargati in orizzonti immensi.Come pure,presente in questa artista era l’accentuato simbolismo,con valenza sia di messaggio sociale che di inquietudine psicologica,pur se racchiuso in un’eleganza formale,nitida e classicamente composta.Si notano ad esempio in“Installazione sulla pace.Aquiloni a Kabul”,le forti vibrazioni emozionali che attingono sia la sfera psicologica che l’impegno civile.O in “Variazioni”,dove il volto,visto dal suo interno,si elettrizza nella linea,dolce ed energica nello stesso tempo,destinata a raccontarci,sempre con dignità,debolezze interiori e inconfessabili arditezze che rompono la monotonia del quotidiano.Ora, l’interna luce dell’anima dell’artista segmenta a vortici,in letizia di fantasia,la linea dandoci ritmo e armonia,nella sapienza compositiva dei colori(Reminiscenze) L’espressione di Valèrj:”La più grande libertà nasce dal più grande impegno” si addice alla poetica di Mena Stasi.Avviene in quest’artista una metanoia,stilistica,cromatica, dettata dal radicale capovolgimento di prospettiva interiore.Prima era la classicità,nei suoi miti,a dare certezze ,in quel colore patinato che ne conservava solidità non erosa dal tempo.La linea vigilata,accorta,aveva la funzione di difesa dai guasti della storia e del cambiamento. Ora la certezza è la contemplazione dello spirito,la meditazione del cuore in sintonia con il creato,allorchè l’energia vitale si sostanzia di luce,mai tagliente,ma intimamente delicata,di vibrante cromatismo,dando alla linea la funzione di seguire i risvolti intimi della mente,per uscire,liberata,dai meccanismi opprimenti della vita. Per cui la farfalla non brucia se stessa attratta dalla luce,ma si smaterializza in volo,suono,colore,canto dell’anima. In Teresa La Valle è precipua la ricostruzione felice dell’immagine,attenta nei particolari,sia che proponga sfarzosi aspetti orientali,con accesi cromatismi che animano finanche il barrito dell’elefante,sia che,con linea morbida e sinuosa,raffiguri una tigre accovacciata.Ma in lei,però,la freschezza inventiva e la sospensione del tempo in una linea acquorea dei paesaggi e delle figure non si risolvono in placida atmosfera fiabesca:la realtà urge nelle sue ferite interiori come testimoniano i versi di Neruda,posti sul dipinto”Attesa,tra realtà e inconscio”,quasi graffi laceranti della serenità apparente. Se fiaba è dentro di noi,l’artista la conquista,con trepido incanto,allorchè la linea diventa musica e la “luce entra come un roseto aperto”:è la ricongiunzione magmatica con la natura,immediata,senza filtri mentali,con sensuale dolcezza come testimonia “Omaggio a Neruda”.Si placano allora i sommovimenti interiori,nella libertà e tenerezza espressiva,in quel colore primaverile del nudo che nella sua pudicizia resta impenetrabile a qualsiasi avidità. Carmela Stabilito,nelle figure femminili,il suo soggetto prediletto,dissolve spesso i segni distintivi dei caratteri sessuali secondari dei corpi,cioè la rotondità,la soavità dei seni,dei fianchi attraverso una linea sinuosa non insistente tanto da farli diventare manichini umanizzati,dove persino la provocarietà della mano insistita sul pube diventa una mesta accettazione della più assurda estraneità alla vita.La decomposizione della ragione di Picasso,cui l’artista si richiama,diventa cifra interpretativa di un mondo omologato.Ma,poi,come uno squarcio di luce,nella cupezza della notte,ecco il lirismo di “Pensieri sotto l’albero” allorquando alla quieta certezza della natura in fiore e alla staticità della panca si contrappone il fitto dinamismo del drappeggio azzurro della donna, goticheggiante,la cui densità cromatica si risolve nel rapporto silenzioso tra il volto pensoso e la brocca d’acqua da cui sgorga acqua viva,momento meditativo per una possibile salvezza,perché:”dove ha luogo il pericolo/là sorge anche il salvatore”(Holderlin). In un duello memorando,confliggono per Aldo Toscano,sogno e realtà,mito e istoria,uomo e donna,staticità e dinamismo,contingenza ed eternità.In scenari ampi,dove lo sguardo si perde immemore,terra o mare che sia,con prevalenza cromatica dell’azzurro in tutte le sue tonalità,l’artista canta il desiderio dell’amore,ferma l’aprirsi della luce del mattino,modula gestualità lieve come libellula,sferza la linea che diventa vortice e ritmo serrato di galoppo nelle “Valchirie”,o sinuoso rinchiudersi,protetto nelle ali del pensiero,in “Sublimazione”. Per giungere all’acme della sua poetica in quel volto,fermo e sicuro,della donna posta sulla terraferma che assolve l’inquietudine dell’inconscio,con sullo sfondo il mare periglioso o la tempesta travolgente di eros che”irrompe entro le querce come vento sul monte”(Saffo),per finire alla sfida tra il suo enigmatico sguardo e la saldezza delle rovine del mondo antico che resistono al tempo.Così Toscano concretizza lo stimmung di Novalis,il brivido intellettuale del disagio,nel tentativo dell’accordo finale. Vibra,teneramente ,come verde umido della sera,il colore in Giuseppe Caputo,in “attesa”,creando nel cuore del fruitore impalpababile inquietudine.Lievita il colore in pigmenti di luce rallegranti nelle serie floreali o negli scorci panoramici,in un dialogo fresco tra gli elementi per salvaguardare armonia,”pietas” di un mondo incontaminato.In Caputo c’è una sensibilità sottile e lirica,una spontanea apertura all’emozione,con quei toni morbidi e pastosi che sostanziano un contatto innocente con la natura e una spazialità estatica e stupita.E l’impenetrabile silenzio degli spazi nelle sue opere per l’assenza costante dell’uomo è solo l’invito al rispetto della sacralità della natura.In quest’artista è mirabile la perfezione della linea,l’equilibrio compositivo,il movimento cromatico e luminoso,l’atmosfera di pacata tranquillità. La prima cosa che colpisce in Enzo Antonio Palazzo è la tensione sentimentale tradotta in sorvegliata soluzione formale,raccordando la qualità lirica musicale della sensibilità di Kandisky cui s’ispira(“Il cavaliere azzurro”) con la facoltà deduttiva e logica dell’architettura di Mondrian.Le sue combinazioni formali e coloristiche non sono fraseggio esornativo,virtuosismo che si bea di sé stesso,né la levita lunare o la luminosità sospesa e liquida degli impressionisti.In Palazzo è il respiro ampio del pensiero,è l’idea che si fa passione e sentimento.Questo artista sa coniugare il gaudio della linea,la piacevolezza e giocosità cromatica con la res severa della prospettiva geometrica. Vittorio Speciale fa sua la rarefatta purezza geometrica di Mondrian,aggiungendovi inquietudini metafisiche.L’artista volge questa concezione raffinata e sapientemente costruita in delicata e spontanea limpidezza di linee e toni,funzionali,però,non all’esornativo che pure la perfezione grafico-figurativa lascia indovinare,ma ad una lettura cifrata,simbolica della realtà.I suoi “Galleggianti in campo azzurro” hanno una snella eleganza e morbida malinconia,mentre “Indaco e mare”,oltrepassando la scansione grafica,assume spessore intellettuale,larghe campate che movimentano il quadro con intime accensioni spaziali e psicologiche.La variazione geometrica e cromatica dello spazio serve all’artista per esorcizzare il tragico quotidiano”la libertà negata”,per assumere sonorità cosmiche,quasi il numero d’oro di Pitagora,nello”Spazio per la musica”,alla ricerca di un’armonia universale. Gli artisti presentati realizzano dunque l’idea di “mediterraneità”,per saper varcare i limiti senza presuntuosa cesura col passato,per prediligire il colore alla luce beffarda ed accecante. Accogliendo l’idea di equilibrio,dialogo,pluralismo della “mediterraneità”,essi sanno evitare il demone del mezzogiorno che abbaglia e pretende di capire ed interpretare le cose con la solo ragione,portando solo però alla”divina indifferenza”(Montale). La peculiarità di questi artisti resta dunque la ricerca dei toni umbratili,la luce aurorale che valorizza la lucentezza cromatica,in morbida plasticità. Come anche una ragione placata dallo stupore del sentimento,della fantasia e dal mistero.E così il Mediterraneo diventa paradigma dell’universalità dell’arte,perché:” Contiene più storia la più piccola onda del Mediterraneo che non tutta l’acqua degli oceani messi insieme”: ( questo mio pezzo critico è su arte mondadori)
Posted on: Thu, 18 Jul 2013 23:23:02 +0000

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