Il Supermercato Tutte le mattine il cervello va a fare la spesa al - TopicsExpress



          

Il Supermercato Tutte le mattine il cervello va a fare la spesa al Supermercato virtuale della realtà. Prende il carrello e si mette a girellare fra le merci esposte, per prendere quello che gli serve per quel giorno, sbuffando di noia, sperando di trovare qualcosa che lo sorprenda. Il supermercato della realtà è il “Come ti vendo la vita”, dove tutto è organizzato: gli spazi, i percorsi, l’altezza delle merci. Le esperienze emotive sono guidate ed è raro stupirsi. Il cervello si comporta come un cavallo. Se ha il paraocchi, non valuta niente, e prende quello che è nella fascia mediana degli scaffali, il più a portata di mano e le offerte speciali. Se non ha il paraocchi, guarda di lato e punta le orecchie per capire la situazione. Una volta entrato, la prima cosa che incontra è il reparto ortofrutticoli della vita. Una vita da verdura. Le patate sono tutte uguali o tutte diverse? E via via che il cervello infila nel carrello il necessario per completare il racconto di quel giorno, la noia aumenta. Tutto già visto. Necessità già conosciute. Biscotti già inzuppati. Ad ogni corsia sente l’abbassamento della guardia, il fruscio delle ali della stupidità che gli vola vicino. E dietro ogni scaffale, vede l’ombra dell’errore, quello che meno ti aspetti, che l’attende. Se intuisce il pericolo comincia a cercare qualcosa di diverso: un’intermittenza del cuore, un etto di memoria involontaria, un po’ di trascendenza, un sacchetto che contenga tutti i venti, dal libeccio al maestrale, per avere la mente sempre ventilata, una foto di Aristippo di Cirene, autografata, con la dedica: ”Non farti dominare dalle cose!”, una compatibilità chimica, una fantasia da inseguire,l’orlo di un istante, un chiodo rugginoso per appendere qualcosa alla parete, perché rugginoso fa più presa di un chiodo nuovo, il click di un momento iniziale, la copia della chiave della porta dell’altrove, un crepuscolo degli dei, una illusione che litiga con sé stessa, una musa inquietante, l’impronta della bellezza, un qualcosa di tutto ciò di cui non resta più nulla, una traccia di colui che ne sa più di noi. Qualsiasi cosa che sia uno spazio ricurvo. Poi va alla cassa. Fa la fila. Infila tutto nel sacchetto ed esce così com’era entrato: sbuffando. Che fatica tutti i giorni, fare quella simulazione della realtà!
Posted on: Mon, 26 Aug 2013 19:32:23 +0000

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