Per chi suona la campana … E’ sabato sera; sono a casa e fa un - TopicsExpress



          

Per chi suona la campana … E’ sabato sera; sono a casa e fa un caldo bestiale. Faccio parte di quei tanti che ancora non sono andati in vacanza e che forse non ci andranno: un po’ per scelta, un po’ per altri impegni, un po’ perché per quanto sia stato un anno durissimo e pieno di contrarietà, la voglia di spassarsela ancora non c’è; ma questo è un altro discorso. E’ sabato sera; non tira un filo di vento e sento anche il cane ansimare. Nel pezzetto di giardino davanti casa i rami dell’ulivo e del fico sono statici come una pietà e la luce del lampione illumina, quasi in modo sinistro, l’angolo che le è deputato. Sto ascoltando un po’ di musica su di un vecchio stereo gira una casetta con i successi degli anni miei: i Pink, i genesis, i procol harum, i primi venditti, de gregori, dalla, gaber, i deep purple … sembra una serata di malinconia e stanchezza se non fosse che ho imparato a ridermene di tutto e spora tutto quando l’intorno mi spingerebbe, invece, a memorie triti e soffocanti. Sto tentando di smettere di fumare; per me che ero arrivato a quasi cinquanta sigarette al giorno essere a quest’ora a poco più di quindici è un traguardo a cui non credevo di poter arrivare. Guardo con bramosia il pacchetto lasciato a qualche metro di distanza, ma resisto alla tentazione di alzarmi e di abbandonarmi a quell’inutile piacere che bruciando tra le labbra a volte sembra dare un senso alla vita stessa. Una sigaretta a volte è un compendio, è il gesto sublime che chiude una passione, che apre una giornata, che sigilla un’amicizia. Mio nonno diceva che una sigaretta ed un bicchiere di vino non si negano a nessuno … nemmeno a sé stessi!. La tentazione fa a gara con la pigrizia: ho deciso che sarà questa a vincere; non mi alzo e non fumerò, ancora per un poco almeno. Ho fatto il militare negli anni sbagliati è durante la naja che ho imparato, questo ed altri vizi e virtù anche. Uscivamo la sera di ronda a Bolzano, con le pistole al fianco e con il colpo in canna. Erano i tempi delle bombe ai tralicci e dell’irredentismo alto atesino. Ogni volta che uscivamo l’ordine era quello di non tornare con le ossa rotte e quali che fossero le situazioni di ricordarci che il territorio era italiano e non austriaco e che alle conseguenze, nell’eventualità, ci avremmo pensato dopo. Caserma Vittorio Veneto sull’Isarco, facevamo parte di un corpo speciale al punto che i commilitoni di leva, come molti di noi erano del resto, a pranzo ed a cena, ci servivano al tavolo e ci guardavano con rispetto ed un po’ di timore. Ci insegnarono un monte di cose, non tutte nobili e non tutte utili ad un civile, ma tutte molto, ma molto pericolose : “ … non tornate con le ossa rotte …” ci ripetevano di continuo. Il clima era quello di una tensione continua e per quanto ci fosse sempre una disponibilità estrema ed una gentilezza innata, cosa che ancora oggi esiste e persiste nell’alto Adige, ma il sentir parlare sempre e di prim’acchitto costantemente il tedesco, a noi che la sera uscivamo da una giornata di addestramenti intensi e pesanti, la cosa dava, magari anche ingiustamente, sui nervi e, quindi, spesso ci scappava qualche scazzottata e qualche sopruso nei confronti di quello o di quell’altro. Ho maturato allora che quello non era il mio modo di vivere e che il tutto non era né giusto, né giustificabile; l’estrazione culturale e politica da cui avevo origine hanno fatto il resto. Ho sviluppato una idiosincrasia estrema per tutto ciò che è divisa, regolamenti indiscutibili, ordini dogmatici, indisponibilità al confronto ed alla discussione, prevaricazione di un capo su di un sottoposto, quale che sia il capo e quale che sia il sottoposto. In quel clima da guerra civile fredda e non dichiarata a cui ho poi partecipato ancora e poco tempo dopo il congedo, stando sull’altro lato della barricata, quella degli estremisti di sinistra, fummo in molti, non tutti, da una parte e dall’altra, molto fortunati:nella nostra estrema stupidità riuscimmo a non provare danni definitivi agli altri ed a noi stessi. Era la metà gli anni settanta, sono passati quarant’anni e qualcuno, incapace, mocio come una palla di lardo, untuoso come un pezzo di burro in liquefazione, schifoso come lo sono tutti i leccaculo e i servi per scelta va cianciando e dall’alto di una posizione politicamente rilevante di GUERRA CIVILE partendo dalla difesa impossibile di un evasore, indagato per corruzione di minorenni, sfruttamento della prostituzione e tutta una serie di reati che a nominarli tutti si rischia di star qui due giorni. Ecco, io vorrei dire a quella viscida anguilla che risponde al nome di BONDI se sa cosa significa quello che ciancia; se ha mai provato il brivido della paura, il dolore di una perdita per violenza, la vergogna per aver fatto del male, il senso di colpa per non poter tornare indietro, la disperazione di scuse che oramai non servirebbero a nulla. Sono certo di no, altrimenti non potrebbe essere così leggero nel dire TUTTE le STRONZATE che dice … correndo il richio che qualcuno gli creda anche. PORCO!.
Posted on: Sat, 03 Aug 2013 20:27:16 +0000

Trending Topics



Recently Viewed Topics




© 2015