Sacralità, Feste, Riti e Santi tra Selinunte e - TopicsExpress



          

Sacralità, Feste, Riti e Santi tra Selinunte e Castelvetrano Convegno di Studi Castelvetrano Selinunte, 16-17 marzo 2012 Nei giorni 16 e 17 marzo 2012 si è tenuto presso il Circolo della Gioventù di Castelvetrano Selinunte (TP) un convegno di studi, a cura dell’Officina di Studi Me-dievali, del Dipartimento di Beni Culturali, Storico-Archeologici e Socio-Antropologici dell’Università di Palermo, della Fondazione “Ignazio Buttitta” e del Centro Internazionale di Cultura Filosofica “Giovanni Gentile” di Castelvetrano, sul tema Sacralità, Feste, Riti e Santi tra Selinunte e Castelvetrano. L’iniziativa, interna al programma di ricerca Catasto Intellettuale Mediterraneo (CIM), promosso dall’Officina di Studi Medievali, è stata coordinata scientificamente da Alessandro Musco, docente di Storia della filosofia medievale presso l’Università di Palermo e presidente dell’Officina di Studi Medievali. Nel corso delle due giornate, sono stati trattati ad ampio raggio temi e problemi riguardanti i culti, la tradizione religiosa, l’arte sacra e le principali festività a Selinunte, Castelvetrano e, in generale, nel territorio del Val di Mazara, dall’antichità al giorno d’oggi. Un approccio multidisciplinare, quindi, allo studio dell’antica Seli-nunte – dalla sua fondazione al periodo altomedievale – e di Castelvetrano, che ha visto coinvolti alcuni tra i maggiori studiosi e ricercatori delle questioni storico-religiose in Sicilia, provenienti dal mondo accademico e da diverse prestigiose istituzioni scientifiche, siciliane e non, oltre che numerosi studiosi locali. Ignazio E. Buttitta, antropologo dell’Università di Palermo e presidente della Fondazione “Ignazio Buttitta”, nel suo intervento introduttivo, dal titolo programmatico Tradizioni, Feste e Identità locali, ha messo in rilievo il fatto che oggi, dopo averle rinnegate come retaggio di tempi oscuri, si è tornati a parlare con una certa enfasi di tradizioni popolari, di identità e di memoria collettiva. Spesso, però, dietro l’apparente interesse per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio culturale, materiale e immateriale, tradizionale, si celano interessi confliggenti e contraddittori. Valorizzare le tradizioni significa per alcuni, per i più, coglierne e esaltarne solo quegli aspetti che paiono utili alla promozione di una mediocre politica turistico-consumistica. Una politica – ci fa notare Buttitta – il cui fine ultimo e inespresso è la creazione di “riserve indiane”, dove stanchi attori dovrebbero trovarsi a recitare la parte dei commossi fedeli, degli operosi artigiani, dei pii contadini e quant’altro, a profitto del turista di passaggio felice di “stupirsi” di usi e costumi “antichi” e “selvaggi”. Per lo studioso palermitano, gli esecutori non sempre consapevoli di tale “condanna allo stereotipo” sono Pro-Loco, Enti Locali, istituzioni pubbliche e associazioni private, e a soffrire maggiormente di questi interventi sono le feste religiose. Esse, al contrario di altre espressioni della cultura popolare inesorabilmente scomparse, restano ancora vive e presenti. Sono ragioni precise a garantirne la perduranza e il rinnovamento. Le osservazioni avanzate da Buttitta, nel corso della sua prolusione, hanno colto in pieno lo spirito del convegno. Un convegno indubbiamente incentrato sull’analisi della storia della mentalità di uno specifico bacino territoriale, quello che va dall’antica Lilibeo a tutto il basso Belice e, cronologicamente, dall’antichità greco-punica ad oggi: è l’enorme territorio anticamente controllato da Selinunte, città fondata dai Megaresi verso la metà del VII secolo a.C. (così riporta Diodoro Siculo nel libro XIII della sua Biblioteca) e rimasta, almeno fino alla sua distruzione, avvenuta alla fine del V secolo, l’avamposto greco più avanzato ad Occidente: come è noto Selinunte ebbe modo di confrontarsi con diverse popolazioni (Elimi, Cartaginesi, ecc.) acquisendo, in breve tempo, una dimensione politico-sociale ampiamente mediterranea. Sulla civiltà selinuntina, e sulla sua cultura religiosa, negli ultimi decenni, è stato detto e scritto molto. Una delle maggiori studiose di quella civiltà, l’archeologa francese Martine Fourmont, del Centre National de la Recherche Scientifique di Parigi, è intervenuta all’iniziativa proponendo un’analisi dei luoghi di culto selinuntini osservati sotto un angolo dinamico capace di fornire una lettura sia diacronica che sincronica di questi siti. La ricercatrice francese ha tentato inoltre di dimostrare come questi luoghi abbiano mantenuto nel tempo una peculiare funzione cultuale, nonostante i mutamenti di religione e di civiltà, e nonostante le trasformazioni sociali avvenute, nei secoli, nel medesimo tessuto urbano. Una disamina più specificamente storico-religiosa dei culti sacri a Selinunte è quella proposta dal direttore del Parco archeologico di Selinunte e Cave di Cusa, Caterina Greco, la quale ha cercato di di-mostrare che l’indagine sulle divinità adorate a Selinunte può basarsi poco sulle fonti letterarie praticamente inesistenti sull’argomento e deve quasi tutto alla ricerca archeologica. Una ricerca che, restando sempre a Selinunte, può invece avvalersi di maggiori riferimenti bibliografici, se si considerano gli studi e i testi in cui viene trattata la presenza delle prime comunità cristiane in quel territorio e la vicenda dei Quattrocento martiri cristiani che, sotto l’imperatore Diocleziano, in Sicilia, vennero perseguiti ed infine uccisi per la fede da loro professata. È il tema sviluppato da un giovane studioso castelvetranese, Angelo Curti Giardina, in una relazione che ha toc-cato, tra verità e leggenda, una delle storie della Selinunte cristiana rese degne di es-sere menzionate come fatto storico non tangibile dal punto di vista fisico, ma riscon-trabile negli scritti degli eruditi di Sicilia e nelle scoperte archeologiche moderne. Quello della presenza di tracce archeologiche cristiane in Sicilia occidentale e nel territorio di Selinunte in particolare è il tema che, complementarmente, due stu-diose dell’Università di Palermo, Emma Vitale, una specialista del periodo romano tardo-antico, e Maria Annunziata Lima, storica dell’arte bizantina e medievale, han-no rispettivamente sviluppato nelle loro relazioni. L’altro polo tematico del convegno era Castelvetrano (da circa un ventennio, Castelvetrano Selinunte): una città storicamente legata a Selinunte fin dalle sue scaturigini, essendo stata fondata, si pensa, subito dopo l’arrivo dei normanni in Sicilia, a poco più di dieci chilometri dall’attuale area archeologica selinuntina. Quasi tutte le relazioni tenute nel corso delle due giornate, riguardavano, nello specifico, proprio la religiosità a Castelvetrano. Le tradizioni, i riti e i culti che, nei secoli, si sono via via inculturati nella vita religiosa di questa comunità, hanno avuto una loro degna trattazione in un cospicuo numero di interventi che, anche se su piani metodologici differenti, toccando chiese, singole opere d’arte, feste, ecc., hanno mantenuto una coerenza di fondo tale da renderli l’un l’altro tematicamente complementari e funzionali all’attuazione di un’indagine “microstorica” dei processi culturali legati alla religiosità nel Val di Mazara dal Medioevo ad oggi. Tre storici dell’architettura, Pasquale Calamia, Mariano La Barbera e Giuseppe Salluzzo, con un intervento sul tema Architettura e religione nel Medioevo castelvetranese, hanno inoltre cercato di ripercorrere panoramicamente la storia religiosa della Valle del Belice e di Castelvetrano in particolare, dall’XI secolo alla fine del XV secolo, dimostrando che a Castelvetrano e nel suo territorio, in età medievale, attraverso complesse vicende storiche che hanno visto l’alternarsi di periodi di convivenze a periodi di conflitti e rivalità, sono vissute tutte le culture religiose presenti in Sicilia, lasciando segni tangibili nella tipologia dell’insediamento, nella toponomastica del territorio ed in particolare nell’architettura religiosa. Sull’analisi della toponomastica e degli idronomi, riconducibili alla dominazione araba, del territorio selinuntino e castelvetranese, si è parimenti fermato un giovane semitista e filologo palermitano, Giuseppe Petrantoni. Gli altri dotti interventi – di cui, solo per motivi di spazio, si elencano i titoli, insieme ai nomi degli autori – hanno toccato gli aspetti più disparati della religiosità a Castelvetrano dal XV secolo ad oggi: Giuseppe L. Bonanno e Gaspare Bianco, L’invenzione della Croce, fra’ Pietro da Mazara e “Lu Signuri tri di maju” a Castelvetrano; Francesco Saverio Calcara, Santa Rita da Cascia: un esempio trainante di santità possibile. Origine e diffusione del culto in Castelvetrano; Giuseppe Campo-reale, La Cappella della Maddalena della Chiesa Madre; Vincenzo M. Corseri, Giuseppe Palazzotto Tagliavia e la cultura musicale del suo tempo; Leo Di Simone, L’apparato iconografico della chiesa di S. Domenico e l’iconografia della Controriforma; Aurelio Giardina, Il culto di Maria SS. della Tagliata e i suoi riflessi nella re-altà socio-economica di Castelvetrano; Giovanni Isgrò, Il teatro festivo urbano e la sua rievocazione storica nella Diocesi di Mazara; Vito Marino, La festa di Natale e la Ninnaredda – La Scesa e l’Eternità; Francesca Paola Massara, Un calice quattro-centesco ed il culto di San Sebastiano a Castelvetrano; Ferdinando Maurici, V.F.G.A., La Sicilia e i barbareschi attraverso gli ex voto; Giovanni Modica, L’Aurora; Mirko Tamburello, Fra’ Gandolfo da Binasco a Castelvetrano: il primo passo verso l’identità cittadina; Matteo Venezia, Il culto di San Giovanni a Castelvetrano fra storia e folklore. Un discorso a parte merita l’intervento (Guaritori e santi nella preistoria del basso Belice: per un’archeologia del sacro e della paleoiatria) di Massimo Cultraro, archeologo del CNR di Catania, avendo trattato un tema di carattere preistorico, e quindi decisamente anteriore al periodo posto in esame dall’organizzazione scientifica del convegno. La presenza di Cultraro ha favorito una maggiore comprensione fenomenologica, in termini diacronici, della cultualità nel basso Belice, ponendo questo territorio in evidenza, per la ricca ed articolata documentazione archeologica disponibile, alla stregua di un osservatorio privilegiato nello studio delle dinamiche di sviluppo delle comunità umane, dalle fasi pre- protostoriche fino al momento di fon-dazione di Selinunte. Alessandro Musco, infine, ha tratto le conclusioni del convegno intervenendo su un argomento che, in un certo senso, compendia metatematicamente lo spirito di tutta l’iniziativa: Il Ratto di “Europa”: mito della sacralità delle origini. La sua riflessione ha tratto spunto dall’ermeneutica iconica della celebre metopa selinuntina con Europa sul Toro, proveniente dal tempio Y (Tempio “delle piccole metope”), considerata una delle più antiche e importanti rappresentazioni del mito di Europa e il Toro di età arcaica in Occidente (si conserva presso il Museo archeologico “A. Salinas” di Palermo). Per gli antichi greci, i confini d’Europa erano piuttosto ridotti; abbracciavano, più o meno, l’area politico-geografica dell’Ellade. Per Erodoto, l’idea d’Europa si connetteva ai concetti di bene e fecondità, opposta a quella dell’Asia. E tuttavia, negli scrittori greci, c’è un sentimento dell’Europa quale compendio di valori umani, opposto alla barbarie e all’inciviltà delle popolazioni asiatiche. L’idea d’Europa esalta l’individuo, la sua autonomia personale contrapposta alla soggezione delle popolazioni pretesa dai despoti orientali. L’operosa intraprendenza della città di Selinunte, la capacità di quei coloni di costruire, tra terra e mare, una fervida realtà economica e culturale in pochi decenni, considerando che per i greci la religione è soprattutto una religione civica, compendia esemplarmente lo spirito di quella civiltà. Uno spirito civilizzatore che nei secoli, attraverso un lento ma inarrestabile processo di transculturazione, si è riconfigurato in un’orbita cristiana, poi islamica, e quindi ancora cristiana, mantenendo sempre un assoluto radicamento nel territorio e valorizzandone le peculiarità. E anche Castelvetrano, con i suoi antichi conventi, con la preziosa chiesa normanna della Santissima Trinità di Delia, con le sue sfarzose chiese tardorinascimentali, capaci di rappresentare in pieno, artisticamente e simbolicamente, lo spirito della civiltà della Controriforma, con le sue antiche feste religiose e le secolari tradizioni alimentari (pregne di sacralità anche queste), ancora vive nella memoria collettiva, continua ad essere una città simbolo di questa cultura millenaria. GIUSEPPE L. BONANNO - VINCENZO M. CORSERI (da «Mediaeval Sophia» 11, gennaio-giugno 2012, pp. 306-309)
Posted on: Fri, 08 Nov 2013 22:31:30 +0000

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