Se non amo, fatico. Perfino lalba. Lamore è la radice da cui - TopicsExpress



          

Se non amo, fatico. Perfino lalba. Lamore è la radice da cui traggo lessenza che rinvigorisce. Non lamore animale e animato che si getta come una zavorra sulle mani di chi si insegue attraverso la conquista, presumendo un traino alla fatica di doversi reinventare. No, io tendo a quellamore personale, prossimo alla gioia, al flusso naturale, che desti e rimesti la facondia, generando stimoli fendenti. Come rifuggo le fatiche ottuse!; non vi trovo senso a praticarle!. Se metto a lavorare con qualcuno che ben conosco e meno frequento per via della mia scienza solitudine, mi interesso del suo privato e gli domando cose spicce che riguardino la sua vita essenziale. Cosa preferisca mangiare, il luogo in cui abbia trascorso le vacanze, quali lavori abbia svolto in origine, e lopinione su certe persone delle quali voglio avere chiarezza. Mescolando quel che non conosco, assieme con il lavoro delle mani, mi creo un intermezzo di riflessioni che alleviano la fatica di sottostare a un dovere. Talvolta, mi bastano poche riflessioni scambiate in principio del lavoro, per avere a ripensare la mattina intera, sulle concatenazioni dei ragionamenti. Delle altre, invece, osservo segretamente chi mi sta accanto, domandandomi quali intenzioni governino loro la mente e quali tensioni moderino la vita per condurla dove essi preferiscano. Mi affascina poter riconoscere i segnali del successo da un atteggiamento indefesso e assai sicuro. Ma, alla stessa maniera, mi è impossibile pensare a degli umani che vivano una vita, solamente per essere vissuta, sottoposta ai comandi del dovere. Quel riflesso gravoso sulla stanchezza del genio, mi sfascia lenergia, spossandomi i muscoli del collo. Indugio con talento, dissipando con moderazione. Certe mattine che non leggo, confuso alle beghe domestiche, mi sento un codardo, un vigliacco, e cerco di recuperare lammanco, rifuggendo nel bosco dove la solitudine mette a tacere loste della coscienza che pretende la paga del debito. Eppure, specie nei momenti di follia, nei quali sarebbe plausibile fuggire fra la gente a fingermi sereno, io resto desto, tutto in me stesso, e affronto con stoicismo i miei stessi rimproveri silenti. Ho una bilancia da misurare. Lestro della scrittura, che mi fugge al controllo, che mi elude la veglia, che mi inganna la volontà, spesso si incunea fra le maglie del carattere, pungolandone i difetti deteriori. Allora procrastino, critico, confronto, cerco sesso, cerco approvazione, bestemmio malamente fino a suppurare. Il talento è un inquilino ubriaco, che paga laffitto offrendo in scambio tele sconosciute da mettere in soffitta. Oramai mi conosco nitidamente, come gli orari del mio vicino falegname che mi allestisce il teatro privato in fronte al terrazzino. So tutto della mia officina. A quali ore produce la resa migliore, a quali istanti pretende il piacere, quando invece desidera evasione e lattimo finale prima della chiusa. Tutto il carattere mi passa in rassegna, abilmente stretto fra le mani dellego, apposta per esorcizzare la tremenda paura di scrivere. Mi è quasi impossibile pensarci. Se per qualche metro appena del vagabondaggio quotidiano, io azzardi a domandarmi quali argomenti poter sviluppare, improvvisamente mi blocca il fiato della tisi e la spossatezza della vecchiaia, con atroci dolori muscolari anticipati dal senso di nausea vertiginoso. Devo smettere subito e mettermi a sedere per tirare i respiri al diaframma. E un mio dramma personale, di cui sono ampiamente consapevole. Manca un artificio ben consolidato, che mi distragga abbastanza da non pensare al dovere e mi induca al riparo improvviso, verso un manoscritto che mi assorba fino alla meditazione. Difficilmente scopo solo perché sono un maschio. E schifo la donna che mi faccia oggetto di conquista. Io devo essere il principio scatenante e il cultore dellIdillio. Raramente mi interessa conquistare. Conosco una donna, la spoglio del carattere, la svesto delle pose, la denudo degli artifici e comincio a indovinarle la Vita interiore, elencando i segreti maggiori, fino a metterle paura. Quindi sparisco. Se dovessi consumare ogni promessa di dialogo, finirei per faticare alla moda degli idioti che detesto. Ho un piano ben congegnato che non ammette deroghe occasionali. Questa è letà dei matrimoni. Con il genio, con il cosmo, con lo Spirito.
Posted on: Sat, 02 Nov 2013 07:56:56 +0000

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