Viaggio nella Cina di Xi Jinping DIRETTA Sette giorni a spasso - TopicsExpress



          

Viaggio nella Cina di Xi Jinping DIRETTA Sette giorni a spasso fra i luoghi simbolo del Paese fra politica, vita economica e costumi. Da Pechino a Shangai, così il Gigante asiatico applica il nuovo corso varato dal Plenum del Partito comunista. APPUNTI CINESI DI ALBERTO SIMONI Scherza Tammy, la nostra interprete. E come stare a Wisteria Lane, Desperate Housewife, le casalinghe disperate che impazzano anche in Cina. Tammy ha 25 anni, è una fan del serial tv, ne segue molti altri made in USA: Così mi esercito con linglese. Effettivamente la comunità che visitiamo a due passi da Changshu, provincia dello Jiangsu, siamo nel Sud, una delle zone più sviluppate e ricche della Cina (e si tocca con mano), sembra una di quelle communities americana. Cancellone, guardie giurate allingresso, attività ricreative, case bellissime, giardini curate, attività di ogni tipo. Camminando fra le stradine della Wisteria Lane cinese mi sembra di stare dai miei amici Loretta e Bob in Virginia. Solo che Loretta - unex funzionaria del Dipartimento di Stato - la sua bella casa lha pagata parecchi quattrini (sarà perché ha il campo da golf che qui non cè?). Anche la signora Hang (nome di fantasia) lha pagata parecchi quattrini. Non suoi però. Lei ci ha messo poco più 100mila RMB, lo Stato 300mila. Lo Stato poi dà alla signora Hang una pensione extra oltre a quella che prende già dallInps dello Jiangsu. Inoltre la signora Hang siccome lazienda collettiva è andata bene questanno ha incassato 8mila RMB come premio. Ogni giorno nella sua cassetta delle lettere arrivano 4 giornali locali pagati dallo Stato, quando ha voglia di distrarsi la signora Hang va a teatro (sempre nella communities); suo figlio invece può frequentare i corsi di tecnologia al locale museo. Benvenuti nelle comunità 2.0. O forse siamo già al 3.0. Il signor Chang ci accoglie allingresso. Ha 71 anni, da 43 è il capo del Partito comunista locale, un pezzo grosso. Veste alla Xi Jinping, giubbotto con cerniera corto blu scuro. La sua spiegazione della vita nel villaggio è strepitosa. Ci mostra ogni angolo del museo/mostra che ripercorre la storia della comunità, contadini poveri 40 anni fa, middle class privilegiata oggi. E come mai? Grazie al Partito che ci ha indicato la strada, grazie al lavoro duro. E grazie pure ai soldi che come una cascata sono arrivati in questo angolo di America non lontano da Shanghai. Gli abitanti ne vanno giustamente orgogliosi della loro creatura. Cè una fabbrica di acciaio (da qui sono venuti i cavi con cui è sorretto lo Stadio olimpico di Pechino), coltivazioni intensive di ogni cosa, ma la chicca è lalbergo con annesso parco divertimenti. Casette di legno che si affacciano su un fiumiciattolo (a proposito, si pesca pure), una notte costa 300 dollari. Roba da ricchi, vengono da Shanghai il weekend quelli, spiega Tammy. Per girare il parco ci sono dei trenini elettrici (su strada), i manager vengono qui a fare corsi di motivazione, insomma quelle sfide alla Rambo fra toboga, liane, alberi, quadri svedesi fra i rami: pagano il signor Chang (suppongo) e lui divide fra i soci (suppongo). Con noi cè Stewart, è stato negli anni 80 e 90 il grande capo del Financial Times a Washington. Amazing, continua a ripetere. Incredibile, stupefacente. Quindici anni fa Stewart era già passato da qui, era tutta acqua, riso, campi, contadini. Ora è Wisteria Lane. Lusso per pochi, 200 famiglie circa, 800 persone, il 15% circa di bambini. Non cè la scuola, prendono un bus e vanno altrove. Ma poi tornano nel paradiso. Quando Mao spinse (letteralmente) i cinesi a prendere vanga e zappa e colonizzare le terre, non avrebbe certo immaginato che il finale sarebbe stato una borghesia contadina del genere. E lunico esperimento del genere? Lo chiediamo ad alcune persone. Ci sono altri villaggi così, dicono. Non ci fidiamo. Infine una ragazza che parla inglese e ci ha seguito ammette: beh questo è questo...questo è lunico così. Sembra fasullo, artificiale, eppure è vero. E vero questo villaggio, ma è anche falso tanto è unico. Intanto il signor Chang declama le lodi del Partito, il museo è tutto una falce e martello, spillette del Partito, la bandiera rossa che tiene insieme lavoro e campi, workers and farmers. Sulle pareti le foto dei leader, il presidente (ex) Hu Jintao, i notabili provinciali, tutti in fila a gongolarsi nel giardino dello Jiangsu con il sorridente Chang che bacchetta i suoi, dà ordini. Questo è il modello da esportare, ripete. Lo diceva anche 35 anni fa. Il Partito ha scelto questo posto e questo posto è diventato un bijoux. Tammy: Ti piace qui?. Quasi quasi mi trasferisco, tv via cavo, verdura fresca, 4 giornali e la lezione sul Partito e i suoi splendori del signor Chang, rispondo divertito. Non puoi, devi trovare una moglie. Ce lho già in Italia, non vale?. No. Sarà per la prossima vita, signor Chang permettendo. da alberto.simoni 30 novembre 17.06 CondividereCondividereOpzioniAggiornamento in diretta Last shot, lultimo colpo, lultimo flash. Il cielo è azzurro sopra Shanghai, la porta della Cina. Qui 20 anni agiva la famosa cricca di Shanghai. Era la banda di potenti locali, quelli che per primi intravvidero il boom dellarea di libero scambio (FTZ) in questa città dallo skyline mozzafiato. Il leader era Jiang Zemin, il successore di Deng Xiapinp, fu quello delle Three Represents, ovvero lo sviluppo del governo, il progresso della cultura e gli interessi della maggioranza. Concetti in primisi (come la società armoniosa di Hu Jintao o il sogno cinese di Xi), ma che poi vengono calati lentamente e concretamente nella realt. E lo slogan di Jiang significava essenzialmente che dopo anni di lotta di classe, maoismo, marxismo, ebbene era il tempo di fare il salto e di fare evolvere la società cinese in qualcosa daltro (non opposto si badi). Fu Jinag ad aprire le porte del partito ai capitalisti. Era un segnale per la gente normale che la Cina si stava avviando su una strada normale. Moderna. Forse solo da Shanghai, terra di battaglie intestine fra i potenti (un po come la Chicago di Daley), poteva venire questa svolta. da alberto.simoni 0.14 Oggi e 40 anni fa.... da alberto.simoni 30 novembre 17.05 Le casette per i turisti da 300 dollari circa a notte con vista sul fiume che attraversa da Est a Ovest il villaggio nei pressi di Changshu da alberto.simoni 30 novembre 17.02 Wisteria Lane, ovvero la Cina che non ti aspetti da alberto.simoni 30 novembre 17.01 La piantina del villaggio nella hall principale da alberto.simoni 30 novembre 16.59 Nanchino, lantica capitale dellimpero cinese ai tempi dei Tre regni e sotto la dinastia Song e nelle fasi iniziali di quella dei Ming. E poi ancora alti e bassi, cuore dellimpero, o solo della Repubblica o ancora capoluogo dello Jiangsu. Fu nel 1949, archiviata la Guerra mondiale che per decreto la capitale cinese fu portata a Pechino. Tagliato dallo Yangse, non lontana da Shanghai, Nanjing è oggi una delle capitali economiche del Paese. Un modello di sviluppo impressionante. Uno skyline lunghissimo da far invidia a Chicago, anche se meno sfavillante, residenziali i palazzi non quelli snelli e in vetro iper moderni di altri luoghi. Fa un certo effetto sbarcare nellantica capitale mentre i caccia cinesi inseguono gli aerei Usa nei cieli del Mar Giallo per una diatriba - quella sul possedimento conteso delle isole Senkaku o Dyaoiu (nome giapponese o cinese) - fra Tokyo e Pechino. Questa è la città dove il nazionalismo cinese ha radici profonde: lorgoglio dei tempi dellimpero, il ricordo drammatico dello stupro di Nanchino il 13 dicembre del 1937. Arrivarono in massa i giapponesi, lassediarono, la città cadde. Morirono massacrati fra i 250mila e i 300mila cinesi. Più di quanti giapponesi sarebbe direttamente morti nel 1945 per la bomba atomica ad Hiroshima (149 mila) e a Nagasaki (70 mila). Ma non fu la battaglia a mietere le vittime, lorrore fu il modo con cui i giapponesi uccisero seviziarono svilirono gli inermi cinesi. Torturati, le donne stuprate. Il Giappone nei libri di storia non ne parla ancora. Oggi Nanchino è fortissima, moderna, con numeri di crescita (e soddisfazione dellopinione pubblica impressionanti, prendiamoli con le molle però) da far impallidire i rivali. Basta andare al municipio, lo chiamano Government Affairs Service Center, è di fatto un grande centro direzionale dove chiunque abbia voglia di fare business o debba presentare un certificato, chiedere informazioni, firmare una carta che gli consenta di aprire unattività o aprire una pratica, viene accolto in un mondo simil Star Trek. Senza cattivi e navicelle. Yao Ping, vice direttore generale, snocciola cifre (I cinesi misurano tutto, i numeri sono tutto svelano la realtà, non si sono interpretazioni). Qualche tempo fa per risolvere le pratiche servivano 8 giorni, oggi 4,04 (si pure la virgola), il grado di soddisfazione dei nostri clienti è del 99, 09%. Ma possiamo migliorare. Come!. Anzi,come? Tutto è digitalizzato, si fa tutto via sms e Web, davanti agli sportelli ci sono dei tablet, uno per ogni postazione, dove lutente compila on line i questionari. E un perfetto esempio di tecnologia applicata alla burocrazia. Da fuori (o quantomeno da un po più dentro) non si vede il trucco (sempre che ci sia), tutto funziona al secondo, preciso. Scherziamo sullo stato della burocrazia in Europa e in Italia, scartoffie, code chilometri, uffici angusti, inutile fare sondaggi e test sulla qualità dei servizi e dei tempi di attesa. In una stanzetta a metà di un lungo corridoio cè una stanza, 25 metri quadrati, forse 30. Sembra la sala regia, sedie dinanzi a un pannello con molti schermi. La chiamano la stanza di controllo. Controllano - lo dicono candidamente e con orgoglio - i dipendenti, come lavorano quanto impiegano a evadere una pratica a rispondere a un quesito. In fondo abbiamo imparato parlando con i guru di Baidu che ai cinesi la privacy non importa granché. Di sicuro i dipendenti di Nanchino volenti e nolenti lavorano in un super acquario. I clienti sono soddisfatti al 99%. E loro? da alberto.simoni 30 novembre 16.47 Quello che leggete è il menù (o qualcosa di simile) di un ristorante in una communities vicino a Nanchino. Quella che vedete appollaiata sopra è una gallina. Viva. Per oggi non sarà lei il nostro pranzo. Al massimo ci avrà regalato noodles e zuppa con uovo e cipolla da alberto.simoni 29 novembre 18.08 Il centro direzionale del servizio affari interni del Municipio di Nanchino. Venti piani, super tecnologico e trionfo del matrimonio fra e-government e burocrazia da alberto.simoni 29 novembre 18.02 La Silicon Valley cinese sta nellHaidian District, nella parte settentrionale di una città, Pechino, che ha unarea metropolitana che misura come lintero Belgio. Arrivarci è cosa agevole solo se ci si mette il cuore in pace, ci si tuffa nel traffico - qui non è uneccezione ma una certezza come il passare del tempo, accendi la macchina e sai già che fra 50 metri andrai a passo duomo - e ci si affida a un autista esperto. Lì, nel cuore della Silicon Valley cinese, sotto lo sguardo delle montagne che fanno persino un po Los Angeles (più che San Francisco che per diritti sul campo è in fondo la città che alla Silicon Valley Usa è associata), svettano palazzi nuovi, e scritte a caratteri cubitali diventati marchi in tutto il mondo: dietro il gigante dellhardware, Lenovo, a due passi sorge Baidu. Banalizzando è il motore di ricerca dominante in Cina, volendo giocare con gli slogan invece è la Google cinese. Slogan appunto, perché la verità ci spiega Kaiser Kuo, volto della società pechinese, americano, look fra lindiano (delle praterie) e il cinese, capelli lunghi e parlata da geek che sente di avere in mano un biglietto della lotteria vincente,è che non siamo noi il clone di Google. Lascia la frase sospesa a metà, vorrebbe aggiungere e lo si capisce da quanto spiega dopo, che è Google il Baidu degli anglofoni (e non solo). Lalgoritmo magico che indicizza le ricerche e aiuta a pescare nel Web quanto chiediamo, lo hanno inventato loro, poi sono arrivati quelli di Larry Page. Gongola. Allingresso del palazzo dove fra ricercatori e impiegati lavorano 26500 persone, scorre un grande grafico su un pannello luminoso. Segna landamento in tempo reale delle ricerche/richieste fatte al motore di ricerca. Vietato fotografare, dati sensibili, dice con un filo di ritardo, il flash è scattato, limmagine archiviata. Racconta la storia della società, la fondazione, siamo nel 1999, il boom, lapprodo al Nasdaq nel 2005. Quotazione 28 dollari, primo giorno da record di rialzo (+354%), ora 162,58 dollari. Nel capitale originario cera pure Google, dopo il collocamento se ne è andata. Il boss è Robin Li, 45 anni, genio dellinformatica, sposato, 4 figli cinese. Quarto uomo più ricco di Cina secondo Forbes, (il 2° per altri) con beni per 11,1 miliardi di dollari che a livello mondiale lo fanno essere il 172° della lista dei Paperoni. Forse però fa più effetto vederlo al posto 64 fra quelli più potenti (lassù in alto svetta Putin). Che la sua compagnia sia di successo lo si coglie da ogni angolazione, ogni dettaglio studiato nei minimi termini, ambiente di lavoro smart e informale, nessun orario da rispettare, nessun badge da passare, open space salvo qualche ufficio per presidenti e vicepresidenti. Ma gli altri dirigenti lavorano a stretto contatto con gli stagisti. Due sole regole: no smoking e no pets, animali, sia mai - ride Kaiser, limperatore (uno con questo nome può vendere di tutto) - che qualcuno dei nostri ragazzi sia allergico. Baidu è una società privata, il governo non centra nulla, certo - ribadiscono - ci sono le regole che rispettiamo. La missione è chiara: dare il migliore e più accurato servizio alla gente che con noi deve poter trovare sul web quello che cerca. E la dimostrazione pratica di come funziona Baidu è impressionante. Forse essendo quasi un profano del ramo, mi entusiasmo a vedere come digitando semplicemente una parola (la richiesta) escano informazioni, contenuti, applicazioni fruibili in pochi secondi e gratuitamente. Baidu raccoglie ogni cosa, la ordina, la elenca, offre alternative, a monte ci sono accordi con le società tv editoriali ecc.. Non serve dopo la ricerca cliccare sul link per andare nel sito ad hoc. Baidu ti mostra subito quel contenuto, ti apre la finestra. Ma si cerca tutto? Dopo aver tentato per giorni di leggere Twitter, salutare gli amici su facebook e entrare su Linkedin, ho testato sulla mia pelle che certi siti proprio sono degli enormi buchi neri. Solo provare ad aprirli si resta ad aspettare leternità perché si sblocchi qualcosa. Ma se nel motore di ricerca scrivessimo - chiediamo - per dire un tema sensibile? Tibet ad esempio. Voi occidentali siete ossessionati da questa cosa... risponde Kaiser, più divertito che irritato. Pronto a ribattere. Digita Dalai Lama. Un mare di informazioni. Ma.... In testa alla pagina compare un avvertimento, quasi un invito a girare alla larga. Le informazioni ci sono, sui contenuti alzo bandiera bianca, nemmeno linterprete riesce al volo a illustrarmeli. Ma ai cinesi spiega queste cose non interessano, cercano entertainment sul web; musica, sport, filmati, cinema, applicazioni. E questa per Baidu la nuova frontiera. Per quasi 2 milioni di dollari Baidu ha comprato una società che sviluppa Apps. Soddisfare i bisogni dei cinesi è in fondo un po crearli. Le ricerche sono così fitte che a Baidu sanno al millimetro chi vuole che cosa (ecco perché il divieto alle foto). E la chiave del successo, è quello che in fondo la gente chiede. E la privacy? I cinesi non sono interessati, accettano anzi di essere monitorati se questo aiuta a migliorare il servizio. Un database delle intenzioni. Vale ad ogni latitudine in realtà. Nuovi mercati? Già quello cinese è ampio, 600 milioni di utenti Internet liberi di saltare da un Baidu a uno degli altri 12 motori di ricerca concorrenti (non google, cè ma ha i suoi bei paletti), diversi statali; 400 milioni di smartphone, costano cari ma prendono piede seppur non così rapidamente. Dove espandersi? Non certo - è la strategia - sul fronte della lingua inglese. Il Cairo e il Brasile sono le due mete, portoghese e arabo le lingue della Baidu non cinese in futuro. Vi spiace non ci sia Google qui? Avete beneficiato della sua fuga? Kaiser: ben vengano, la competizione fa bene. E sorride come a dire: lalgoritmo magico è nostro. da alberto.simoni 29 novembre 17.59 Limperatore Kaiser Kuo da alberto.simoni 27 novembre 19.11 Il quartier generale di Baidu nella Silicon Valley cinese da alberto.simoni 27 novembre 19.10 Ops, ormai ho scattato, Il grande pannello dei Big Data di Baidu da alberto.simoni 27 novembre 19.09 Lingresso di Baidu a Pechino da alberto.simoni 27 novembre 19.07 Bala (trascrizione libera dedotta con margine di errore da 0 a 100% dal suono cinese) ha 5 anni. Chiede spesso alla mamma perché lei un fratello non ce lha. O una sorella. La sua mamma ha poco meno di 40 anni, fa linsegnante alluniversità, scienze umane - non dà grandi dettagli - e alle insistenze della bimba risponde sempre che non si può. A Pechino di certo non si può. Non ancora, forse un giorno. Nella capitale cinese la One child policy è radicata, estesa e tuttaltro che rivista. Un conto sono i proclami, le linee guida, i titoloni della stampa occidentale sullallentamento di questa pratica che tocca il 63% dei cinesi, è in vigore dal 25 settembre del 1980 e ammette alcune eccezioni; un altro aumentare il numero delle eccezioni e metterle subito in pratica. La mamma e il papà di Bala (che non si scriverà certo così, ma tantè) comunque non rientrano nella lista dei fortunati che possono sperare di allargare la famiglia. (Un sondaggio di Sina che ha chiesto a 30mila internauti unopinione rivela che il 64,5% di loro vorrebbe più di un figlio). Più fortunati di loro sono le coppie di Zhoushan, nella provincia di Zhejiang, città costiere a sud di Shanghai che testeranno la bontà del pronunciamento del Terzo Plenum. Laddove uno dei genitori è figlio unico, la coppia avrà il permesso di avere un secondo figlio. Detto fatto? Beh, non proprio. Servono i documenti in regola: prima di tutto uno dei genitori deve essere residente regolarmente registrato in città, non un immigrato sbarcato a Zhoushan anche anni fa in cerca di futuro. Poi bisognerà presentare il tutto entro il 31 marzo (il 19 novembre è stato il primo giorno) per ottenere una corsia privilegiata per il via libera al concepimento. Come sempre accade in Cina, le riforme teorizzate o auspicate godono prima di essere estese a tutto o gran parte del territorio nazionale di un periodo di prova. Si sceglie unarea, città o provincia, si testa lidea e se dà buoni frutti si raddoppia. E così via. Vale oggi per la one child policy valse nel 1978/79 per le riforme economiche. Allora fu Shenhzen a fare da cavia, ma sono decine gli altri esempi di test sul campo. Al sociale e alleconomia i cinesi applicano quello che fino alla fine dell800 era considerato il metodo scientifico per eccellenza: la sperimentazione. Perché Zhoushan? Perché la città sintetizza il motivo per cui Xi Jinping ha allentato le regole sui concepimenti, ovvero la demografia. Zhoushan da 11 anni ha un saldo negativo nella crescita della popolazione: oggi sono 970mila, allinizio del millennio molto più un milione. La decrescita non si ferma, la popolazione invecchia. Nel 2012 il 20,32% dei residenti era over 60, tre punti in più della media provinciale e nel 2030 le stime più pessimistiche parlano di anziani a quota 40% del totale. Da qui la scelta di applicare nella città le nuove norme sulla politica delle nascite. Se funzionerà, sarà applicata anche altrove. Benefici? Di fatto stimano alcuni esperti indipendenti, toccherà in totale se applicata ovunque 15 milioni di coppie, e per qualche anno non si vedrà alcun effetto. Tuttavia nel lungo termine chissà… Per uno stato che ha fatto del controllo (rigido e talvolta brutale) della natalità una bandiera politica, sarebbe comunque una rivoluzione, nel suo piccolo, copernicana. Anche se a dettarla è il pragmatismo, non certo ragioni ideali o di principi. da alberto.simoni 25 novembre 17.33 Opera finita....in miniatura da alberto.simoni 25 novembre 15.50 Il maestro Li offre una dimostrazione di scrittura. Scriverà il sogno cinese, ovvero lo slogan che il presidente Xi Jinping ha coniato (oddio ricorda slogan di longitudine ben diversa, al di là del Pacifico) il 9 -9-2012 nel suo primo discorso da presidente pectore. da alberto.simoni 25 novembre 15.46 Piazza Tiananmen da alberto.simoni 25 novembre 5.47 Nel 1978 il problema era dare cibo ai cinesi, garantirne a tutti l’accesso. Nel 2013 invece la parola d’ordine è distribuzione, eguali opportunità. Analisti, professori, insider del Partito sembrano abbiano tutti una lista di parole chiave, di riferimenti, di ganci comunicativi per spiegare al meglio – e senza fraintendimenti – i risultati del Terzo Plenum della 18esima sessione del Partito Comunista. Così Xi Jinping, il presidente cinese, diventa il Deng Xiaoping del 21esimo secolo, e il Plenum appena concluso è continuamente letto come intensità ed impatto con le medesime categorie (beh, aggiornate) del 1978 quando l’allora successore di Mao Zedong prese la decisione di aprire la Cina alle riforme e al mercato. Allora – spiega Zhang Yangsheng – era questione di sopravvivenza, dare cibo e assistenza a tutti i cinesi che erano rimasti indietro, (decine di milioni di persone), oggi invece si tratta di fare riforme, politiche sociali ed economiche, per far convivere al meglio le necessità della Cina di stare da grande attore sul mercato e il ruolo del governo. “Mercato e governo sono – spiega Zhang Yangsheng di professione segretario generale della Commissione Nazionale sviluppo e riforme – due facce della stessa moneta, si equilibrano, si bilanciano. Non troppo spazio all’uno, non troppo all’altro. Il mercato – è la tesi di Xi Jinping che i suoi si affrettano a spiegare, illustrare, difendere – ricopre un ruolo decisivo nella Cina moderna, ma senza il ruolo del governo non potrebbe esistere. Governo che tiene strette per sé 3 funzioni base. 1) creare le condizioni ideali per la proliferazione degli investimenti, l’aumento dei capitali e il mercato. 2) Tenere per sé i servizi basilari, edilizia, istruzione, sanità, stato sociale. 3) Creare un sistema limpido ed equo in campo giudiziario. Il tutto in nome di una allocuzione, “eguaglianza della crescita e opportunità per tutti di avere accesso allo sviluppo del Paese”. da alberto.simoni 25 novembre 5.34 Metropolitana, ordinata, tanta gente,composta (beh è domenica, attendiamo domani).Una corsa 2 Rnb, 30 centesimi di euro. Coda alle biglietterie automatiche. Quella di destra non prende banconote maggiori di 5 euro, quella di sinistra non vuole 1 Rnb, quella al centro fa al caso nostro. Prende 1 rnb, peccato lo voglia in moneta. Che non abbiamo, essendo appena sbarcati. Super colletta, bargain, contrattazione con i giovani in fila. Parlano inglese, due minuti e via, biglietto e direzione Tiananmen da alberto.simoni 24 novembre 14.42 Militari a piazza Tiananmen da alberto.simoni 24 novembre 14.30 Smog? No, oggi è così, ieri c’era il sole, oggi è nuvoloso. L’interprete che ci attende all’aeroporto internazionale di Pechino è quasi imbarazzata. Ma non sorpresa che la prima domanda che gli facciamo è quella che milioni di cinesi, ora nemmeno più tanto timidamente, si fanno. “Morireremo di smog?”. Basta leggere i dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) per azzardare una risposta tutt’altro che tranquillizzante. Negli ultimi 30 anni il tasso di mortalità di pazienti affetti da cancro ai polmoni è schizzato alle stelle, +465%. Appena qualche giorno fa l’ambasciatore Usa in Cina Gary Locke ha gettato la spugna: se ne andrà nel 2014, dimissioni già presentate a Obama. Le diffidenze con i cinesi, le divergenze, gli scontri, l’accusa che gli muovono di non essersi integrato abbastanza sono una gran bella copertura, ma la verità – stando a fonti vicine alla famiglia citate dai giornali Usa – è che il diplomatico Usa non ne può più dell’aria irrespirabile, delle polveri sottili a livello record, decine di volte – nei giorni “bui”- più alte della soglia di sicurezza. Pechino, Shanghai e altre 14 città cinesi vivono in questo clima da industrializzazione forzata, ciminiere, carbone che brucia, particolati nocivi. Tutto bene, o meglio si sorvolava una volta sull’aria malsana in nome del progresso (industriale), dell’export galoppante, dell’entrata nel regno dei grandi; ora invece il tema ambientale si è insinuato nelle granitiche certezze dell’ortodossia della crescita dei leader cinesi. Sarà che il mese scorso la città di Harbin, nord est del Paese ha “chiuso” per smog. Polveri sottili a quota 1000 e allora le autorità locali hanno blindato scuole, strade, aeroporto, come una nevicata imprevista e abbondante a fondovalle o nelle pianure italiche. E’ che qui ormai la parola imprevisto non vale più. Tanto che non fa più finta di nulla nemmeno il Partito. Il Terzo Plenum, quello chiusosi il 15 novembre con tanto di documento in sei pagine sull’agenda Xi Jinping, parla di inquinamento, di misure per contrastarlo da adottare. A livello locale e non solo. Sui dettagli ancora nulla, ma il quadro almeno c’è, il riconoscimento di un problema anche. Poi la Cina, brava a indossare i panni del camaleonte, sarà anche in grado di spiegare non solo ricorrendo alle statistiche su malati e mortalità, perché lo smog fa male. Magari forte dei dati dell’export in calo, dirà che bisogna diversificare la produzione, rafforzare i consumi interni anziché la produzione industriale con prodotti da traghettare poi sul mercato estero. Tutto vero. Spiegazione pienamente in linea con l’ortodossia di un Plenum che prova a far cambiare marcia alla Cina entro il 2016-17. Intanto oggi a Pechino il cielo è grigio. Nuvoloso, s’intende. da alberto.simoni 24 novembre 14.29 Permalink sviluppato da ScribbleLive Advertisement Seguici su Opinioni Segui i nostri giornalisti + TWITTER Segui i nostri giornalisti + LIVEBLOG
Posted on: Sun, 01 Dec 2013 10:45:03 +0000

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