l Napoli in quindici giorni ha dilapidato quanto di buono aveva - TopicsExpress



          

l Napoli in quindici giorni ha dilapidato quanto di buono aveva fatto in quattro mesi. Era lecito attendersi, dato il cambio totale di uomini e schemi, più di qualche difficoltà iniziale per Rafa Benitez, ed invece la partenza era stata splendida, oltre ogni più rosea previsione. La squadra aveva trovato subito una sua identità e piacevolezza di gioco, il gioco fluiva veloce ed i gol venivano giù a grappoli. Poi sono arrivati alcuni infortuni a complicare le cose, ed il calo di forma di qualche giocatore importante. Il Napoli è privo di Zuniga ed Hamsik praticamente da un mese, due dei tre top player di questo Napoli con Higuain (non lo dico io, lo dice il borsino degli emolumenti all’interno del gruppo). Benitez dal canto suo si è mostrato per essere un signore troppo rilassato per queste latitudini dove il calcio è religione. Siamo passati dalle ubbie e dalla scontrosità permalosa di Mazzarri Lone Wolf, il lupo solitario, alla affabilità cosmopolita di don Rafele. Dalla rabbia e dall’ansia esagerata del primo che metteva pressione alla squadra come un martello 24 ore su 24 alla tranquilla bonomia dello spagnolo che aborre i ritiri e lascia tranquillo i giocatori. Troppo tranquilli? Scarico di stress o troppa rilassatezza? Certo che la squadra tarantolata a misura del toscano ieri non si è vista più La cosa più grave della sconfitta di ieri sera col Parma di un rigenerato Cassano – oltre alla’infortunio di Hamsik – è stata la mancanza di reazione della squadra nei dieci minuti finali. Ci saremmo aspettati un Parma stretto alla gola, assediato alla ricerca del pareggio. Macché: arrendevolezza e gambe molli l’hanno fatta da padrona, nessuna reazione, fisica e mentale. Molto grave. Come è grave il fatto che il Napoli è lento e compassato, e non corre più. Scomparso il tourbillon delle mezze punte, fermi gli esterni, spazi troppo larghi per i centrali a rischio di brutta figura nell’uno contro uno continuo che gli avversari portano loro. Insomma, non è una bella strategia di gioco quella che intasa gli spazi avanti e regala quelli dietro. Il contrario di quanto abitualmente cercano gli allenatori italiani, stimati nel mondo, che vivono nel nome del Dio Spazio come in una sorta di setta religiosa. Mai una verticalizzazione (se aspettiamo Inler stiamo messi male), mai un’imbucata, un tiro da fuori, un triangolo riuscito. Siamo andati semplicemente a sbattere. E quel che è peggio contro una sedia, facendo tutto noi. Esemplificativo in tal senso Maggio. Non sa saltare l’uomo, e già si sapeva, non sa crossare, e pure si sapeva, non ha i piedi buoni, ed era risaputo anche questo. Era uno splendido turbo in velocità, come lo era Armero agli inizi di Udine. Due che se scaricano a terra i cavalli che hanno nel motore possono far male, ma se messi nel traffico soffrono i bassi regimi come una Simca 1000 d’annata ingolfata e senza spunto. Così messo il Napoli non va da nessuna parte, anche perché con l’avvento di Rafa Benitez si sono perse purtroppo delle conoscenze che questa squadra aveva, ma era fatale che avvenisse non avendo lo spagnolo seguito il Napoli negli anni scorsi se non per qualche DVD visionato in estate. Il problema di Maggio era noto, tanto che Mesto lo aveva scavalcato nelle gerarchie perché più funzionale al progetto tattico della difesa a quattro. Ma si è perso però il lascito di Mazzarri, quell’unica soluzione innovativa che aveva trovato nel finale di stagione scorso, lui integralista tattico convinto, vale a dire il “triangolo rovesciato” di centrocampo con Behrami davanti alla difesa unico centrale ed Hamsik sulla linea di centrocampo come mezzala, al pari del dirimpettaio Dzemaili. Questa scelta aveva comportato il sacrificio di Inler, mai troppo convincente anche se migliorato rispetto alla sua prima disastrosa stagione. L’esplosione dell’altro svizzero, 8 gol in uno squarcio di stagione tra campionato e coppe, aveva sancito la bontà di quella scelta. Da quella doveva ripartire Rafa, aggiungendo di suo il cambio di modulo difensivo per un elastico e soprattutto equilibrato 4-3-3. Invece siamo tornati ad un centrocampo a due che per molto tempo era stato il tallone di Achille di Mazzarri e che lo è anche per lo spagnolo. Il Napoli è in costante inferiorità numerica lì in mezzo, e seppure abbiamo un difensore in meno ed un esterno in più per fare gioco, il problema è rimasto inalterato. Paradossalmente, l’accusa a Mazzarri di essere un integralista tattico, cioè uno innamorato delle sue idee per nulla propenso ad una maggiore duttilità tattica, a Benitez va mossa con ancor maggior forza. Perché almeno il livornese, seppure colpevolmente in ritardo spesso e volentieri, abbandonava la difesa a tre e cambiava in corso di gara, spesso per recuperare o schiodare il risultato, e sovente con buoni esiti. Lo spagnolo invece non abbandona mai il suo “credo” tattico e non varia mai. Ci saremmo aspettato consigli migliori da questo monocorde e fantomatico cuscino, che dice evidentemente sempre la stessa cosa. Per di più con il corollario che – seguendo le sue idee tattiche di memoria sacchiana – Benitez considera il sostituto di Hamsik non è più Dzemaili ma Pandev, perché nella visione dello spagnolo quel ruolo va ricoperto da una seconda punta. Ma una cosa è l’interpretazione di Marek, già in difficoltà notevole di suo a fare questo ruolo, che spesso si abbassa sulla linea dei centrocampisti, un’altra con lo statico macedone che è un attaccante e basta, per nulla votato ai rientri. Il Napoli con 4 giocatori dalle caratteristiche spiccate da attaccanti è scoperto, terribilmente scoperto e sbilanciato. Mi auspico che a Dortmund – che è il vero crocevia di stagione perché il Napoli si gioca il match-point europeo contro una squadra che non ha più nulla da chiedere al campionato e che sa che in casa sua si gioca la stagione (non fatevi ingannare dal 3-0 subito dal Magno Bayern, il Borussia ha giocato molto meglio del Napoli, ieri) – Benitez si ravveda ed al posto dell’infortunato slovacco, che non credo proprio recuperi per tempo, faccia giocare Dzemaili, completando la triade di centrocampo svizzera, e scelga Mertens per la fascia sinistra, dove ha bisogno più di corsa che d’inventiva. Siamo chiari: la doppia sconfitta in campionato ci relega nella lotta per il terzo posto più che a quella scudetto, almeno per il momento e prima del mercato di gennaio dove i valori possono cambiare e le rimonte sono sempre possibili. Ma uscire ora dalla coppa che conta sarebbe come dare un senso di frustrazione a tutta la stagione, seppure 9 punti realizzati finora sono un bottino più che onorevole. Uscire indenni dalla tana tedesca significa aver staccato il biglietto per l’Europa nobile e ridà fiato e senso ad un progetto che minaccia di naufragare prima degli struffoli natalizi, che rischiano di restare indigesti al pingue Rafele. La terza sconfitta consecutiva significherebbe crisi dichiarata e profonda, senza via di ritorno almeno in Europa, perché poi con l’Arsenal una goleada sarebbe solo una chimera, non una possibilità reale. Anche una sconfitta onorevole, di misura con gol, lascerebbe uno spiraglio aperto. Ma ci vuole una buona prestazione per ottenere almeno questo. Il Napoli amorfo, acefalo, svogliato, molle di ieri sera è una squadraccia. Troppo brutta per essere vera. E Benitez getti via gli integralismi. Parruccone Conte ha insegnato a tutti cosa significhi duttilità tattica, quale valore aggiunto possa essere. Il cambio di modulo e di atteggiamento di volta in volta in base all’avversario che si propone non è una diminutio delle proprie idee, ma semmai una ricchezza. Nella sua cultura cosmopolita il bravo Don Rafè, da me personalmente stimato, dovrebbe saperlo. Ed applicarlo. Ascolti chi lo può consigliare bene, non solo se stesso seppure attraverso lo schermo di un cuscino. Accetti interlocutori veri, e non oggetti inanimati. Dal confronto delle idee nasce la ricchezza. Ed a Napoli siamo poveri in tante cose, ma di idee ne abbiamo da vendere. E’ una vita che le esportiamo in tutto il mondo. E’ l’ora che le conoscano pure i tedeschi. Facciamogliela vedere a quei mangia-kartoffeln cosa significhi l’alta scuola napoletana. In cucina e non solo.
Posted on: Sun, 24 Nov 2013 15:55:22 +0000

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