1) In questi termini Maltoni A., Il conferimento di potestà - TopicsExpress



          

1) In questi termini Maltoni A., Il conferimento di potestà pubbliche ai privati, 2005, Giappichelli, Torino. Tra le fattispecie di diritto positivo analizzate dall’Autore, a titolo esemplificativo, si segnala il conferimento di funzioni espropriative ai privati; l’esternalizzazione di attività istruttorie riguardanti ausili finanziari pubblici (legge n. 488/1992); i concessionari della riscossione in forma esattoriale; i privati incaricati della progettazione di opere pubbliche; i collaudatori privati di opere pubbliche; le funzioni notarili; gli ausiliari del traffico; le guardie venatorie, ecologiche, zoofile volontarie; gli organismi privati di certificazione della qualità; le società organismi di attestazione (SOA), ecc. (2) Cfr. Corte costituzionale 24 marzo 1987, n. 77; 25 febbraio 1988, n. 277; 26 luglio 2002, n. 407; 1° giugno 2004, n. 162; 13 gennaio 2004, n. 6; 29 dicembre 2004, n. 428; 10 marzo 2005, n. 95. (3) A Costituzione invariata l’art. 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59 conteneva la delega al Governo per emanare uno o più decreti legislativi volti a conferire alle regioni e agli enti locali, ai sensi degli artt. 5, 118 e 128 della Costituzione, funzioni e compiti amministrativi, nell’osservanza del principio di sussidiarietà tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, nonché tutte le funzioni e i compiti amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali o periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici ad esclusione delle funzioni e i compiti riconducibili alle seguenti materie: … l) ordine pubblico e sicurezza pubblica. L’art. 159, comma 2, del D.L.vo n. 112 del 1998 chiarisce che le funzioni ed i compiti amministrativi relativi all’ordine pubblico e sicurezza pubblica di cui all’art. 1, comma 3, lett. l), della legge 15 marzo 1997, n. 59, concernono le misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell’ordine pubblico, «inteso come il complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l’ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale, nonché alla sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e dei loro beni». (4) Sui nuovi poteri dei sindaci in materia di ordine pubblico e sicurezza si veda: Bianco A., I Comuni nel decreto-legge sulla sicurezza, in Nurra F. (a cura di), Forme associative legalità e sviluppo locale, Perfugas, 2008; Italia V., Il Sindaco-Sceriffo ed il baricentro politico-amministrativo dell’Ente locale, in «Nuova Rassegna», 2008, n. 16, pag. 1617; Camarda L., La sicurezza in mano al primo cittadino, ivi, pag. 1618. Molto interessante anche l’analisi sul tema effettuata da Padoin P., La sicurezza nelle città: città inclusiva, città sicura, in «Nuova Rassegna», 2006, n. 3, pag. 251. (5) Sul principio di sussidiarietà si veda, tra le numerose pubblicazioni, Duret P., La sussidiarietà orizzontale: le radici e le suggestioni di un concetto, in «Jus», 2000, pag. 95; D’Atena A., Costituzione e principio di sussidiarietà, in «Quad. cost.», 2001, pag. 13; Albanese A., Il principio di sussidiarietà orizzontale: autonomia sociale e compiti pubblici, in «Dir. Pubbl.», 2002, n. 1, pagg. 51 e segg.; Razzano G., Le fonti del diritto e il principio di sussidiarietà nel quadro dei più recenti interventi legislativi per la «semplificazione», in «Dir. Amm.», 2001, pag. 276. (6) Il termine barracello è pressoché sconosciuto a coloro che non hanno dimestichezza con la storia e la cultura della Sardegna anche se capita di frequente ai turisti di imbattersi, nelle strade dei paesi della Sardegna, in piena notte, in gruppi di uomini con fucile in spalla, che presidiano il territorio e si spostano nei punti obbligatori di transito delle campagne. Dal punto di vista etimologico, secondo alcuni studiosi, il termine sardo barrantzellos deriva dal greco parànghellos, che significa «denunciatore», secondo altri, proviene dal latino barigellus o baricellus (apparitor), cioè «servitore pubblico alle dipendenze di un magistrato»; per altri ancora deriva dallo spagnolo barrachel in italiano detto «bargello», che indicava il capo della milizia comunale fiorentina. Sull’argomento si veda: Orunesu S., Dalla scolca giudicale ai barracelli. Contributo ad una storia agraria della Sardegna, Condaghes, Cagliari, 2003; Paganetto G., Barracelli, in «Enc. giur. Treccani», vol. IV, 1988; Bonito V., Un istituto speciale di polizia della Sardegna: il barracellato, in «Nuova Rassegna», 1992, n. 7, pag. 851; Angioi N., L’istituto del barracellato in Sardegna sotto l’aspetto storico, giuridico, amministrativo, Ed. sarda Fossataro, Cagliari, 1969; Ghiani A., Le leggi speciali per la Sardegna: l’ademprivio e la sistemazione dei terreni ademprivili, i monti frumentari e nummari, la prevenzione degli incendi, la comunione pascoli, il servizio di prevenzione dell’abigeato, le compagnie barracellari, Editrice sarda, Cagliari, 1954. (7) Le Compagnie sono così ripartite a livello provinciale (dati 2008): n. 8 in Provincia di Cagliari, n. 1 in Provincia di Carbonia-Iglesias, n. 11 in Provincia di Villacidro-Sanluri, n. 22 in Provincia di Nuoro, n. 5 in Provincia Ogliastra, n. 18 in Provincia di Oristano, n. 14 in Provincia di Olbia Tempio, n. 51 in Provincia di Sassari. Con riferimento ai suoi componenti le più numerose risultano attualmente Olbia (131 componenti), Budoni (130 componenti), Benetutti (125 componenti), Nule (112 componenti), Sassari (106 componenti), Nughedu S. Nicolò (104 componenti), Fonni (100 componenti), Bono (88 componenti). (8) Cfr. Baldassarre L., Cenni sulla Sardegna, Torino, 1841, Ristampa Editrice Archivio Fotografico Sardo, Nuoro, seconda edizione 2003, pagg. 202 e segg. (9) Per una esauriente e completa disamina storica dell’istituzione si veda Sanna P., Le origini delle compagnie barracellari e gli ordinamenti di polizia rurale nella sardegna moderna, in Birocchi I. e Mattone A. (a cura di), La Carta de Logu d’Arborea nella storia del diritto medievale e moderno, Laterza, Roma-Bari, 2004, pagg. 300 e segg. (10) Il Medioevo sardo è caratterizzato dal periodo definito giudicale ritenuto dagli storici il periodo più glorioso dell’isola, che nel periodo tra il IX al XV secolo riesce a rimanere libera e indipendente dalle varie dominazioni straniere e dalle cui ceneri, nascerà, dal punto di vista giuridico, quello che poi diventerà Regno di Sardegna e in seguito Regno d’Italia. L’isola era divisa in origine in quattro giudicati governati da un Giudice (Judike), diviso in Curatorie formate da più villaggi chiamati Ville. I quattro Giudicati di Cagliari (o Calari), Arborea, Torres (o Logudoro) e Gallura erano in pratica regni indipendenti, ciascuno dei quali «superiorem non recognoscens», formatisi come conseguenza dell’isolamento cui fu costretta la Sardegna in seguito all’espansione araba nel Mar Mediterraneo, tra VIII secolo e IX secolo d.C., ed al contemporaneo abbandono da parte dei Bizantini. Non erano Stati patrimoniali, in quanto non appartenevano al re ma al popolo che, attraverso i propri rappresentanti, eletti nelle Coronas de Curadorias, eleggeva i propri componenti nel parlamento detto Corona de Logu del Giudicato, ossia nell’assemblea dei notabili, prelati, funzionari delle città e dei villaggi, la quale nominava, in origine, il proprio Giudice. Per una panoramica della storia sarda si veda Casula F.C., La storia di Sardegna, Carlo Delfino Editore, Sassari, 1994. (11) Accompagnato, in pari data, dal R.D. 14 luglio 1898, n. 404 «Approvazione del regolamento per la repressione dell’abigeato e del pascolo abusivo in Sardegna». Precedenti interventi da parte della monarchia sabauda risalgono al R.D. 29 agosto 1799 e al R.D. 22 maggio 1853. (12) Cfr. Corte cost. 24 luglio 2003, n. 274. Contra invece Idem, 29 gennaio 2005, n. 62, che, con riferimento alla L.R. 3 luglio 2003, n. 8 «Dichiarazione della Sardegna territorio denuclearizzato» ha stabilito che l’esercizio della potestà legislativa esclusiva prevista dall’art. 3 dello statuto debba comunque esercitarsi «nei limiti statutari delle norme fondamentali di riforma economico-sociale e degli obblighi internazionali e comunitari»; Idem, 13 febbraio 2003, n. 48. (13) Così Tribunale di Cagliari, 17 aprile 1989 in una fattispecie in cui era stata richiesta la collaborazione per la cattura di un pericoloso latitante. (14) In tema di imposte sui redditi, la percezione da parte di una Compagnia barracellare di compensi negozialmente pattuiti in corrispettivo di attività di vigilanza su proprietà diverse da quelle dalle stesse assicurate per legge, svolta in aggiunta e parallelamente a quella istituzionale di salvaguardia dei beni di cui all’art. 35 R.D. 14 luglio 1898, n. 403, era soggetta sia all’I.R.PE.G. che all’ILOR, rientrando le Compagnie barracellari tra gli enti, pubblici e/o privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, i quali ai sensi dell’art. 87, comma 1, lett. c), e dell’art. 116, comma 1, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sono soggetti alle menzionate imposte pur quando costituiscono organismi non compresi fra le persone giuridiche «stricto sensu». Così Cass. civ., Sez. V, 21 maggio 2001, n. 6889. (15) Cfr. l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, AS117, Decisione 18 dicembre 1997. (16) In tal caso gli addetti al servizio barracellare sono responsabili del loro operato nei confronti del Sindaco del Comune ove sono chiamati ad intervenire. La normativa regionale prevede inoltre l’obbligo della comunicazione alle autorità locali di pubblica sicurezza della firma delle intese intercomunali. (17) La normativa regionale vigente prevede che per poter essere ammessi a far parte delle Compagnie barracellari è richiesto il possesso dei seguenti requisiti: a) maggiore età; b) godimento dei diritti civili e politici; c) non aver subito condanna a pene detentive per delitto non colposo e non essere stato sottoposto a misura di prevenzione; d) non essere stato espulso dalle forze armate o da corpi militarmente organizzati o destituito dai pubblici uffici; e) assolvimento della scuola dell’obbligo o, in caso contrario, dare dimostrazione di saper leggere e scrivere; f) idoneità fisica; g) potersi validamente obbligare. Il regolamento comunale potrà prescrivere altri particolari requisiti, avuto riguardo alle peculiarità ed alle caratteristiche delle attività e dei settori d’intervento affidati alla Compagnia. Non possono invece far parte delle Compagnie barracellari coloro i quali, pur in possesso dei requisiti, avendo fatto parte di precedenti Compagnie non ne abbiano reso regolarmente i conti alla scadenza prevista, abbiano abusato dei fondi o ne siano stati esclusi o revocati. È infine prevista una particolare forma di incompatibilità con quella di componente del consiglio comunale del Comune cui la Compagnia appartiene che si aggiunge a quelle previste dal vigente D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267. (18) Contra Bonito V., Un istituto speciale di polizia della Sardegna, cit. pag. 859. L’autore ritiene che i barracelli siano «dei veri pubblici ufficiali, quali agenti di pubblica sicurezza ed anche agenti di polizia giudiziaria, ai sensi dell’art. 57 del nuovo codice di procedura penale in relazione anche al precedente art. 55 (funzioni della polizia giudiziaria)». (19) Diramata dalla Prefettura di Cagliari prot. n. M_ITPR_CAUTG007 46882007 -10-22 in data 22 ottobre 2007. (20) Così Cassazione penale 12 aprile 1984. (21) In tal caso i barracelli incaricati di procedere all’accertamento delle infrazioni debbono essere muniti di un apposito documento, rilasciato dal Sindaco del Comune di appartenenza dal quale risulti la legittimazione all’esercizio della funzione. (22) Cfr. Cassazione penale, Sez. VI, 13 aprile 1994; Cassazione civile, Sez. I, 28 maggio 1988, n. 3670. (23) Cfr. art. 12 L.R. Valle d’Aosta 19 maggio 2005, n. 11 «Nuova disciplina della polizia locale e disposizioni in materia di politiche di sicurezza. Abrogazione della legge regionale 31 luglio 1989, n. 47». Altre regioni hanno individuato forme più generiche di collaborazione: «i comuni e le province possono stipulare convenzioni con le associazioni di volontariato iscritte nel registro … per realizzare collaborazioni tra queste ultime e le strutture di polizia locale rivolte a favorire l’educazione alla convivenza, al senso civico e al rispetto della legalità» (L.R. Toscana 3 aprile 2006, n. 12 «Norme in materia di polizia comunale e provinciale»); «La regione assume il compito di promuovere la presenza del volontariato e dell’associazionismo per svolgere attività di animazione sociale, culturale, attraverso attività di prevenzione e di educazione alla cultura della legalità, per garantire la sicurezza delle città e del territorio regionale» (L.R. Calabria 10 gennaio 2007, n. 5 «Promozione del sistema integrato di sicurezza»); «La Regione promuove l’attività del volontariato, del terzo settore e dell’associazionismo anche sportivo, diretta all’animazione sociale e culturale, all’aiuto delle vittime di fatti criminosi, all’attività di prevenzione e di educazione alla cultura della legalità, alla formazione di figure di mediazione culturale e familiare» (L.R. Umbria 14 ottobre 2008, n. 13 «Disposizioni relative alla promozione del sistema integrato di sicurezza urbana ed alle politiche per garantire il diritto alla sicurezza dei cittadini. Abrogazione della legge regionale 19 giugno 2002, n. 12 (Politiche per garantire il diritto alla sicurezza dei cittadini)»; «L’utilizzazione di forme di volontariato … è volta a realizzare una presenza attiva sul territorio ed è impiegata con riferimento esclusivo ad eventi civili, religiosi e ludico-sportivi» (L.R. 1° agosto 2008, n. 31 «Disciplina in materia di polizia locale»). (24) Così l’art. 9 della L.R. Piemonte 10 dicembre 2007, n. 23 «Disposizioni relative alle politiche regionali in materia di sicurezza integrata». (25) Cfr. art. 6 L.P. Trento 27 giugno 2005, n. 8 «Promozione di un sistema integrato di sicurezza e disciplina della polizia locale». (26) L.R. Lombardia 14 aprile 2003, n. 4 «Riordino e riforma della disciplina regionale in materia di polizia locale e sicurezza urbana». (27) Sull’argomento e in particolare sull’esperienza lombarda si veda Maffi C., Patti locali di sicurezza urbana e associazioni di volontariato: nuove applicazioni del concetto di sussidiarietà nella gestione integrata dell’attività di prevenzione e di controllo informale del territorio, consultabile su altalex/index.php?idnot=40316. (28) Per un’ampia analisi sulla sicurezza urbana si veda Petronilla D., La sicurezza urbana: interazione e coordinamento con le forze di polizia, in «Nuova Rassegna», 2004, n. 7, pag. 765. (29) Gullotta S., Le «compagnie barracellari» di Sardegna ed il loro impiego in servizio di polizia di sicurezza, in «Instrumenta», settembre-dicembre 2004, n. 24, pagg. 1063 e segg. (30) Acute e competenti osservazioni che nascono, evidentemente, dall’esperienza sul campo e dalla intrinseca conoscenza della realtà sarda da parte del Prefetto Gullotta, prima Prefetto di Sassari ed attualmente a capo dell’Ufficio territoriale del Governo di Cagliari. (31) In questi termini Santini M., La sussidiarietà circolare: linee guida per le amministrazioni, Relazione al Convegno sul tema «FORUM P.A. 2004», consultabile su forumpa.net/forumpa2004/convegni/relazioni/671-massimo-santini/671-massimo-santini.pdf. (32) Previsto dall’art. 20 della legge 1° aprile 1981, n. 121 «Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza» e composto dal Questore, Sindaco del Comune capoluogo e Presidente della Provincia, comandanti provinciali dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e del Corpo Forestale dello Stato, nonché dai sindaci degli altri comuni interessati, quando devono trattarsi questioni riferibili ai rispettivi ambiti territoriali
Posted on: Sat, 09 Nov 2013 21:27:02 +0000

Trending Topics



Recently Viewed Topics




© 2015