Anche dai file svelati da Wikileaks l’omino ridicolo che ci - TopicsExpress



          

Anche dai file svelati da Wikileaks l’omino ridicolo che ci ammorba da sedici anni esce per quello che è, come mamma Rosa l’ha fatto. Mentre i leader del mondo sono avvolti da un’aura di complotto internazionale, citati su grandi questioni strategiche, geopolitiche, militari, diplomatiche e politiche, il pover’ometto emerge (si fa per dire) come un nanerottolo incapace, vanesio, ridicolo e puttaniere, che si fa solo gli affari suoi. Sai che scoperta. Il primo a dirlo, nel ’94, mentre tutti intorno s’affannavano a dipingerlo come alfiere del neoliberismo, leader dei “moderati”, padre ricostituente con cui “dialogare” sulle “grandi riforme”, fu Montanelli: “Berlusconi non ha idee, ma solo interessi”. E nel 2001, mentre B. seminava figure barbine per il mondo, aggiunse: “Spero che l’Europa adotterà nei suoi confronti l’atteggiamento di indignazione e di disprezzo che merita”. Ora che il disprezzo lo mette nero su bianco il numero due dell’ambasciata americana, persino il Pompiere della Sera e i tg di regime sono costretti a registrarlo, naturalmente tra virgolette. E dire che fino a qualche giorno fa gli Ostellini lo invitavano a riprendere la “rivoluzione liberale”, i Sergiromani e i Panebianchi magnificavano i successi internazionali di colui che, secondo gli americani, si crede “il portavoce di Putin”, e di colui che si crede il portavoce del sedicente portavoce di Putin, il cosiddetto ministro degli Esteri, Frattini Dry. Quel Frattini che ora, come Luis de Funès nei film di Fantomas, accusa Assange di “distruggere il mondo”. Ma forse anche la galassia. Abbiamo sempre saputo e detto che la Russia dell’amico Putin è uno Stato-mafia, non a caso piace tanto a B. Ora Putin viene definito “maschio Alfa” e B. relegato al ruolo di spalla (come già di Gelli, Craxi e Bush): praticamente il Nano Beta. Il fatto poi che il mediatore fra i due sia un certo Fallico, aggiunge alla comica finale un tocco onomatopeico. Ma chi oggi minimizza le rivelazioni di Wikileaks dimentica che per anni la cosiddetta informazione ha censurato le cazzate fatte e dette dal Nano Beta nei vertici internazionali, stigmatizzato la stampa straniera che lo trattava da clown, sminuito a “gossip” le scelte private che rendono ricattabile lui e vulnerabile l’Italia, assecondato la propaganda sulla “diplomazia delle pacche sulle spalle” con cui il poveretto sosteneva di aver riportato l’Italia ai fasti dell’impero romano. Oggi è fin troppo facile ridacchiare dicendo “sapevamo tutto”. Gentili signori, se sapevate tutto, perché non avete detto nulla per quindici anni? Perché nel 2009, dopo il G8 de L’Aquila, persino il Quirinale e qualche pirla del Pd gli riconobbero doti che nemmeno Talleyrand? Ancora qualche settimana fa milioni di italiani erano convinti che B. avesse scongiurato una guerra fra Russia e Georgia, spiegato a Obama come salvare il dollaro, costretto Obama e Medvedev a parlarsi per poter entrare al G8. Certo che era tutto falso, ma se i suoi elettori si bevevano tutto è anche perché, quando ne sparava una delle sue, non seguivano risate omeriche, ma pensosi commenti e articolati dibattiti. Oggi è tardi per dire la verità. E troppo facile, visto com’è ridotto. Ieri, in braccio all’amico Gheddafi, non ha trovato di meglio che dichiarare alla stampa mondiale: “Le ragazze che vanno in tv a dire che fanno le escort sono pagate da qualcuno”: e da chi, oltre che da lui? Ora si attendono con ansia i report segretissimi di Wikilibia, in cui Gheddafi e le sue amazzoni ridono di lui appena gira l’angolo (pare che persino l’amico Muammar trovi il suo mascara decisamente eccessivo). E quelli di Wikirussia, in cui gli amici Putin e Medvedev si sbudellano dalle risate dopo ogni sua visita: “Ma tu l’hai capito cosa aveva in testa?”, “Mah, forse un casco di catrame”, “No, dicevo sopra, quella specie di copricapo peloso”, “Ah, sì, dev’essere un orsacchiotto di peluche…”, “Speriamo che torni presto, non ridevamo così dall’ultima sbornia”. (Vignetta di Bertolotti e De Pirro) Buongiorno a tutti, è una grande giornata questa per l’informazione perché grazie a Wikileaks si allontana il modello della politica schizofrenica e anche della politica bugiarda che dice pubblicamente una cosa e privatamente il suo contrario. Una nuova diplomazia mondiale D’ora in avanti quali che siano le conseguenze di questa ondata interminabile che durerà per mesi, pubblicazione di rapporti più o meno riservati delle diplomazie occidentali, sicuramente chiunque faccia politica nei vari Stati e nei rapporti internazionali, dovrà sapere e saprà che ciò che dice in pubblico, potrà essere smentito immediatamente da ciò che magari ha detto in privato lo stesso giorno o il giorno prima perché nelle diplomazie c’è sempre la possibilità di una talpa che in un nanosecondo invia qualche file a questo sito e a altri che magari sorgeranno per emulazione. (leggi tutto) Segnalazioni Roma, 30 novembre, ore 18.00 - Marco Travaglio partecipa alla presentazione del libro Io ti fotto di Carlo Tecce e Marco Morello (edizioni Ponte alle Grazie). Interviene Antonello Caporale, modera Silvia Truzzi. c/o Caffé Letterario, via Ostiense 83. Berluscoma 2011 - Il tramonto della Seconda Repubblica - Il nuovo Dvd di Marco Travaglio dal 30 novembre in edicola con Il Fatto Quotidiano. da Il Fatto Quotidiano, 27 novembre 2010 Da quando si crede un esperto di mafia senz’aver mai seguito un processo di mafia in vita sua, Pigi Battista riesce, se possibile, ad accumulare più figure barbine della sua pur ragguardevole collezione. In perfetta simbiosi con i trombettieri berlusconiani, scrive sul Corriere che “i teoremi vacillano”, tutto eccitato per le dichiarazioni dell’ex ministro Conso sul mancato rinnovo del 41-bis a centinaia di mafiosi detenuti nel 93. Il che, a suo avviso, “smentisce facilonerie e interpretazioni che godono di molta popolarità, specialmente a sinistra”. Quali? Che la trattativa Stato-mafia nel 1992-93 fosse finalizzata a “creare una nuova forza politica di cui si preconizzava con incredibile intuito profetico l’egemonia sulla Seconda Repubblica”. La tecnica è esemplare: si attribuisce a una misteriosa “sinistra” facilonerie e interpretazioni mai dette da nessuno, poi si usa Conso per smentirle: “L’alleggerimento sul 41-bis era già stato realizzato da un mondo lontanissimo dal berlusconismo politico in nascita”. Cioè dai governi Amato e Ciampi che, essendo “di centrosinistra” (in realtà di pentapartito, il Pds non c’era), non potevano “far parte di un ‘complotto’ orchestrato dalla mafia e dalla nuova politica dell’utrian-berlusconiana”. Il pover’uomo, approdato in tarda età a occuparsi di queste vicende, non ha mai letto un libro né una pagina di atti giudiziari. E, da buon orecchiante, fa due più due: siccome il 41-bis l’ha alleggerito Conso, la nascita di Forza Italia non c’entra con la trattativa. Non sa che da 15 anni i magistrati lavorano intorno ad almeno due trattative: quella degli ultimi scampoli di Prima Repubblica (1992-93) per fermare le stragi, e quella dei primi vagiti della presunta Seconda (1993-94), per rimpiazzare gattopardescamente la Prima con una nuova classe politica ancor più compromessa con la mafia, ma dotata di un potere contrattuale più forte di quello dei partiti agonizzanti per Tangentopoli. È quel che dice Massimo Ciancimino: “Mio padre fu il tramite fra Stato e mafia fino al dicembre del ’92, quando fu arrestato; poi mi disse che, nella primavera-estate del ‘93, gli era subentrato Dell’Utri”. In mezzo ci sono le decisioni “solitarie” (per chi ci crede) di Conso sul 41-bis. Lungi dallo smentire le ricostruzioni delle Procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze, Conso le conferma a pennello, in un perfetto incastro che solo chi non sa o non vuole vedere può negare. Nel 1992 (governo Amato), dopo Capaci, i vertici del Ros si attivano per cercare un contatto con i boss tramite don Vito, il quale, per saggiare la loro rappresentatività, pretende coperture politiche da Mancino, Rognoni e Violante. Alla fine si fida, come pure Riina, che consegna il papello con 12 richieste che sono la resa senza condizioni dello Stato alla mafia: via il 41-bis, ma soprattutto tre leggi che non si limitino ad alleggerire il carcere duro, ma portino entro pochi anni i boss detenuti fuori dal carcere (revisione del maxi-processo, depotenziamento dei pentiti e soprattutto “dissociazione” modello Br). Provenzano “vende” Riina e si propone come interlocutore, ma la guida di Cosa Nostra l’assume per qualche mese Bagarella, con le stragi nel continente firmate Graviano. Il 41-bis viene addolcito da Conso (governo Ciampi). Ma per soddisfare le richieste più sostanziose occorre una nuova classe politica. E questa – che la mafia l’abbia ispirata o solo cavalcata – si chiama Forza Italia, ideata da un signore che persino per la Corte d’appello di Palermo ha trattato per vent’anni con Cosa Nostra, almeno fino al ‘92 (dopo c’è l’insufficienza di prove). Sarà un caso, ma Forza Italia proporrà norme per agevolare la revisione dei processi, trafficherà in ogni modo per la dissociazione e bombarderà per anni i pentiti (poi sterilizzati da una legge vergogna votata da sinistra e destra nel 2001). A casa nostra, una trattativa più una trattativa fa due trattative. A casa Battista, zero trattative. Prima di dare un’occhiata alla storia della mafia, forse è consigliabile un ripasso di aritmetica. (Vignetta di Fifo) Signornò, da LEspresso in edicola Per misurare il prestigio dell’Ambrogino d’oro,il riconoscimento assegnato ogni anno dal consiglio comunale di Milano ai personaggi che hanno onorato la città, basta ricordare che nel 2008 esso fu negato alla memoria di Enzo Biagi dal centrodestra “per evitare strumentalizzazioni politiche”. Bene, anzi male: quest’anno la commissione per le “civiche benemerenze” del Comune ha deciso all’unanimità di premiare Dino Boffo, l’ex direttore di Avvenire costretto alle dimissioni dalla nota campagna del Giornale di Vittorio Feltri. Una campagna basata su una notizia falsa e su una vera. Quella vera la dimenticano tutti: la condanna di Boffo nel 2004 (decreto penale del Gip di Terni, non impugnato e dunque definitivo) per molestie ai danni di una signora. Quella falsa la ricordano tutti: il Giornale citò una “nota informativa che accompagna e spiega il rinvio a giudizio emesso dal Gip di Terni”, in cui Boffo veniva additato come “noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni”. Di recente l’Ordine dei giornalisti ha sospeso Feltri (ma inspiegabilmente non Gabriele Villa, autore dell’articolo) dalla professione per tre mesi perché quella “nota informativa” poliziesca o giudiziaria non è mai esistita: si trattava di una lettera anonima giunta a diversi vescovi e quotidiani. Eppure Boffo non ha mai denunciato né querelato il Giornale, né per la notizia vera né per quella falsa (si è perlato di un lauto risarcimento preventivo dal Giornale, ma nessuno l’ha mai confermato). Anzi, è stato addirittura avvistato a pranzo con Feltri. E ha sempre rifiutato di rendere pubblici gli atti del suo processo, che i giudici non possono consegnare alla stampa senza il suo consenso. Ciononostante la Cei l’ha appena riabilitato come se nulla fosse, nominandolo capo della sua comunicazione e direttore di Tv2000, mentre il governo Berlusconi l’ha infilato tra i membri della Consulta Filatelica Nazionale. Sabato scorso, intervistato da Repubblica, il cardinal Camillo Ruini ha dichiarato che Boffo è stato vittima di “una gigantesca montatura mediatica, nella quale ci si è preoccupati di tutto fuorchè del rispetto che merita ogni persona”. E il rispetto per la vittima delle molestie? Secondo Ruini, “Boffo non ha bisogno di riabilitazione, perché l’inconsistenza delle accuse mossegli era già emersa e riconosciuta pubblicamente. Boffo sarà uno dei nostri relatori al Forum (della Cei sui 150 anni dell’Unità d’Italia, in programma a Roma ai primi di dicembre, ndr) perché è persona particolarmente competente a parlare della presenza dei cattolici nell’Italia di oggi”. Ora, sulla competenza di Boffo non c’è alcun dubbio. Qualche dubbio invece sorge sull’opportunità di offrire una simile tribuna a un condannato per molestie su una donna, nonché di conferirgli l’Ambrogino d’oro. A meno che le condanne per molestie non siano diventate una “civica benemerenza”. (Vignetta di Natangelo) Legittimo impedimento in Le poesie di Carlo Cornaglia Comincian le pressioni sulla Corte al fine che il legale impedimento non vada incontro ad una brutta sorte, mandando in tribunal quell’elemento. Sarebbe un’eversione bella e buona obbligarlo ad andar sotto processo senza, ahimé, poter dir: “Vado per mona perché Gianfranco Fini mi ha depresso”. (leggi tutto) da Il Fatto Quotidiano, Noi l’avevamo detto in tempi non sospetti: lo stiamo perdendo. Troppo gracili le spalle implumi di James Bondi per sopportare, da sole, il peso schiacciante del Cainano. Se a ciò aggiungiamo due o tre famiglie da sistemare, per citare solo le sue e non parlare di quelle del capo, che sono legione, dimenticando pure la Casa dei Gladiatori comunisti che decide proditoriamente di franargli in testa proprio adesso, il quadro è (quasi) completo. Immaginiamo la scena. È una torrida giornata di fine agosto e lui, il Pallore Gonfiato, boccheggia esausto nel suo ufficetto interno alla villa di Arcore con vista sul mausoleo e sulle scuderie di Mangano senza cavalli. Suda copiosamente, al solo pensiero della fatica che ha fatto a sistemare l’ex marito e il figlio della fidanzata, Manuela Repetti da Novi Ligure, che lo segue come un’ombra in ogni dove e non si contenta mai. Per l’ex marito Fabrizio Indaco s’è inventato una consulenza al ministero da 25 mila euro l’anno, nel misterioso ma affascinante ramo “Teatro e moda” (come dire “Trigonometria e turaccioli” o “Filosofia e branzini”). Per il pargolo acquisito, laureando in Architettura, ha racimolato un posto al Centro sperimentale di cinematografia con distacco alla Direzione generale cinema. Restava il restauro del teatrino di Novi Ligure, difficile da finanziare visti i tagli feroci ai bilanci: ma alla fine 2 milioncini saltano fuori anche per quello. Il ministro della Cultura a sua insaputa si congratula con se stesso e sta quasi per emettere il primo respiro dopo mesi di apnea, quand’ecco materializzarsi una nuova emergenza: Dragomira Bonev detta Michelle, una virago bulgara alta un metro e ottanta. L’amico Silvio, noto talent scout (ha scoperto persino Ruby Rubacuori), le ha promesso il Leone d’oro al Festival di Venezia e lei, produttrice dell’imperdibile film Goodbye Mama in simbiosi con Raicinema (e con chi se no?), ci ha creduto. Del resto nel 2003 lui le promise il ruolo di opinionista al Dopofestival di Sanremo e, fra lo stupore generale, lei l’ottenne. Idem per il libro pubblicato da Mondadori (opera prima e, si spera, unica) e per la fiction La bambina dalle mani sporche. Ora però l’affare s’ingrossa. Quando James chiama il direttore generale Borrelli per il nuovo editto bulgaro, questi se lo fa ripetere due o tre volte. Mission impossible. Escluso a priori che la giuria presieduta da Quentin Tarantino possa premiare Dragomira, non sapendo proprio chi sia, si tenta con il “lei non sa chi è lei”: “La ragazza è molto cara al premier bulgaro”, antipasto di “la ragazza è la nipote di Mubarak”. Ma non attacca. Allora si passa al piano B: inventare un premio inesistente, come le patacche napoletane. Un incaricato, distolto magari dalle crepe di Pompei, si fionda in una bottega romana di coppe e medaglie e, raccomandando il più assoluto riserbo, commissiona in tutta fretta la targa farlocca con logo dell’Ue (ovviamente ignara di tutto) e del ministero dei Beni culturali. Epigrafe altisonante, una supercazzola improvvisata lì su due piedi: “Premio speciale della Biennale nel 60° anniversario della Convenzione europea sui diritti umani” ecc. Resta da allestire la finta premiazione, dinanzi a un folto e finto pubblico e alla finta stampa con finti flash e finte telecamere. Roba da “Totòtruffa”. Un gioco da ragazzi, anche perché a far numero viene paracadutato un cargo di ministri (Galan e Carfagna) ed europarlamentari last minute. Per il resto comparse, tra cui 32 bulgari Doc aviotrasportati e alloggiati al Cipriani. La Bonev è soddisfatta: crede davvero di aver vinto a Venezia, l’amico Silvio si congratula al telefono. Tutto è bene quel che finisce bene. Almeno fino a ieri, quando il governo di Sofia smentisce ogni coinvolgimento e assicura che ha fatto tutto Bondi. Anche i bulgari hanno una dignità e non vogliono aver nulla a che spartire con l’Italia. Si sfiora la crisi diplomatica con uno dei pochissimi paesi che ancora mancavano alla collezione. E lui, Dragomiro Bondev, solo ed esausto, a spalare. Altro che sfiducia: il premio “Diritti umani” dovrebbero darlo a lui. ilfattoquotidiano.it Siamo entrati in possesso della lista completa delle cose da fare per combattere le mafie, letta lunedì da un’autorità indiscussa in materia, il ministro Bobo Maroni a Vieni via con me, purtroppo tagliata in diretta per motivi di tempo. Le mafie si combattono sequestrando ai mafiosi il frutto dei loro traffici illeciti. Grandi risultati grazie alle nuove norme del pacchetto sicurezza (infatti nella Finanziaria dello scorso anno abbiamo previsto l’asta dei beni confiscati, così i prestanome dei boss se li possono ricomprare). La ‘ndrangheta è presente al Nord da almeno tre decenni, non è una novità (la mafia invece da quattro decenni: me l’ha spiegato Silvio che nel 74 si prese in casa un boss travestito da stalliere e si trovò benissimo, meglio che con la polizia e i carabinieri). Le mafie si combattono rendendo le istituzioni locali impermeabili alla lusinga degli arricchimenti facili. A questo proposito è stato affermato che la ‘ndrangheta al Nord interloquisce con la Lega. È un’affermazione ingiusta e offensiva per i tanti che come me da sempre contrastano ogni forma di illegalità (per contrastare meglio ogni forma di illegalità e testimoniare la vicinanza alle forze dell’ordine, nel 1996 malmenai alcuni poliziotti venuti a perquisire la sede della Lega e azzannai il polpaccio di uno di essi durante la caduta, guadagnandomi una condanna definitiva per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale; per questo ora faccio il ministro dell’Interno: per competenza gastronomica in fatto di polizia). È soprattutto smentita quest’affermazione dalle recenti operazioni in Lombardia contro la ’ndrangheta, “Cerberus”, “Parco Sud”, “Crimine”, “Infinito” che hanno portato al coinvolgimento e perfino all’arresto di esponenti politici di altri partiti, ma non della Lega. Mi chiedo allora perché indicare proprio e solo la Lega (forse perché nell’ultima operazione, la “Crimine”, hanno fotografato il consigliere regionale leghista Angelo Ciocca pappa e ciccia con il boss Pino Neri?). Le mafie si combattono dando la caccia ai superlatitanti. In questi due anni magistratura e forze dell’ordine, a cui va il mio plauso e il mio ringraziamento, hanno agito senza sosta e con indubitabili successi. Setola, Strangio, Pelle, Raccuglia, Iovine... (avevano provato a catturare anche il sottosegretario Cosentino, ma noi della Lega, a titolo di plauso e ringraziamento, abbiamo votato contro, così Cosentino può continuare a latitare comodamente a Montecitorio). Questi sono solo alcuni dei 28 superboss presi e messi al carcere duro. Ne mancano solo 2: Zagaria e Messina Denaro (noi diciamo sempre così. Nel 2010, dopo l’arresto in Puglia del boss Franco Li Bergolis, dichiarai: “Un altro pericoloso latitante è stato assicurato alla giustizia. Adesso mancano solo 3 all’appello dei 30 più pericolosi”. Poi fu arrestato Gerlandino Messina e Berlusconi dichiarò: “Messina figurava tra i 30 più pericolosi latitanti, 28 dei quali risultano così assicurati alla giustizia”. Poi fu catturato Antonio Iovine, per cui i latitanti in manette avrebbero dovuto salire a 29 su 30. Invece, non chiedetemi perché, siamo di nuovo scesi a 28, infatti ho appena detto che ne mancano 2, Zagaria e Messina Denaro. E mi sono scordato Vito Badalamenti, che sta in cima alla lista dei latitanti storici dal 2006, quando fu preso Provenzano. E me ne sono pure dimenticati altri 8: Domenico Condello, Attilio Cubeddu, Marco Di Lauro, Giuseppe Giorgi, Giovanni Motisi, Sebastiano Pelle, Pasquale Scotti e Antonio Michele Varano. Cioè ne mancano ancora 9, ma sapete, sono un po’ debole in matematica e poi io qui dico quel cazzo che mi pare, tanto voi non potete controllare e nessuno mi può controbattere). Il cerchio si stringe anche intorno a Zagaria e Messina Denaro (per sicurezza, li abbiamo affidati a Dell’Utri). (Striscia di Fifo) Segnalazioni Bye bye, Baby - Le poesie di Carlo Cornaglia Si dice che il Berlusca sia bollito ed è pertanto dolce immaginare la pena con la qual verrà punito. Ad Antigua potrebbe rifugiare, da Il Fatto Quotidiano, 23 novembre 2010 Ricordate il processo a Clemente Mastella e famiglia (moglie, consuocero, cognato e mezza Udeur) per le lottizzazioni nelle Asl e negli enti pubblici della Campania, il mercato illegale degli appalti, la gestione allegra dei fondi pubblici al giornale Il Campanile con appartamenti romani incorporati? Bene, anzi male: il Parlamento ha deciso di abolirlo. Non Mastella: il processo. Venerdì, alla chetichella come si usa in questi casi, il Senato della Repubblica ha approvato per alzata di mano la proposta della giunta per le autorizzazioni a procedere di sollevare un conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato dinanzi alla Consulta contro i giudici di Napoli che osano processare l’ex ministro della Giustizia del centrosinistra, ora eurodeputato di centrodestra, senza chiedere il permesso al Parlamento. Tutti d’accordo (Pdl, Lega, Udc, Pd), tranne l’Idv. Motivo: i reati contestati a Mastella nell’udienza preliminare in corso da mesi a Napoli sarebbero stati commessi nell’esercizio delle funzioni di Guardasigilli, dunque di natura ministeriale, dunque sottoposti alla giurisdizione del Tribunale dei ministri di Napoli, ma solo previa autorizzazione a procedere del Senato. I difensori di Mastella, nell’udienza di sabato, hanno subito chiesto al gip di sospendere tutto fino a quando la Corte costituzionale non si sarà pronunciata (fra un anno o due, visti i tempi biblici della Consulta). Se il gip dovesse accogliere l’istanza di rinvio sine die, il processo morirebbe lì, con prescrizione assicurata. E non solo per Mastella, ma anche per i suoi 50 coimputati, che hanno immediatamente fatto propria la richiesta dell’ex ministro, ritenendosi attratti per contagio dalla sua speciale immunità, peraltro sconosciuta alle leggi. La vicenda è talmente intricata che, se non se ne illustrano bene i passaggi, si rischia di non afferrare appieno la portata dello scandalo. L’inchiesta è quella avviata quattro anni fa dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, che nel gennaio 2008 fece arrestare fra gli altri la signora Mastella, Sandrina Lonardo, il consuocero dei coniugi, Carlo Camilleri e un bel pezzo di Udeur campana per vari e gravissimi reati, poi notificò un avviso di garanzia all’allora ministro della Giustizia, che colse la palla al balzo per rovesciare il governo Prodi, passando armi e bagagli al centrodestra. Intanto, per competenza, il fascicolo fu trasmesso a Napoli, dove il pm Francesco Curcio proseguì le indagini, scoprì altri reati e lo scorso anno chiese i rinvii a giudizio sui quali, fra breve, dovrebbe pronunciarsi il gip Eduardo De Gregorio. Mastella è accusato di ben nove episodi delittuosi: quattro concussioni, tre abusi d’ufficio, un’associazione per delinquere e un caso di truffa, peculato e appropriazione indebita. (leggi tutto)
Posted on: Tue, 29 Oct 2013 17:08:43 +0000

Trending Topics



Recently Viewed Topics




© 2015