Auguri alla nostra amica Marina Spada che oggi compie 56 anni, a - TopicsExpress



          

Auguri alla nostra amica Marina Spada che oggi compie 56 anni, a François Ozon che ne festeggia 46 e al Maestro Francesco Rosi che spegne 91 candeline. Marina Spada è una regista, sceneggiatrice, produttrice e documentarista italiana, molto attenta e interessata al tema della figura femminile. Nata a Milano nel 1957, nello storico quartiere Stadera, da una famiglia operaia, la Spada intraprende il suo percorso di formazione nello spettacolo diplomandosi alla Scuola di Arte Drammatica Paolo Grassi al Piccolo Teatro. È inoltre laureata in Storia della Musica. Negli anni Settanta inizia i suoi primi passi nel settore musicale. Collabora, infatti, allorganizzazione di tourneè e concerti dei cantautori Finardi e Camerini, alternando il lavoro alla radio Canale 96. Nel 1979 ha la prima grande occasione come assistente alla regia nel film Non ci resta che piangere, commedia esilarante che vede come attori (e registi) gli indimenticabili Massimo Troisi e Roberto Benigni. Oltre a lavorare come assistente di regia anche per la RAI, si specializza in documentari che raccontano la vita di grandi artisti italiani, tra i quali Leonetti, Pomodoro e De Biasi. Gira vari cortometraggi (Un giorno dopo laltro, 1989, partecipa al Women Film Festival di Los Angeles) e negli anni Novanta alterna il lavoro di regista a quello di docente (di regia) presso la scuola di Cinema, Televisione e Nuovi Media di Milano. Nel 2002 realizza una delle prime produzioni indipendenti e digitali in Italia: si tratta di Forza Cani, fatto grazie ad un azionariato popolare e autoprodotto dalla stessa regista. In questa pellicola ci sono già tutti i temi cari a Spada: lo spaesamento della vita moderna, limmigrazione in Italia, la Milano del degrado. Nel 2006 gira Come lombra, che partecipa alle giornate degli Autori alla Mostra del cinema di Venezia nello stesso anno. In Italia, lopera verrà distribuita lanno successivo, dopo aver partecipato a molti festival internazionali e ricevuto premi e riconoscimenti importanti. In questo caso le donne e la relazione con il contesto sociale e culturale in cui vivono viene messo in risalto da una Milano che ritorna più cosmopolita, ma non ancora pronta nel dare il benvenuto agli immigrati. Nel 2008 è il produttore esecutivo di Mar Nero, film drammatico diretto da Federico Bondi. Nel 2009 torna dietro la macchina da presa e gira Poesia che mi guardi, rilettura dellopera della poetessa Antonia Pozzi. Dopo la commedia Metafisica per le scimmie, nel 2011 scrive e dirige Il mio domani, opera intensa e affascinante, incentrata su una donna che si ritrova, dopo un lutto, a riconsiderare la propria vita e a scegliere di costruirsi un futuro in armonia con se stessa. La protagonista del film è interpretata da Claudia Gerini, perfetta nel ruolo. François Ozon, quarantaseienne regista francese, è considerato ormai in tutto il mondo uno dei giovani cineasti dotati di maggior talento, grazie soprattutto a un uso dei generi cinematografici classici particolarmente ironico e divertito. La sua carriera come regista inizia alla scuola di Cinema La Femis, dove realizza un discreto numero di cortometraggi come Une robe dété e Scènes de lit tra il 1996 ed il 1998. Sempre nel 1998 porta a termine il primo lungometraggio dal titolo Sitcom, pellicola grottesca che lo lancia nel circuito nazionale francese. Amanti criminali e Gocce dacqua su pietre roventi sono invece i due film che lo rendono famoso in patria confermandolo come uno dei registi emergenti dotati di maggiore talento. Il secondo soprattutto è ripreso da una pellicola di Fassbinder e rappresenta il trampolino di lancio per il successo internazionale che non tarda ad arrivare. Nel 2002 infatti, Otto donne e un mistero raggiunge gli schermi di tutta Europa grazie a una sapiente miscela di comicità e sperimentazione legata ai generi cinematografici, oltre che a un cast deccezione che annovera al suo interno attrici di spessore come Catherine Deneuve, Fanny Ardant, Isabelle Huppert e Danielle Darrieux. Swimming pool e Cinqueperdue, invece, sebbene in tono minore rispetto alla pellicola precendente, servono a conoscere meglio le potenzialità narrative di questo sorprendete regista, in grado di creare strutture e schemi tanto impeccabili esteticamente quanto funzionali sul piano della narrazione. Nel 2005 torna sugli schermi con una pellicola di spessore interpretata questa volta da Jeanne Moreau e Valeria Bruni Tedeschi, pupilla di Ozon, raccontando la storia di un fotografo al quale viene diagnosticato un tumore allultimo stadio e che, invece di iniziare le cure necessarie, sceglie di lasciare che la malattia segua il suo corso naturale. Il film dal titolo Il tempo che resta segna forse la definitiva consacrazione di un regista in grado di scandagliare le profondità di ogni genere, riportando a galla storie dense di umanità e passione. Nel 2007 realizza Angel - La vita, il romanzo, una pellicola ambientata allinizio del ventesimo secolo ma riletta e rivissuta in chiave moderna, grazie anche al contributo di Romola Garai, attrice inglese dal talento cristallino. Nel 2009 torna sul grande schermo con il bel melodramma Ricky - Una storia damore e libertà, commedia fantastica su un angelo partorito da un ventre femminile per nulla divino, con attorno piccoli frammenti di vita quotidiana fatti di litigi familiari, di povertà, di un destino spesso atroce. Nel 2010 esce con due pellicole: Il Rifugio, storia di una donna tossicodipendente che perde per colpa di una dose tagliata male il suo compagno Louis. A questo punto la donna cade in uno stato di disperazione, acuito dalla scoperta che attende un figlio dalluomo. Richiama nuovamente i due attori francesi per eccellenza (Catherine Deneuve e Gérard Depardieu) per Potiche - La bella statuina, presentato con successo al 67° Festival del cinema di Venezia. Nel 2013 esce invece Nella casa, un dramma che ha come protagonista un sedicenne con il talento per la scrittura, e che utilizza tutto ciò che vede nellinterno borghese della famiglia dellamico Rapha per arricchire i propri racconti. Il risultato è un complesso mix di ironia e sottile inquietudine, aspetti del racconto sui quali il cineasta francese ha spesso giocato e sperimentato. Nel 2013 lavora anche a un altro film: la storia di unadolescente che si prostituisce per proprio piacere, Giovane e bella. Francesco Rosi nasce nel 1922 a Napoli, figlio del direttore di unagenzia marittima partenopea appassionato di caricature, fotografie e di cinema. A tre anni, vince un concorso fotografico indetto da una casa di produzione americana che cercava bambini somiglianti a Jackie Coogan (il bambino prodigio protagonista della pellicola di Chaplin Il monello). Per la premiazione, padre e figlio sarebbero dovuti andare a Hollywood. Il primo avrebbe tentato di sfondare come fotografo di scena e il secondo come attore. Sfortunatamente, è la madre di Francesco Rosi a opporsi al viaggio in America. Il bambino deve restare a Napoli, esattamente come il padre. Passano gli anni, allinsegna del fascismo e con larrivo della seconda guerra mondiale, Francesco studia giurisprudenza, anche se poi intraprende una carriera come illustratore di libri per bambini e, contemporaneamente, inizia a lavorare per Radio Napoli. È negli studi di registrazione dellemittente che stringe amicizia con personalità come Aldo Giuffré, Raffaele La Capria e Giuseppe Patroni Griffi, con i quali collaborerà molto spesso in ambito teatrale. Ed è proprio grazie al palcoscenico e alla sua tessera del partito comunista italiano (PCI) che entra in contatto con personalità come Giorgio Napolitano, futuro Presidente della Repubblica Italiana. È il 1946 quando viene assunto da Ettore Giannini come assistente teatrale nello spettacolo O voto di Salvatore Di Giacomo, ma ad attirarlo maggiormente è il cinema ed è un passo brevissimo quello che lo porta dalle quinte dei più grandi teatri dItalia al lavoro di aiuto regista, anche se inizialmente, si diverte un po a fare lattore, come succede nel film Dove sta Zazà? del 1927, firmato da Giorgio Simonelli, allinterno del quale recita il ruolo del domestico del ricco americano. Nel 1948, Luchino Visconti lo assume come assistente per La terra trema. Arriva la svolta. Visconti scopre che il ragazzo è portato anche per la scrittura cinematografica e così lo coinvolge nella scrittura di film come Bellissima (1951) con Anna Magnani. I due torneranno a lavorare insieme unultima volta con il capolavoro Senso (1954), dove Visconti dirigerà Alida Valli. A queste esperienze si sommano quelle di aiuto regista in melodrammi come Tormento (1950) con Amedeo Nazzari, in film più dautore come I vinti (1953) di Michelangelo Antonioni e Proibito (1954) firmato da Mario Monicelli. Da non dimenticare i lavori come assistente di Luciano Emmer che avevano solitamente Marcello Mastroianni come protagonista (Domenica dagosto, Parigi è sempre Parigi, Il bigamo). Nel 1952, dirige alcune scene della pellicola Camicie rosse con la Magnani nelle vesti di Anita Garibaldi e diretta da Goffredo Alessandrini. Il film sfortunatamente non riesce come si vorrebbe e il dramma storico diventa una pellicola davventura mal riuscita. Nonostante questo Rosi si rimette a lavoro e, sempre come primo aiuto regista - stavolta però del grande attore Vittorio Gassman - firma Kean (1956), tratto dallomonima commedia di Alexandre Dumas Padre. Rosi e Gassman riescono a unire discretamente e in maniera accurata cinema e teatro. Bisogna aspettare il 1958 per vederlo finalmente come unico regista sul set. E questo avviene con La sfida con Rosanna Schiaffino e Angela Luce. Il film, che ottiene il consenso di pubblico e critica, mette sotto i riflettori Rosi che finalmente esordisce come merita. La sua regia viene elogiata per sicurezza, mestiere, studio della trama e della sceneggiatura scritta con Suso Cecchi DAmico ed Enzo Provenzale, con i quali dividerà il Nastro dArgento per il miglior soggetto originale, ma anche il Premio Speciale della Giuria al Festival di Venezia, a pari merito con il film di Louis Malle Les amants. Nel 1959, dirige Alberto Sordi in I magliari, allinterno del quale lattore romano interpreta un immigrato che lavora nel mercato delle stoffe fra Amburgo e Hannover e che si scontrerà con un boss napoletano per il controllo del settore. La critica di allora lo accusa di tragicizzare la sorte e il racconto - che comunque risulta fiacco, poco omogeneo e grottesco nella sua denuncia sociale e morale - non convince anche per un Sordi drammatico, che appare fin troppo frivolo per i loro gusti. Negli Anni Sessanta, Rosi inaugura un nuovo filone cinematografico italiano: quello dei film inchiesta o dei cosiddetti film con argomento politico, allinterno del quale ripercorre le vite di chi ha segnato la recente storia dItalia. Si parte con il suo capolavoro: Salvatore Giuliano (1962), malavitoso e bandito siciliano la cui esistenza è raccontata attraverso una serie di lunghi flashback anticronologici. Il film colpisce nel segno e Rosi ottiene lOrso dArgento al Festival di Berlino e il Nastro dArgento come miglior regista (questultimo premio ad ex aequo con Nanni Loy che, in quegli anni, firmava Le quattro giornate di Napoli, 1962). Lanno successivo, arriva un Rod Steiger da brivido nei panni del costruttore Eduardo Nottola in Le mani sulla città, che esplora le collusioni esistenti fra organi dello Stato e lo sfruttamento edilizio partenopeo. La pellicola, bella e coraggiosa per la sua dolorosa indignazione e la lucidità del secco racconto dei fatti, ottiene il Leone dOro al Festival di Venezia, ma anche due candidature ai Nastri dArgento (miglior regista e miglior soggetto scritto con Raffaele La Capria). Francesco Rosi è osannato come uno fra i maggiori talenti della sua generazione, carico di chiarezza e onestà intellettuale. Un David di Donatello lo attende nel 1965 per Il momento della verità. È, infatti, con Vittorio De Sica (che quellanno dirigeva Matrimonio allitaliana), il miglior regista. Rosi si fa stile partendo dal suo modo di fare cinema sfruttando i documenti, cogliendo la realtà e compenetrandola con la macchina da presa che rimane comunque obiettiva, ma che non smette di essere strumento di commistione fra toni squillanti e più deboli. Un unico momento di stacco da questo genere di pellicole così simili nelle loro trattazioni arriva con una perla favolistica veramente tanto cara allItalia. La fiaba Cera una volta (1967), che vede come protagonista una graziosissima e scalza Sophia Loren e il divo lanciato da Il dottor Zivago Omar Sharif (anche se avrebbe voluto Marcello Mastroianni), è un oggetto di puro piacere fantastico per gli spettatori che si appassionano alle vicende di una contadina innamorata del Mezzogiorno che si innamora di un principe spagnolo e che cerca di farlo suo con stregonerie e laiuto di santi. Nel 1970, ritorna ai suoi temi con Uomini contro, tratto dal romanzo Un anno sullaltopiano di Emilio Lussu, in cui mette in scena tutta la sua oratoria antibellica e antimilitaristica, supportato dalla sceneggiatura di La Capria e di Tonino Guerra. Il film, come era prevedibile, non piacque alla Destra italiana, perché sibilava che durante la Grande Guerra furono spediti a morire solo i poveracci, mentre la paciosa borghesia se ne stava beatamente in poltrona. Ma ancora più scottante sarà Il caso Mattei (1971) ispirato alla morte di Enrico Mattei, in cui mischia mirabilmente cronaca, documento e libera rievocazione miscelando interviste, vere testimonianze, diapositive e accurate ricostruzioni. Un linguaggio cinematografico antitradizionale su un personaggio e la sua Storia che delinea una nuova originalità nello stile del regista, tanto da fargli ottenere la Palma dOro a pari merito con La classe operaia va in Paradiso (1971). Dopo una piccola esperienza di attore in Venga a fare il soldato da noi (1971), nel 1973, dirige Lucky Luciano, un altro film sulla mafia che però punta il dito sui politici e sugli uomini daffari (illegali) che pur di avere ciò che vogliono sono disposti a chiedere aiuto a Cosa Nostra, fingendo un ipocrita rispetto per la legge. Oltre a questo, i due film avranno il merito di lanciare nel panorama cinematografico una star come Gian Maria Volonté che si trasformerà, grazie alla sua recitazione, nel vero e proprio attore feticcio di Rosi. Nel 1975, traspone il romanzo di Leonardo Sciascia Il contesto dirigendo Max von Sydow e Lino Ventura in Cadaveri eccellenti, un altro capolavoro di intrighi e denuncia che, come hanno scritto, onora il cinema italiano. Meritatissimo il David di Donatello come miglior regista, bissato dopo aver lavorato sul Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, da cui dirige nel 1979, una sua versione cinematografica, sempre con Volonté come protagonista, il quale diventa il simbolo di un forte scontro fra una realtà erudita e settentrionale contro quella ancestrale e contadina del sud Italia. Meritatissimo il BAFTA come miglior film straniero. Negli Anni Ottanta, trasforma in Tre fratelli (1981) gli arrabbiati, razionali e utopici Philippe Noiret, Michele Placido e Vittorio Mezzogiorno. La pellicola, liberamente tratta dal racconto Tretij Syn di Andrej Platonovic Platonov, gioca sul binomio città/campagna, pubblico/privato, cuore/ragione. E lo fa così bene da conferirgli un altro David come miglior regista, accompagnato da un altro David per la sceneggiatura (scritta con Tonino Guerra) e da un Nastro dArgento per la regia. Arriva un altro oggetto inaspettato nel suo cinema: ladattamento cinematografico della Carmen (1984) di Georges Bizet con Plácido Domingo. Qui, il melodramma si fa vitale e sanguinoso, tanto da essere nominato dai BAFTA come miglior film straniero (al suo posto vincerà Il Colonnello Redl), ma anche ai César (per regia e film) e otterrà lAlitalia Award e numerosi David di Donatello (ancora una volta per regia e film). A questo punto, vorrebbe trasporre La tregua di Primo Levi, ma il suicidio dello scrittore l11 aprile del 1987, lo fa desistere e puntare su qualcosa di più lontano come Cronaca di una morte annunciata (1987), tratto dal romanzo di Gabriel García Márquez, in cui riunisce un cast di volti noti del panorama europeo composto da Gian Maria Volontè, Ornella Muti, Rupert Everett, Anthony Delon e Lucia Bosè. Nonostante questo, è il meno riuscito dei suoi film, sia per i flashback che vengono definiti tardivi che per alcuni elementi che diluiscono male la tensione riguardante il rituale dellomicidio donore di un clan in difesa della reputazione delle donne. Eppure, Rosi si guadagna una nuova candidatura ai Nastri dArgento. Fra il 1988 e il 1989, gli viene conferito il David di Donatello alla carriera e il Premio Pietro Bianchi, ma Rosi, lontanissimo dal fermarsi continua a lavorare girando Dimenticare Palermo nel 1990. Liberamente ispirato dallomonimo romanzo di Edmonde Charles-Roux, Dimenticare Palermo non riesce a uscire dagli schemi come i suoi precedenti titoli e pecca per palese scontatezza. Ma Rosi è ormai un grande autore e un Maestro, tanto che verrà coinvolto in un progetto a più mani dal titolo 12 autori per 12 città (1990), in cui racconterà con un cortometraggio la sua Napoli, collaborando con altri colleghi. Ma Napoli è protagonista anche di un documentario tutto suo dal titolo Diario napoletano (1992), in cui viene elogiata e bistrattata per sprechi e spese inutili. È il 1997, quando finalmente riesce a portare sul grande schermo La tregua che gli farà guadagnare il suo ultimo David di Donatello come miglior regista e una candidatura per la sceneggiatura scritta con Sandro Petraglia e Stefano Rulli. Nel Duemila, dopo decenni di assenza, torna alla regia teatrale, e in particolare quelle di opere del repertorio di Eduardo De Filippo (Napoli milionaria, Le voci di dentro, Filumena Marturano) interpretate da Luca De Filippo. Nel 2008, ottiene lOrso dOro alla carriera al Festival di Berlino e persino la Legion dOnore. Il 12 maggio 2012, la Biennale di Venezia lo innalza con il Leone dOro alla carriera in occasione della 69° edizione della Mostra.
Posted on: Fri, 15 Nov 2013 07:16:29 +0000

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