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CHIESA “PAX Portfolio”, gestione patrimoniale per le istituzioni della Chiesa” a “condizioni favorevoli”” “La Pax-Bank offre ad associazioni, fondazioni e investitori istituzionali una gestione patrimoniale a prezzi vantaggiosi. Possiamo costituire per Voi un deposito con delega già a partire da 250.000 Euro. Le linee guida della politica di investimento, preventivamente stabilite in un colloquio introduttivo con il Cliente, costituiranno i criteri fondamentali in base ai quali i nostri esperti prenderanno tutte le decisioni strategiche riguardanti gli investimenti.” Molto istruttive le parole spese nella parte concernente “Perche’ Pax-Bank”? Valori cattolici: Per l’impiego del suo patrimonio la Chiesa ha bisogno di risultati eccellenti che, tuttavia, non devono intaccare i suoi alti principi etici. Dal 1917 la Pax-Bank realizza l’equilibrio tra rendita e ideali cristiani attraverso la sua cultura particolare: limitando la propria clientela alle istituzioni cattoliche e indirizzando coerentemente gli obiettivi dell’attività e i prodotti ai principi cristiani. Il patrimonio affidatoci viene pertanto impiegato esclusivamente come da intendimenti della Chiesa cattolica – in piena responsabilità e trasparenza. E’ escluso l’impiego di capitale che leda i principi cristiani. Lo garantiamo con il nostro nome. Sicurezza e discrezione: La Pax-Bank offre la sicurezza di una banca che sottostà alla vigilanza della autorità. In ottemperanza al segreto bancario vigente in Germania, la Pax-Bank offre, inoltre, discrezione assoluta nei rapporti con la Clientela. Benefici fiscali in Germania: Le istituzioni estere che depositino il proprio denaro presso la Pax-Bank attraverso un soggetto di diritto ecclesiastico tedesco godono dei singolari privilegi fiscali tedeschi: interessi e dividendi vengono accreditati senza essere soggetti a detrazioni fiscali. Indipendenza: La Pax-Bank è parte della rete cattolica. Fondata da sacerdoti cattolici, la Pax-Bank è oggi proprietà di numerose istituzioni ecclesiastiche, per esempio vescovadi, parrocchie e congreghe. In questo modo i suoi clienti approfittano dei vantaggi di una banca specializzata per quanto riguarda la chiesa, ma che tuttavia agisce indipendentemente dagli interessi dei singoli. A proposito: a seconda del volume conseguito, ogni istituzione cattolica può diventare comproprietaria (socio in cooperativa) della Pax-Bank. Tutte le strade portano a Roma: Attraverso l’Ufficio di Roma dalla Pax-Bank è possibile un incontro personale e diretto anche con i clienti che vivono fuori della Germania – in fondo, Roma è il cuore della chiesa cattolica! Cavallo matto , che scrive poco ultimamente con la scusa del lavoro ( tutti lavoriamo!!! Qui dentro non ci sono bamboccioni…) ha voluto infilarsi nel mio post di prepotenza ed ha aggiunto due righe, queste, di cui l’operatore di giustizia si prende ogni responsabilità…scherzo! Del resto perchè stupirsi il libero mercato dei delinquenti è in grado di intersecare affari, mine antiuomo e beneficienza senza vergogna. Pertanto tra un po si scoprirà che l’azienda di armi è una grande benefattrice, in quanto elargisce parte dei suoi profitti ai mutilati dalle armi distruzione. Ergo, l’investimento è benedetto. Altro che storie. Un pò come il capo della magliana seppellito nella chiesa di Sant’APollinare. In fondo era un bandito ma sempre un grande benefattore.. Ergo: i soldi (di qualsiasi provenienza) sono sempre benedetti..benedetti XVI volte L’Istituto è un organismo finanziario vaticano – secondo una definizione data dal cardinale Agostino Casaroli – ma non è una banca nel senso comune del termine. Lo Ior utilizza i servizi bancari, però l’utile non va, come nelle banche normali, agli azionisti (che nel caso dello Ior non ci sono) ma risulta a favore delle “opere di religione”. La Banca Vaticana non è responsabile né verso la Banca Centrale del Vaticano né verso il Ministero dell’Economia; infatti, funziona in modo indipendente con tre consigli d’amministrazione: uno è costituito da cardinali di alto livello, un altro è costituito da banchieri internazionali che collaborano con impiegati della Banca Vaticana e per ultimo un consiglio d’amministrazione che si occupa degli affari giornalieri. Tali strutture organizzative così chiuse sono la norma nella Santa Sede e sono utili per mascherare le operazioni della Banca. Lo IOR funziona come banchiere privato della Chiesa, dal momento che si adatta perfettamente alle esigenze di una Banca diretta dal Papa. A ogni cliente viene fornita una tessera di credito con un numero codificato: né nome né foto. Con questa si viene identificati: alle operazioni non si rilasciano ricevute, nessun documento contabile. Non ci sono libretti di assegni intestati allo Ior: chi li vuole dovrà appoggiarsi alla Banca di Roma, convenzionata con l’istituto vaticano. I clienti dello Ior possono essere solo esponenti del mondo ecclesiastico: ordini religiosi, diocesi, parrocchie, istituzioni e organismi cattolici, cardinali, vescovi e monsignori, laici con cittadinanza vaticana, diplomatici accreditati alla Santa Sede. A questi si aggiungono i dipendenti del Vaticano e pochissime eccezioni, selezionate con criteri non conosciuti. Il conto può essere aperto in euro o in valuta straniera: circostanza, questa, inedita rispetto alle altre banche. Aperto il conto, il cliente può ricevere o trasferire i soldi in qualsiasi momento da e verso qualsiasi banca estera. Senza alcun controllo. Per questo, negli ambienti finanziari, si dice che lo Ior è l’ideale per chi ha capitali che vuole far passare inosservati. I suoi bilanci sono noti a una cerchia ristrettissima di cardinali, qualsiasi passaggio di denaro avviene nella massima riservatezza, senza vincoli né limiti. Nonostante sia di proprietà del Papa, la Banca, sin dal proprio inizio, è stata più volte coinvolta nei peggiori scandali, corruzione e intrighi. Sotto felice auspicio, l’apertura della banca nel 1941 per ordine di Pio XII, altresì chiamato il Papa di Hitler, ha fornito convenienti sbocchi bancari ai fascisti italiani, all’aristocrazia e alla mafia. (da «Tutto quello che sai è falso», Di Jonathan Levy). Già dai primi del Novecento i Rothschild di Londra e di Parigi trattavano con il Vaticano, ma con la gestione Nogara gli affari e i partner bancari aumentarono vertiginosamente: Credit Suisse, Hambros Bank, Morgan Guarantee Trust, The Bankers Trust di New York (di cui Nogara si serviva quando voleva comprare e vendere titoli a Wall Street), Chase Manhattan, Continental Illinois National Bank. Nel 1954 Bernardino Nogara decide di ritirarsi senza tuttavia interrompere l’attività di consulente finanziario del Vaticano, che continuò fino alla morte, avvenuta nel 1958. La stampa dedicò poco spazio alla sua scomparsa, ma il cardinale Francis Spellmann di New York pronunciò per lui un memorabile epitaffio: «Dopo Gesù Cristo la cosa più grande che è capitata alla Chiesa cattolica è Bernardino Nogara». Al geniale banchiere, nel corso della sua lunga attività, venne affiancato il principe Massimo Spada. Anche lui mostrò lungimiranza e spregiudicatezza nella gestione degli interessi del Vaticano e si lanciò in varie operazioni, la maggior parte delle quali – come si è visto – in collaborazione con Michele Sindona. Lo Ior, in quanto istituto che opera con modalità proprie, non è mai stato tenuto a nessun tipo di informativa – né verso i propri clienti, né verso terzi – né tanto meno a pubblicare un bilancio o un consuntivo sulle proprie attività. All’epoca del caso Calvi-Ambrosiano, l’istituto doveva rispondere, in via puramente teorica, a una commissione esterna di cinque cardinali, ma di fatto gli amministratori si muovevano senza alcun vincolo. A favore di chi, allora, operava lo Ior? Marcinkus dichiarò che i profitti erano realizzati «a favore di opere di religione» e che «qualsiasi guadagno dello Ior è a disposizione del Papa». Lo Ior, che ha una personalità giuridica propria, è retto da un “Consiglio di soprintendenza” controllato da una Commissione di cinque cardinali: si tratta del nucleo di vigilanza. I porporati, però, non hanno generalmente alcuna competenza finanziaria. Il loro dovrebbe essere un controllo morale. Un ruolo più tecnico è svolto dal “Consiglio di amministrazione” composto di cinque laici ed un direttore generale. L’Istituto intrattiene rapporti valutari e creditizi con clienti e banche italiane, opera attivamente sul mercato finanziario internazionale, gioca in borsa, investe, raccoglie capitali; tuttavia, come istituto estero, non è sottoposto ad alcun controllo da parte delle autorità di vigilanza italiane. La Banca Vaticana afferma di non aver nessun documento relativo al periodo della Seconda Guerra Mondiale; infatti, secondo il procuratore della Banca Vaticana, Franzo Grande Stevens, lo IOR distrugge tutta la documentazione ogni dieci anni, un’affermazione alla quale nessun banchiere responsabile crederebbe. Ciononostante, altre documentazioni esistono in Germania e presso gli archivi americani, che dimostrano i trasferimenti nazisti di fondi allo IOR dalla Reichsbank, e altri dallo IOR alle banche svizzere controllate dai nazisti. Un famoso procuratore specializzato nelle restituzioni dell’Olocaustoha documentato i trasferimenti di denaro dai conti delle SS a un’innominata banca romana nel settembre 1943, proprio quando gli Alleati si stavano avvicinando alla città. Dalla fine degli anni Settanta, lo IOR era divenuto uno dei maggiori esponenti dei mercati finanziari mondiali. Sotto la tutela del vescovo americano (uno spilungone di 191 cm) Paul Marcinkus, il vescovo Paolo Hnilica, Licio Gelli, Roberto Calvi e Michele Sindona, la Banca Vaticana divenne parte integrante dei numerosi programmi papali e mafiosi per il riciclaggio del denaro, in cui era difficile determinare dove finiva l’opera del Vaticano e dove cominciava quella della mafia. Il Banco Ambrosiano dei Calvi e numerose società fantasma dirette dallo IOR di Panama e del Lussemburgo presero il controllo degli affari bancari italiani e funsero da canale sot-terraneo per il flusso di fondi verso l’Europa dell’Est, in appoggio all’Unione nazionale anti-comunista. Marcinkus, capo dello IOR, fu Direttore del Banco Ambrosiano (a Nassau e alle Bahamas), ed esisteva una stretta relazione personale e bancaria fra Calvi e Marcinkus. Sfortunatamente, molti di quelli coinvolti non erano solo collegati alla mafia, ma erano anche membri della famigerata loggia massonicaP2, con il risultato finale della spartizione del denaro di altre persone, inclusa una singola transazione di 95 milioni di dollari (documentata dalla Corte Suprema irlandese). Non appena le macchinazioni vennero a galla a causa di un errore di calcolo attribuito a Calvi, le teste cominciarono letteralmente a rotolare. L’impero bancario Ambrosiano fu destabilizzato da uno scontro ai vertici del potere interno, che coinvolgeva la Banca Vaticana, la mafia e il braccio finanziario dell’oscuro ordine cattolico dell’Opus Dei. L’Opus Dei, in ogni caso, decise di non garantire per il Banco Ambrosiano e Calvi fu trovato «suicidato», impiccato sotto il ponte di Blackfriars a Londra, con alcuni sassi nascosti nelle tasche, una scena ricca di simbolismo massonico. Attenti a quei Trenta: ricattano il mondo truccando le regole. E nessuno li può fermare, perché maneggiano 650.000 miliardi di dollari, cioè otto volte il Pil del pianeta. In dieci anni, hanno messo in ginocchio l’economia reale. E sono ancora lì, a dettar legge, a cominciare da uno dei loro specialisti, Mario Draghi. Teoria del complotto? No: storia. Quella del famigerato “Group of 30”, creato alla fine degli anni ’70 da personaggi come David Rockefeller. Obiettivo: piegare le nazioni ai diktat della speculazione finanziaria. Missione compiuta: oggi l’intera Europa è nelle loro mani, e un paese come l’Italia – membro del G8 – è agli ordini della super-lobby che ha commissariato il governo affidandolo al fido oligarca Mario Monti, tecnocrate targato Goldman Sachs, veterano del Bilderberg, della Trilaterale e della micidiale Commissione Europea, quella che oggi dispone il suicidio sociale degli Stati mediante il pareggio di bilancio. Un capolavoro, in sole tre mosse. Primo: attraverso la “superstizione o isteria del debito pubblico”, si distrugge la capacità dello Stato di creare e controllare qualsiasi ricchezza finanziaria significativa, che a quel punto resta unicamente nelle mani dei mercati di capitali, da cui gli Stati finiscono per dipendere in toto. Seconda mossa: i dominatori finanziari, che ora spadroneggiano, per ottimizzare la rapina globale incaricano la super-lobby dei tecnocrati di ridisegnare leggi e regole, con adeguata propaganda. Terzo: gli oligarchi impongono le loro condizioni-capestro ai governi, ormai privati della facoltà di creare ricchezza finanziaria e quindi dipendenti dal ricatto, pronti cioè a ingoiare qualsiasi aberrazione speculativa. Parola di Paolo Barnard, autore del saggio “Il più grande crimine” sul complotto mondiale della finanza. Promotore italiano della Modern Money Theory – sovranità monetaria per avere democrazia reale e benessere sociale – Barnard è reduce dalla caserma dei carabinieri nella quale ha sporto denuncia contro Napolitano per “golpismo finanziario”. C’era un piano ben congegnato per mettere nel sacco l’Italia: occorreva creare una sofferenza finanziaria artificiosa per consentire alla super-lobby di prendere direttamente il timone. Peccato che i “salvatori”, dice Barnard, fossero gli architetti stessi del piano: «Non ci vuole un genio a capire che il poliziotto iscritto al club dei ladri che gli pagano laute prebende finisce col tradire il suo mandato». Mario Draghi, per esempio: «Poteva fermare la loro mano semplicemente ordinando alla Bce di acquistare in massa i titoli di Stato italiani». Acquisto che avrebbe abbassato drasticamente i tassi d’interesse di quei titoli, la cui impennata stava portando l’Italia alla caduta nelle mani degli “investitori-golpisti”. Se Draghi avesse mosso un dito, i mercati si sarebbero fermati, «resi inermi di fronte al fatto che la Bce poteva senza problemi mantenere a un livello basso e costante i tassi sui nostri titoli di Stato». Ma Draghi, che pure siede sul trono della Banca Centrale Europea, si guarda bene dall’intervenire. Motivo? Non è solo l’ex governatore di Bankitalia: è anche, e soprattutto, un uomo di punta dei “terribili Trenta”. Cosa ci fa un personaggio pubblico come Draghi dentro il club di coloro che hanno impedito al mondo di fermare lafinanza criminale planetaria? Purtroppo, aggiunge Barnard, il presidente della Bce «dovrebbe vigilare proprio su coloro che condividono il suo club con intenti criminosi». Del resto, chi era il funzionario italiano che – da direttore generale del Tesoro – lungo tutti gli anni ’90 «supervisionò la svendita del nostro Paese alle privatizzazioni selvagge che non hanno sanato di nulla il debito pubblico ma che hanno sanato di certo imprenditori falliti come De Benedetti e fatto incassare miliardi in parcelle alle investment banks?» E chi era il funzionario italiano che «non ha detto una parola contro la micidiale separazione fra Banca d’Italia e Tesoro», divorzio «che ingrassò le medesime banche?». Sempre lui, l’ineffabile Draghi, «uomo “Group of 30”, uomo Bilderberg, uomo Goldman Sachs, e anche “bugiardo-Sachs”», visto che «ha sempre negato di essere stato in forza alla Goldman quando la banca di Wall Street organizzò la truffa per truccare i libri contabili greci in collusione col governo di Atene». E invece, dice Barnard, alla Goldman lui c’era, eccome: e ne dirigeva proprio gli affari europei. E’ stato lui, Mario Draghi, a “inventarsi” un trilione di euro, in piena agonia dell’Eurozona, per regalarlo alle banche, praticamente senza condizioni. E tutto questo, dopo aver chiuso i rubinetti della Bce per far collassare il governo Berlusconi e consegnare l’Italia all’uomo del super-potere, Mario Monti. Manovra orchestrata dai maxi-speculatori, gli inventori della più spaventosa truffa planetaria, quella dei “derivati”, «astrusi prodotti finanziari del tutto comprensibili a non più di 200 individui nel mondo». Ma il “derivato dei derivati”, aggiunge Barnard, è proprio la crisi finanziaria 2007-2012, innescata dal virus dei titoli fasulli spacciati da Joseph Cassano, boss finanziario della City londinese. Il flagello dei “derivati” si è abbattuto su una situazione già catastrofica, provocata dalla bolla speculativa immobiliare americana dei mutui subprime, infettando quasi tutte le maggiori banche del mondo. Fino all’attuale “spirale della deflazioneeconomica imposta”, la famigerata austerity, che ora i “golpisti” – sempre loro – usano per depredare a sangue interi Stati europei. CULTURASPETTACOLO RAI-Marco Castoro per la Notizia (lanotiziagiornale.It) LItalia è in svendita. Il Tesoro ha messo sul piatto alte percentuali riguardanti le quote da cedere delle società pubbliche, come Sace (60%), Fincantieri (40%), Enav (40%), Cdp Reti (50%), Grandi Stazioni (60%). Perfino le quote dellEni (3%) sono in vendita. E la Rai? Cosa fa per ripianare il suo debito? In Francia con la vendita del primo canale A1 sono stati azzerati tutti i debiti. Nel piano Cottarelli cè un chiaro riferimento a un intervento da fare per migliorare i conti della Rai. Anche per ciò che concerne la spending review. Nessun elemento in più. È ovvio che in ballo ci sia la vendita di qualche asset. Come si è lasciato sfuggire giorni fa il viceministro Catricalà con delega alle telecomunicazioni. Che cosa potrebbe vendere la Rai? Le strade sono due. O un po di quote delle consociate o qualche canale. Diciamo che delle due ipotesi la prima è meno traumatica rispetto alla seconda (seppure si potrebbe mettere in vendita uno dei due canali per bambini, Rai4 o Rai5, Isoradio, o addirittura Raidue). Ma torniamo alle consociate che finirebbero sul mercato. Si potrebbero vendere quote di Rai World, Rai Net e Rai Way spa. Questultima è la più indiziata, anche perché anni fa Maurizio Gasparri propose la cessione, stoppata però dallallora dg Claudio Cappon. Ovviamente i sindacati sono già in stato di allerta per paura che queste vendite di quote possano causare perdite di posti di lavoro. «La Rai non serve a far cassa - è la posizione dellUsigrai - il Servizio Pubblico non serve a ripianare i buchi di bilancio. È inaccettabile che si torni a parlare di Rai solo in unottica di spending review. E intanto nulla si fa sulle riforme realmente necessarie, a partire dallabbattimento dellevasione del canone che, da solo, vale oltre 550 milioni». Tuttavia, nonostante le resistenze, a Viale Mazzini prende sempre più corpo la necessità di aprire la porta al privato. LA MUSICA SUPERA LA FICTION «Gigi DAlessio e Anna Tatangelo hanno illuminato la rete con uno spettacolo meraviglioso, moderno, di grandissima qualità». Così il direttore di Canale 5, Giancarlo Scheri, commenta soddisfatto gli ascolti al top registrati dallo show musicale Questi siamo noi, condotto da Gigi dAlessio con Anna Tatangelo, andato in onda su Canale 5, ha vinto la serata tv con 4.235.000 telespettatori e il 19.46% di share, con picchi di oltre 6 milioni di persone davanti al video e una percentuale del 26%. La serata musicale ha battuto un colosso come Un passo dal cielo, la fiction di Raiuno che con protagonista Terence Hill, le cui repliche stanno riscuotendo un secondo giro di successi. CINEMA-Federico Pontiggia per Il Fatto Quotidiano Nanni, tu vuo fa lamericano?! Avete presente i finti trailer disseminati nel Grindhouse di Quentin Tarantino e Robert Rodriguez? Ebbene, litalica risposta si deve a Moretti, che non sarà pulp come Quentin, ma sull(auto)ironia non si batte: fake o meno, un corto se lè fatto pure lui, e dal titolo che non lascia scampo: Scava dolcemente laddome. Avete indovinato: protagonista è il pilates, con Nanni in palestra che si presta docile e abbastanza impacciato ai comandi di unistruttrice, spingendo il ginocchio verso la punta del naso, mandando le scapole verso i glutei e altre plastiche amenità. Già, sono ormai lontani i tempi della lezione di ginnastica che il suo prof. Michele Apicella impartiva in Bianca (1984) agli alunni della scuola Marilyn Monroe - il grido Bastoniii! fu instant-cult - e ora il maestro si ritrova discente, lasciando la cattedra a una trainer di pilates. Limportante è rinnovarsi splendido sessantenne - li ha compiuti il 19 agosto - e ritrovarsi autarchico, perché il trailer del fantomatico corto Scava dolcemente laddome lo si può vedere solo al suo cinema, il mitologico Nuovo Sacher, inframmezzato ad altri antipasti di quel che ritroveremo in sala. Anche il minuto e rotti di Nanni in palestra si conclude con una promessa dobbligo per tutti i trailer: a febbraio nei cinema. Fake? Mai dire mai: dalloriginario trailer Machete Rodriguez ha poi tratto ben due film. Eppure, qui non ci sono molti dubbi: Scava dolcemente laddome è una sorta di strenna pre-natalizia regalata agli aficionados del Sacher, nulla più, perché un altro film Nanni lha già in cantiere. A brevissimo sul set a Roma, è Margherita (un altro titolo di lavorazione è Mia madre), e sulla carta non dovrebbe contemplare il pilates, bensì un dramma venato di commedia (dramedy direbbero a Hollywood) in formato famiglia. Dopo le profezie bigger than life eppure puntualmente verificate del Caimano e Habemus Papam, il campo lungo su politica e società lascerà schermo, almeno in partenza, al piano ravvicinato, intimo: Nanni e la protagonista Margherita Buy, nei panni di una cineasta in crisi personale e professionale, interpreteranno due fratelli al capezzale della madre. Produzione Sacher Film con il francese Le Pacte, sceneggiatura dellabituale Francesco Piccolo, Valia Santella e lo stesso Moretti, Margherita / Mia madre riuscirà a essere pronto per il prossimo Festival di Cannes, seconda casa del regista? Difficile, e il tempo non è lunico ostacolo: con il pilates come la mettiamo? AFORISMIASSIOMI Un altoparlante si sente male.
Posted on: Wed, 27 Nov 2013 19:00:32 +0000

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