FORBICI (Capitolo 1, quinta pagina, editing in progressione) - TopicsExpress



          

FORBICI (Capitolo 1, quinta pagina, editing in progressione) Se Magda avesse potuto essere Elena sarebbe stato, però, possibile immergersi con tranquillità nella moltitudine umana, senza timore e, all’occorrenza, avrebbe saputo tirar fuori le unghie. Magari perfino in assenza di occorrenze speciali. Così, solo per far valere il proprio potere. Elena era sicuramente una forza della natura e tutti dovevano prostrarsi al suo cospetto, anche se in fin dei conti pure i meglio dotati cadono in qualche errore di valutazione e forse proprio l’arroganza dei loro pensieri li fa precipitare inesorabilmente nelle avversità. Per fortuna degli svantaggiati dalla sorte! (alleluia all’invidia). La realtà, in fin dei conti, non può mai essere, pedissequamente, il riflesso del delirio di grandezza o solo di arroganza dello stronzetto di turno. Di Elena, per esempio. Ma tutto questo Magda non voleva saperlo e non andava troppo per il sottile con i suoi ragionamenti. In quel momento aveva abbandonato del tutto la sua verve filosofica che solitamente la portava a riflettere sulle cose con la minuzia di un vero e proprio chirurgo del pensiero. (Diciamolo: Magda si faceva delle seghe mentali alla grande. Non aveva nient’altro da fare). Che meraviglia sarebbe stato essere come Elena! Essere Elena in tutto e per tutto! Forse trascurando la tossicodipendenza. Certo, di quell’abitudine ne avrebbe fatto volentieri a meno. Ma in fondo, chi non è dipendente da qualcosa? Pensava. Lei stessa, quanti psicofarmaci aveva trangugiato in quegli anni? Dunque, in definitiva, avrebbe accettato anche la dipendenza dall’eroina se questa fosse stata l’unica discriminante allo scambio con Elena. La sua mente adesso era sintonizzata su queste fantasie. Magda era stanca di essere Magda. Non riusciva piu’ ad accettare quella vita fatta d’inedia. La sua forzata solitudine doveva finalmente scivolare via e far strada ad una vita piena di bellezza, di interessi e specialmente d’amore. D’amore, quello che spezza la ragione, che sovverte le consuetudini, che travalica gli ostacoli, che rende le ore rombanti d’energia sfavillante. Voleva farla finita, definitivamente, con quel suo aspetto orribile. Non vi sarebbero stati, in quel momento, argomenti in grado di convincerla che i suoi erano pensieri dettati dal malessere, fantasie paranoiche e depressive giunte al limite oltre il quale era possibile perdere le redini del proprio intelletto. D’un tratto pensò (nientemeno) che la sostituzione completa del contenuto presente nella sua scatoletta cranica compresi li orpelli esterni, avrebbe sortito l’effetto di dar libero corso alla scambio integrale, alla transustanziazione di Magda in qualcos’altro. In Elena, per esempio. O forse di Elena in Magda. Non era poi così importante aver chiaro quale fosse il senso giusto di quel processo che cominciava ad agognare. In realtà fortemente desiderato da qualche minuto, non di piu’. Sarebbe stato comunque difficile trovare chi fosse disposto a un’operazione del genere, ammesso che vi fosse qualcuno in grado di sostituire un cervello con un altro. Una testa, un cranio appartenente ad un corpo con quelli di un altro. Ancora roba da fantascienza, non v’era dubbio. E poi nemmeno lei poteva credere per davvero che sostituendo una testa con un’altra si potesse ottenere la trasformazione radicale di un corpo e di un’intera personalità. La Klinika della Transazione Integrale era di là da venire e il suo Primo Chirurgo ancora da nascere. Il delirio di Magda era, in sostanza, uno di quei tanti deliri lucidi (sì, proprio un ossimoro. Qualcosa da obiettare?) che colonizzano le personalità solitarie, tristi e desideranti. Elena parlò del difficile rapporto col padre. Veramente si trattava di un rapporto assolutamente conflittuale. Bellico a voler essere più pertinenti. -Se non l’avessi abituato da subito, quello mi sarebbe stato addosso dalla mattina alla sera. Eppure, nonostante questo, me lo ritrovo sempre tra i piedi. Cazzo, come rompe quell’uomo! Magda ascoltava e contemporaneamente non smetteva di passare in rassegna il corpo di Elena. Ne sondava ogni particolare. Lo soppesava. Lo risucchiava in qualche modello mentale che stava elaborando con estremo scrupolo. Che davvero fosse lesbica? O meglio, che davvero cominciasse a provare attrazione verso le donne? Non aveva mai avuto dubbi sulla sua identità sessuale (bah, usiamo pure questa terminologia un po’ abusata), tuttavia da moltissimo tempo non sentiva il bisogno di un contatto maschile. Era vergine senza lode, né esaltazione. Così, perché era capitato che nessuno fosse giunto al cospetto delle sue pudenda e tantomeno avesse tentato di oltrepassarne i sacrosanti limiti (Su questi dati tuttavia una qualche incertezza credo di poterla denunciare). Forse un altro genere di interesse si stava facendo strada nelle sue pudiche, e magari dimenticate, fessure organiche? I desideri, i bisogni, in fin dei conti, non possono essere sempre uguali a se stessi, pensava. Sono soggetti al cambiamento. Mutano con le stagioni o gli anni che passano implacabilmente. A ben vedere non aveva ben chiare le possibili conseguenze di queste riflessioni. Era ancora troppo presto. In effetti era troppo tardi. Intanto l’agitazione divenne più fastidiosa. Improvvisamente fece un cenno come di scusa perché sentì la necessità di allontanarsi d’urgenza. Si alzò dirigendosi verso il bagno. Chiuse la porta. Si piazzò davanti allo specchio. Uno specchio rotondo con la cornice liberty e qualche macchia di calcare sul margine inferiore. Con l’indice della mano destra cominciò a seguire il contorno del suo viso riflesso. Intanto la sua espressione sembrava sempre piu’ disgustata. Poi la pressione del dito sullo specchio diventò tanto vigorosa che non riuscì più a farlo scorrere. Magda a questo punto si congedò e giunse immediatamente nel mondo compatto e adesivo della tristezza. assoluta. Iniziò a piangere. Un pianto a lunghe ondate. Quasi senza lacrime. Dopo qualche minuto aprì il rubinetto dell’acqua e si bagno ripetutamente la faccia. Fece scorrere i capelli tra le dita. Li portava piuttosto lunghi. Tendenzialmente morbidi. Castano chiaro orientato al biondo cenere. Scomposti. Li guardò con espressione criminale per qualche minuto. Immobile. Poi cominciò a tirarli, come se volesse strapparli. La pelle tirata con forza ai lati degli occhi, adesso conferiva anche a lei un’affascinante espressione orientale. Ma non erano affascinanti i suoi pensieri. Questo è certo. Le sue produzioni mentali erano, al contrario, davvero impressionanti. Spaventose. Magda conservava un paio di grosse forbici nell’armadietto vicino allo specchio. Le prese. Non usava mai quelle forbici, ma le lame erano molto affilate. Inossidabili e per il momento scintillanti. A punta. La sua attenzione fu attratta, per un attimo, da un animaletto chiaro e indaffarato che si agitava lungo il bordo dello specchio. Chissà cosa stava facendo. Pensò. Quali intenzioni aveva? Se lo avesse schiacciato nessuno al mondo, nessuno in tutto l’universo, avrebbe mai trovato da ridire. Il corpo spiaccicato della bestiola si sarebbe confuso con la superficie dello specchio. Anzi, se lei si fosse premurata di spalmarlo per bene sul pavimento o sul muro, quei resti sarebbero addirittura scomparsi, volatilizzati, annullati definitivamente. Nessuno l’avrebbe mai condannata per questo omicidio quantico. Azionando le forbici e tagliando risolutamente i suoi capelli all’altezza delle orecchie, pensò che lei stessa era una particella infinitesimale e senza senso dell’universo. Lasciò l’animale al suo destino. Il taglio che stava eseguendo non era certo molto professionale. Lei, però, della professionalità se ne sbatteva. Tagliò con lentezza la frangia, i capelli alla sommità del capo, quelli che scendevano dalla nuca. Qualche altra ciocca qui e là. Ad opera ultimata posò le forbici. Appoggiò le mani sul lavandino e si guardò. Non vi erano dubbi: era comico ciò che stava vedendo. Sebbene il suo spirito non fosse dei migliori in quel momento, le labbra si contrassero un poco. Sembrò che accennassero ad un sorriso, sia pure inquietante e malfermo. Per qualche secondo. Poi la serietà omicida, che nel frattempo si era fatta strada in lei, prese il sopravvento. Adesso i suoi occhi furono attratti dalle orecchie. Di rado le aveva potute vedere.
Posted on: Wed, 10 Jul 2013 07:47:45 +0000

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