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IN MERITO ALLA TILMA: In base ai risultati di approfondite analisi scientifiche, iniziate già nel 1666, sarebbe stato assolutamente impossibile dipingere ad olio o tempera unimmagine così nitida sullayate e conservarla così bene fino ad oggi. Secondo Miguel Cabrera, che condusse diversi esperimenti sulla tilma a partire dal 1751, limmagine in sostanza non è un dipinto, essendo i colori come incorporati alla trama della tela e lo stesso tessuto dellayate avrebbe dovuto disgregarsi in breve tempo nelle pessime condizioni climatiche della radura ai piedi del Tepeyac. Limpossibilità a resistere in simili condizioni da parte di una pittura eseguita senza preparazione del fondo, è testimoniata dallesperimento condotto dal medico José Ignacio Bartolache, il quale tra il 1785 e il 1787, fece realizzare da filatori e tessitori indigeni, diversi ayates, il più possibile simili a quello di Juan Diego. Dopo diversi tentativi e scelti quelli che sembrano più vicini, allocchio e al tatto, alloriginale, incaricò cinque pittori di eseguire copie della Morenita sulla tela non preparata, adoperando i colori e le tecniche di pittura in uso al tempo delle apparizioni. Una delle copie, precisamente quella dipinta nel 1788 da Rafael Gutiérrez, viene collocata il 12 settembre del 1789 sullaltare della Capilla del Pocito, da poco eretta accanto al santuario, ma ci rimane solo pochi anni: nonostante fosse protetta da due spessi cristalli, dovette essere rimossa dallaltare già nel 1796, perché completamente rovinata. PROPRIETA INSPIEGABILI DELLA TILMA Nel 1791, alcuni operai, incaricati di pulire con una soluzione di acido nitrico la cornice doro che dal 1777 racchiudeva limmagine, lasciarono cadere sulla tela parte della soluzione detergente. Stando alle leggi della chimica, lacido nitrico, oltre a reagire con le proteine presenti nei tessuti dorigine vegetale dando loro un caratteristico colore giallo [reazione xantoproteica], interagendo con la cellulosa che costituisce la struttura portante delle fibre vegetali, avrebbe dovuto disgregare e distruggere la tilma. Invece il tessuto è rimasto inspiegabilmente integro, e le due macchie giallastre della reazione xantoproteica, che non hanno, comunque, toccato la figura della Vergine, sbiadiscono con il passare del tempo. A questo si aggiunga un altro fatto, ancora oggi inspiegabile, ma notato per la prima volta già nella seconda metà del secolo XVIII e via via costantemente confermato fino ai nostri giorni: layate respinge gli insetti e la polvere, che invece si accumulano sul vetro e sulla cornice. Nel 1936, il direttore della sezione di chimica del Kaiser Wilhelm Institut di Heidelberg, dottor Richard Kuhn, insignito del premio Nobel per la Chimica nel 1938, ha la possibilità di analizzare due fili, uno rosso e uno giallo, provenienti da frammenti della tilma di Juan Diego. I risultati delle analisi, condotte con le tecniche più sofisticate allora disponibili, sono incredibili: sulle fibre non vi è alcuna traccia di coloranti, né vegetali, né animali, né minerali. Nel 1979, lo scienziato americano Philip Serna Callahan esegue una quarantina di fotografie allinfrarosso dellimmagine, sulle quali può compiere uno studio accurato. Tale studio conferma nella sostanza gli studi precedenti: la quasi totalità della figura fa tutt un corpo con il tessuto dellayate, con leccezione di alcune parti, come le mani, che appaiono ridipinte per ridurre la lunghezza delle dita, lintera parte inferiore compresa la figura dellangelo, largento della luna, loro dei raggi solari e delle stelle, e il bianco delle nubi che circondano i raggi stessi, ritenuti da Callahan delle semplici aggiunte. Non tutti gli scienziati sono daccordo su questo, perchè sia la più antica descrizione dellimmagine, In tilmatzintli, scritta con ogni probabilità da Antonio Valeriano nella seconda metà del secolo XVI e pubblicata da Luis Lasso de la Vega nel 1649 insieme con il Nican mopohua , sia la copia presente alla battaglia di Lepanto, quindi anteriore al 1571, mostrano limmagine come ci appare oggi. È quindi più probabile che gli interventi di mano umana individuati da Philip Serna Callahan siano, più che aggiunte, dei semplici ritocchi. In ogni caso, è significativo che anche le fotografie allinfrarosso abbiano dimostrato la natura non manufatta della parte essenziale dellimmagine guadalupana. GLI OCCHI SEMPRE VIVI I risultati più incredibili sono venuti dallesame degli occhi della Vergine di Guadalupe. Secondo la legge ottica di Purkinje-Sanson, due ricercatori che la scoprirono nel secolo XIX, nellocchio umano si formano tre immagini riflesse degli oggetti osservati: a) una sulla superficie esterna della cornea; b) la seconda sulla superficie esterna del cristallino; c) la terza, rovesciata, sulla superficie interna del cristallino stesso. Che tali immagini riflesse, oltre che negli occhi di una persona vivente, possono essere viste anche negli occhi di un volto umano dipinto su una tela è impossibile. Eppure, nel 1929, il fotografo Alfonso Marcué González, esaminando alcuni negativi dellimmagine della Madonna di Guadalupe, scorge nellocchio destro qualcosa di simile al riflesso di un mezzo busto umano. La scoperta, viene confermata il 29 maggio 1951 dal fotografo ufficiale del santuario, José Carlos Salinas Chávez, che attesta con un documento scritto di aver notato riflessa nella pupilla del lato destro della Vergine di Guadalupe la testa di Juan Diego, e accerta subito la presenza anche sul lato sinistro . Negli anni successivi, Illustri oftalmologi, con osservazioni dirette compiute sulla tilma priva del vetro protettivo, individuano, nel solo occhio destro, la seconda e la terza immagine di Purkinje-Sanson. Nel 1979 lingegnere peruviano José Aste Tonsmann, esperto di elaborazione elettronica delle immagini, può analizzare i riflessi visibili negli occhi della Morenita, con il metodo dellelaborazione elettronica, usato per la decifrazione delle immagini inviate sulla terra dai satelliti artificiali e dalle sonde spaziali. Con questo metodo, basato sulla scomposizione di una figura in punti luminosi e sulla traduzione della luminosità di ciascun punto nel codice binario del calcolatore elettronico, José Aste Tonsmann riesce a ingrandire le iridi degli occhi fino a 2500 volte le loro dimensioni originarie, e a rendere, mediante opportuni procedimenti matematici e ottici, il più possibile nitide le immagini in esse contenute. Il risultato ha, ancora una volta, dellincredibile: negli occhi della Vergine, è riflessa lintera scena di Juan Diego che apre la sua tilma davanti al vescovo Juan de Zumárraga e agli altri testimoni del miracolo. In questa scena è possibile individuare, da sinistra verso destra guardando locchio: un indio seduto, che guarda in alto; il profilo di un uomo anziano, con la barba bianca e la testa segnata da unavanzata calvizie e da qualcosa di simile alla chierica dei frati; un uomo più giovane; un indio dai lineamenti marcati, con barba e baffi, certamente Juan Diego, che apre il proprio mantello, ancora privo dellimmagine, davanti al vescovo; una donna dal volto scuro; un uomo dai tratti spagnoli che si accarezza la barba con la mano. Tutti questi personaggi guardano verso la tilma, meno il primo, lindio seduto, che sembra guardare piuttosto il viso di Juan Diego. Insomma, negli occhi dellimmagine di Guadalupe vi è come una istantanea di quanto accaduto nel vescovado di Città di Messico al momento in cui limmagine stessa si formò sulla tilma. Al centro delle pupille, infine, si nota, in scala molto più ridotta, unaltra scena, del tutto indipendente dalla prima, in cui compare un vero e proprio gruppo familiare indigeno composto da una donna, da un uomo, da alcuni bambini, e - nel solo occhio destro - da altre persone in piedi dietro la donna. La scoperta e la conferma scientifica della presenza di queste immagini negli occhi appare come la conferma definitiva dellorigine prodigiosa dellicona guadalupana: è materialmente impossibile dipingere tutte queste figure in cerchietti di circa 8 millimetri di diametro, quali sono le iridi della Morenita, e per di più nellassoluto rispetto di leggi ottiche scoperte solo un secolo dopo! Inoltre, la scena del vescovado come appare negli occhi, non è quella che poteva essere vista dalla supeficie della tilma, dato che vi compare Juan Diego con la tilma dispiegata davanti al vescovo. A questo proposito José Aste Tonsmann avanza lipotesi che la Vergine fosse presente, sebbene invisibile, al fatto, e abbia proiettata sulla tilma la propria immagine, avente negli occhi il riflesso di ciò che stava vedendo. IL LINGUAGGIO DEGLI INDUMENTI Anche gli indumenti della Vergine, sono avvolti dal mistero ed hanno profondi significati simbolici. In base ad uno studio scientifico, la disposizione delle stelle sul manto e dei fiori sulla veste sembra tuttaltro che casuale. Mario Rojas Sánchez, traduttore dei testi náhuatl sullapparizione e studioso della cultura azteca, partendo dalla somiglianza fra i grandi fiori in boccio visibili sulla tunica della Vergine e il simbolo azteco del tépetl, cioè del monte, ha identificato sulla tunica una mappa dei principali vulcani del Messico; quanto alle stelle, invece, ha potuto accertare, grazie alla collaborazione dellosservatorio Laplace di Città di Messico, che esse corrispondono alle costellazioni presenti sopra Città del Messico nel solstizio dinverno del 1531 che cadeva proprio il 12 dicembre, non viste però secondo la normale prospettiva geocentrica, ma secondo una prospettiva cosmocentrica, ossia come le vedrebbe un osservatore posto al di sopra della volta celeste.
Posted on: Tue, 03 Dec 2013 14:12:29 +0000

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