“ LA MIA MAMMA “. Dal canto mio, ero contento di poter - TopicsExpress



          

“ LA MIA MAMMA “. Dal canto mio, ero contento di poter scrivere quello che sentivo e provavo verso la mia mamma Angiola, anche se non gli piaceva farsi chiamare così, preferiva Angela o Angiolina: Era una donna alta, robusta, dell’età di 47 anni, un po’ grande per avere solo me come unico figlio, anche se questa differenza di età non l’ho mai sentita. A suo modo era molto giovane d’aspetto molto elegante, tanto che, chiunque la conoscesse, la chiamava “ la signora”; era una donna con temperamento forte, sempre sicura di sé: guai a chi avesse ostacolato le sue idee o le sue scelte! Insomma ero pronto a scrivere, un componimento coi fiocchi, cercando con tutto me stesso di fare un gran bel capolavoro, per poter finalmente raggiungere quel premio così ambito, ma mai guadagnato. Le prime parole che scrissi furono : “ La mia mamma… “ e furono anche le ultime, perché la mia mente vacillò, non sapevo più cosa scrivere, forse per la paura di sbagliare o forse per non poter raggiungere l’obiettivo prefissato, so solo che ad un certo punto, girai il capo verso Luca tentando di sbirciare quello che lui scriveva. Volevo leggere, ma non era facile copiare, anche perché, sia lui che io, nascondevamo il quaderno con il gomito del braccio, proprio per cercare di impedire che ognuno di noi sbirciasse nelle pagine dell’altro. Comunque riuscii a leggere ciò che scriveva, e così mentre leggevo, scrivevo: “ La mia mamma si chiama Bruna…” Alla fine consegnai il tema, felice di averlo svolto senza essermi reso conto dell’errore che avevo commesso. L’indomani il Maestro Pisu tornò a scuola con i temi corretti, era il giorno della premiazione. Cominciò a guardare i temi, a metterli in fila e poi disse: “ Ci sono due vincitori, in quanto i temi sono simili tra loro.” Quindi con voce ferma chiamò: “ Luca , Sergio : alzatevi!... dobbiamo scoprire chi di voi due ha una mamma che si chiama Bruna “. In quell’istante mi sentii le gocce di sudore cadere dalla fronte, avevo capito che non potevo essere io il vincitore: avevo copiato tutto il tema di Luca. Nello stesso tempo non potevo però dargliela vinta, quindi dovevo escogitare una scusa ,che mi portasse a vincere quel premio. Abbassai il capo e dissi : “ Signor Maestro la mia mamma si chiama Angiola, ma siccome non gli piace essere chiamata cosi, allora ho preferito chiamarla Bruna”. Luca immediatamente rispose: “ No… mi ha copiato..! ho visto che copiava…. la mia mamma si chiama Bruna ! e non la sua..”, intonò in maniera risentita. Il Maestro ascoltò con attenzione quello che avevamo da dire o, almeno, ascoltava le nostre versioni, anche se sapeva perfettamente chi aveva copiato. Non ricordo cosa disse in merito, so solo che il mio tema fu premiato con un ora dietro la lavagna e la convocazione dei miei genitori. “.. Madonna che vergogna !!! ..” Luca rideva…. Il suo sorriso, adesso come allora, mi torna alla mente,: sarcastico, quasi a voler prendere in giro tutti, ma allo stesso modo un sorriso pulito, senza sbavature né correzioni, spontaneo… Erano gli anni sessanta, precisamente il 1967. Iniziai spesso ad andare a trovare Luca a casa, non per fare i compiti, come d’abitudine facevano tutti gli altri compagni, ma per giocare. Abitava in una casa di campagna, era il quarto di otto fratelli, 5 maschi e 3 femmine, a differenza di me che ero figlio unico. Quando arrivavo, spesso era nell’aia dove faceva girotondo con la bicicletta, : “ Ciao Luchino, si va a fare un giro al Capannone ? “ “ Si, alo’,”. E così partivamo per le nostre missioni, in cerca di chissà quali avventure. Quasi sempre, io facevo la guardia e lui il ladro. Forse sarà per questo che è riuscito a stare sempre davanti a me in ogni cosa, senza lasciarsi mai afferrare, sarà un caso, ma è sempre stato così. Mentre correvamo spensierati con le nostre bici, ogni tanto si parlava : “ Sergio, ma te ci vai al mare quest’anno ? “ “ Si ! come tutti gli anni, si parte la mattina e si torna la sera. “ “ Che bello,” io un ci sò mai stato;” accidenti… un giorno intero ci stai ?” “ Eh si, il mi babbo c’ha la macchina, il Fiat 2100. lo sai che so già guidà,. il mi babbo m’ha insegnato quand’ero piccino; vedrai che quando si parte, se non dormo mi fa guidare. “ “ Sie, un ci credo neanche se ti ci vedo, tho! Nemmeno ci arrivi ai pedali “. “ No..no.. col cuscino sotto il culo invece ci arrivo. “ “ ma sta’ zitto unnè vero “. “ Ascolta se un ci credi un m’importa niente; perché un ci vieni anche te al mare con noi ? Così vedi ! “ “ Un posso, un ciò nemmeno il costume e poi la mi mamma un mi ci manda mica. “ “Al mare con noi Luca non c’è mai venuto.” Quando ormai stanchi, le ombre della sera cominciavano ad imbrunire il paesaggio, si tornava casa, sudici e sudati, ma felici della nostra missione al Capannone… Salivamo su per le scale e si entrava in casa, in cucina, che poi non era altro che uno stanzone con al centro un tavolo di legno lunghissimo, da un lato, vicino alla finestra l’acquaio, la stufa a legna, la madia dove veniva posto il pane e qualche altra cosa . Dall’altro lato della stanza c’era un grosso camino, di quelli con le panche, dove ci si poteva entrare dentro. Ci piaceva stare lì nei periodi invernali, perché quando il fuoco era acceso ci divertivamo a contare le “ monachine”, che salivano su per il camino… quante risate… Quando si usciva avevamo una faccia rossissima, come se fossimo stati al mare : era quella la nostra abbronzatura! Poi mamma Bruna - la famosa mamma Bruna, ci faceva fare merenda: pane con il pomodoro o con lo zucchero… senza vino… Una volta finito di mangiare, prendevo la mia bicicletta e tornavo a casa salutando Luca. “Ciao, ci si vede domattina a scuola, Ciao Luchino.” In segno di risposta alzava il capo, era quello il suo saluto; è sempre stato così. L’indomani, come tutti gli altri giorni, ad eccezione di quando eravamo malati, ci si ritrovava a scuola, ed è continuato così fino alla terza media, sempre insieme e sempre in cerca l’uno dell’altro; come quella volta in prima media, per un banale equivoco io mi ero iscritto alla sezione di Inglese e lui a francese, ma al momento della suddivisione e assegnazione delle classi ci ritrovammo separati. Facemmo di tutto per riuscire a stare insieme e allora io, che in certe situazioni ero un po’ più sveglio di lui, chiesi di essere trasferito alla sezione di francese, tanto l’inglese non lo sapevo e neppure il francese, così ci ritrovammo nuovamente insieme e ovviamente nello stesso banco… ( ma questa è un’altra storia). Luca a casa mia non veniva quasi mai e le poche volte che si decideva era solamente per qualche minuto, ad eccezione di quando fummo un po’ più grandicelli. Allora restava anche a dormire . Era uno spasso; la mia mamma ci preparava il mio letto da una piazza e mezzo, nel quale dormivamo fino al mattino: dormire si fa per dire! Era più il tempo che passavamo a ridere e scherzare che cercare di dormire. Però quando gli occhi non riuscivano a stare più aperti, ci addormentavamo e ci si ritrovava al mattino l’uno rivolto verso l’altro. Se ripenso a quei momenti,devo dire che sono felice che nella mia vita ci sia stato un amico come lui e credo, in cuor mio, che per lui sia stato la stessa cosa.
Posted on: Thu, 05 Sep 2013 06:56:00 +0000

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