LAS JOYAS del LUNFARDO – Le gioie del Lunfardo Libera - TopicsExpress



          

LAS JOYAS del LUNFARDO – Le gioie del Lunfardo Libera traduzione dal Prologo di Athos Espìndola al suo"Dicionario del Lunfardo" da ditantointango.it Dire che in Argentina si parla la lingua spagnola non è del tutto esatto; gli argentini hanno una loro propria lingua. In realtà non hanno mai parlato spagnolo nemmeno quando glielo insegnavano a bacchettate nelle vecchie scuole dei tempi andati. Non lo parlavano da bambini, né lo facevano i loro genitori e nemmeno gli stessi insegnanti. Cinquecento anni di storia sono serviti perché nel paese si modellasse un linguaggio singolare, vivo, penetrante, sempre ricco di elementi evolutivi. Da quando i Conquistadores hanno messo piede nel Rio de La Plata, alla lingua castellana civilizzatrice si sommarono molte voci dei nativi per evidenti necessità di comunicazione. In piena epoca coloniale il "tu" spagnolo era stato sostituito dal "vos" creolo. L’indipendenza ha fatto il resto, le voci della campagna, metà indie e metà gauche arrivarono in città e fu la genesi di un linguaggio tanto peculiare e popolare quanto impressionante per coloro che continuavano a parlare castellano. Ed ecco infine l’alluvione migratoria che portò nel paese lingue e dialetti di ogni specie che cominciarono a circolare nelle viuzze di Buenos Aires. Il porteño orillero[1] sentì queste parole prima con fastidio poi con curiosità; infine le trovò graziose e, come per gioco, le aggiunse allegramente nella sua parlata quotidiana così come le sentiva oppure trasformandole in ingegnosi incroci con la sue. Nasceva così il Lunfardo! Il bassofondo lo fece suo, lo assaporò e lo aiutò a crescere. E crebbe avendo la virtù di aprirsi al sentire e all’ingegno popolare che lo staccò dalle Orillas e lo rigenerò arricchendolo di nuove voci e lo incorporò nel lessico porteño già abbondantemente alieno al purismo castellano. Forse senza saperlo la Regina del Plata[2], aveva cominciato ad elaborare un linguaggio distintivo dell’essere argentino in cui convergono, oltre al castellano, dialetti spagnoli, italiani, portoghesi, anglicismi, gallicismi ecc. Quindi mentre la generalità dei paesi ispanoamericani hanno una lingua molto vincolata allo spagnolo sia nella struttura che nella pronuncia, l’Argentina, col suo proprio linguaggio, si differenzia non solo per le predette ragioni ma anche per la costante creazioni di nuove parole e di innumerevoli modismi . Forse un giorno sarà inserito nel loro ciclo scolastico lo studio della loro vera lingua alla quale si unirà lo spagnolo come lingua storica che ha contribuito alla sua formazione. Intano sarà invano che nelle aule scolastiche si istruiscano i ragazzi a dire o oppure ,[3] perché quando escono da scuola e vanno per strada essi diranno o oppure , mentre il padre, che è andato a prenderlo a scuola, saluterà la maestra col suo migliore sorriso e intanto penserà ”Esa mina es una bomba; està para el crimen yo le darìa la boleta,[4] senza sentire che la maestra dice alla sua collega, che come lei insegna spagnolo, “Qué facha de chanta tiene ese tipo de sonrisa fayuta[5] Note: [1] Porteño Orillero. L’abitante delle periferie urbane di Buenos Aires. Orilla vuol dire Orlo, zona marginale. [2] Buenos Aires detta la Reina del Plata. [3] Tù eres = Tu sei // Ve tù niño = Vattene ragazzo // Calla tonto= Zitto scemo [4] Quella donna è una bomba; si farebbero pazzie per lei, io mi ci fionderei! 5] Che faccia insignificante ha quel tipo dal sorriso falso!
Posted on: Sun, 07 Jul 2013 06:48:05 +0000

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