La sterilità: aspetti psicologici La problematica della - TopicsExpress



          

La sterilità: aspetti psicologici La problematica della sterilità e quindi della mancata capacità di riprodursi è stata da sempre vissuta con paura e disgrazia presso quasi tutti i popoli. Non sappiamo esattamente in quale momento della sua evoluzione l’uomo si sia posto questo problema, ma studi antropologici hanno dimostrato che ci fu uno scarto notevole fra il diventare mammifero pensante e il mettere in relazione il coito con la fecondazione. Alcune documentazioni al riguardo risalgono all’antico Egitto e all’Antico Testamento, ma anche la tradizione indiana si è interessata all’argomento. Nella Bibbia la sterilità è considerata una punizione divina e le donne che non potevano avere figli permettevano che la loro schiava giacesse col marito per poterne avere ( Rachele a Giacobbe: dammi dei figli se no io muoio! – Genesi, 30, 1-3). In Grecia, la medicina ippocratica adduceva a cause meccaniche la sterilità femminile (orificio uterino otturato o troppo dilatato) ma anche a conformazioni fisiche particolari della donna (donne troppo grasse). Occorre attendere fino al rinascimento per avere dei veri e propri trattati sull’argomento, dove troviamo per la prima volta anche cause non prettamente organiche della sterilità: primieramente quando l’huomo, e la donna, non si portano amore non possono generare (Marinello, 1563 in Astruc, 1763) oppure la quarta e ultima causa è il disaccordo, la mancanza di amore fra i coniugi (Rodericus à Castro, 1659). P. Garnier (1883), in pieno clima romantico propose una classificazione della sterilità che si avvicinava molto alle teorie più moderne, con qualche sfumatura rosa: egli ne parla come della più grande calamità che possa capitare ad una coppia, ( manca tutto, c’è solo tristezza ) e in contrapposizione ai positivisti, per i quali il procreare è solo un atto fisico, si chiede se veramente l’amore, il sentimento, la passione, non possano influenzare la sterilità. Secondo questo autore infatti, la sterilità può essere di tre tipi: a) essenziale, cioè derivante da cause organiche più o meno durature (diverse per l’uomo e per la donna); b) assoluta o definitiva; c) relativa, definita come l’impossibilità di avere figli insieme, anche se separatamente sia l’uomo che la donna hanno dato prova di fertilità (situazione alquanto machiavellica! – cit. la Mandragora) e malgrado la buona salute di entrambi. Alla fine dell’800, una volta comprovati vari studi di anatomia si cominciò a dare prevalenza eziologica all’architettura dell’apparato genitale, perdendo queste strane (ma possibili) spiegazioni “psicologiche”. In special modo con l’apparizione del primo “Trattato Completo di Ginecologia” la maggior parte della colpa veniva addossata all’apparato genitale femminile che per varie ragioni non riusciva ad accogliere il seme dell’uomo. Desiderare un figlio Mentre per gli animali la riproduzione è la conseguenza di un bisogno puramente istintivo, destinato ad assicurare la sopravvivenza della specie, il desiderio del figlio, per l’uomo e la donna, è al tempo stesso molto più profondo e molto più complesso: fa intervenire non soltanto tutta la struttura psicologica dell’individuo, ma anche il significato che egli dà alla coppia, all’amore e più in generale alla sua vita (Chevallier, 1976). E. Chelo (1993) afferma quanto sia innegabile che il desiderio di un figlio, per quanto realizzabile in termini di “naturalità”, sia sottoposto a significative pressioni sociali e in senso più lato culturali, riempiendosi di significati, valori e simbologie che di naturale non hanno più nulla ma rispecchiano l’evoluzione della società, la storia del costume e della morale. Standard Image Banner 80 x 400Possiamo affermare come, in genere sia proprio il sesso femminile ad essere più colpito da questa “calamità”, un po’ per retaggi storici, un po’ perché è la donna che vive appieno la maternità sia in senso fisico che psicologico: il desiderio di procreare appartiene ad entrambi i sessi, ma la donna appare quella che soffre di più nella situazione di incapacità (Acocella, Sandomenico & Stranieri, 1991). Interrogare le persone sui motivi che li spingono a volere un figlio non è semplice, né le risposte sono ben articolate, “anche nei casi in cui le donne sembrano sapere perché vogliono un figlio le risposte sono difficili da interpretare, in quanto riferibili a due livelli: conscio e inconscio” (Acocella et al., op. cit.). Il desiderio di un bambino, come tutti i nostri desideri, ha una storia, lo hanno preparato precedenti bisogni e fantasie e nel tempo si è trasformato in modo che la sua manifesta apparizione nel presente ha poco in comune con le immagini corrispondenti al bisogno da cui si è formato (Wyatt, 1967). La maternità comprende due fatti distinti se pur dipendenti: essere madre e avere un figlio. Essere madre, dal punto di vista psicodinamico, significa vivere un periodo in cui vengono riattivati antichi conflitti e vissuti dell’infanzia; se l’identificazione con la propria madre è stata positiva la transazione alla maternità sarà più semplice, altrimenti potranno subentrare problematiche che se non vengono risolte possono portare una cattiva gestione del maternage o in casi estremi anche una impossibilità di procreare. La sterilità inoltre implica tutti i problemi psico-affettivi ed emotivi legati allo spirito materno, dimensione psicologica che supera e oltrepassa il semplice fatto fisiologico che è la maternità (Pasini, Rouge & Meylan, 1975). La Deutsch (1945) distingue il desiderio di avere un figlio, legato a componenti emotive e narcisistiche, dallo “spirito materno” che rappresenta invece il grado più alto dell’emozione altruistica; sentimento sano quest’ultimo e patologico il primo. Definizione Vista la confusione che c’è sull’argomento, l’OMS ha stabilito una terminologia che si rifà a riferimenti temporali precisi: sterilità primaria: mancato concepimento per un periodo di due anni nonostante la regolarità dei rapporti sessuali sterilità secondaria: colpisce coppie che hanno già concepito e che per un periodo di due anni non riesce ad avere un’altra gravidanza infertilità: definisce la situazione di una donna che arriva ad avere una gravidanza ma non riesce a portarla a termine. Secondo Nicotra (1985) il termine temporale di due anni risulta piuttosto lungo, riportando che, in base ad indagini statistiche già dopo un anno di rapporti sessuali infruttuosi una coppia può essere sospettata di sterilità. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) stima attorno al 15-20% la percentuale di coppie con problemi di fertilità. Negli Stati Uniti si stima che almeno 5 milioni di persone abbiano questo problema (Mosher & Pratt, 1990), ma anche in Europa le stime sono elevate; ad esempio uno studio francese (Querleu et al., 1990) ha rilevato una percentuale di coppie sposate sterili pari al 30%. In Italia è possibile fare una stima solo a partire da dati ISTAT, perché mancano ricerche epidemiologiche accurate, arrivando a postulare ogni anno da 50 a 70.000 coppie sterili di cui solo il 42% si rivolge all’assistenza medica specialistica (fonti EURISPES, 1996). Molto importante è il colloquio iniziale, al quale la coppia giunge dopo incertezze, discussioni e ripensamenti: ci si trova davanti a persone con alti sensi di colpa, stati depressivi e notevole ambivalenza circa la gravidanza, inoltre si sentono inutili, improduttive e vivono questa loro condizione come uno stato di inferiorità (Cittadini et al., 1986). Gli accertamenti e le terapie della sterilità sono, però lunghi, tormentosi e pieni di obblighi e la coppia che li intraprende deve esserne consapevole (Acocella et al., 1991). Il colloquio deve quindi creare un clima di fiducia e tranquillità, eliminando inutili timori e apprensioni, ma deve anche cercare di inquadrare la personalità dei due componenti della coppia (con particolare riguardo al comportamento sessuale) e studiare la relazione coniugale e la sua storia. Cittadini e colleghi concludono però dicendo che è difficile stabilire con certezza se il problema della sfera psicologica preceda o sia conseguenza dell’infertilità, sottolineando come spesso una apparente infertilità sia dovuta all’ignoranza sulla fisiologia e meccanica degli apparati riproduttivi: ecco che in questo caso il colloquio può servire come momento chiarificatore delle abitudini sessuali della coppia e per dare eventuali spiegazioni in proposito. Prima di arrivare alla diagnosi di sterilità, la coppia deve sottoporsi a ulteriori colloqui (anamnesi personale e familiare) esami obiettivi e visita ginecologica. Eziologia Per quanto riguarda le cause, la sterilità non ha segreti nel 90% dei casi (Froggio, 2000). Nei maschi le cause più comuni riguardano l’incapacità o la diminuita capacità di produrre spermatozoi in grado di fecondare, l’impossibilità di portare all’esterno il seme prodotto, il criptorchidismo, il varicocele, gli esiti di malattie infettive le alterazioni ormonali, la formazione di anticorpi antispermatici e i traumi chirurgici. Per quanto riguarda la donna si possono individuare tre grosse cause: l’occlusione tubarica, l’endometriosi e alterazioni ormonali. Rimane il 10% di casi in cui si parla di sterilità mista, ovvero quando può dipendere da entrambi i partner per cause immunologiche (incompatibilità a livello fisiologico fra marito e moglie). Esistono però anche casi in cui, dopo accurati accertamenti ed esami medici tutto appare normale e sano, eppure il figlio non riesce ad essere concepito; Froggio parla in questo caso di sterilità inspiegata, definita come uno stato di sterilità involontaria nella quale tutte le indagini appropriate hanno dato risultati negativi. In pratica si tratta di una incapacità a concepire determinata da problematiche di carattere psicologiche inconsce, un conflitto psicologico che si esprime a livello somatico, anche se Pasini e colleghi (1975) avvertono che non basta considerare come “psicogene” le forme di infecondità di cui non si è trovata una causa medica precisa; occorre invece supportare l’ipotesi con comprovati fattori eziopatogenetici specifici. Gli studi in letteratura su questo argomento si sono dedicati esclusivamente alle donne. In genere è proprio la donna che, erede delle tradizioni e presunta responsabile della sterilità della coppia, si decide a ricorrere al medico e va a farsi visitare per prima, manifestando un notevole disagio per la realtà delle cose: questo significa che i fattori emotivi coscienti che possono impedire un concepimento sono poco apparenti. Cohen (1961) ha descritto due tipi di donne che per il loro atteggiamento ambivalente nei confronti della gravidanza possono sviluppare una sterilità psicogena: la donna debole la donna in carriera ma vi sono stati anche studi a livello medico che hanno dimostrato come i fattori emozionali abbiano effetti sia sulla spermatogenesi (Domar & Seibel, 1990; Giblin et al., 1988) che sulle anovulazioni, le alterazioni tubariche e sull’impianto dell’embrione (Edelmann & Golombok, 1989; Seibel & Taymor, 1982), ma tutto ciò non è sufficiente per dimostrare una causa psicologica della sterilità (Froggio, 2000). Effettuare una diagnosi di sterilità psicogena non è affatto semplice e secondo più parti della letteratura, l’aver ricondotto in passato numerosi casi di sterilità alla sfera psicopatologica inconscia è stata una necessità dettata più dalle lacune presenti in campo medico che a una comprovata causa psicologica. In campo psicanalitico però troviamo interessanti ipotesi eziologiche, nella teorizzazione espressa da Helen Deutsch, la quale vede nel senso di colpa inconscio la causa della sterilità psicogena. Essa ha descritto cinque tipi di donna: l’infantile: appare e si comporta come una bambina, sempre bisognosa di appoggiarsi a qualcuno (i genitori prima e il marito poi); se riesce a concepire un figlio, comunque non riesce a maturare e eliminare i suoi conflitti che si ripercuoteranno sulla funzione materna. la materna: è la mamma per eccellenza, di solito ha un partner-bambino che cura come un figlio quindi a livello inconscio rifiuta la maternità per amore del marito che non è pronto per svolgere la funzione genitoriale. l’indaffarata: è colei che dedica la sua vita ad altri interessi, come la carriera, un affetto di altro genere o semplicemente che è appagata da relazioni sessuali intense. Questo tipo di donna non è contraria alla maternità, ma diventa sterile per evitare il conflitto che si verrebbe a creare nel caso di scelta fra il diventare madre e continuare una vita piena di interessi e attività. la virile aggressiva: rimane sterile perché rifiuta la sua femminilità. l’emotiva: non riesce a concepire perché è cosciente della povertà della sua vita affettiva. Secondo la Pines (1972; 1990) la sterilità, anche se psicogena rappresenta una rinuncia forzata; la psicanalista fa risalire le problematiche di fertilità al rapporto insoddisfacente con la madre-ambiente-contenitore di stampo winnicottiano. Secondo lei, la maggior parte delle donne sterili non ha avuto un contatto positivo con la propria madre e questo ha creato reazioni inconsce di rancore e invidia che le porta a un senso di inferiorità. Inconsciamente sono bloccate a un periodo di sviluppo in cui non hanno ricevuto il consenso da parte della loro mamma di avere un bambino proprio, ma la rabbia e l’invidia le portano a provare e riprovare a restare incinta. La maggior parte della letteratura ha constatato che nelle donne sterili si trova il predominio della figura materna verso la quale nutrono aggressività repressa con una corrispondente assenza della figura paterna (debole, respinta o assente). Riassumendo, gli psicanalisti adducono in generale, come causa di sterilità psicogena la tensione dovuta alla paura inconscia della gravidanza, legata a sua volta a un senso di colpa verso la figura materna. In questa prospettiva, se la persona stessa rinuncia volontariamente alla gravidanza, ad esempio dopo una diagnosi di sterilità, può avvenire un allentamento di questa tensione che può portare al ripristinarsi delle funzioni fisiologiche alterate con un probabile e conseguente concepimento. Troviamo in letteratura (Menninger, 1942; Andrews, 1970) numerosi casi eccezionali in cui la sterilità si è risolta subito dopo un’adozione, intesa da questi analisti come manifestazione della cessazione della tensione su citata. Altri però non sono così ottimisti (Hans & Rock, 1950) visto che solo l’8% delle coppie riesce a concepire un figlio naturale dopo un’adozione (c’è da dire anche che vista la datazione di questi studi i loro risultati sono discutibilmente attendibili alla luce delle nuove scoperte scientifiche). Uno studio più recente (Sarrel & De Cherney, 1985) rende merito al trattamento psicanalitico della sterilità, dimostrando che dopo una breve analisi di risoluzione dei conflitti psichici ben 6 coppie su 10 del gruppo sperimentale avevano concepito un figlio, (occorre sottolineare però che si trattava di coppie con una sterilità secondaria). Per Piscicelli (1979) la sterilità psicogena femminile crea una serie di condizioni organiche che sono: disturbi della dinamica del rapporto sessuale in sé. Non è presente nessuna alterazione endocrina, ma sembra che la donna attraverso spasmi muscolari riesca a impedire il passaggio degli spermatozoi fino all’uovo da fecondare. Fattori ovarici. Può esserci anovulazione o produzione di ovuli immaturi quindi non fecondabili. Funzioni tubariche. L’ansia e la paura della gravidanza sembrano provocare la contrazione del collo dell’utero e delle tube rendendo impossibile la circolazione del seme maschile. A conferma di ciò si possono citare studi di fisiologia sugli animali, in cui è stato dimostrato che stati psicologici come l’ansia e il timore hanno un effetto diretto sulla funzione pituitaria e quindi sull’ovulazione (Racamier, 1955). Sempre a proposito di animali, la fecondazione artificiale praticata su di questi ha una percentuale di esito positivo molto più alta rispetto a quella umana, a testimonianza del fatto che nell’uomo si ha una influenza importante proprio del fattore psicologico (Benedek, 1953). Un interessante studio di Pasini e collaboratori (1975) ha confrontato le caratteristiche psicopatologiche di due gruppi di donne, sterili versus infertili: nei risultati di test proiettivi di personalità, le donne non fertili sono risultate più ansiose e insicure, ma con una affettività più viva. Le donne sterili invece hanno presentato una personalità rigida e arida con impulsi aggressivi mal dominati e rivolti contro se stesse; è apparso in questo caso anche un sentimento di odio verso la madre che ha notevolmente influito sull’organizzazione della personalità. Le donne non fertili sono risultate nel complesso più vicine alla norma, anche se con tratti fobici. Causa o effetto? E’ possibile, a volte, confondere gli effetti con le cause: è possibile che in alcune donne dei problemi psicologici impediscano di avere bambini, ma bisogna anche prendere in considerazione il caso contrario, ovvero che una situazione di infertilità comprovata getti l’individuo in una depressione e in una crisi profonda che prima non c’era. Attualmente si stima che i casi di influenza diretta dei conflitti psichici sulla riproduzione siano il 5%, comunque da non sottovalutare, perché forse sono proprio le reazioni psicologiche all’incapacità di concepire che possono contribuire al mantenimento del problema e al suo cronicizzarsi (Froggio, 2000) Le reazioni psicologiche possono influenzare lo stato d’animo dei coniugi, possono turbare i rapporti fra di loro e con il loro entourage amicale e familiare. Dagli anni settanta ad oggi numerosi studi su coppie hanno dato risultati eterogenei per quel che riguarda eventuali legami fra stati psicopatologici e fertilità, ottenendo a volte risultati nella norma altre volte livelli leggermente più elevati di ansia e depressione nelle coppie sterili (soprattutto sul versante femminile). Per quanto riguarda invece gli effetti della diagnosi di sterilità sulla coppia, troviamo notizie più omogenee che si possono così riassumere: effetti emotivi: shock, depressione, senso di lutto, rabbia e senso di colpa effetti sulla identità personale: senso di disistima, dubbi sull’identità di sé e su quella coniugale, perdita di significato dell’intera esistenza. Effetti sulla relazione coniugale: ostilità, paura dell’abbandono, isolamento dal partner, ma anche sostegno reciproco e avvicinamento. Effetti sulla vita sociale: senso di non accettazione, isolamento dalle amicizie o dalla famiglia di origine. Ad ogni modo, le coppie si rendono conto che in questo momento delicato è necessario avere un supporto psicologico, infatti il 97% di coloro che si rivolgono a un centro per il trattamento della sterilità afferma che il servizio psicologico è necessario, mentre il 50% richiede un’assistenza psicologica o psicoterapeutica in prima persona (Daniluk, 1988). Sussistono notevoli differenze di genere nella reazione alla dichiarazione di sterilità: i maschi sembrano reagire con maggiore ottimismo, assumono un atteggiamento possibilista che può risultare però ambiguo agli occhi della moglie: in realtà cercano di trattenere i propri sentimenti, parlando meno del problema perché si sentono in colpa e colpiti nella loro virilità, perdendo la stima di sé. La reazione della donna è invece drammatica: mostra apertamente delusione, depressione, disperazione. Per Stephenson (1987, in Froggio, 2000) la capacità di procreare e la genitorialità sono per le donne fra gli aspetti più importanti per la definizione della propria identità, forse è per questo che queste dimostrano maggiore coraggio e costanza nel portare avanti le terapie, sono le prime a recarsi dallo specialista ed effettuare le indagini preliminari. Per concludere vorrei citare due posizioni: Secondo la Vegetti Finzi (1985) nella donna la sterilità può essere definita come assenza di un figlio, mai come inesistenza, infatti secondo la sua tesi, il bambino preesiste alla maternità reale e non si esaurisce con essa. Nel vissuto di sterilità convivono due opposte esperienze: quella di mancanza di figlio nel reale e quella di presenza di figlio nell’immaginario. Il sociologo Alberoni identifica invece nel figlio un prodotto di pregio, un lusso, un investimento affettivo ed emotivo che deve colmare un vuoto , un vuoto che troppo spesso è in realtà un vuoto di coppia: si vuole un figlio e si fa un figlio per tenere in vita un rapporto che altrimenti si esaurirebbe e che molte volte si esaurisce dopo la nascita. Per questo diventa estremamente importante in sede di colloquio pre-trattamento, provare ad accertare quali sono i motivi che spingono una coppia a volere un figlio ad ogni costo o tramite la fecondazione artificiale o con l’adozione, anche e soprattutto per il bene del bambino. fonte: andociofi.blogspot.it/2012/06/psicologia-della-sterilita-di-virginia.html psicologosanbenedettodeltronto.it
Posted on: Mon, 23 Sep 2013 05:17:45 +0000

Trending Topics



Recently Viewed Topics




© 2015