Le colombe di Gaza Le bombe cadevano a centinaia sulla folla che - TopicsExpress



          

Le colombe di Gaza Le bombe cadevano a centinaia sulla folla che fuggiva disperata. Non un luogo dove rifugiarsi, non una frontiera da poter varcare. Fatima una bimba di sette anni lasciò la mano della madre e si fermò ritta sul ciglio della notte. Chiuse gli occhi e aprì le manine volgendo le palme contro il cielo come aveva visto fare a suo padre quando pregava. Fatima era un bel nome, aveva detto sua madre, era il nome della figlia del profeta Maometto colei che tendeva la mano verso gli sguardi dei nemici e fermava gli eserciti. Il cielo era bianco di fosforo mortale e la morte danzava indisturbata e vittoriosa tra sangue e macerie. Quando Fatima aprì gli occ hi vide una moltitudine di colombe come non ne aveva mai viste. Mentre le guardava incantata altre ne arrivavano precipitando giù dagli aeri che sorvolavano Gaza spandendo distruzione. La muta preghiera di Fatima aveva trasformato le bombe in colombe. Più i piloti sganciavano bombe più si riempiva l’aria avvelenata di bianchi piumaggi, ora tutti gli sguardi erano rivolti al cielo colmi di stupore. Ma ancora più forte lo sbigottimento dei piloti quando una bianca marea alata circondò gli aerei e volando li trascinò lontani da Gaza. Gli aerei andarono a schiantarsi da dove erano venuti, in Israele. Mentre i velivoli andarono in pezzi i piloti ne uscirono incolumi e questo era un fatto veramente insolito. Più tardi furono interrogati su quel disastro ed essi, confusi, spiegarono che le bombe si erano trasformate in colombe che li avevano trascinati via mentre i comandi non rispondevano più e nulla avevano potuto fare per impedire il precipizio. Mentre i malcapitati venivano prontamente trasferiti in un manicomio le autorità israeliane imposero il silenzio stampa su tali incredibili avvenimenti. Le colombe rimasero a Gaza e il loro numero era così grande che il cielo ne fu tutto bianco. “Come faremo a dare da mangiare a tante colombe?” Chiese il piccolo Hani a sua madre. Ma i volatili non avevano fame, cielo sotto il cielo restavano lì come guardiani ultraterreni. Un giorno dal cantiere edile che stava costruendo case per una nuova colonia nella West Bank sparirono tutti i mattoni e la calce, assieme al legname, chiodi e cemento. I ladri non avevano lasciato la minima traccia e nessuno li aveva sentiti né arrivare né andarsene. Gli abitanti di Gaza rimasero molto sorpresi e increduli nel veder arrivare l’immenso stormo carico della refurtiva e molto contenti cominciarono subito a costruire le case. Dopo l’ultima devastante incursione centinaia di famiglie avevano perso la loro abitazione e avevano montato delle tende dentro le quali vivevano senza speranza di poter riavere un giorno la loro casa poiché il governo israeliano aveva proibito l’ingresso di materiali da costruzione in tutta la striscia di Gaza. Così non solo non avevano potuto ricostruire le case distrutte, ma neppure riparare quelle danneggiate, né le scuole e gli ospedali che erano stati bombardati. I bambini andavano a volte a raccogliere sabbia e briciole di mattoni nella buffer zone, la parte del loro paese che i soldati israeliani tenevano sotto tiro e tanti erano morti nel tentativo di racimolare pochi materiali per tappare qualche buco. Nei giorni successivi i furti si moltiplicarono e non solo arrivarono mattoni e cemento, ma ogni genere di prima e anche seconda necessità. I bambini poterono mangiare di nuovo la cioccolata proibita dagli israeliani che li tenevano sotto assedio, il sorriso tornò sulla loro bocca e le lacrime si asciugarono su molti volti. Le colombe portarono anche i pezzi di ricambio della centrale elettrica distrutta dalle incursioni e che mai fino a quel momento aveva potuto essere riparata a causa dell’assedio. Arrivarono anche rifornimenti di materiale sanitario per gli ospedali e macchine costose e preziose. Medici e paramedici che sempre si erano dati da fare, spesso inutilmente, con grande difficoltà e senza mezzi poterono prestare finalmente con efficienza la loro opera e molti malati non furono più costretti a lunghe estenuanti attese e richieste, spesso negate, di permessi per andarsi a curare in Israele o in Egitto. A Gaza la vita rifioriva ma in Israele cresceva il panico e lo sbigottimento. Sebbene nessuno le avesse mai viste, tutti avevano capito chi erano le autrici di furti e sparizioni. Ora si cominciava a credere al racconto dei piloti, ma i giornalisti avevano la consegna del silenzio e i generali ordinarono armi speciali per combattere le colombe. In quei giorni i pescatori uscirono in mare con una bianca e alata scorta, sentendosi sicuri andarono molto oltre le tre miglia dalla costa come imponevano gli assedianti. Una nave militare si avvicinò e partirono dei colpi mortali sui pescherecci e sulle barche. Ma una volta arrivati a destinazione invece di colpire i pescatori si posarono con lieve frullare di ali sulle loro spalle. Mentre sulle facce dei militari compariva un’espressione di spavento e stupore lo stormo circondò la nave e la trascinò al largo. Quando giunsero a terra i pescatori gazawi avevano le reti ricolme di pesci. Pesci pregiati, come non se ne trovavano più nel breve tratto di mare dove erano stati relegati dall’arroganza degli assedianti e che ormai era privo perfino di alghe. I ristoranti di Gaza riaprirono i battenti e non furono più costretti a comprare, loro che avevano il mare a due passi dal loro naso, il pesce da Israele. Anche i tunnel che circondavano Gaza e che erano stati scavati per far passare dall’Egitto generi di prima necessità clandestinamente, furono abbandonati. Nessun ragazzo o bambino dovette più calarsi in quei labirinti di paura, come avevano fatto fino allora spinti dalla necessità. A volte capitava che qualcuno era costretto a uscire da Gaza, al valico di Erez i soldati del check point vessavano e umiliavano i gazawi e per lo più impedivano loro di uscire, allora arrivava lo stormo di colombe e sollevava in volo colui che doveva passare deponendolo dall’altra parte, i soldati si nascondevano spaventati nella torretta. Ma a Gaza l’acqua restava inquinata e così pure il terreno e l’aria. Le bombe che gli israeliani avevano sganciato avevano lasciato veleni e sostanze cancerogene, alcuni bambini erano nati malformati e altri si erano ammalati stando nelle tende a contatto con la terra. Un giorno i gazawi videro levarsi un vento possente che soffiava tra terra e mare. Si rifugiarono nelle case e chiusero porte e finestre per non essere trascinati via. Tutte assieme le colombe avevano preso a soffiare spazzando cielo e terra e mare. Dopo i bambini corsero fuori a frotte e ridevano e respiravano l’aria pulita che a loro pareva così strana e così bella. Mentre Gaza splendeva come una perla e fioriva come un prato di gigli in Israele cresceva lo sgomento e il timor panico. Le colombe che in un primo momento non si erano fatte vedere ora si mostravano con impudenza. Gaza non era ancora libera se la gente non poteva spostarsi e perciò si misero a guardia dei valichi e pretendevano di far circolare chiunque in entrata e in uscita sotto il naso dei soldati sbigottiti. Fu a quel punto che politici e generali decisero di prendere drastici provvedimenti. Qualcuno propose di sganciare su Gaza una bomba nucleare, ma la proposta fu abbandonata per l’alto rischio a causa della prossimità con Israele. I generali e i politici allora si rivolsero all’ONU, chiesero una riunione speciale del Consiglio di sicurezza per proporre una mozione di guerra e chiedere l’aiuto di una coalizione di volenterosi. La mozione fu bocciata quasi all’unanimità, ma gli Stati Uniti, che assieme a Israele, avevano già inserito le colombe tra le più pericolose organizzazioni terroristiche del mondo, al pari di Al Qaeda, insistettero con vigore. Poiché nessuno li ascoltò il presidente americano già nobel per la pace rinnovò al suo alleato il proprio appoggio. La voce però si era sparsa, in tutto il mondo si parlava delle colombe di Gaza, nessuno aveva voglia di bombardare colombe, neppure i militari americani i quali si chiedevano allibiti cosa sarebbe mai successo se in un attacco di terra tutto quell’immenso stormo si fosse messo a cagare sulle truppe. Obama si limitò quindi a fornire Israele di nuove e più sofisticate armi, ma era ciò che faceva usualmente. I generali erano furiosi e scornati, erano riusciti a catturare una trentina di colombe e progettavano di eseguire una condanna esemplare impiccandole in piazza Dighendolf. I consiglieri militari però li fecero desistere avanzando l’ipotesi che una volta impiccate le colombe ridiventassero di nuovo bombe facendo una strage. Il clima in Israele era variegato, mentre i generali e i politici fremevano di rabbia e frustrazione, i coloni razzisti e feroci affogavano nel loro livore sentendosi per la prima volta impotenti invece che onnipotenti e tutto a causa di qualche pennuto. La maggior parte della popolazione cominciò a meditare seriamente su tali superni avvenimenti, mentre un’altra parte della popolazione, poca in verità, sorrideva e sussurrava all’orecchio delle colombe che si posavano gentilmente sulla loro spalla “Grazie per averci liberato assieme a Gaza”.
Posted on: Wed, 10 Jul 2013 13:09:47 +0000

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