Le navi maledette in collaborazione con il Pozzo e il Pendolo - TopicsExpress



          

Le navi maledette in collaborazione con il Pozzo e il Pendolo La Galleria del Giallo e del Mistero Annamaria Russo e Ciro Sabatino ANapoli non esistono solo case e palazzi maledetti. I misteri, i fantasmi e le inesorabili maledizioni pare si spingano anche oltre la terra ferma per arrivare fino al mare e alle sue mitiche navi. Lunga, densa davventure, di tragedie e di simboliche coincidenze è stata la vita della Achille Lauro, lindimenticato transatlantico ora sepolto sotto cinquemila metri di Oceano Indiano al largo della Somalia. Misterioso rimarrà il motivo di quel fuoco divampato sulla nave e spento soltanto quando la maestosa nave ammiraglia è andata a picco, poco dopo il tramonto del sole equatoriale, nel secondo giorno di dicembre di quel funesto 1994. Come nasce un mito Lidea di una motonave dalle dimensioni inusitate e dalla meccanica innovativa nasce durante la competizione fra la Rotterdam Lloyd, fondata nel 1839, e la Nederland Line fondata ad Amsterdam nel 1870. Nei ventanni successiva la prima guerra mondiale le due grandi compagnie vivono il loro periodo doro sulle rotte che collegano lEuropa alle Indie Orientali. La concorrenza si gioca a colpi di grandi imbarcazioni. Nel 1937 la Nederland Line vara una supernave, la Oranje, destinata alla rotta da Amsterdam a Batavia (capoluogo coloniale delle Indie Occidentali olandesi, che solo nel 1950 tornerà a chiamarsi Djacarta, capitale delllndonesia indipendente). La Rotterdam Lloyd risponde con la Nummer 214, motonave sperimentale da battezzare alla vigilia del varo col nome definitivo: un colosso da 21mila tonnellate che due gruppi gemelli di quattro motori Sulzer, disattivabili autonomamente, possono spingere ad una velocità di crociera che supera i 21 nodi. In teoria, se non dovesse fermarsi necessariamente in almeno due porti per i rifornimenti e non dovesse mettersi in fila per attraver-sare il canale di Suez, la Nummer 214 potrebbe andare dallOlanda allAustralia in una ventina di gior-ni. Il progetto prevede anche la realizzazione di una piscina e un grande salone ovale per i ricevimenti; le cabine potranno accogliere 840 persone fra passeggeri (divisi in 4 classi) ed equipaggio nonchè 5.500 tonnellate di merce. Una vera e propria sfida tra colossi del mare. Eppure i destini della elegante Oranje e della mastodontica avversaria sincroceranno più volte fino a quando le due navi verranno contemporaneamente acquistate dallarmatore napoletano Achille Lauro agli inizi degli anni ‘60. Comune il destino finale: la Oranje, col nome di Angelina Lauro, e la Nummer 214, col nome di Achille Lauro, andranno a picco divorate dal fuoco. La loro storia è la storia di una maledizione implacabile. Le mani di Hitler Il nostro racconto comincia nel 1938. E il 16 agosto quando i dirigenti della Rotterdam Lloyd firmano il contratto per la costruzione della Nummer 214, esattamente tre settimane prima che la Oranje, appena finita, pren-desse il mare. I cantieri scelti per la grande scommessa sono i rinomatissimi KoninkliJke de Schelde di Vlissingen, sullestuario occidentale del fiume Schelde, quasi al confine con il Belgio. Il varo è previsto nella primavera del 1940, il primo viaggio verso Batavia nellestate del 1942. Ma il 17 maggio del 1941 le truppe tedesche invadono lOlanda e il Belgio, che ritenevano di essere al sicuro avendo da tempo procla-mato la propria neutralità. Di questa loro sicurezza il dittatore nazista si è fatto beffe: i pacifici Paesi Bassi gli servono per dilagare in Francia aggirando la munitissima ed inutile fortificazione della Linea Maginot. I porti sul Mare del Nord vengono tutti occupati, le navi requisite, ma non la Nummer 214. Sul salvataggio del gigante ancora in cantiere ci sono diverse versioni. Nel volumetto edito (1988) dalla società di navigazione StarLauro si legge che, per evitare la requisizione, tuttintorno alle fiancate della nave venne eretto uno spesso muro di pietra, e le intercapedini nonchè il ponte superiore vennero com-pletamente coperti di sabbia per scongiurare le insidie delle bombe incendiarie. Più attendibile appare la versione, tra-mandata da equipaggi olandesi, che vede gli operai del cantiere di Vlissingen mollare gli ormeggi e trascinare la nave in una secca dove viene parzialmen-te allagata e tenuta nascosta. Loperazione di sabotag-gio costerà la vita ai direttore del cantiere, deportato dai nazisti e poi fucilato. Il suo nome era Willem Ruys. Lievemente diversa la storia ascoltata e a noi riferita dal comandante Antonio Morvillo, memoria storica della Flotta Lauro. Dopo linvasione di Vlissingen racconta Morvillo - furono proprio i tedeschi a far riprendere i lavori: volevano costringere gli olandesi ad ultimare la Nummer 214 per portarsela in Germania Con grande scaltrezza, e anche rischiando la vita, gli operai rallentarono ogni operazione in attesa dellarri-vo degli alleati. Dopo anni di tensione e di paura, il 3 novembre del 1944 anche a Vlissingen arrivarono le truppe che dopo lo sbarco in Normandia avevano liberato la Francia e i Paesi Bassi. La nave era ancora nel cantiere. E vi rimarrà per tutto il terribile inverno del 1944, diventando asilo, ospedale, deposito di rifornimenti per la piccola città che intanto si sta risollevando dopo le devastazioni delloccupazione e dei bombardamenti. Nel nome di Willem Ruys La Nummer 214, prima ancora del varo, è già un mito. La guerra è finita da poco più di un anno, il lavoro riprende e nel primo giorno del luglio 1946 cè lintero regno dOlanda ad assiste-re alla presentazione della grande nave che viene battezzata col nome di Willem Ruys: si tratta del fondatore della Rotterdam Lloyd, che ha lo stesso nome del direttore del cantiere fucilato dai tedeschi, ed al quale sarebbe stato forse più giusto dedicare quella nave. La cerimonia inaugurale va alla perfezione, nulla che ricordasse il varo piuttosto difficile della rivale Oranje, giusto otto anni prima. La mattina dell8 settembre 1938, infatti, la ammiraglia della Nederland Line non riuscì a lasciare il porto di Amsterdam dopo che la bottiglia di champagne si era infranta sulla chiglia al cospetto della regina Guglielmina: unavaria ai motori rovinò la cerimonia. Per riparare il guasto si lavorò lintera giornata e solo a trada sera la nave lasciò, nellindifferenza totale, la banchina. Con lentrata in linea della Willem Ruys la Rotterdam Lloyd riceve dalla regina il titolo di Royal, primo di una lunga serie di riconoscimenti e onorificenze. Gli anni che seguono sono per la Royal Rotterdam Lloyd anni da mettere in cornice. In ambiente marinaro olandese la Ruys viene chiama-ta molto confidenzialmente Mooie schip ovvero la nave che muggisce, forse in ricordo di una vecchia sirena o di chissà quale rumoroso battello a vapore. Sulla Ruys vengono girati numerosi film e celebrati migliaia di matrimoni. Per arricchire ancora di più la leggenda intorno alla grande nave gli armatori di Rotterdam si lasciano coinvolgere in una iniziativa che molti considerano bislacca e rischiosa, ossia un passaggio con fermata facoltativa (a discrezione del comandante in base alle condizioni del mare) davanti allisola di Pitcairn nel Pacifico meridionale fra lAustralia e il Cile. Meno di cento abitanti, discendenti degli ammutinati del famoso Bounty: da quelle parti approdò la scialuppa sulla quale era stato abbandonato con pochi fedeli lammiraglio William Bligh nel 1789, e da sempre quellisola sotto il Tropico del Capricorno e quelle acque solcate dal veliero maledetto di capitan Fletcher erano considerate dai vecchi lupi di mare come tappe da evitare accuratamente. Sciocchezze!, dichiarano gli organizzatori delle crociere intorno al mondo. Il comandante Ven der Heuvel accosta, fa il giro intorno al piccolo arcipelago verde-azzurro, mentre le guide narrano quella terribile storia marinara di paura, cru-deltà e vendetta. Forse non sono sciocchezze, forse è soltanto un caso, ma dopo un paio di anni di crociere intorno al mondo la solida, inattaccabile, invincibile Royal Rotterdam Lloyd sta per rischiare il fallimento. E la Nederland Line, concorrente di tanti anni prima, non se la passa molto meglio. Le rispettive ammiraglie, vanto e orgoglio della marineria olandese, vengono silenziosa-mente messe in vendita a metà del 1963. Achille Lauro Achille Lauro ha sempre guardato con invidia quelle due navi olandesi - le uniche ad essere presenti con i rispettivi modellini fra le 7 meraviglie del mare nel museo mondiale della marineria ad Amsterdam - e una volta saputo che sono in vendita decide di acqui-starle. Non gli pare vero di dimostrare la sua potenza economica agli spocchiosi concorrenti dei Paesi Bassi; non gli pare vero di dimostrare allopinione pubblica italiana che il tramonto del suo potere politico (basato sullanticomunismo e insieme su un apparente, ele-mentare ribellismo nei confronti della DC) coincide con un ulteriore sviluppo della sua già cospicua flotta di mercantili e navi passeggeri. Per quasi undici anni Iarmatore è stato protagonista, come sindaco, della vita amministrativa cittadina e, come senatore e pro-prietario di un partito populista che si dichiarava di fede monarchica, anche della vita politica nazionale. Gli insuccessi politici e il tradimento dei suoi uomini, passati quasi tutti al servizio del partito democristiano, lo hanno spinto ulteriormente ad affari ardimentosi Negli anni dedicati alla politica la concorrenza è cre-sciuta: il Lloyd Triestino con le splendide Marconi e Galileo non ha rivali sulle rotte per lAustralia; la Società Italia con le turbonavi gemelle Michelangelo e Leonardo fa la spola fra Genova e New York. La Flotta Lauro mantiene la Surriento sulla linea Napoli-Centro America, la Roma e la Sydney sulle rotte australiane. Le ultime due sono ex Liberty, le navi da sbarco e da trasporto per gli aerei che la marina americana svendette alla fine della guerra mondiale. Una volta riadattate stazzano 18mila tonnellate e trasportano non più di 500 passeggeri ciascuna. Mentre le crociere intorno al mondo sono considerate un lusso per ricchissimi, a metà degli anni ‘60 cè il boom delle crociere nel Mediterraneo. La Sydney e la Roma vengono tolte dalla rotta australiana per essere trasformate - nei cantieri di Castellammare - in imbarcazioni da crociera. Occorrono però altre due navi da mettere sulla rotta australiana, sempre frequentatissima, anche se si profila allorizzonte la convenienza del tragitto in aereo. In un primo momento Lauro pensa di farle costruire ex novo, poi adocchia laffare olandese. Acquista prima la OranJe e, un mese dopo, la Willem Ruys. che gli costa 33.250 gulden, equivalenti a circa sei miliardi di vecchie lire. Quasi altrettanto gli costa la prima. Oltre ai dodici miliardi spesi per i gioielli olandesi, ne vengono stanziati altri sedici per la loro ristrutturazione: Lauro guarda avanti a modo suo, fa i suoi investimenti con grande disinvoltura, come quan-do aveva firmato un assegno iperbolico - 105 milioni degli anni ‘50 - per assicurare al suo Napoli il calciatore svedese Hasse Jeppson o come quando sborserà unaltra cifra enorme per assicurarsi la prima emittente televisiva privata partenopea, Canale 21. Massimo segreto sulla trattativa e sui contratti. Non ne parla neanche il quotidiano Roma di cui larmatore è proprietario; sul giornale peraltro appare, il 17 genna-io ‘64, unintera pagina dedicata alla marina militare e mercantile italiana, con un duro attacco al governo di centro sinistra, accusato di non preoccuparsi abbastanza dei problemi del settore. Forse il Comandante vuole giocare il colpo a sorpresa nella prossima campagna elettorale per il Parlamento. La Angelina Lauro lo ero contrario. Papà e Gioacchino invece vollero ad ogni costo quelle due navi passeggeri. Io dicevo che non era il caso di fare concorrenza ai Costa, meglio trasportare merci e petrolio. Ci furono discussioni anche assai dure, ma quando mio padre era convinto non cera verso di fargli cambiare idea. Fui mandato io a prendere in consegna le due navi, la Oranje ad ottobre e la Ruys a dicembre del 1964, la prima era nel porto di Amsterdam, Ialtra a Rotterdam. Ercole, terzo figlio (classe 1927) di Achille Lauro ricorda bene quellinverno di trenta anni fa. La Oranje era molto elegante, me ne innamorai e volli occuparmi personalmente della ristrutturazione, che poi fu una vera e propria ricostruzione. La nave viene portata a Genova dove Ercole Lauro aveva impiantato una officina. La svuotammo interamente, portammo il ferro a nudo, cambiammo la linea di prua e il fumaiolo, rifacemmo la parte poppiera. Quella nave la conoscevo chiodo per chiodo. A mio padre, sulle prime, la Oranje non piacque affatto. Ma per fortuna non intervenne nei lavori di ristrutturazione, lasciò fare tutto a me. Cinquanta giorni dopo tocca alla Ruys, prelevata alla vigilia di Natale nel porto di Rotterdam, dove con Ercole anrivano in aereo il comandante Leopoldo Cafiero, il capitano Walter Capuano e il resto dellequipaggio. Prua verso il Mediterraneo, destinazione i cantieri Piaggio di Palermo, dove attracca il 6 gennaio 1965. La notizia della avvenuta vendita della Ruys rimbalza sui quotidiani di tutto il mondo il 14 gennaio. Prima ancora che si concludesse linverno, puntuale il fuoco fa la sua prima visita sulla nave in cantiere, ma per fortuna senza vittime, solo danni enormi con distruzione di tutto quanto è stato già allestito. Non è mai stato confermato da prove il sospetto, subito avanzato, che il fuoco fosse stato appiccato per bloccare la nave al fine di prolungare il periodo di lavoro. Curiosamente anche durante i lavori alla Oranje si sviluppa un incendio a bordo che causa la morte di un operaio. A questo punto i ricordi di Ercole Lauro si fanno più precisi: Sono stato proprio io a ribattezzare le due navi con i nomi dei genitori, mi pareva doveroso. Sì, lo so bene che i marittimi sostengono che porta sfortuna cambiare il nome alle navi, ma è proprio una sciocchezza, e lo dico io che sono scaramantico come solo un napoletano sa essere. Tutte le navi cambiano nome. La sfortuna non viene da questo, sennò dovrebbe essere affondato il 90 per cento del naviglio mondiale. La sfortuna viene quando deve venire. La Angelina Lauro fa il suo viaggio inaugurale silen-ziosamente, senza grande pubblicità, con circa trecen-to invitati, il 28 febbraio del 1966, al comando del capitano Vincenzo Ummarino. Si trattò — ricorda Ercole Lauro - di una crocierina da Genova a Beirut e ritorno per collaudare i servizi con i passeggeri a bordo; cera naturalmente anche mia madre. La signora Angelina morirà nellagosto del 1967, un anno dopo linaugurazione della nave che portava il suo nome. Per anni si farà ammirare nei porti di mezzo mondo, ma la sfortuna è in agguato. La Angelina, affittata ai Costa che la utilizzavano per le crociere, morirà per un incendio, bruciata e poi affondata nel 1979. Ma sappiamo - minimizza Ercole - come nacque e si sviluppò lincendio un cuoco lasciò la friggitrice accesa nella cucina, e se ne andò a terra. Era di sera, una giornata festiva, a bordo cera solo il turno di guardia; il fuoco ebbe tutto il tempo di dilagare. Sì, cerano impianti antincendio, i migliori di quel momento, ma il fuoco è un brutto animale dovunque, più brutto ancora sulle navi. LAngelina rimase in preda al fuoco per tre giorni poi si tentò di trainarla in un porto: potette fare solo poche miglia al traino di un rimorchia-tore, quindi si rovesciò su un fianco e sinabissò. Il luogo dellaffondamento è proprio nel cuore del maledetto triangolo delle Bermude, dove le leggende, ma anche la cronaca - raccontano di misteriose sparizioni di aerei e navi. Riportiamo ora i riflettori sulla Ruys. Quella che il 31 marzo 1966 lascia il porto di Palermo con il nome di Achille Lauro è una nave del tutto rinnovata. La prua è più ampia, i fumaioli hanno tuttaltra linea con quegli alettoni aerodinamici, e cè un particolare che la distinguerà dora in poi dalle altre navi: tutta la chiglia è dipinta di blu, e blu sono anche i grandi fumaioli; la parte superiore, quella dei ponti e delle cabine, è bianca; in bianco oltre alle lettere del nome sono anche le due grandi stelle, contrassegno della Flotta Lauro, sui fumaioli. Le navi di solito sono bianche, o comunque chiare, per motivi di frigoria, ovvero per ridurre larroventamento dei raggi solari ed economizzare quindi lenergia occor-rente per il raffreddamento. Ma per distinguere la sua ammiraglia da ogni altra nave, stavolta don Achille non bada allabituale risparmio. La motonave lascia Palermo a sorpresa. Nellultimo giorno di marzo sono infatti previste le prove dei motori in mare, ma a bordo cè ancora parecchio da fare, fra messa a punto tecnica e rifiniture varie. Sentiamo ancora Ercole Lauro: Fui io a decidere cosi, perchè temevamo che nel cantiere di Palermo ci fossero facinorosi intenzionati a fermare la nave, perchè preoccupati di perdere il lavoro. Quando, dopo le prime prove di navigazione, gli operai furono sbar-cati, io dissi al comandante Leopoldo Cafiero - un grande amico, lo chiamavamo Poldino, uomo di mare formidabile - di andare a Genova. Uscimmo dal porto senza formalità, senza neanche quei lunghi gridi delle sirene che avevano salutato invece a Genova la Angelina. Tutti pensavano che avremmo fatto solo un giretto... E infatti soltanto il 2 aprile 1966 sul quotidiano dellarmatore appare finalmente la notizia del batte-simo del mare per lammiraglia dellarmamento priva-to: la Achille Lauro sta andando a Genova, a bordo stanno proseguendo i lavori di rifinitura e le prove degli otto motori da 36 cavalli per asse che nel cantiere siciliano erano stati completamente smontati e revisio-nati pezzo per pezzo. La nave adesso può raggiungere la velocità di 24 nodi, è lunga 200 metri e può ospitare 1740 persone. Le tragedie del mare La cronaca marittima di quei giorni è decisamente funesta. Il 31 marzo cè la notizia dellaffondamento nel Tirreno della Orsa Minore la barca a vela dellAccademia navale di Livorno in regata di addestramento: quattro morti, unico superstite un guardiamarina napoletano. Il 3 aprile, sette uomini bruciano vivi sulla Olympic Honour, petroliera panamense in fiamme nel porto di Marsiglia. E stato impossibile salvarli: fino allultimo, ntrappolati tra le fiamme, hanno battuto colpi disperati sulla fiancata. 115 aprile, tragedia sulle coste atlantiche francesi il comandante e tre marinai del sottomarino Narval vengono spazzati via da unon-data al largo di Lorient mentre tentano di recuperare Iantenna radio. Il 9 aprile, si incendia al largo di Cuba il transatiantico in crociera Wiking Princess, bandiera norvegese ed equipaggio italiano. Le luci si sono spente di colpo alluna e trenta, tutti i passeggeri hanno prelevato i giubbotti di salvataggio in cabina e alle 2,30 le scialuppe sono in mare. 490 naufraghi vengono recuperati dal mercantile tedesco Cap Norte e portati nella base americana di Guantanamo. Due le vittime, per infarto. Il 13 aprile, tre morti e undici feriti per uno spaventoso colpo di mare sulla Michelangelo comandata da Giu-seppe Soletti. Lo splendido transatlantico finisce in un fortunale a 48 ore dal porto di New York: Iondata anomala, alta quindici metri, fracassa la ringhiera e 28 cabine sul cassero di poppa; nella stessa tempesta il mercantile inglese Chuscal perde 5 uomini spazzati in mare. Pesanti danni riporta anche la cisterna liberiana Roskou, soccorsa dalla stessa Michelangelo. A bordo dellammiraglia della flotta pubblica italiana ci sono numerosi illustri croceristi, fra cui lo scrittore tedesco Gunther Grass, da poco famoso per il romanzo Il tamburo di latta, che trascorre le ore della tempesta giocando a carte con sua moglie nella sala di prima classe. Il 14 aprile in prima pagina il quotidiano Roma annuncia lavvenuta partenza della Achille Lauro per il viaggio inaugurale dalla stazione marittima di Ponte dei Mille a Genova. A bordo ci sono 500 passeggeri diretti in Australia. Al comando cè il capitano Cafiero che dividerà con Antonio Morvillo (soprannominato maimone) il primo decennio italiano della Grande Nave Blu. Il successo, però, non dura molto. Gli anni che vanno dal 1970 al 1990 sono quelli del tramonto e delle tragedie, per la Flotta e la famiglia Lauro. Il primo incidente grave avviene nel ‘72 proprio nel golfo di Napoli, quando la Nave Blu a travolge un peschereccio uccidendo Vincenzo Chiarini. Lazienda armatoriale tenta di minimizzare lincidente e la famiglia del pescatore viene risarcita con 110 milioni. Quattro anni dopo torna la malasorte, stavolta nello stretto dei Dardanelli. A causa della fitta nebbia la Achille Lauro investe e spezza in due tronconi un cargo da 1500 tonnellate battente bandiera libanese, dove rimane ucciso il direttore di macchina, un italiano. Nella successiva inchiesta gli ufficiali della Lauro ven- a gono scagionati perchè è evidente la responsabilità dellequIpaggio del cargo, ma la vicenda ha, poco dopo, uno strascico inatteso. Sulla nave speronata cerano merci dellOlp, e quando la Achille si ferma a Beirut, salgono a bordo gli ispettori dellOrganizzazio-ne che vogliono accertare lesatta dinamica dellinci-dente. Gli anni 70, che si serano aperti con la morte (1 maggio 1970) del primogenito Gioacchino Lauro, stroncato a 50 anni da un male incurabile sono anche gli anni dei grandi errori aziendali con ritardo e con ingente spesa vengono costruite le superpetroliere Coraggio e Volere. Le loro grandi dimensioni sono dettate dalla convinzione che il canale di Suez non verrà riaperto a breve scadenza. Invece (e cerano i segnali in tal senso) dopo il nuovo conflitto arabo-israeliano chiamato guer-ra del Kippur (ottobre 1973) un intervento congiunto delle grandi potenze porta allaccordo di pace del gennaio 1974. Egitto, Usa, Urss, Gran Bretagna e Francia lavorano insieme per liberare la via di transito dai relitti di guerra e per bonificarla dalle mine. Il canale di Suez viene riaperto il 5 giugno 1975. In appena un anno e mezzo ben 12mila navi di grande tonnellaggio riprendono la vecchia rotta. Ma le superpetroliere come quelle fatte costruire dai Lauro e da altri armatori europei non possono transitarvi. Larmatore ormai novantenne continua a compiere una lunga serie di errori politici ed aziendali: impedisce al figlio Ercole di investire in una azienda di traghetti per le isole del golfo napoletano, e di realizzare la joint--venture editoriale per la fusione del quotidiano Roma con il neonato Il Giornale fondato da Indro Montanelli. Alletà di 92 anni, nel giugno 1979 si presenta candi-dato alle elezioni politiche in una lista capeggiata da Giorgio Almirante, segretario del partito neofascista Si copre di ridicolo e non viene neanche eletto. Disastroso anche lanno 1981, che è anche il culmine della crisi che investe tutta la marina mercantile. Viene sequestrato Gianluca Grimaldi, pronipote dellarmato-re, che sarà liberato solo dopo sette mesi e un pesante riscatto versato dalla famiglia; viene uccisa in aprile - non si saprà mai da chi - Anna Grimaldi, moglie di un nipote di Lauro; a luglio si uccide Achillino Lauro, 32 anni, nipote prediletto; a dicembre la Flotta va in fallimento e viene nominato il primo di una serie di commissari incaricati di pianificare leventuale risanamento o di procedere alla liquidazione. Inizia così quella scandalosa vicenda affaristica e politica che, con ruberie e saccheggi, vedrà la distruzione delle ingenti ricchezze dellazienda armatoriale. Il 2 dicembre inoltre il fuoco torna a visitare la Grande Nave Blu mentre si trova nellAtlantico, a 140 miglia da Las Palmas, nelle Canarie. Le fiamme scoppiano in due luoghi diversi e lontani, ossia nella sala cinemato-grafica e in un bar che si trova due ponti più sotto. Fra i 492 passeggeri si sparge il panico, due anziani crocieristi crollano fulminati da infarto, una donna si getta in mare terrorizzata. Il suo corpo verrà recuperato dopo due giorni. A fuoco domato la nave viene trainata nel porto di Santa Cruz de Tenerife dove, invece delle riparazioni, Iattende un ordine di sequestro provocato da una ditta tedesca che vanta crediti nei confronti della Flotta. E la stagione degli avvoltoi che distruggeranno, con laiuto di gravi complicità, unazienda che solo dieci anni prima possedeva cinquanta navi e un enor-me patrimonio immobiliare sparso in varie parti del mondo. Il 15 novembre del 1982, nella sua splendida villa di Via Crispi a Napoli muore, stroncato da unennesima crisi cardiaca il vecchio Comandante: aveva 95 anni. La Grande Nave Blu, intanto, uscita dalla tormenta giudiziaria, è attesa da un altro drammatico incidente. Alle 13,15 del 7 ottobre 1985, a poche miglia dalla costa egiziana, tra Alessandria e Port Said, un com-mando di fedayn la sequestra. l terroristi, appartenenti ad una frangia dissidente dellOlp, chiedono il rilascio di 50 loro compagni prigionieri in Israele. In coperta ci sono, oltre ai 350 uomini dellequipag-gio, solo 114 passeggeri: gli altri 676 turisti hanno optato per una escursione al Cairo. Il commando mantiene il mondo intero col fiato sospeso e si arrende solo alle 15,35 del 9 ottobre, misteriosamente senza contropartite. Nelle concitate ore del sequestro i palestinesi uccidono un turista americano inchiodato su una sedia a rotelle: Leon Klinghoffer viene prima ucciso a colpi di pistola quindi gettato in mare solo perchè ebreo e concittadino di Reagan. La nave è ormai al limite delle acque territoriali egiziane. Per un giorno e per una notte ha navigato senza sosta per allontanarsi dalla costa e lasciare lisola di Cipro che non ha voluto ospitarla. La vicenda si conclude con un clamoroso incidente internazionale. I caccia americani costringono laereo egiziano sul quale i terroristi capeggiati da Abu Abbas si erano imbarcati al Cairo rinunciando agli obiettivi del sequestro e liberando la nave, ad atterrare nella base Nato di Sigonella in Sicilia. Gli americani diventano dirottatori per catturare altri dirottatori e tutti agiscono illegalmente sul territorio (nave compresa) e nello spazio aereo italiani. Consentire la cattura in quelle circostanze sarebbe stato un precedente gravissimo: il presidente del consiglio Bettino Craxi disobbedisce a Reagan, i Carabinieri si schierano davanti allaereo dirottato impedendo ai marines di avvicinarsi, i palestinesi ripartono per Tunisi. Lallarme Apri papà, vieni fuori, dalla zona piscina si alzano fiamme e fumo. Il tono della voce è basso. Lallarme è quasi sussurrato. Luciana Accardi, 18 anni, di San-tAgnello, al suo primo viaggio come allievo ufficiale, tenta di non scatenare il panico. Insieme a due colleghi ha notato che una lingua di fuoco si alza minacciosa proprio allaltezza di uno dei due fumaioli della Lauro e sta tentando disperatamente di avvertire il padre. Aldo Accardi, 62 anni, commissario di bordo, è rin-chiuso nella sua cabina. Neanche il tempo di liberarsi della divisa bianca indossata al Galà appena terminato ed è già al fianco della ragazza per raggiungere il luogo dellincidente. E da poco trascorsa luna del 1 dicembre 1994. La notte equatoriale è calda, avvolgente. LAchille Lauro taglia dolcemente le onde dellOceano Indiano. Sul computer della cabina di comando è segnalata lesatta posizione della nave 150 miglia a sud del Corno dAfrica e 120 miglia dalla costa somala. Destinazione Mahe, nel cuore delle isole Seychelles. Aldo e Luciana continuano a correre. Sono calmi, fiduciosi, ottimisti. Sullammiraglia il fuoco non è una novità. I sistemi di sicurezza sono stati collaudati da pochissimo e la situazione dovrebbe poter rimanere sotto controllo. Allaltezza della grande piscina, invece, la spiacevole sorpresa. Le fiamme partono dallinterno, dalla sala macchine. Aldo Accardi, una vita spesa in mare, stringe i pugni e tenta di non guardare negli occhi sua figlia. Il presentimento della sciagura lo paralizza per un attimo. Da questo momento, e per sette lunghissime ore, non rivedrà più Luciana. Si ritroveranno a bordo della scialuppa di salvataggio. Comincia cosi la lunga, drammatica agonia della Grande Nave Blu. Un epilogo maestosamente tragico che non può che rimandare alle ultime ore del Titanic. Con ununica differenza: nel tragico aprile del 1912 a morire furono oltre 1500 persone. Sulla Lau ro, grazie allequipaggio, solo tre vittime: il tedesco Gerald Szimke, 84 anni, fulminato da un infarto, Iinglese Arthur Morris, 68 anni, colpito a bordo della lancia di salvatag-gio da una zattera autogonfiabile lanciata in mare, e lolandese Theodorus Hendricus Alkemade, 73 anni, che al momento di scendere nella scialuppa di salvatag-gio torna in cabina, forse per recuperare il portafogli. La Lauro era salpata da Genova il 19 novembre 1994 per la tradizionale crociera di Natale. Alla guida il comandante Giuseppe Orsi; comandante in seconda Silvestro Gentiluomo; gli ufficiali di coperta sono Donato Amoruso e Giuseppe Balzano; direttore di macchina Ferdinando De Simone; nostromo Antonino Ruggiero. Tre le tappe prima dellincidente. Ad Haifa il 23, a Port Said il 24, ed a Suez il giorno successivo. Il primo allarme a bordo viene dato alluna e quindici. Il comandante Orsi ordina di evacuare le cabine, con calma. 1560 passeggeri vengono radunati sul ponte Promenode, davanti al famoso salone degli arazzi, dove fino a poco prima si era danzato. Il fumo aumen-ta. Alle tre Orsi decide di azionare le sirene. Due fischi intensi significano incendio grave a bordo. La situa-zione però sembra ancora controllabile. I passeggeri sono tranquilli e qualcuno chiede anche di poter tornare in cabina per recuperare gli oggetti personali e il bagaglio, ma nei corridoi di coperta si sta già scatenando linferno. Il fumo ha ormai invaso la nave. Le porte tagliafuoco isolano i diversi ambienti e rischia-no di diventare una trappola mortale per chiunque voglia avventurarsi allinterno. Dagli altoparlanti la voce del comandante Orsi: I passeggeri sono pregati di rimanere in coperta. Il fuoco è quasi estinto e tra poco la situazione ritornerà alla piena normalità. Unillusione. Proprio mentre i marinai riprendono le operazioni antincendio le manichette dellimpianto di sicurezza restano senza acqua: i serbatoi si sono esauriti dopo la prima fase di innaffiamento automati-co, e poi non cè più elettricità. Per coinvolgere i passeggeri e impegnarli mentalmente in un momento cosi drammatico - spiega Accardi - decidemmo di caricare secchi dacqua a bordo e tentare unazione di spegnimento manuale. Il fuoco invece avanza ineso-rabile. Quando le fiamme raggiungono il centro di automazione viene lanciato il primo S.O.S. Sono le cinque e cinquantaquattro. Dopo una notte di speran-za, Orsi si arrende e ordina levacuazione. Ai passeg-geri sono state assegnate le nove scialuppe del lato sinistro (contrassegnate dai numeri pari) perchè la nave è inclinata da quella parte, gli argani di bordo possono scendere perpendicolarmente in acqua e non cè nessun pericolo. Lequipaggio sale sulle lance del lato destro, che devono invece scivolare sulla chiglia della nave: solo facendo leva con i remi si riuscirà a calarle in acqua. La lancia numero 13 non la vuole nessuno, di disgrazie ce ne sono state già troppe. La 17 invece viene assegnata ad Accardi e a un gruppo di allievi ufficiali. Mentre la mettiamo in mare - racconta con rabbia il commissario di bordo - si rompono due remi e si spacca il motore. La numero 17 viene abbando-nata precipitosamente da tutti i marinai che saltano sulle lance più vicine aggiungendosi agli altri naufraghi. Intanto lS.O.S. è stato raccolto dalle capitanerie di porto che lo girano allo scafo greco Treasure Island. Ma la prima risposta viene dal Centro di soccorso norvegese che con una sofisticata rete di satelliti artificiali è in grado di captare richieste di aiuto da tutto il mondo. Alle nove e venti sul luogo del disastro arriva la petroliera panamense Hawaitan King. Qualche ora dopo si portano sul luogo dellincidente la Trensure Island e la liberiana Bardu. Poi lentamente arrivano altre sei navi la fregata statunitense Halyburton, la Chios, la Lucy, la Spirit e la Cheuron Pert. Il grosso dei passeggeri è però ormai a bordo della petroliera panamense. La nave ha solo 30 posti letto dopo un unico pasto a base di spaghetti organizzato dallequi-paggio della Hawafian, i naufraghi si accampano come possono sulla sterminata tolda. 80!o il giorno dopo lo sbarco nel porto di Mombasa. Lincubo è ormai finito. I passeggeri sono salvi ma la Grande Nave Blu, dopo essere stata inutilmente trainata per 60 miglia da due rimorchiatori, muore sotto 4982 metri di Oceano Indiano inabissandosi alle diciannove e dieci del 2 dicembre 1994 a 95 miglia dalla costa della Somalia.
Posted on: Mon, 18 Nov 2013 18:14:54 +0000

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