Lo spettro del mondo totalitario Autore: Orlov, Jurij Fedorovich - TopicsExpress



          

Lo spettro del mondo totalitario Autore: Orlov, Jurij Fedorovich Curatore: Scalfi, P. Romano Fonte: CulturaCattolica.it Orlov, fisico, scienziato, nato a Smolensk nel 1924. Fu uno dei fondatori del ‘Gruppo Helsinki’. Ne 1973 entrò a far parte di ‘Amnistia internazionale’, animatore della resistenza creativa che trovò voce nell’editoria clandestina, il samizdat. Nel 1977 fu arrestato e condannato a 7 anni di lager. In realtà venne liberato nel 1986 per essere scambiato con una spia sovietica. Dal suo saggio “È possibile un comunismo non totalitario?” (alla domanda l’autore risponde negativamente) traduciamo dal russo “Lo spettro del mondo totalitario”. Notiamo che quando l’autore parla di ‘socialismo totalitario’ ha presente il socialismo sovietico. Secondo la dottrina leninista sovietica l’URSS viveva in un a società socialista che stava preparando le condizioni per passare alla futura ‘luminosa’ società comunista. Il XXI Congresso del PCUS “Proclama solennemente che l’attuale generazione vivrà nella società comunista”. Fu allora che Chruscev lanciò lo slogan “Il comunismo è all’orizzonte”. Era già vecchio, non vedeva bene, si trattava del tramonto! Penso che ci stiamo avvicinando alla pericolosa situazione di un mondo completamente totalitario. I motivi che ci inducono a questa previsione sono nello stesso tempo normali e profondi. Anzitutto nella stragrande maggioranza della vita spirituale dei popoli del mondo, le difese morali contro la violenza sono basse e facilmente sostituite da altri interessi. La violenza globale contro vita spirituale, anche nelle sue forme meno tragiche è lo specifico peculiare che distingue il socialismo totalitario. Oggi, per la maggioranza della gente, il totalitarismo non incontra per se stesso una protesta seria, se riesce ad accontentare anche una minima parte di richieste positive. Anche il desiderio di cambiamenti, soprattutto di cambiamenti di carattere sociale, sono letteralmente una malattia della nostra epoca. Non c’è dubbio che il desiderio di cambiare si fonda frequentemente su emozioni giuste, provocate dallo sfruttamento del capitalismo e dall’egoismo delle classi abbienti. Ma al di là delle emozioni anche questo desiderio si fonda sulla falsa idea, normalmente accettata, che gli uomini possono risolvere tutti i loro problemi con l’aiuto delle trasformazioni sociali. Con questo non intendo dire che le riforme sociali non siano necessarie, al contrario, occorre promuoverle in tempo perché i lunghi rituali nascondono in se stessi potenziali violenze. Ma va considerato che se una significativa parte dell’umanità non muore di fame e di malattie, non deriva tanto dalla giusta distribuzione delle ricchezze, quanto dalle grandiose conquiste scientifiche e morali della civilizzazione occidentale. Secondariamente io sono convinto che ad un certo livello della cultura e della morale esiste un certo limite ottimale delle trasformazioni sociali, oltre il quale la situazione della felicità umana può soltanto peggiorare di brutto. Quest’ultima circostanza non è tenuta in considerazione da nessuno, neppure nei paesi occidentali, la qual cosa è del tutto imperdonabile: essi infatti non muoiono per mancanza di cibo. Questo nostro eterno desiderio di trasformazioni sociali può gettare l’occidente nel baratro del socialismo totalitario. In genere l’Occidente non è per nulla sensibile al pericolo che incombe sul crescente accerchiamento del totalitarismo socialista. Predomina sempre l’opinione che il totalitarismo non è che una scorza temporanea del socialismo, ad esso per sé estranea, che scomparirà con il tempo. Non c’è dubbio che nella ‘piena maturazione del socialismo”, il socialismo sarà al totalitarismo come la scarpa destra sta alla scarpa sinistra. La democrazia occidentale, se non viene rafforzata da un alto potenziale morale e da una più chiara comprensione dei suoi scopi, concretamente non può opporsi all’irruenza del socialismo totalitario. Se vogliamo parlare delle cause esterne, esse sono essenzialmente quelle che assicurano la solidità unica di questo regime. Se, per esempio i più grandi successi scientifici e tecnologici dell’Occidente passano facilmente ai paesi del socialismo, allora l’informazione dei successi scientifici e tecnologici può essere chiusa in ogni momento, come qualsiasi altra informazione. Al contrario le conquiste umanitarie dell’Occidente resteranno sconosciute in Oriente e non potranno venir sfruttate, mentre il fiume di propaganda e di disinformazione, o di informazione limitata, scorrerà liberamente in direzione contraria. In fine dobbiamo tener presente che i capitali dei paesi di economia di mercato non possono manovrare sui territori dei paesi ad economia pianificata quando è possibile un’ingerenza inversa. Il sistema mondiale del socialismo, quanto più si allarga e si rafforza, è in grado di influire secondo un criterio adeguato nelle situazioni di crisi del sistema capitalistico, mentre la possibilità contraria è sostanzialmente limitata: nel sistema totalitario, anche le peggiori crisi, dovute ad errori di calcolo, di arbitrio economico o di calamità naturali, vengono rese meno gravi per il fatto che vengono subito addossate sulle spalle di tutta la popolazione o di gran parte di essa. Inoltre la popolazione non protesta perché per la gente è più importate la differenza a livello di consumo che la possibilità di consumo in se stesso. Inoltre i mezzi totalitari di disinformazione permettono anche l’informazione controllata per cui il popolo non è in grado di rendersi conto che cosa e dove sta succedendo; per di più l’apparato offensivo non dorme. Il socialismo totalitario è, senza confronto, il sistema più conveniente e più allettante per quei leaders che vogliono giocare all’azzardo senza ritegno. Esso permette di raggiungere in fretta alcuni risultati, per esempio, l’industrializzazione di un paese arretrato o distrutto, cioè in condizioni disastrate, che fra il resto non si possono risolvere in modo artificioso. Sembra un modo più affascinante di una sviluppo paziente e costante. Ma poi risulta che questa via diventa un vicolo cieco per molte altre sfere della vita umana, intellettuale, spirituale, estetica; in generale per una vita umana creativa. Le potenzialità della violenza, sempre presente nella società umana, vengono sfruttate dallo stato per opprimere intenzionalmente la persona. La persona può esprimersi soltanto nella sfera del gioco dello stato. Il senso del collettivismo, anch’esso sempre presente fra gli uomini, è governato dallo stato per opprimere anche le più piccole manifestazioni dell’individualità. Questo non avviene tanto per cattiva volontà, anche se questa è sempre presente, quanto per le qualità intrinseche della struttura. In Occidente vi sono molti uomini che pensano sinceramente alla felicità dell’umanità. Si vorrebbe liberare gli uomini al più presto: dalle sofferenze fisiche e perfino morali. Si è cessato di prendere in considerazione che le sofferenze morali formano la persona mentre le fatiche fisiche, limitate soprattutto se pesanti, sono indispensabili per lo sviluppo. C’è qui qualche cosa di confuso che domanda di essere meglio ordinato.
Posted on: Wed, 26 Jun 2013 22:31:57 +0000

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