Multisala Città della Notte Oggi Bling ring 18.30 - TopicsExpress



          

Multisala Città della Notte Oggi Bling ring 18.30 21.00 Sinossi: Il cinema di Sofia Coppola sta tutto dentro una gabbia dorata: le sue protagoniste sono adolescenti (o pre-, o tardo-) intrappolate nel proprio privilegio. Un gabbia che certo Sofia conosce bene, cresciuta in cotanta famiglia di cineasti, apparsa sul grande schermo quando era ancora in fasce. Nella sua ultima fatica la gabbia si rifrange per dozzine di volte nel riflesso di altre magioni/prigioni scintillanti, le megaville losangeline delle stelle (più che altro stelline) del cinema: case enormi destinate a restare vuote per gran parte dellanno, che diventano glitterati depositi di merce costosa. Già in Somewhere la Coppola si era riavvicinata al vivere quotidiano dei protagonisti dello spettacolo, tratteggiando il rapporto fatto di presenze intermittenti tra un attore e la figlioletta; il corto circuito diventa più smaccato in The Bling Ring, al punto che allinizio del film, nel club vip frequentato dalle ragazzine, compare addirittura lattrice feticcio Kirsten Dunst nei panni di se stessa. Ricalcando fedelmente le vicende di cronaca cui il film è ispirato (la sceneggiatura dellautrice si basa sullarticolo di Nancy Jo Sales per Vanity Fair che riassume i misfatti della banda di teenager svaligiatori), nel finale almeno una delle protagoniste chiude il cerchio diventando a sua volta vip di bassa lega, star/meteora di un reality a lei dedicato. Meccanismi stantii di uno showbusiness malsano che Sofia forse conosce bene e certamente stigmatizza, ma nelle ultime due opere pare aver smarrito la grazia dello sguardo e, soprattutto, lempatia con le proprie creature ingabbiate. Piccole donne in cattività erano le vergini suicide recluse dai genitori intransigenti, la straniera nullafacente smarrita in un hotel di Tokyo, la sovrana bambina esiliata nella reggia di Versailles. Le iperattive, ipercaffeiniche ma annoiatissime cleptomani per sfizio sono caricaturali e innaturali, osservate con ironia fin dalla prima inquadratura. Lunico cui è concesso un minimo beneficio del dubbio è il componente maschile della gang, ragazzo sensibile col vizietto delle scarpe da donna, la cui voce narrante è uno dei tanti passi falsi di The Bling Ring. La sua voce off, oltre a far scattare una immediata ma incongrua assonanza con Il giardino delle vergini suicide, ci induce a credere che la vicenda sia narrata dal suo punto di vista, ma così non è: lo sguardo su Marc e le sue viziate amichette non potrebbe essere più esterno e connotato da un giudizio negativo. Ce lo dicono le reiterate, estenuanti riprese delle telecamere a circuito chiuso nelle ville dei vip, i cui inserti verdognoli e sgranati costellano il film; ce lo dicono le inquadrature sui volti adornati di targa identificativa quando vengono arrestati e lassillante presenza dei loro profili Facebook: delle vite di questi ragazzi alla Coppola nulla interessa, tanto meno può interessare allo spettatore. Se i contenuti lasciano perplessi, anche a livello formale l’autrice inciampa in se stessa: il loop, forma su cui tutto il film è inchiodato, si trasforma da stilema coppoliano a sterile gioco privo di significato. Tutte le opere precedenti della Coppola erano intessute, in modo non banale, di ripetizioni e movimenti senza direzione: le sorelle Lisbon come Maria Antonietta, padre&figlia in Somewhere come i due estranei di Lost in Translation, tutti giravano a vuoto, si annoiavano con stile, erano intrappolati nella reiterazione annoiata. La Ferrari che disegnava cerchi nel deserto californiano era simbolo di condizione esistenziale irrimediabilmente bloccata; il loop che occupa tre quarti di The Bling Ring sembra simboleggiare solo il blocco autoriale della regista. Il circolo vizioso di “ricerca indirizzo delle star/incursione nella casa con relativo stupore per la pletora di beni di lusso/fuga frenetica” si ripete una quantità eccessiva di volte senza alcuna variazione, a suon di accattivante musica discopop. La macchina da presa, nonostante la voce di Marc cerchi momenti d’introspezione, nega la complicità ai protagonisti: quando entra nel loro privato è comunque per far sorridere lo spettatore. Si veda la sequenza in cui Marc si abbandona alla gioia di indossare, nella sua camera, le decolletè rosa shocking rubate (successivamente oggetto di scherno anche durante il sequestro da parte della polizia). Si riveda, per contro, la grazia di una sequenza di Marie Antoinette che perfettamente descriveva labilità di Sofia coppola nel raccontare l’adolescenza, ovvero quella in cui la giovane regina lascia una tediosa partita a carte per ritirarsi nella sua stanza, dove non la vediamo fare altro che sorridere e guardare nel vuoto: un sogno a occhi aperti di ragazza innamorata, che l’adesione dell’autrice pare far materializzare sullo schermo.
Posted on: Thu, 24 Oct 2013 16:34:02 +0000

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