Nel 2008 l’Italia ha firmato una risoluzione del Consiglio - TopicsExpress



          

Nel 2008 l’Italia ha firmato una risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea nella quale si è impegnata, con tutti gli altri Stati membri, a “impedire l’esportazione di tecnologie e attrezzature militari che possono essere usati per repressione interna” verso quei Paesi che si distinguono per violazioni dei diritti umani, responsabili “di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani”. Eppure, nonostante tutto questo, l’Italia continua ad essere uno dei principali fornitori di armamenti leggeri del Kazakistan. Per la precisione di armi destinate alle Forze Armate del Kazakistan. Nel 2012 abbiamo esportato nella terra di Nazarbayev 40 fucili d’assalto e altri 40 lanciagranate comprensive di 1000 granate, oltre a 3 pistole semiautomatiche. Il valore di queste armi è di 196.960 euro, ma si tratta di una goccia in mezzo al mare. Già. Perchè, a quanto riferisce un’interrogazione parlamentare presentata al ministro degli Esteri, Emma Bonino dal deputato di Sel Arturo Scotto, è dal 2007 che, in pratica, non abbiamo mai smesso neanche un minuto di fornire armi al Kazakistan. Anzi, da quell’anno il flusso è aumentato in modo esponenziale, passando dai 47 mila euro nel 2007 a oltre 600 mila euro nel 2011. Nel solo gennaio 2013 il dato della nostra fornitura è stato di 41 mila e 900 euro. In barba anche alle norme integrative della legge 185 del ’90 che prevede proprio l’esclusione delle esportazioni verso Paesi a rischio repressione interna di armi “con spiccata potenzialità di offesa”. In questo caso, Emma Bonino, che della difesa dei diritti umani ha fatto negli anni una sua cifra di distinzione politica e personale, sarà chiamata a rispondere in Parlamento del perché, in barba a regole internazionali comunitarie, ma anche a semplici leggi interne, l’Italia ha continuato a foraggiare le milizie del dittatore kazako. Amnesty parla esplicitamente del Kazakistan come luogo dove le detenzioni non ufficiali, i processi iniqui, le torture e la “disinformazia” di Stato sono ormai sedimentati al punto da essere considerati la regola e non l’eccezione. Chissà se anche stavolta, con i rapporti della compravendita di armi alla mano, sia Alfano che la Bonino potranno ancora dire “non sapevo”.
Posted on: Sat, 27 Jul 2013 07:03:43 +0000

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