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PASTONE. Mentre prosegue la lenta e incerta navigazione del piccolo governo guidato dall’ex vicesegretario del PD, Enrico Letta, i soliti “Standard&Poor” stanno implacabili alla consegna loro affidata: bastonare il cane che affoga! Tenere il fianco meridionale della zona euro come una spina conficcata nel fianco degli arroganti tedeschi; mettere la Ue in serie difficoltà, anche e soprattutto in vista dello showdown delle annunciate trattative per I dazi doganali tra Ue e USA. Trattative appena sfiorate dalle flebili proteste europee (tra tutte quelle ridicole della Bonino, che una volta di più ha rappresentato la intemerata vocazione ultraatlantica dei radicali e messo in mostra le sue insignificanti doti, per così’ dire, ‘diplomatiche) per l’ennesimo piccolo scandalo frutto della ossessione bushista per la sorveglianza. Quella che non guarda in faccia a nessuno- amici, alleati o nemici e terroristi – incardinata per legge nella macchina del potere americana e che la presidenza Obama si è ben guardata finora d’intaccare. Il declassamento – spiega stamattina il candido Fassina – sarebbe del tutto insensato, anche stando ai ‘criteri’ sotto sorveglianza di questa agenzia d’intoccabili sherpa del grande capitalismo globalizzato,.Giacché l’Italia, dichiara il viceministro, sarebbe uno dei pochi Pesi della Ue a chiudere il bilancio in pareggio. Anche se, come si è subito affrettato a dire ieri a botta calda lo stesso Presidente del consiglio, questo ulteriore scappellotto, ci ricorda che noi, “siamo ancora sorvegliati speciali”! Dunque, essendo in questa condizione di libertà vigilata, ci dobbiamo beccare tutti gli schiaffoni che ci arrivano, via rating, e che stanno lì dimostrare al PDL e ai suoi sodali che la linea (Monti)Letta non si tocca. Che, insomma, di riffe o di raffe, le famigerate ‘riforme strutturali’, che sarebbero poi la quadra per giungere a farci ingoiare lo svenamento della spesa sociale come unica alternativa a un più mitigato regime fiscale, non si toccano. In questo pazzo Paese, dunque, paradossalmente, l’unica linea di resistenza (almeno a parole) a questo strangolamento lento e implacabile sarebbe appesa a quell’aquila del pensiero e dell’azione dell’on. Brunetta! Cioè gli stessi che ci hanno condotto, mano nella mano, fino al disastro e all’accettazione supina di tutte le misure vessatorie targate UE, appaiono come gli unici, i quali,visibilmente – almeno per il popolaccio che li sta ritirando su nei sondaggi elettorali, nonostante tutte e le inqualificabili vicende giudiziarie del Capo – che alzano la voce e strafottendosene di coerenza, esame di realtà e via elencando, dicono – ma solo dicono – che così non si va da nessuna parte. Viene da chiedersi, leggendo le infinite cronache, che cosa su questi temi stanno dicendo i vari candidati (a non si sa bene a cosa: segreteria o premiership o entrambe le cariche) che come funghi crescono all’ambra del Nazareno! Praticamente nulla. Come se vivessero su un altro pianeta e fossero in tuttaltre faccende affaccendati. Non certamente il Renzi, quello stesso che neppure si fa pagare –come millanta- il prestito di Ponte Vecchio all’amico del suo amico (e compagno di merende finanziario-affaristiche), né il Civati, il belloccio della Brianza, che dopo un qualche gira e rigira di troppo ora s’è scoperta una vocazione alla palingenesi partitica , nonostante le sue credenziali di rottamatore pentito e d’antan; né Giuntella, il furbacchione meridionale che, visto l’andazzo, ha pensato: mi butto o non mi butto, tanto le elezioni per le europee stanno a tiro e un po’ di pubblicità extra non guasta; per non dire dei turchi napoletani, che, indecisi a tutto, scoprono la parola ‘fabbrica’ e pensano di potersene fregiare come uno scalpo stando con un piede tra Cuperlo e il solito Renzi (la risòrsa, come direbbe D’Alema); e ancora i bersaniani che pur di non affrontare il toro per corna (e dopo le cornate che li hanno infilzati sul più bello) s’inventano, nello spazio di un documento, di rilanciare il semipresidenzialismo, le riforme costituzionali e “un po’ di lavoro”; rimane il Cuperlo, quello per cui io stesso faccio un moderato tifo, ma che finora pur avendone dette tante – e quasi tutte condivisibili – sembra stenti a darsi un organicità di discorso e a uscire da quell’irenismo (Veltroni docet) dove sembra che tutte le vacche (sacre o meno) del Pd siano buone, anche per gli usi più sconsiderati. In tutto questo frastornamento di candidature e di chiacchiere a vuoto, ieri sull’Unità il vecchio leone, Alfredo Reichlin, le ha cantate chiare. Certo, il sistema tossico dei media italioti fa di tutto per inquinare la gara, ma gli stessi concorrenti appaiono e sono tutti dopati. Con questo andazzo il Congresso, quando vi si arriverà stremati da una campagna elettorale lunga più di una quaresima e del tutto inconsistente per contenuti, non potrà che essere un’ennesima conta e un probabile, ripetuto accordo di cartello fra le varie correnti. Dunque, dice il vecchio leone, il Pd sta rischiando grosso. Sta giocandosi la sua possibilità d’essere quel partito della Nazione, quel nuovo partito delle sinistre riformiste perché, nei fatti, è ancora inquinato da veltronismo comunicazionale e manca assolutamente, in tutte le sue componenti, di una lettura, un’idea, una proposta e un’analisi persuasive su che cosa deve e può essere l’Italia nella nuova dimensione globalizzata del mondo. Mica bruscolini! Siamo in parecchi ad avere questa convinzione. Anche qui sopra, pochi giorni fa Turci, faceva più o meno le stesse considerazioni. E la cosa appare ed è tanto più grave, non solo come scrive Reichlin, anche quando ci prova il PD a parlare di cose serie (e cita il convegno di pochi giorni fa, promosso da Fare il PD) nessuno che si permetta neppure a darne minimo conto. Ma, aggiungo, neanche gli ‘organi’ vicini al Pd, parlo di ‘Unità’ ed ‘Europa’, ne danno puntuale cronaca e resocontazione , dimostrando, una volta di più, se ce ne fosse bisogno, che si è proprio perduta la stessa idea di una politica intellettualmente ‘pesante’ e pensante. In paragone c’è stata più informazione su Fb che su quella stampa! Che nell’insieme, a cominciare dalle sue componenti più attrezzate, il Paese non ne vuole sapere, non vuole vedere per intero e fino alla sua vera profondità il baratro nel quale ci stiamo immergendo con la stessa noncuranza di un bagnetto a Rimini. Si potrà uscire da questa allucinante situazione? Non credo,allo stato, come si usa dire, che un risveglio utile sia alle viste. La stessa morfologia e geografia delle candidature che dovrebbero animare il prossimo congresso sono impiastricciate di motivazioni futili, non politiche. Si prenda ad esempio il contrasto (o presunto tale, perché in realtà non ne sappiamo nulla se non quello che i boatos di cronisti/inventori e venditori di ‘storie’ ci hanno raccontato) che correrebbe tra Bersani e D’Alema. E’ evidente a tutti, come la frantumazione della vecchia maggioranza sia un elemento in più di confusione e di smarrimento per gli iscritti e gli elettori del PD. Che questa gemmazione di correntine e capetti ha già portato agli abbagli del semipresidenzialismo, al Renzi che è una risòrsa, a una generosa quanto, al momento, tutta da misurare, tensione alla rifondazione del Pd come va predicando Cuperlo. Ed è evidente che Bersani deve fare i conti con lo smaltimento dell’offesa e l’umiliazione che gli ha inflitto un partito – o meglio i boiardi del partito, compresi quelli che a lui devono tutto – che non ha saputo e/o voluto cambiare a fondo e radicalmente come la maggioranza a disposizione gli avrebbe consentito. Neppure nel momento di massima esposizione al rischio catastrofico cui è andato incontro con una cecità pari all’ostinazione con la quale si è immolato in un cupio dissolvi, che, al contrario di quanto ora sostiene, in politica è raramente fruttifero di pedagogie imitative.Ebbene, è chiaro che- almeno per il sottoscritto – quell’area, che va da Bersani a Cuperlo comprendendo gli stessi D’Alema e Barca – è la sola in grado di provare, con qualche possibilità e duro lavoro, di rimettere le cose a posto. Tra l’altro questo, credo, sia il sentimento prevalente tra gli iscritti e gli elettori inossidabili del PD. Ma questa è una concreta possibilità? A questa chiamata questi interpreti sapranno rispondere? E c’è qualcuno tra loro che alle cabale politologico-comunicative è in grado di far fronte mettendo insieme in un discorso persuasivo la volontà che intende organizzare mobilitare per fare dell’Italia finalmente un Paese degno e con un destino che non sia quello dei ‘compiti a casa’?
Posted on: Wed, 10 Jul 2013 08:37:56 +0000

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