PENSIERI La democrazia come è intesa ora rientra a pieno titolo - TopicsExpress



          

PENSIERI La democrazia come è intesa ora rientra a pieno titolo nelle forme di governo tiranniche, essendo nient’altro che la tirannia di una maggioranza sulla minoranza ed è tanto più subita e mal sopportata da quest’ultima, quanto più si riduce lo scarto percentuale tra le parti come nell’attuale situazione di stallo politico. Questa specie di social-democrazia per essere meno tirannica dovrebbe intendersi come il luogo del confronto, del dialogo e del compromesso che alla fine dovrebbe lasciare tutti soddisfatti, anche se rischia più spesso di lasciare tutti insoddisfatti. Siccome individui e comunità, anche nello stato più omogeneo sono tutti diversi tra loro ed è quindi utopico pensare di avere un sistema di valori condiviso da tutti, per non avere la sopraffazione delle maggioranze sulle minoranze, servirebbe che le prime diventassero più tolleranti e le seconde rinunciassero a certe peculiarità, ma per fare questo bisognerebbe essere disponibili a dialogo, negoziazione e compromesso, concetti estranei a ogni forma di fondamentalismo e totalitarismo dichiarato. Concetti che sono estranei anche ai democratici giacobini (che infestano le procure e i tribunali italiani) e, anche alla democrazia come in generale si è storicamente vista finora, e non come si pensa che dovrebbe essere. Le contrapposizioni viscerali fra la sinistra e Forza italia, lo dimostrano per i tempi più recenti e nel passato, anche quando non era unita, la penisola italica è storicamente sempre stata scenario di contrapposi zioni profonde e insanabili fra opposte fazioni di tutti i tipi e poco inclini al compromesso perché antropolo gicamente il Paese,da sempre è diviso in due.Ed è per questo che è urgenmte una riforma monocamera e bipartityistica,per avere in Italia i laburisti e i conservatori come altrove esistono da secoli. Se possiamo fare un’eccezione è per la millenaria Repubblica “mercantile” di Venezia e per le analoghe e rivali repubbliche marinare apparse dopo di lei, seppure spesso in conflitto tra loro ma per mere questioni economiche più che ideologiche. Infatti, quei tre elementi: dialogo, negoziazione e compromesso, non sono forse a pieno titolo propri dei rapporti di mercato? Si potrebbe quindi pensare a una democrazia fondata sul mercato, cioè, detto in altri termini, a un mini-Stato che non interferisca più di tanto nei rapporti e nei patti fra individui e fra comunità. Ambrose Bierce dà 2 definizioni di politica: “A means of livelihood affected by the more degraded portion of our criminal class.” [Un mezzo per guadagnarsi da vivere utilizzato dalla parte più spregevole della nostra classe criminale]. “A strife of interests masquerading as a contest of principles. The conduct of public affairs for private advantage.” [Un conflitto di interessi mascherato da contesa per l’affermazione di principi. Conduzione di affari pubblici per guadagni privati]. H. L. Mencken ha qualificato gli uomini politici come “men who, at some time or other, have compromised with their honour, either by swallowing their convictions or by whooping for what they believe to be untrue.” [persone che, prima o poi, sono venute a patti con il loro onore, o abbandonando le loro convinzioni o dichiarandosi a favore di quello che esse sanno essere falso]. Le 2 fazioni rivali, la destra e la sinistra, hanno,fino ad ora, sostenuto 2 modelli di organizzazione sociale apparentemente diversi ma hanno anche presentato la politica in 2 modi apparentemente diversi.Per gli esponenti della sinistra, la politica è una cosa sublime; tutto è o deve essere politica e quindi anche il personale è politico. In sostanza la sinistra esprime una visione totalizzante della politica.Per gli esponenti della Destra, la politica è una cosa sporca (secondo la presunta affermazione di Mussolini) e in quanto cosa sporca va lasciata fare alle persone pure, cioè a loro. In sostanza la destra abbraccia una visione totalitaria della politica. Tra visione totalizzante e visione totalitaria le differenze sono risultate poi praticamente inesistenti, con gli uni che proclamavano e proclamano tuttora: morte ai fascisti, e gli altri che proclamano e continuano a proclamare: morte ai comunisti. Forse non più con la stessa foga e le stesse parole, ma sempre con la stessa voglia di esclusività nell’occupazione del potere.Da queste contrapposizioni fasulle, da queste diatribe prive di senso, se ne esce solo attraverso una analisi fattuale di che cos’è stata e di cos’è tuttora la politica. A questo riguardo ci aiutano alcune affermazioni di commentatori e critici acuti della società occidentale. Paul Valéry ha rimarcato che “La politique fut d’abord l’art d’empêcher les gens de se mêler dans ce qui le regarde.” [La politica fu fin dal principio l’artifizio di impedire che le persone si occupassero di ciò che li riguarda]. Ciò richiama un altro modo di vedere la politica che dobbiamo a Groucho Marx: “La politica è l’arte di cercare un problema, trovarlo dappertutto, diagnosticarlo in modo errato e applicargli i rimedi sbagliati”. E si potrebbe proseguire con citazioni più dissacranti e devastanti in cui la politica appare come uno strumento per generare l’odio tra le persone e per spingerle a commettere azioni efferate (genocidi, persecuzioni, espulsioni di massa, ecc.).Se tutto ciò è stato ed è tuttora vero, allora come spiegare e giustificare il fatto che molti, soprattutto tra coloro che si dichiarano progressisti e illuminati, continuano ancora ad avere una visione miracolistica della politica, a voler fare politica e incoraggiano tutti a occuparsi di politica come se questa fosse davvero un impegno indispensabile ed utile e non una attività criminale e una presa in giro colossale? Forse perché, anche le persone sensate non hanno ben chiaro che cosa è davvero la politica. Se è così allora c’è bisogno (a) di produrre una definizione più esatta e più penetrante della “politica” e (b) per coloro che vogliono impegnarsi in un movimento di rinnovamento occorre prospettare un impegno personale e sociale più entusiasmante, convincente e soprattutto sensato che li porti al superamento della politica. GIUDIZIARIA ALTROCHEVILIPENDIO 1-IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DOVRÀ RISPONDERE SUL RUOLO NEL 1993 DEL SUO CONSIGLIERE, MORTO NEL 2012, NELLA NOMINA DI DI MAGGIO AL DAP di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza per Il Fatto Quotidiano Non fu, con tutta probabilità, un semplice testimone. Nel 93, quando lavorava con Liliana Ferraro allUfficio studi degli Affari penali di via Arenula, Loris DAmbrosio potrebbe aver avuto un ruolo, anche se inconsapevole, nelle manovre che portarono alla nomina di Francesco Di Maggio ai vertici del Dap, lufficio chiamato a gestire il 41bis, nellambito del dialogo tra Stato e mafia. È questo il significato attribuito dalla Procura di Palermo alla lettera che lo stesso DAmbrosio, divenuto consigliere giuridico del Quirinale, scrive il 18 luglio 2012 al capo dello Stato esternandogli il vivo timore di esser stato considerato un utile scriba e usato come scudo a indicibili accordi, proprio in riferimento al periodo tra l89 e il 93. Ed ecco perché i pm Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia intendono chiedere a Napolitano, da ieri ammesso come testimone del processo di Palermo, se e cosa venne a sapere delle preoccupazioni del suo consigliere giuridico, ma soprattutto di quegli indicibili accordi cui DAmbrosio fa riferimento, nella stagione tra lattentato allAddaura e le stragi. Chi avrebbe usato come scudo DAmbrosio? E perché? Lo spin doctor del Quirinale, scomparso il 26 luglio 2012 per un attacco cardiaco, è tra i comprimari dellindagine sulla trattativa, per essere stato linterlocutore privilegiato dellex senatore Nicola Mancino che tra la fine del 2011 e la primavera del 2012 tempesta il Colle di telefonate in cerca di protezione. In quel periodo, mentre linchiesta entra nel vivo, per due volte, nel giro di 57 giorni, DAmbrosio viene interrogato dai pm di Palermo come persona informata sui fatti: la prima il 20 marzo, a Roma; la seconda il 16 maggio, nel capoluogo siciliano. La prima volta, il consigliere giuridico nega di essere in possesso di informazioni utili agli inquirenti: Non ho alcuna notizia specifica - dice - sulliter seguito per la nomina di Di Maggio. Ma la seconda volta, il pm Di Matteo gli comunica che la sua voce è stata pizzicata in una telefonata con Mancino, intercettata dalla Dia. In quella telefonata, registrata il 25 novembre 2011, è lo stesso DAmbrosio a rivelare a Mancino di aver assistito personalmente alla stesura del decreto, scritto nellufficio della Ferraro, per la nomina di Di Maggio a vice-capo del Dap. Cosa dice il consigliere del Colle al telefono? Qui - ammette - ormai uno dei punti centrali della vicenda comincia a diventare proprio la nomina di Di Maggio al Dap. E ancora: Io ho assistito personalmente a questa vicenda... ricordo chiaramente il decreto, Dpr, scritto nella stanza della Ferraro... il Dpr che lo faceva vice-capo del Dap. Perché non ne aveva parlato prima? DAmbrosio si giustifica scaricando tutto su Mancino: Il senatore telefona tutti i santi giorni, perché si sente sotto pressione. Ma il pm Di Matteo gli contesta le contraddizioni tra le dichiarazioni del primo interrogatorio e la conversazione telefonica. E qui DAmbrosio, in palese difficoltà, annaspa: Io voglio dire... la mia idea non era il Dpr, era come la base del Dpr, cioè non cera il visto, visto, visto, non so se mi sono spiegato. (...) Cioè io quello che sostengo è che può anche essere stata una bozza predisposta lì (...). Però io il Dpr vero e proprio non lho visto. È ipotizzabile, sostengono adesso i pm della trattativa, che in quellufficio di via Arenula, DAmbrosio avesse collaborato più attivamente, proprio come uno scriba, alla stesura di quel decreto che permise a Di Maggio, che non aveva i titoli, di andare a dirigere il Dap al fianco di Adalberto Capriotti. Lo stesso che il 26 giugno 93, subito dopo essere stato nominato, inviò una nota al ministro della Giustizia Giovanni Conso, suggerendo di non prorogare i 41bis in scadenza entro la fine dellanno, per lanciare un segnale di distensione. È il cuore della trattativa Stato-mafia: un passaggio sul quale, secondo la Procura di Palermo, si allunga lombra del generale del Ros Mario Mori. Nella requisitoria del processo per favoreggiamento alla mafia, che si è concluso il 15 luglio scorso con lassoluzione di Mori, il pm Di Matteo ha sostenuto che, nel contesto della trattativa, in quei mesi si muoveva in sinergia una robusta cordata istituzionale: e a tal proposito ha citato proprio le parole di DAmbrosio, al telefono con Mancino: Era un discorso che riguardava nella parte 41bis... alleggerimento 41bis... Mori... Polizia... Parisi... Scalfaro e compagnia. Dopo aver lavorato agli Affari penali, DAmbrosio fu vicecapo di gabinetto dei guardasigilli Conso, Flick e Fassino. Era in via Arenula uando il 23 dicembre 96, sotto il governo Prodi, il Parlamento decise la chiusura delle carceri di Pianosa e dellAsinara, lanciando un altro segnale della distensione bipartisan in tema di mafia. Ma dei suoi dubbi, di quei timori relativi agli indicibili accordi che ora i pm vogliono chiarire direttamente con il capo dello Stato, non si sarebbe saputo nulla se lo stesso inquilino del Colle non avesse rivelato un anno fa lesistenza della lettera del consigliere, indicato come vittima di una campagna mediatica. Quella stessa lettera che adesso lo obbliga a salire sul banco dei testimoni. 2-TRATTATIVA STATO-MAFIA IL TESTIMONE NAPOLITANO di g.l.b. e s.r. per Il Fatto Quotidiano Perché Loris DAmbrosio, consigliere giuridico del Quirinale, aveva il timore di essere stato considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi, nel periodo tra il 1989 e il 93, come scrisse in una lettera inviata a Giorgio Napolitano il 18 giugno 2012? È una delle domande che i pm di Palermo rivolgeranno al presidente della Repubblica, la cui testimonianza è stata ammessa ieri dai giudici del processo sulla trattativa Stato-mafia nei soli limiti delle conoscenze che potrebbero esulare dalle funzioni presidenziali, pur comprendendo in esse le attività informali. Soddisfatto il pm Nino Di Matteo: La sua testimonianza è pertinente come quella delle altre 175 persone citate. E se a Caltanissetta, nel processo Borsellino, il capo dello Stato dovrà raccontare la sua verità sullavvicendamento al Viminale tra Vincenzo Scotti e Nicola Mancino nel giugno del 92 - e riferire se e cosa ha saputo, nella sua qualità di presidente della Camera, della trattativa mafia-Stato - a Palermo lobbiettivo dei pm è più circoscritto, ma non meno delicato: chiedere a Napolitano di dare un senso alle parole messe nero su bianco da Loris DAmbrosio, un mese prima di morire per un infarto, in una lettera poi pubblicata nel volume Sulla Giustizia, che ha raccolto gli interventi del Capo dello Stato tra il 2006 e il 2012. Dallufficio stampa del Quirinale solo una replica prudente: Si è in attesa - è scritto in una nota - di conoscere il testo integrale dellordinanza di ammissione della testimonianza adottata dalla Corte di Assise di Palermo, per valutarla nel massimo rispetto istituzionale. Dal ministero della Giustizia, invece, è arrivata la perplessità del guardasigilli Anna Maria Cancellieri: Prima di fare commenti, vorrei documentarmi - ha detto - ma certo, tutto questo mi lascia un po perplessa, mi sembra un po inusuale. Mentre Luciano Violante (Pd) ha definito addirittura originale lordinanza che di fatto ha bocciato la tesi dellAvvocatura dello Stato, ammettendo tutti i testi, tra cui il presidente del Senato Pietro Grasso (ex capo della Dna), che ruotano attorno al cosiddetto Romanzo Quirinale: il pg della Cassazione Gianfranco Ciani, il suo predecessore Vitaliano Esposito e il segretario generale del Colle Donato Marra. La Corte non ha ravvisato, infatti, una fattispecie di inammissibilità come aveva chiesto lavvocato dello Stato Giuseppe DellAira, ma semmai di operatività dellart. 201 del cpp che prevede il segreto di ufficio, che, ove ricorrano i presupposti - scrivono i giudici - dovrà essere valutata in sede di esame dei testi medesimi. Per quanto riguarda Napolitano, nessuno al momento è in grado di stabilire quanto i limiti fissati dalla Consulta potranno incidere sulle domande e sulle risposte della sua testimonianza. La Corte ha accolto il nostro articolato di prova - ha spiegato in una pausa del processo il pm Nino Di Matteo - con alcuni limiti che saranno legati a quanto le risposte coinvolgeranno eventualmente lesercizio della funzione presidenziale. Nelle prossime settimane, dunque, pm, giudici e avvocati varcheranno la soglie del Quirinale per interrogare Napolitano, e quelle di Palazzo Madama per sentire Grasso. Convocato da Ciani il 19 aprile del 2012 per discutere del coordinamento delle indagini sulla trattativa, lex capo della Pna precisò in un verbale di non aver registrato violazioni tali da poter fondare un intervento di avocazione. A lui i pm adesso vogliono chiedere informazioni sulle richieste di Mancino che invocava protezione nel timore di finire coinvolto, come poi accadde, nellinchiesta sulla trattativa. Entreranno nel processo, infatti, le trascrizioni delle conversazioni telefoniche fra DAmbrosio e Mancino che tra il novembre 2011 e laprile 2012 tempestò di telefonate il Quirinale nel tentativo di sfilarsi dallindagine. Nessun riferimento, invece, sarà possibile in aula sulle telefonate top secret tra Mancino e Napolitano che la Consulta ha ordinato di distruggere. Tra le prove ammesse, infine, figura anche lanonimo denominato Corvo 2. Nella sua ordinanza, il presidente Alfredo Montalto ha rilevato come seppur anonimi (...), tali documenti costituiscono corpo del reato, in quanto strumenti diretti o indiretti della minaccia allo Stato. Il processo è stato quindi rinviato al prossimo 24 ottobre per ascoltare i primi testimoni: il questore Rino Germanà e Susanna Lima, figlia delleuroparlamentare dc ucciso nel 92 a Palermo. Il 7 novembre, invece, saranno ascoltati in video-conferenza i pentiti Giovambattista Ferrante e Francesco Onorato. A partire dal prossimo 11 novembre, la Corte esaminerà altri tre collaboratori di giustizia: Giovanni Brusca, Leonardo Messina e Antonino Giuffré, in una sede protetta e diversa da Palermo. INTERNI Da corriere.it Altro che sobrietà. Resta altissimo il livello della polemica allinterno di Scelta Civica. Dopo la rottura consumata giovedì, lex premier Monti ribadisce le sue «dimissioni irrevocabili» dal partito mentre il ministro Mauro, indicato proprio da Monti come causa del suo clamoroso passo indietro, nega che il suo appoggio al governo sia ispirato ad unoperazione pro-Berlusconi. Ma a far rumore è laffondo mai così duro dellalleato (ormai ex) Casini, altro nome finito nella lista nera dellex inquilino di Palazzo Chigi. «Le accuse di Monti nei miei confronti sono semplicemente ridicole», scandisce a Matrix il leader dellUdc. Che fa di più fino da definire «atteggiamento rissoso sullazione dellesecutivo» quello di Monti perché «questi continui distinguo, non sono accettabili». Quanto alle dimissioni di Monti, Casini taglia corto: «Non gli chiederò di ritirarle perché questo non mi riguarda». MONTI NON TORNA INDIETRO - «Le mie dimissioni sono irrevocabili. Io non sono più iscritto a Scelta Civica», ribadisce dal canto suo Monti, parlando a margine di un convegno sul Ppe a Palazzo Giustiniani. «Alcune personalità autorevoli allinterno di Scelta civica - ha aggiunto il Professore - hanno travisato la natura del nostro movimento». Quindi tranchant ricorda che in Scelta Civica, nei giorni scorsi, «stavo ultimando» una serie di contati per chiedere «ladesione al Ppe, cosa che evidentemente non farò più» perché «non mi interesso più di Scelta Civica». AFFONDO SU MAURO - Se Monti usa le parole col contagocce sono i suoi fedelissimi a esprimere pubblicamente il dissenso contro la linea adottata da Sc. Ilaria Borletti Buitoni, deputata del partito , va giù piatta: «Io sono con Monti e soprattutto condivido del presidente Monti la critica costruttiva che lui fa nei confronti del governo per spingerne lazione riformista, cosa che peraltro fa parte integrante del programma di Scelta Civica». Quindi attacca frontalmente Mauro che «ha usato Scelta civica pensando ad un altro progetto che non è Scelta civica». «Ho limpressione - rincara Borletti Buitoni - che nella nostra formazione politica ci fossero persone, e per fortuna sono la maggioranza, che erano disposte a questo progetto riformista e ci sono persone che hanno ritenuto questo partito un traghetto versi altri lidi politici. Siamo arrivati ad un chiarimento interno che non escludo possa essere anche positivo». LA POSIZIONE DI ICHINO - Mentre Pietro Ichino, altra figura storica di Sc, sembra intenzionato a voltare pagina. In un editoriale pubblicato sul suo sito spiega che «nonostante le dimissioni di Mario Monti, Sc ha ancora il dovere di proporsi come forza politica capace di dare voce in modo inequivoco, in Parlamento e nel Paese, alla grande area di opinione che guarda allintegrazione del nostro Paese nella nuova Unione Europea e vede nelle vecchie pratiche politiche il rischio di un appannamento di questa prospettiva». 2. BORLETTI BUITONI (SCELTA CIVICA) A RADIO 24: MAURO HA USATO IL PARTITO Da radio24.it Il ministro Mauro ha usato scelta civica pensando ad un altro progetto che non è scelta civica. Così Ilaria Borletti Buitoni, deputata del partito fondato da Mario Monti, intervenuta ad Effetto Giorno - Le notizie in 60 minuti su Radio24. Ho limpressione che nella nostra formazione politica ci fossero persone, e per fortuna sono la maggioranza, che erano disposte a questo progetto riformista e ci sono persone che hanno ritenuto questo partito un traghetto versi altri lidi politici. Siamo arrivati ad un chiarimento interno che non escludo possa essere anche positivo. Tra questa seconda categoria ci mette il ministro Mauro? Il ministro Mauro ha dichiarato la sua disponibilità ad entrare in un contenitore che lui chiama PPE che possa aggregare altre forze politiche. Il ministro Mauro ha usato scelta civica pensando ad un altro progetto che non è scelta civica Vuole fare altri nomi? Basta leggere la lista. Sicuramente non tutti i firmatari [del comunicato sulla manovra, NDR], ma buona parte ha ritenuto Scelta Civica non la fine di un progetto preciso, ma un progetto di passaggio per convergere in un altro progetto. Che non è una colpa, ma non è la scelta della maggioranza delle persone che ha voluto scelta civica. ESTERI NIPPOUSA di Marco Cecchini per il Foglio Il barometro del commercio internazionale segna burrasca. Sul fronte dei rapporti Stati Uniti-Giappone, la notizia, di qualche giorno fa, è che Japan Airlines ha ordinato 31 nuovi velivoli A350 al consorzio europeo Airbus spezzando il monopolio pluridecennale di Boeing sul mercato nipponico, con grave disappunto della compagnia e dellAmministrazione americane. Sul fronte europeo, lAntitrust di Bruxelles ha annunciato lavvio di una procedura contro il gigante russo dellenergia Gazprom per abuso di posizione dominante e pratiche commerciali scorrette. Nelle stesse ore il governo dellUcraina dava il suo via libera allaccordo di libero scambio con lUnione europea allinterno di una strategia di avvicinamento a Bruxelles e di sganciamento parallelo dalla influenza di Mosca. Queste tre micronotizie segnalano il livello di tensione raggiunto in questa fase di crisi globale nelle relazioni commerciali internazionali, già di per sé molto tirate a causa di un assetto dei tassi di cambio e delle bilance dei pagamenti profondamente squilibrato: basta pensare al rapporto euro-dollaro e alla guerra valutaria innescata da alcuni paesi emergenti. Il commercio internazionale - una volta governato su base multilaterale - è dominato da un crescente bilateralismo, e lOrganizzazione mondiale del commercio - la suprema magistratura del free trade da sempre considerato uno dei pochi organismi mondiali realmente funzionanti - appare un gigante burocratico privo di rotta. A oltre 15 anni dallavvio del North Atlantic Free Trade Agreement (Nafta), gli Stati Uniti stanno negoziando con dieci nazioni dellAsia e del Pacifico un analogo accordo di libero scambio, la Trans Pacific Partnership (Tpp), al quale si è aggiunto di recente il Giappone. La Russia preme sui paesi limitrofi per allargare lunione doganale creata con Kazakistan, Bielorussia e Armenia. Gli accordi one to one country degli Stati Uniti sono decine. I grandi esclusi da queste manovre - e non a caso - sono Cina, India, Brasile e altri emergenti di rango. Ma liniziativa che promette di terremotare davvero i precari equilibri delle relazioni commerciali internazionali è la madre di tutti gli accordi in materia, ovvero la creazione di un mercato unico euroamericano, denominato Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip). Stati Uniti ed Europa rappresentano già ora quasi la metà del prodotto lordo mondiale e oltre un terzo del volume degli scambi. Se il Ttip andrà in porto, come è negli auspici di Barack Obama e dellazionista di riferimento della Ue, Angela Merkel, la geografia economica del mondo cambierà con effetti geopolitici rilevanti. Il negoziato, che è iniziato l8 luglio scorso a Washington e proseguirà a Bruxelles una volta superato lo shutdown statunitense, punta allabbattimento delle barriere sia tariffarie che non tariffarie e alla liberalizzazione degli investimenti entro il 2015, un arco di tempo molto breve. Le analisi di impatto condotte da istituti di ricerca indipendenti, come lIfo tedesco e il Cepr britannico, dicono che una completa attuazione del progetto porterebbe rilevanti benefici in termini di prodotto, nellordine secondo il Cepr di 119 e 95 miliardi di euro, rispettivamente per la Ue e gli Stati Uniti, con un aumento del reddito di 545 euro per la famiglia media europea e di 655 per quella americana. Limport-export crescerebbe di quasi un terzo, la disoccupazione scenderebbe significativamente. LItalia beneficerebbe più di altri della liberalizzazione delle tariffe americane che colpiscono in modo particolare i prodotti del made in Italy (tessile, alimentare, beni di lusso) con un aumento del 5 per cento del prodotto nazionale a regime. Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, oggi negli Stati Uniti, dovrà tenere conto di tutto questo. Liniziativa Ue-Stati Uniti si caratterizza per un mix di entusiasmo politico e scetticismo accademico. Da più parti si osserva che di mercato unico transatlantico si parla senza esito dagli anni 90 e in effetti il progetto è molto ambizioso. Se labbattimento delle barriere tariffarie, oggi pari mediamente al 4 per cento, sembra a portata di mano, più complesso si presenta infatti il tema delle barriere non tariffarie (standard di sicurezza, burocrazia, regole ambientali), dove le differenze culturali tra le due sponde dellAtlantico sono profonde. Anche i più cauti riconoscono tuttavia che questa volta è diverso. La creazione di un mercato unico euroamericano costituisce infatti un attraente driver di crescita per il tradizionale blocco occidentale, nel momento in cui la crisi in atto ormai da cinque anni ha messo in luce preoccupanti debolezze strutturali, sia delleconomia americana, sia di quella europea; debolezze cha appaiono tanto più preoccupanti di fronte allattivismo delle nuove potenze asiatiche e allambizione russa di allargare la sua sfera di influenza in Europa facendo leva sulle sue risorse energetiche. Riportare il centro di gravità delleconomia mondiale saldamente in occidente: sembra questa lambizione di Barack Obama e di Angela Merkel. La sfida che si è aperta è economica, ma soprattutto politica ECONOMIA 1. BORSA: MILANO CAUTA DOPO SETTIMANA POSITIVA, +0,38% IL FTSE MIB Radiocor - Milano chiude la settimana con il segno piu ma allinsegna della cautela, archiviando una settimana positiva. Negli Stati Uniti lS&P500 ha aggiornato nuovi massimi dopo laccordo sul debito e grazie alle trimestrali positive arrivate, mentre la Cina ha chiuso un terzo trimestre con un Pil in forte crescita. Tutti elementi che hanno favorito lintonaziona positiva delle Borse europee, con Milano comunque che e rimasta un po indietro: il Ftse Mib ha archiviato la seduta in rialzo dello 0,38% (+1,9% nella settimana) mentre il Ftse All Share e salito dello 0,43% (+2% nella settimana). Ancora sugli scudi Autogrill (+3,91%) sui massimi dal settembre 2007, mentre le attese sulle prossime mosse degli azionisti galvanizzano Telecom (+3,46%%). In coda al listino Mps (-3,93%) con il mercato che teme che la Fondazione possa cedere la sua quota (o una parte) sul mercato. Ha recuperato dai minimi di giornata Terna (-0,34%) che aveva sofferto inizialmente dopo le parole del presidente del Consiglio Letta sulla vendita di una quota della societa. Il titolo resta comunque vicino ai massimi storici. Sul mercato valutario, leuro resta sui massimi da otto mesi sul dollaro e dopo aver superato brevemente la soglia di 1,37 in chiusura e a 1,3690 (da 1,3662) e contro yen a 133,88 (da 133,68). Il dollaro soffre anche contro lo yen a 97,78 (da 97,83). In rialzo il prezzo del petrolio a 101,43 dollari al barile (+0,46%). 2. DDL STABILITA: IMPRESE, CRESCITA E TAGLI PIU INCISIVI SU SPESA E CUNEO Radiocor - La legge di stabilita deve avere misure piu consistenti per la ripresa. Deve dare i segnali necessari alla societa e alleconomia per rinvigorire la fiducia in se e nel futuro. Con una nota congiunta Abi, Alleanza delle Cooperative Italiane, Ania, Confindustria, ReteImprese Italia, indicano alcune valutazioni e indirizzi sulla legge di stabilita concordate in una riunione che si e svolta oggi. Le associazioni, oltre a chiedere che Governo e Parlamento si impegnino per realizzare una legge di stabilita e di crescita intensificando lazione sullo sviluppo, evidenziano soprattutto che manca una rapida e decisa azione di tagli alla spesa pubblica, serve una riduzione piu incisiva del cuneo fiscale e del costo del lavoro. 3. LETTA: MERCATI SONO PRONTI, VENDEREMO FINCANTIERI E 49% DI TERNA Radiocor - Il Governo ha intenzione di procedere con le privatizzazioni annunciate, a partire da Fincantieri e dal 49% di Terna. Lo ha annunciato il presidente del Consiglio, Enrico Letta, in unintervista al Washington Post, in occasione della visita del premier negli Usa dove ha incontrato il presidente Barack Obama. Penso che ora i mercati sono pronti a comprare e noi vendere i beni pubblici, ha detto Letta spiegando che tra le societa da privatizzare ce Fincantieri, per esempio. Venderemo una parte di Terna, che e la rete elettrica nazionale. Naturalmente, non al 100 per cento, ma il 49 per cento. Presenteremo questo piano di privatizzazioni e - ha aggiunto - penso che sara un passo molto importante. 4. TERNA: FONTI PALAZZO CHIGI, SARA MESSO SUL MERCATO IL 4,9% Radiocor - Il Governo intende mettere sul mercato il 4,9% di Terna. Lo precisano fonti di Palazzo Chigi, interpellate da Radiocor. Il Washington Post questa mattina aveva riportato alcune dichiarazioni del presidente del Consiglio Enrico Letta, con una imprecisione relativa proprio a Terna (si parlava di un 49% delle azioni). Lorientamento del Governo comportera una discesa della quota che e nel portafoglio della Cassa Depositi e prestiti dal 29,85 al 24,95%: un pacchetto che comunque assicurera alla Cdp la posizione di azionista di riferimento col potere di nominare la maggioranza del consiglio di amministrazione. Ai valori di mercato attuali il 4,9% di Terna vale tra i 340 e i 350 milioni di euro. 5. FINCANTIERI: BONO, PER QUOTAZIONE PRONTI DA 8 ANNI, NO A VENDITA Radiocor - Per la quotazione di Fincantieri sono pronto da 7-8 anni. Cosi lamministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono, interpellato a margine di unaudizione alla Camera sullannuncio del presidente del Consiglio Enrico Letta. Per Bono, quando Letta parla di privatizzazione pensa alla quotazione dellazienda: Non credo - ha spiegato la.d. di Fincantieri - che pensi di venderla, credo che pensi di quotarla tenendo una quota che consenta al Governo di mantenere il controllo. In ogni caso, Bono dice no a qualunque ipotesi di vendita di una quota del capitale ad altri player internazionali: Non abbiamo bisogno di partner, noi vogliamo comandare a casa nostra, ha concluso. 6. ENERGIA: ZANONATO, A BREVE MISURE PER TAGLIO BOLLETTA ELETTRICA DI 3 MLD Radiocor - Il ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato punta con decisione al taglio della bolletta elettrica italiana di 3 miliardi e conta di presentarlo tra le misure che andranno in Consiglio dei ministri tra quindici giorni, tra quelle attuative del pacchetto destinazione Italia. Zanonato spiega che con il Ministero dellEconomia si studia come rimodulare il peso di 12 mld di contributo alle rinnovabili. In particolare, spiega, bisogna creare uno strumento finanziario che oggi abbatta il costo dellenergia e che si alimenti con il contributo alle rinnovabili. CULTURA e SPETTACOLO RAI di Pietrangelo Buttafuoco per Il Foglio E la terza rete della Rai, Rai3, però è la prima quanto a imprinting dazienda. Il passato di Rai3, infatti, è da canone e non nel senso del bollettino postale ma in quanto precetto e regola di quella scienza semplice e paracula qual è il servizio pubblico. Tutto quello che va su Rai3, è quello che cera. Da venti anni, circa, la rete macina Chi lha visto? mentre da sedici galoppa il cavallo di ritorno di Un posto al sole. Laltra innovazione che viene da lontano è Ballarò, quindi la fascia della mattina - da Agorà a Elisir - poi ancora Geo e, infine (al di là degli esperimenti di Andrea Vianello, il nuovo direttore), il più che collaudato Che tempo che fa, la più importante vetrina del potere culturale. E la terza, dunque, ma è la prima per potenza di fuoco anche se lavora col minimo di budget. E siccome la Rai è come lacqua pubblica bisogna pur dirlo che oggi - più di ieri, senza più i suoi Sandro Curzi e gli Angelo Guglielmi - quello della prima serata di Rai3 è un rubinetto mirato, sempre a secco per chi è fuori dalla cerchia di potere. E unestetica tutta da se la canta, se la suona e se la guarda quella di Rai3. E non è vero, come ha detto il dg Luigi Gubitosi, che Fabio Fazio garantisce uninformazione trasparente, seria e di altissima qualità invitando tutte le componenti della società. Non è vero perché quello di Fazio è il posto più in assoluto appaltato allideologicamente corretto dove mai ha trovato spazio laltra Italia, altrettanto di qualità e forse molto di più. Non vale lobiezione di aver avuto ospite Renato Brunetta perché i politici se li devono ciucciare col bilancino e quelli di centrodestra, poi, poco calano con la qualità e pure con laltra Italia. Ci vuole fior di coraggio a dare il microfono a uno come Paolo Isotta. Provasse, Fazio, a farsi spiegare da lui la musica, invece che dal senatore Claudio Abbado, ci provasse: altro che le hostess della Endemol, nel celeste lindore dello studio arriverebbero le Valchirie e sarebbe finalmente un bis di puro genio dopo il remoto apparire di Carmelo Bene a Domenica In, al tempo di Corrado. Ma il guaio vero è che Fabio Fazio manco lo sa chi è Paolo Isotta, dovrebbe fare le scuole serali già solo per imparare a dirgli voscenza benedica. Potrebbe però invitare Giuseppe Cruciani e poi sì che ci sarebbe linformazione trasparente con un fior di componente - perfino strafigo - della società. E un servizio pubblico che non arriva in tutti i tubi quello di Rai3 a meno che non si voglia ammettere che - altroché, lo ammetto - cè il pluralismo e cè la dialettica. Ecco la dialettica: quando non è il Floris di turno a tenere fermo lospite puzzone per farlo bastonare dal pubblico in studio, cè il pubblico boldrinianamente avvertito a spernacchiare lospite mentre Floris lo tiene fermo. Ecco il pluralismo: il pubblico in studio di Ballarò è certamente politicamente avvertito, attento al grido di dolore della società precaria ma è pure liberista e crede nel mercato. E vuole il contratto milionario per Maurizio Crozza. E tutta unestetica da professoressa democratica, quella di Rai3 e quel pubblico in studio, già nelle inquadrature, tra cerchietti in testa e cravatte sbagliate, procura flussi lattei in tutte le cartilagini quando nellacme di un qualsiasi Vito Mancuso (acme significa sommo grado, giusto per farlo capire a Fazio senza che scomodi i suoi autori) tutta quella gente fa clap clap come neppure tra le migliori scimmiette ammaestrate davanti al ritratto di Cazzabubbolo. E la terza, è la prima per qualità ed efficacia ma, suvvia, non è servizio pubblico. Forse lo è stato perché tutto quello che oggi vale già laveva. Ciò che farà, già dagli esperimenti di Vianello si capisce, è però Anima Mundi, estetica da regime, e chissà però se ancora, allingresso di Corso Sempione, accanto ai tornelli ci sono le hostess della società Endemol, proprietaria del format di Che tempo che fa. E unimmagine proprio affascinante questa delle hostess, incaricate di accogliere gli ospiti mentre gli uscieri della Rai sono costretti a guardarsi intorno. Non voglio certo rubare il mestiere a Brunetta ma chissà quanto si paga per il cosiddetto sotto la linea, per i camerini, i truccatori, i turni di montaggio, i tecnici, gli studi, le scenografie, i cameraman, le luci e le telecamere che sono già patrimonio Rai e non certo caravanserraglio del format acquistato? E poi, sempre senza voler rubare il mestiere ad Aldo Grasso, infine, che cosè questo format: tre interviste, una dopo laltra, con millesettecento giornalisti e più di ottomila dipendenti? Il punto è che il dg teorizza la piena produzione interna, giusto in tema di fazismo e qualità. E la terza rete, ma è pur sempre la splendida Rai3. Paolo Mieli farà Minoli: faccia a faccia con padre Pio. Il passato la salva, si faccia qualcosa per il futuro. Con Cruciani ospite (se proprio non si è in grado di reggere Paolo Isotta, e le valchirie). TGRTRINACIA-di Carlo Tecce per Il Fatto Quotidiano Vincenzo Morgante ha un merito: è un giornalista di corrente schifaniana, vuol dire di Renato Schifani. Come essere collezionista, come essere custode di un francobollo Gronchi rosa. Ha diretto per dieci anni la redazione Rai di Palermo, il telegiornale regionale, i rapporti con Roma. Da una settimana, tra la sede di viale Mazzini e il polo di Saxa Rubra, il nome di Morgante passava di bocca in bocca e lasciava la stessa bocca spalancata per lo stupore: possibile che limparziale e prudente dg Luigi Gubitosi sia pronto a indicare per il Tgr (20 edizioni locali cioè 20 redazioni regionali) il chiacchierato caporedattore? Mica per una poltrona qualsiasi, ma per la gestione di una testata che fa informazione da Aosta a Catanzaro, da Torino a Trieste. Già, possibile. E senza un voto contrario: unanimità in Consiglio damministrazione, ieri pomeriggio. Le indiscrezioni erano vincenti perché quella casella, nonostante Gubitosi dichiari che la politica sia marginale, era destinata al centrodestra, ai berlusconiani. Il leghista Alessandro Casarin si è dimesso, così viale Mazzini ha scelto un giornalista col marchio Pdl: in corsa cera anche Fabrizio Ferragni, vice di Mario Orfeo al Tg1, ma il lontano trascorso in quota sinistra lha messo fuorigioco. No, non è un neppure un direttore di successo: il Tgr Sicilia, spesso, crolla al sesto posto tra linformazione regionale. No, non è neppure immune al solito vizio, diffuso tantissimo fra i locali, di servizi promozionali: o meglio, pubblicità occulta. Con precisione statistica, il redattore Angelo Di Natale aveva denunciato le pratiche di Morgante, i suoi interessi e i suoi rapporti: scovando un cavillo - varie comparse in unemittente provinciale anni prima - Di Natale è stato licenziato. Il redattore è in causa con viale Mazzini, vedremo chi avrà ragione. Ma le accuse sono dettagliate. Il primo esposto di Di Natale è datato 2 maggio 2011, Morgante è in carica dal 2003. In otto anni di direzione, il Tgr Sicilia ha dedicato 39 servizi a unazienda vitivinicola e sempre 39 interviste distribuite in famiglia: 20 volte ha parlato José Rallo, anche in versione dirigente di Unicredit-Banco di Sicilia (dove lavora un parente di Morgante, dice Di Natale); 13 volte per Giacomo Rallo e 4 per Antonio Rallo. Identico periodo, 24 servizi per limpresa dolciaria Fiasconaro. Forse per equilibrare il trattamento, nellaprile 2011, il Tgr Sicilia ha rimediato con un paio di minuti al gruppo Condorelli. Nella redazione siciliana, assicurano, il panettone era così tanto che si buttava. Nel 2007, Morgante e Paolo Fiasconaro firmano un libro Pellegrini ad Assisi. Fiasconaro ha allestito anche svariate rassegne al piccolo teatro Al Massimo, che sè guadagnato 34 servizi. Cibo, vino, preghiera - e da sempre vicino allOpus Dei - Morgante elogia spesso le università private. Il direttore frequentava la Kore di Enna, oratore, esperto, moderatore. Il Tgr Sicilia ha mostrato la Kore ai siciliani per 45 volte negli otto anni di riferimento, ovviamente microfono sempre disponibile al rettore. Un inviato è stato spedito a Enna per documentare un concerto di clavicembalo. Ma il direttore non adorava mandare giornalisti a Lampedusa né viene ricordato per le possenti campagne contro la mafia. Però, dicono sia un uomo riflessivo, cattolico e colto. Non sappiamo se insignito del titolo dei Cavaliere del Santo Sepolcro, ma i siciliani sono ferratissimi sul tema perché il Tgr ha spiegato ampiamente il compito di chi vuole difendere Gerusalemme. Morgante, insegnante di Teologia a Palermo, ha confezionato 23 servizi per la Facoltà di Teologia di Palermo. No, non è riuscito a intervistare se stesso. Ma ha trasformato la sede siciliana in unenclave personale, in un traffico di notizie strambe, raro approdo per notizie vere. Lelenco potrebbe riempire un libro, innervare migliaia di dubbi. Nemmeno uno, forse, sarà venuto ai dirigenti di viale Mazzini. AFORISMI Il nuovo é sogno; per fare il nuovo: trasformare il sogno in e¬sperienza, cioé in anni e metterci dentro il tempo.
Posted on: Fri, 18 Oct 2013 18:48:28 +0000

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