PENSIERI Non ho mai considerato la politica come una scienza - TopicsExpress



          

PENSIERI Non ho mai considerato la politica come una scienza esatta, e i suoi risultati come la conseguenza di azioni razionali e di reazioni prevedibili, magari sulla base di leggi universali e «fatali». La complessità del reale è comunque tale, che tra azioni, fini e risultato reale sta spesso un abisso. Ma non credo nemmeno che essa possa essere governata dalla pura volontà, dalle sole speranze, dai risentimenti e dalle illusioni di questo o di quel politicante, di questo o di quel gruppo di cittadini. Malgrado tutto, anche la politica ha le sue «leggi». Sembra che in questa fase ogni tentativo di controllare con un pensiero razionale le nostre mosse nellagone politico sia stato abbandonato, fra enunciazioni roboanti e incredibili, grida di sdegno, denunce di apostasia, vendette tanto feroci quanto poco utili. Cè chi pensa di affidarsi ad un messia forse un po caciarone, certamente uscito dal nido del movimento politico avversario storico, per rilanciare le sorti di un partito che con il XX secolo ha perso ogni ragion dessere ed ogni spinta propulsiva. Eppure erano proprio gli eredi di Togliatti quelli che «la storia la facciamo noi»... Cè chi pensa di coltivare da destra un antieuropeismo provocato dalla burocrazia e dalidiozia europea, senza considerare che oggi attaccare lEuropa significa dar manforte allinaffondabile fuscello della nuova Dc, Enrico Letta, vittima delle critiche di Bruxelles. Chi si illude di fare la sentinella antitasse mentre si profila, vista lassoluta incapacità di tagliare, una nuova gragnola di balzelli. Chi crede possibile ammodernare laustera ideologia salvifica ereditata da Marx con innesti frou frou: un piercing e un matrimonio gay qua, una adozione omosessuale là, qualche pala eolica che fa tanto moderno e rende tanto, lassù sui colli un tempo granaio dItalia... In un’economia capitalistica ‘a norma’, sarebbero i manager e gli incaricati d’affari dei consolati ad occuparsi delle vendite e degli acquisti, con costi convenienti per i paesi che intrattengono relazioni commerciali. Quando, invece, le cose si complicano e, a causa delle sfide della globalizzazione e delle responsabilità maggiori che i governi sentono nei riguardi delle società civili penalizzate dall’apertura delle frontiere, subentrano strategie non più di mercati ma di stati e di governi. Subentra, allora, il bisogno di raffinati diplomatici in grado di tessere collegamenti di confine tra gli istituti di ricerca come le università, le banche,le imprese, i ministeri. Per questo occorre una comune koinè culturale e, soprattutto, una lingua comune: gli atenei si collegano alle imprese, queste ai ministeri e alle fondazioni bancarie in un travaso sempre più fitto di competenze, di gusti, di stili di vita. Nemo dat quod non habet; la verità è adaequatio mentis et rei; e soprattutto l’assioma scolastico, ripreso poi da Locke, per cui “nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu” (niente è nell’intelletto che prima non sia stato nei sensi). Il bambino che nasce, per continuare col latino, è tabula rasa. Il mondo è quello che ha sotto gli occhi, cioè il caldo torrido per il negretto dell’Africa equatoriale e il freddo assassino per il piccolo inuit. Il modo naturale di esprimersi e comunicare è la lingua che si sente parlare intorno a sé. Le idee, gli usi e i costumi “giusti” sono quelli della maggioranza del gruppo. Già Erodoto notava come i nubiani (salvo errori) avessero delle divinità di pelle nera, perché di pelle nera erano loro stessi. Notizia che avrebbe fatto felice Ludwig Feuerbach:, colui che diceva che l’uomo crea Dio a sua immagine e somiglianza. La «caduta delle ideologie» si accompagna al venir meno della ragione. Eppure le une e laltra, cum grano salis, appaiono di gran lunga più affidabili e meno dannose dellirrazionalismo puro, del velleitarismo insensato che accompagna le poche e misere azioni concrete di chi ci governa. Un paese che ha rinunciato alla cultura ed alla razionalità per gettarsi nel sogno, nella ricerca del colpevole delle sue colpe, nella promessa più seducente anche se ovviamente irrealizzabile rischia davvero un amaro risveglio. Come, nellindotto fisico, nasce energia elettrica quando comincia la rotazione della dinamo, analogamente nasce il valore monetario allatto dellemissione nelle mani dellaccettante perché ne prevede la ulteriore cessione e circolazione nellindotto giuridico ( indotto dalla LEGGE ) Come nella dinamo aumentando la velocità di rotazione aumenta la quantità di energia elettrica, così aumentando la velocità di circolazione della moneta ne aumenta il valore indotto, cioè il potere dacquisto. Su questo principio le banche daffari creano quantitativi illimitati di valore, attribuendo ai depositi bancari la velocità della luce trasferendoli da un continente allaltro con gli impulsi elettronici dei computer. Il fenomeno è stato definito dal Governatore della Banca dItalia, come “deposito transnazionale che sfugge al controllo delle banche centrali”. Poiché il valore indotto è causato dalla circolazione della moneta, analogamente allenergia elettrica causata dalla rotazione della dinamo, mancando la consapevolezza scientifica del fenomeno, il governatore Fazio per esprimere il concetto, ha collegato la parola “deposito” che ha un significato statico, col termine “transnazionale” che ha un significato dinamico. Ha proposto così una definizione irrazionale del valore indotto perché espressa con due termini tra loro incompatibili. In conclusione la moneta non è solo il prodotto di una convenzione, ma di una attività convenzionale che, nella sua continuità, realizza il “potere dacquisto” per induzione in una fattispecie di sociologia giuridica. La moneta che non circola è un mero simbolo, non è moneta.Il simbolo monetario può assumere tutte le forme possibili delle fattispecie giuridiche. Come la luce rossa e verde del semaforo è forma di norme giuridiche, perché consentono e vietano il transito, così il simbolo monetario può essere realizzato, per convenzione, nella luce del computer.[ si deduce che se siamo indotti ed obbligati per Legge, detta convenzione sociale, ad accettare lo strumento monetario e che la LEGGE è lo strumento del DIRITTO e che il DIRITTO appartiene alla Società come gli strumenti legislativi e convenzionali da esso creati, la MONETA DEVE appartenere al popolo che si riconosce nella convenzione sociale sancita con il DIRITTO e con il SUO STRUMENTO che è la Legge della convenzione monetaria ] Il punto di partenza è dunque la sensazione: nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu. Se tutti gli uomini fossero ciechi, nessuno parlerebbe di luce. INTERNI PDLPD-da santalmassischienadritta-di Giancarlo Santalmassi Divisi ma alleati. Aveva visto giusto chi ascoltandolo sabato pensava all’estremo inganno di Silvio. Le distanze tra i due tronconi dell’ex PdL oggi sono inferiori a quelle che hanno sfasciato un altro neorottame della politica: Scelta Civica. Se così sarà, il centro sinistra dovrà prestare molta attenzione al discorso con cui Berlusconi ha dato pateticamente addio al suo passato degli ultimi 20 anni. Come sempre, mescolando un cinquanta per cento di verità a un cinquanta per cento di falsità, il leader (ex?) del centrodestra rimescola argomenti, carte e acque torbide. Persino il libro nero sul comunismo è riapparso accanto a Forza Italia. Ma farebbe male il centrosinistra a inficiare quel contenuto nella sua interezza grazie alla palese falsità di una sua parte cospicua. Che uno degli uomini più ricchi del pianeta della finanza opaca sia il meno adatto a rimettere in sesto l’economia italiana è chiaro. Che il più indagato del pianeta sia il meno adatto a proporre riforme della giustizia è pacifico. Che il titolare massimo di conflitti di interesse sia il meno credibile nel proporre una repubblica presidenziale o una riforma della Costituzione pure. Ma pensare di raccogliere il consenso restando quello che si è perché l’avversario ha le sue magagne, porterebbe verso altri cocenti e definitivi insuccessi elettorali. Non si può più essere il partito della spesa pubblica, il partito delle tasse, il partito dell’intangibilità della Costituzione, della magistratura così com’è (dice nulla un Caselli che abbandona Magistratura Democratica?) della difesa a oltranza delle posizioni vetero-sindacali e pretendere di essere elettoralmente competitivi. Letta (Enrico) andrà avanti, con un occhio a Renzi (si dovrà accontentare delle primarie), e l’altro ad Alfano che si dovrà consolidare. Se va bene, Alfano ha ragione: tra un anno, con una nuova legge elettorale, una diversa legge di stabilità più vicina a Bruxelles e con l’andata a regime dei provvedimenti del governo Monti, gli indici economici potrebbero puntare in alto. O il centrosinistra fa la rivoluzione liberale (sì, quella che Berlusconi ha promesso e neppure tentato; sì quella che il centrosinistra non ha mai nè promesso nè tentato perché non è nella sua cultura politico-economica). STATOECHIESA- Ruini plaude al Nuovo centrodestra. Bagnasco tace. Bertone si defila. -I rapporti Roma-Vaticano dopo lo strappo di Alfano.-di Daniele Gensini - Tanti hanno sperato che con il papato di Bergoglio la Chiesa avrebbe limitato le ingerenze politiche in Italia. Ma in questi mesi i segnali, al di là di qualche dichiarazione mediatica, non indicano alcun apprezzabile cambiamento di rotta. Anzi. Con il nuovo quadro di instabilità politica e la necessità delle larghe intese, il terreno è fertile per la nascita di un centro cattolico, proprio con la certosina cura del Vaticano. Claudio Tito su Repubblica svela il retroscena, una serie di incontri che da mesi hanno luogo in un appartamento vicino Piazza Pio XII, in zona Vaticano. Parlare di scontro sarebbe eccessivo, ma le ultime mosse politiche di una parte della Curia, quella legata alle abitudini dellancien régime pre-Bergoglio, hanno suscitato qualche malumore tra gli alti prelati che sposano con maggiore convinzione la linea della non ingerenza imposta dal pontefice argentino. Stando ad alcune ricostruzioni giornalistiche delle ultime ore, la filiera legata a sua eminenza Camillo Ruini, che non ha mai rinunciato a far filtrare il proprio pensiero nel contesto tumultuoso della politica italiana, ha accompagnato la rottura tra Angelino Alfano e Silvio Berlusconi impartendo benedizioni e consigli, con Rino Fisichella gran cerimoniere dincontri riservati organizzati in un appartamento vicino a piazza Pio XII. ECONOMIA ATTENZIONE AI VOSTRI CONTI CORRENTI Da vincitori e vinti di Paolo Cardenà - Come già sapete in questo sito si è discusso molto a proposito dei salvataggi bancari e della gestione di crisi bancarie nella zona Euro. Già dagli eventi di Cipro, avevamo ipotizzato che il modello cipriota sarebbe potuto essere replicato anche in altre crisi bancarie nel contesto delleurozona. A confermarci tale prospettiva è proprio un articolo apparso su milano finanza appena qualche giorno fa. Nellarticolo si legge: Da Milano Finanza-Fino a 100 mila euro i depositi saranno protetti in Europa, oltre tale soglia i conti correnti possono essere coinvolti nei fallimenti bancari. L’Unione europea sta discutendo in questi giorni il tema dell’Unione bancaria. Una tappa a cui prima o poi si dovrà arrivare, nonostante i veti e i paletti della cancelliera tedesca Angela Merkel.Ma nelle discussioni in corso viene data poca rilevanza a un punto molto delicato per garantire la fiducia nelle banche da parte dei rispamiatori: ovvero la soglia di garanzia dei depositi. I Paesi della Ue hanno deciso a fine giugno che nel momento in cui sarà necessario un salvataggio bancario saranno intoccabili solo i conti correnti fino a 100 mila euro. Mentre gli importi superiori a tale soglia saranno aggredibili. Dunque obbligazionisti e correntisti di fatto partecipano in parte al rischio di impresa della banca. Come è accaduto ai depositanti delle banche di Cipro che si sono visti prelevare una trattenuta sui conti correnti dal 6,75% a crescere. «Il salvataggio di Cipro è il primo caso in Europa di un debito con prelazione nonché di un bail-in non garantito dei depositanti. Nonostante la sua unicità, dovuta sia alla peculiarità del suo sistema bancario sia alle implicazioni politiche intrinseche alla soluzione di salvataggio attuata, il bail-in di Cipro ha sensibilizzato gli investitori sull’implementazione dei regimi di risoluzione», dicono Christina Schmid e Elena Guglielmin, analiste di Credit Suisse private banking.Quindi, in buona sostanza, si conferma il principio secondo il quale, in caso di dissesto di qualche banca, a coprirne le perdite, oltre agli azionisti, saranno chiamati anche gli obbligazionisti e i correntisti con giacenze superiori ai 100 mila euro. Ma resta da capire il livello di protezione di cui potranno godere i depositanti con saldi inferiori ai 100 mila euro, atteso che, come avevamo già segnalato (LETTURA SUGGERITA QUI), il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, offre garanzie del tutto inadeguate e comunque non sufficienti neanche per garantire i correntisti di qualche banca di medie dimensioni che dovesse entrare in crisi. Nel frattempo, giova ricordare che le sofferenze bancarie sono in costante e drammatico aumento, tantè che nel mese di ottobre hanno raggiunto i 144.5 miliardi di euro, circa il 9% del PIL. FISCO-Un mese di fuoco per i contribuenti. Un mese durissimo in cui, tra gli acconti dell’Imu e la tassa sui servizi, il Fisco spera di incassare circa quaranta miliardi. Ecco dal due dicembre al mese di gennaio tutte le scadenze che pendono sulla nostra testa. Se negli scorsi anni il Fisco aveva tenuto conto della crisi e aveva ridotto la percentuale degli anticipi di imposta, nel 2013 ha fatto marcia indietro. Per finanziare qualche mini-taglio ha portato l’acconto dell’aliquota Irpef al 100% (era del 99 per cento). In pratica, si dovrà pagare tutta l’imposta dovuta per il 2013. Ecco dal due dicembre fino a al mese di gennaio tutti i pagamenti che ci aspettano, ecco il nostro calendario di passione Due dicembre: entro questa data bisogna pagare il secondo acconto Irpef, il secondo acconto Irap per chi ha la partita Iva e per le società di persone. Da pagare anche il secondo acconto della cedolare per gli immobili che sono affittati a persone fisiche. I commercianti e gli artigiani dovranno versare il secondo acconto dei contributi Inps. I lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata Inps dovranno versare il secondo acconto per il 2013. Il 16 dicembre: I proprietari di casa devono pagare il saldo dell’Imu 2013 e il pagamento addizionale dell’imposta sui rifiuti. Il 27 dicembre bisognerà pagare l’acconto Iva e e tra la fine dell’anno e il mese di gennaio ci aspetta il saldo dell’imposta rifiuti (la cui data di scadenza dipende dalle delibere comunali dei singoli Comuni). Per quanto riguarda l’Imu non dovranno pagare i proprietari di abitazione principale e le relative pertinenze nella misura di una per ogni tipologia e contribuenti assimilati: assegnatari di abitazioni in cooperativa indivisa, operatori delle forze armete e di polizia,, vigili del fuoco, funzionari della prefettura trasferiti per motivi di servizio. Devono invece pagare tutti i proprietari di immobili non residenziali. Ci sono poi categorie che devono aspettare che escano le delibere definitive del Comune per sapere se e quanto devono pagare (si tratta di residenti all’estero iscritti all’Aire, i proprietari di casa data in comodato a un figlio o a un genitore, se l’abitazione ha una rendita catastale inferiore ai 500 euro e/o se occupa la casa ha un Isee inferiore a 15mila euro. l’aumento della pressione fiscale riduce i consumi. Ergo: la riduzione dei consumi fa sì che i risparmi aumentino. E questo è abbastanza semplice da comprendere in quanto “se non spendi tieni i soldi nel portafogli”, è ovvio. Solamente che il nostro portafogli si chiama banca infatti è lì che teniamo i soldini della busta paga, della pensione (i “nostri risparmi”), precisamente depositati sul conto corrente di una banca. E allora, cosa poteva ordire questo finto governo di gente non votata dal popolo ma piazzata su quelle scranne per volere dei poteri reali? Semplicissimo: infilarsi in banca e succhiare il nostro grano. Per Natale (chi ha avuto modo di leggere i miei ultimi articoli lo sa già poiché ebbi modo di farlo presente prima che tutto ciò accadesse) arriverà una batosta, l’ennesima. Quanto ci succhieranno a questo giro? È presto detto: la bellezza (si fa per dire) del 33% in più. In soldoni, qualcosa come mezzo miliardi di euro. Scommetto che questa porcata avrà richiamato alla mente qualcosa di simile accaduto nel lontano 1992, ad opera del senatore a vita e pluripensionato Amato, vero? Bene, con questa mossa, Saccomanni (l’attuale vampiro) lo ha addirittura surclassato e ce lo ha fatto pure rimpiangere in quanto la mossa di Amato (in nomen NON omen) fu “una tantum”, cioè dire che si limitò a metterci le mani in saccoccia una sola volta ed amen! Saccomanni, l’ha resa permanente. Se non avete ancora ben compreso,: questi ci stanno dicendo che da oggi ad libitum preleveranno soldi dai nostri risparmi, sino a ridurci come le mosche catturate nelle ragnatele Fonte:liberoquotidiano.it/news/economia/1352757/Fisco–tutte-le-scadenze-da-dicembre-a-gennaio.html «Se le cose continuano in questo modo, il 2014 non sarà certo l’anno della ripresa, con il rischio che la crisi economica si trasformi in crisi sociale». Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha denunciato da Venezia la sostanziale inefficacia della legge di Stabilità affermando che la manovra non riesce a centrare uno dei suoi obiettivi principali: «Una poderosa operazione “meno spesa meno tasse“, anzi si continua a far quadrare i conti dello Stato usando la leva fiscale». Non si è trattato di un’invettiva estemporanea. Le critiche di Sangalli rappresentano il commento a una ricerca condotta dalla confederazione dei commercianti e dal Centro Europa ricerche (Cer) e presentata al Forum dei giovani imprenditori del terziario. La pressione fiscale resterà inchiodata fino al 2016 a quota 44 per cento, mentre nel 2014 ci dovrebbe essere solo un lieve calo di 0,1 punti al 44,2 per cento. Secondo l’indagine del Cer, tra il 2012 e il 2017 lo Stato preleverà dalle tasche delle famiglie 81 miliardi consentendo un aumento di 50 miliardi della spesa pubblica. «Un tale carico fiscale è incompatibile con qualsiasi tipo di ripresa», ha chiosato Sangalli ricordando che il governo dovrebbe invece mettere mano quanto prima al taglio della spesa improduttiva e «aggredibile» che vale circa 100 miliardi. Il presidente di Confcommercio ha inoltre stigmatizzato l’aumento dell’aliquota Iva principale dal 21 al 22 per cento rimarcando come sia stato compiuto «un errore gravissimo perché colpisce le fasce più deboli, una quota di famiglie che si sta ampliando». D’altronde, come ha fatto notare la Cgia di Mestre, anche il Natale potrebbe non essere un periodo fausto (vedi sotto). Dalle considerazioni di Sangalli discendono, perciò, due conseguenze di tipo politico. In primo luogo, l’obiettivo della critica è stato focalizzato nel ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ormai solo assieme al premier Letta nel ribadire che la ripresa sia vicina. Persino il viceministro Stefano Fassina, a Venezia con Confcommercio, non ha sottaciuto la gravità della crisi pur non prendendo le distanze dall’esecutivo. La seconda conseguenza è un corollario della prima. Criticando le misure sulle quali Saccomanni ha messo la faccia, Confcommercio ha preso le distanze anche da Confindustria e sindacati. Sebbene il numero uno di Viale dell’Astronomia, Giorgio Squinzi, abbia più volte demolito l’impianto della manovra senza eufemismi («Quante porcate!»), non ha portato ai naturali esiti le proprie determinazioni. Da una parte perché nella Confindustria stessa ha finito col prevalere l’assioma della «stabilità» del governo rispetto alle altre istanze della base associativa, sempre più sconfortata dinanzi alle tragiche cifre snocciolate del Centro studi. Pure Confcommercio ha sostenuto l’importanza di evitare «crisi al buio» ma non ha sacrificato le proprie istanze sull’altare del governismo. Dall’altra parte, invece, occorre registrare che l’asse Confindustria-sindacati, in fondo, qualche cosa con la manovra ha portato a casa. I 5 miliardi stanziati da Letta sono pochi ma rappresentano comunque il primo punto del documento di Genova di inizio settembre con il quale imprenditori, Cgil, Cisl e Uil chiedevano a Letta & C. la riduzione del prelievo fiscale sul lavoro. Ecco, Squinzi e i segretari confederali non sono invece a riusciti a raggiungere il secondo obiettivo che si erano prefissati con quell’intesa: fare pressione affinché fosse diminuita, in maniera generalizzata, la pressione fiscale. Il paradosso, tuttavia, è che sia le imprese che i rappresentanti dei lavoratori, alzando la voce, hanno più da perdere che da guadagnare. Letta ha già minacciato una marcia indietro sul taglio del cuneo, mentre l’emendamento che ampliava a 12mila euro la no tax area è già stato bocciato dal governo. Sangalli, implicitamente, non ha fatto altro che ricordarlo. Fonte:ilgiornale.it CRISI-Secondo le stime recenti di Unioncamere, sono circa mille le aziende che quotidianamente (grandi, medie e piccole) che chiudono i battenti. Dove vanno? I più fortunati, anche per via della vicinanza geografica, finiscono in Svizzera e Slovenia. Non vengono, tuttavia, disdegnate destinazioni più lontane come Lettonia, Bulgaria, Estonia e paesi caucasici. Non c’è che dire: un esodo in piena regola. La cause principali sono sempre le solite: la mancanza di saldo da parte dello Stato (chiusura non per debiti ma per crediti avanzati); l’eccessiva pressione fiscale. Tutti elementi che non si ritrovano laddove il mercato sta emigrando. Però attenzione: l’incallito vizio di frodare e “fregare” è innato nel sangue latino, non mentiamoci! Questo costume inossidabile sta allertando tanto gli svizzeri quanto gli altri i quali stanno correndo ai ripari: da oggi sarà più difficile far quadrare i conti: la residenza della proprietà diverrà cogente. E addio vantaggi. Non si possono biasimare quanti e quante abbiano deciso di fare le valigie per andare a cercare (non tanto la fortuna) sopravvivenza altrove. Bene, a costoro non possiamo che rivolgere un caloroso in bocca al lupo. Però sappiate che la vostra assenza qui, sebbene più che giustificata, la sentiamo e la sentiremo moltissimo in questo 2014 che ormai è alle porte: più alto cresce il numero delle aziende mancanti, meno voce di protesta si leverà all’indirizzo dei responsabili. Forse, a conti fatti, l’intento era proprio quello di eliminarvi. Eliminare le voci scomode con arte, semplicemente attendendo che la valanga di finanziarie scriteriate facesse da leva cosicché un giorno potranno pure vilmente accusarvi dicendovi: “Ve ne siete andati per vostra scelta, nessuno vi ha obbligati”. Dall’altra parte, reprimere le voci di chi resta e resterà sarà più facile, senza il vostro sostegno. Tra poco, gli eori rimasti qui a spezzare il pane non avranno nemmeno gli occhi per piangere. La partita sembrerebbe qui terminare. Ma non è così: i conti si fanno alla fine. E alla fine qualcuno pagherà per il vostro e nostro disturbo. Nel frattempo non dimenticatevi mai che restiamo qui a combattere, lo facciamo anche per voi. I segnali di questa crisi economica non sono comparsi per caso ma sono il frutto anche di una ma la gestione del sistema bancario. Gli istituti di credito, da troppo tempo ormai, non investono più nei cittadini e nelle aziende ma in altri modi speculativi attraverso investimenti in sistemi finanziari complessi con il risultato che è’ ormai impossibile per chiunque usufruire di mutui. Potremmo parlare di “giochi d’azzardo”fatti con i nostri risparmi. Noi diamo contanti e otteniamo tanti numeri sui Pc rischiando di non vederli tornare contanti perché le banche hanno fatto investimenti azzardati. I più rivoluzionari credono che questa crisi sia stata creata ad arte dai grandi banchieri appartenenti alla “massoneria internazionale” ,dalla BCE, dalla Banca D’inghilterra e dal Federal Reserve per arricchirsi. E se fosse vero che il loro obiettivo e’ quello di acquisire beni reali perdendo solo qualcosa di virtuale( i numerini sul Pc) creando un vero e proprio crack che non farà altro che arricchire loro e far morire noi? DITO NELL’OCCHIO La spesa ammonta ad un miliardo, la stessa cifra che sarebbe stata necessaria per fermare l’aumentodell’Iva e che e’ stata invece destinata da Letta, con due decreti legislativi, per una spesa extra in nuovisistemi militari per elicotteri, aerei ed apparati elettronici per l’Esercito. La crisi economica riguarda milionidi famiglie nostrane e di piccoli imprenditori ed artigiani che vessati ormai da troppo tempo da tassesempre più esose ed insostenibili sono sul lastrico. Ai nostri Governanti sembra però interessare solo chealcune grande aziende, come Finmeccanica, continuino a guadagnare a spese di coloro che faticano adarrivare a fine mese. E cosi, Agusta, Selex, Alenia Aermacchi, porteranno a casa i quattrini che avrebberoscongiurato l’aumento delle tasse, perché, secondo l’esecutivo c’è “un prioritario interesse pubblico”nella realizzazione di questi programmi militari. Come e’ possibile che nessuno si renda conto che è’ora di tagliare le spese inutili come le pensioni d’oro o di tassare pesantemente chi ha conti all’estero ole multinazionali che pur guadagnando nel nostro Paese fatturano in Paradisi fiscali? Perché ad esseregabbati dobbiamo essere sempre noi, i cittadini onesti che hanno sempre pagato le tasse e alla finesi trovano a mantenere chi, della parola lavoro, neanche conosce il significato? E’ ora di svegliarsi e diriprendere in mano le redini di un mondo che va al rovescio… CASTA Eurodeputati, un assegno da 1,8 miliardi: rimborsi, indennità e super-stipendi I 766 membri dell’assemblea Ue guadagnano dieci volte più del cittadino medio dell’Unione. Prendono circa 214 mila euro al netto delle diarie e delle spese per uffici e portaborse. Nelle loro tasche va più di 1 milione a legislatura, pari a 45 anni di lavoro di un elettore italiano. QUANDO si dice il distacco dei cittadini dalla politica. Prendete gli onorevoli di Strasburgo e poi la busta paga media dell’europeo tipo. Ebbene un eurodeputato guadagna quasi dieci volte tanto, tra stipendio base, diarie, bonus, indennità giornaliere e di trasferta. Ovvero, 213.924 euro contro i 21.844 del travet, in un anno. L’879% in più. Abissale. Senza pensare che con una sola legislatura, il fortunato politico eletto in Europa si porta a casa un milione e 69 mila euro (lordi). Un traguardo che quell’impiegato medio raggiunge solo dopo 55 anni di lavoro. Un italiano con 45. Un inglese 40. Un tedesco 39. Ma a un bulgaro non basta un secolo di sacrifici, 108 anni. A un polacco, più di una vita, 78 anni. E questo perché il terribile spread tra il cedolino dell’onorevole (dal 2009 uguale per tutti, 17.827 euro al mese) e quello del cittadino che lo ha mandato sugli scranni di Strasburgo è tanto più ampio quanto più povero o in difficoltà è il singolo paese. Non meraviglia dunque che nella classifica stilata ad hoc – forse unica nel suo genere – dalla giornalista Anette Krönig e da un gruppo di statistici per il portale tedesco al servizio dei consumatori (preisvergleich. de), Bulgaria, Romania, Lituania, Lettonia, Polonia siano nelle prime cinque posizioni. Un eurodeputato bulgaro, per dire, incassa il 2.051% in più del suo elettore. Quello rumeno, il 1.861%. E così via. Con divari pazzeschi. Su 27 paesi, l’Italia è circa a metà classifica, sedicesima dopo la Spagna. Un nostro rappresentante in Alsazia mette al sicuro, ogni mese, il 795% extra di chi ce l’ha mandato. La Francia è diciottesima. La Germania ventiduesima. Così quel distacco cittadino-politica si fa abisso. E non di soli ideali e passioni parliamo qui. Ma di denari sonanti che pesano tantissimo in tempi di crisi come questi. Negli anni di purghe e ricette dolorose imposte da Bruxelles ai paesi con i conti in disordine non un gesto, un esempio, un taglio è venuto da quegli scranni d’oro di Strasburgo. Anzi, a dirla tutta, lo spread (non solo tra Btp e Bund) volava. Ai 17.827 euro mensili intascati dall’eurodeputato anche per viaggi, gettoni di presenza, appartamenti, occorre addizionare i 21.209 euro a sua disposizione ogni mese per gli uffici (almeno due, di cui uno in patria) e il personale (negli Stati Uniti si arriva a 80 mila euro mensili per queste spese). Questo significa quasi mezzo milione di euro di entrate all’anno (468.432 euro). Ovvero 2,3 milioni nel quinquennio. Moltiplicato per tutti gli eurodeputati (oggi 766) fanno quasi 1,8 miliardi pagati dalle tasse di 500 milioni di cittadini europei che il prossimo anno saranno chiamati proprio a rinnovare quel Parlamento. Non proprio bruscolini. E pensare che prima del 2009 i guadagni erano in ordine sparso, con l’obiettiva disparità tra parlamentari ricchi dei paesi forti e onorevoli poveri delle “periferie” del continente. Quattro anni fa si decise di livellare, scegliendo lo stipendio più alto. Indovinate quale? Quello di italiani e tedeschi. Da allora, vita da nababbi, zero spending review, poca se non nulla trasparenza, sacrifici lontani, come le Patrie che diligentemente li hanno eletti e che con troppa pigrizia non chiedono mai conto di come, quei denari, vengano poi spesi. Se poi agli eurodeputati aggiungiamo i parlamentari nazionali, arriviamo a 8.185 super fortunati che (ci) costano quasi 4 miliardi. Ivi compresi i 240 litri di benzina gratuiti al mese per ciascun onorevole maltese. Fonte: bastacasta.altervista.org Scopriamo insieme quanto costano ai contribuenti i palazzi della politica e i loro dipendenti. Il costo della politica è sempre stato un argomento all’ordine del giorno dell’agenda italiana. Tutti sanno che ha un prezzo elevatissimo ma alla fine mai nessuno ci mette mano. I politici stessi da anni promettono una drastica riduzione dei costi del sistema, il quale resta però sempre lo stesso. All’interno di questo sistema non ci sono però solamente i parlamentari con i loro stipendi e i super benefit ma anche i funzionari e una serie di ulteriori costi che ora scopriremo. Per esempio in pochi sanno quanto effettivamente costa il Quirinale, la casa di Napolitano. Il palazzo di Re Giorgio costa ai contribuenti 228 milioni di euro e conta circa 1700 dipendenti. Una vera e propria azienda con l’unica differenza che un’azienda crea lavoro e ricchezza, il Quirinale la ricchezza la toglie agli italiani! Considerando che la Cancelleria tedesca costa ai cittadini teutonici 28 milioni di euro, pagare 200 milioni in più per mantenere la baracca di Napolitano è una cosa che fa parecchio incazzare! Poi c’è la Camera dei Deputati, dotata di 630 onorevoli che ci costano un occhio della testa tra indennità, benefit e diaria. Oltre a loro, che costituiscono il corpo politico di Montecitorio ci sono in più 1500 dipendenti per un costo di 943 milioni di euro che noi contribuenti dobbiamo sobbarcarci ogni anno. Il Senato invece ci costa “solo” 505 milioni di euro e ha in dote 800 dipendenti. Palazzo Madama in effetti è più piccolo della Camera e i senatori da tenere a bada sono appena 315. Infine c’è la Corte costituzionale che costa ai cittadini italiani 52,7 milioni di euro, ha 350 dipendenti e 15 giudici. Ad ogni modo tutti questi dati riguardano solamente il costo dei palazzi della politica italiana e non sono neppure tutti quanti. Il prezzo annuo degli stipendi dei politici non viene conteggiato, altrimenti parleremmo di cifre ancora più elevate. Si evita inoltre di fare confronti con gli altri paese per evitare un’ulteriore incazzatura che giungerebbe facilmente. 1,7 miliardi per i palazzi e 5000 dipendenti da mantenere! Quando iniziamo a tagliare i costi della politica? Fonte: ilradar Palazzo Chigi e le spese folli della Casta. 23mila euro per rifare le poltrone nell’ufficio di Letta, 4.000 euro al mese di caffè, 3.500 euro per l’acqua e già che ci sono affittano anche le lenzuola, perché non si sa mai chi si dovrà ospitare, 2.181 euro. Le spese della Casta continuano a far scorrere fiumi di inchiostro. Questa volta è toccato al premier, Enrico Letta, pizzicato dal giornalista del Fatto Quotidiano, Carlo Tecce. Letta, infatti, avrebbe deciso, non appena nominato Presidente del Consiglio, di restaurare le poltrone del suo ufficio, ufficio che prima di lui aveva ospitato Mario Monti. Tecce commenta: “Questa riforma, Letta non l’ha rinviata. È stata immediata. E come biasimarlo? Lì sedeva Mario Monti, l’ufficio era tempestato di tecnici e tecnicismo: viva la scaramanzia. Una tappezzeria ti allunga il mandato“. Una spesa, quella per ammodernare l’ufficio che è costata, ai contribuenti ben23 mila euro. Uno sproposito in piena recessione economica, con gli italiani costretti a tirare la cinghia. Il giornalista ha poi voluto fare di più ed è andato a spulciare tra le spese di Palazzo Chigi per i dipendenti che ci lavorano, i ministri che di lì ogni tanto passano e per tutta quella nutrita schiera di ospiti che vengono a far visita. Bene, in un mese a Palazzo Chigi si consumano: “quasi 4.000 euro al mese di caffè. più di 7.000 euro di acqua minerale a bimestre, le targhette di argento sulle porte sono costate 5.856 euro. Quelli che preferiscono la decrescita felice hanno optato per la versione in ottone, per la modica cifra di 774 euro”. Per il cibo, definito ”genere di conforto”, tra marzo e aprile si sono spesi 8.300 euro, 4.200 euro tra giugno e luglio. E poi non si sa mai, l’ospite in atteso potrebbe sempre arrivare, ecco allora il noleggio delle lenzuola, per la modica cifra di 2.181 euro. - See more at: losai.eu/casta-senza-limiti-spesi-23-mila-euro-per-le-poltrone-del-premier/#sthash.olCMsIjA.dpuf La democrazia è senza prezzo, ma ha un costo. Negli ultimi 20 anni i partiti politici italiani hanno incassato l’equivalente di oltre cinque miliardi di euro. Sono tutti soldi che vengono dalle tasche dei cittadini. La fetta maggiore è il finanziamento pubblico erogato sotto forma di rimborsi elettorali, ma almeno 1,9 miliardi di euro arrivano da quasi 29mila donazioni di aziende, fondazioni, cittadini e altre organizzazioni. “Wired”, rivista periodica delle Edizioni Condè Nast- ha organizzato questo fiume di denaro pubblico e privato raccogliendo per la prima volta tutte le cifre in un’inchiesta pubblicata sul nuovo numero, in edicola dal 4 ottobre, e dando vita a un archivio liberamente consultabile e scaricabile. Gli stessi dati hanno permesso di creare #Soldiaipartiti (soldiaipartiti.wired.it/infografica.html ) un’infografica interattiva che consente di esplorare tutti, ma proprio tutti, i grandi e i piccoli finanziatori privati della politica italiana, chi hanno sostenuto e quando. Incrociando donazioni e voti alla Camera, Wired ha anche creato Wp (Wired-politics) un indice che misura la capacità dei partiti di attrarre donazioni. “Una misura – è sottolineato nell’inchiesta – che sarà sempre più importante nei prossimi anni visto che il finanziamento pubblico sembra destinato a scomparire e il fundraising dai privati diventerà cruciale”. Fonte: affaritaliani.it «Ho chiesto di non avere la scorta. Non ho paura di camminare per Roma. Non ho paura di andare da casa in ufficio. Può accadere qualsiasi cosa in qualsiasi momento ma questo vale per chiunque»: così parlava il presidente della Camera, Laura Boldrini, al momento del suo insediamento a Montecitorio. 8 mesi dopo, ad accompagnarne ogni suo movimento, c’ è il più imponente apparato di sicurezza che la Casta ricordi: due auto blindate Bmw serie 5, più una terza che si occupa dei sopralluoghi (i cosiddetti “anticipi”), per un totale di dodici uomini al giorno, 24 nell’ arco di 24 ore. E se non bastasse, l’ abitazione della terza carica dello Stato viene sorvegliata anche da una quarta auto civetta. Ma, si sa, prevenire è meglio che curare. E così, secondo indiscrezioni provenienti dagli uffici della Montecitorio, la presidentessa si sarebbe fatta installare, a difesa del suo appartamento, un impianto di sicurezza inviolabile, irrobustendolo da una serie di telecamere posizionate in luoghi strategici, a cominciare dal palazzo adiacente, dove sono in corso lavori di ristrutturazione. Le cautele non sono mai troppe. Oltre ai “gorilla” e al carosello d’ auto, ad accompagnarla spesso c’ è un funzionario o un dirigente dell’ Ispettorato della Camera. Una new entry che non è passata inosservata nei palazzi del potere romano così come non è passata inosservata ai ragionieri di Montecitorio la spesa complessiva. Il sistema di difesa personale della presidentessa Boldrini, infatti, è tra i più costosi delle ultime legislature. A parte gli straordinari egli stipendi, il codazzo di guardie del corpo costa 40 euro al giorno di indennità più le spese peri ristoranti (e non c’ è un tetto al conto) e per gli hotel, anche a4 stelle. Benefit che sono proibiti a tutti gli altri comuni poliziotti, anche a quelli impegnati in delicatissime indagini antimafia e antidroga in mezzo mondo. Per loro possono bastare – volendo citare la pubblicità di una nota marca di rum – i peggiori bar di Caracas. Ma c’ è di più. Anche i predecessori della Boldrini continuano a beneficiare dello status simbol. Pierferdinando Casini può contare su 5 poliziotti di scorta più l’ auto di servizio (ancora oggi inattesa di passare al servizio ispettivo del Senato); a Fausto Bertinotti, due uomini più la vettura; stesso discorso per Gianfranco Fini (come ci ricorda nella pagina accanto la Iena Filippo Roma). Eppure, ogni tanto, sulle riviste patinate e a corredo delle interviste impegnate, spuntano foto che ritraggono la Boldrini mentre cammina in strada, da sola, pedone tra i pedoni. Apparentemente lontana da scorte e bolidi blindati. Errore. Le guardie del corpo la seguono a vista, distanziandola giusto un po’ ma prontissime a intervenire. Una protezione invisibile a cerchio che fa tanto anti-Casta ed è un’ ottima strategia di comunicazione politica. Come al mattino, quando va a fare colazione al bar vicino casa. Fonte: imolaoggi.it/2013/09/24/per-la-boldrini-ce-il-piu-imponente-apparato-di-sicurezza-che-la-casta-ricordi/ Altri giochetti per assicurarsi una valanga di soldi. E’ quanto succede nella Corte Costituzionale dove i giudici pensano esclusivamente alla remunerazione pensionistica a fine carriera. E come fanno? Cambiano il presidente della Corte per regalargli la carica più prestigiosa prima della pensione. Peccato che sia in contrasto con l’articolo 135 della Costituzione che recita: “La Corte elegge tra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla legge, il Presidente, che rimane in carica per un triennio, ed è rieleggibile, fermi in ogni caso i termini di scadenza dall’ufficio di giudice”. La Carta quindi prevede 3 anni, loro si cambiano ogni 3 mesi… Insomma la Corte Costituzionale viola la Costituzione. Flick è stato presidente per soli 3 mesi, Zagerblesky 7 mesi, Onida 4 mesi, De Servio 4 mesi anche per lui ecc Diventare Presidente garantisce benefit di livello: pensione più sostanziosa rispetto a quella di un semplice giudice costituzionale, indennità aggiuntiva in busta paga e auto blu a vita.Fonte: ilradar ESTERI oBAMA-di Bernardo Valli Sulle sponde del Nilo, dove soffia un forte vento antiamericano, si descrive così la reazione delle capitali sunnite alla rinuncia di Washington a colpire la Siria, dopo l’uso di armi chimiche da parte dell’esercito di Bashar al Assad. La notizia ha reso furiosi i sauditi, al punto che, di solito così prudenti, hanno rifiutato d’impeto l’ambito posto di membro di turno del Consiglio di sicurezza. Non volevano partecipare alla massima istituzione internazionale dove Cina e Russia difendono Assad e dove gli Stati Uniti si piegano in sostanza alla loro volontà. Si aspettavano l’intervento punitivo. Non erano i soli. Si sono sentiti traditi dai loro alleati di sempre. I sauditi devono agli americani un’assidua assistenza militare, un prezioso contributo tecnologico all’industria del petrolio, e anzitutto una grande tolleranza per la sistematica violazione dei diritti dell’uomo (in particolare della donna) nel regno più bigotto dell’Islam. In cambio i sovrani del petrolio non si sono risparmiati nel manifestare solidarietà ai grandi protettori. Dopo l’attentato dell’11 settembre hanno dato più di seicentocinquanta miliardi di dollari agli Stati Uniti di Bush jr. È vero che tra i terroristi prevalevano i sauditi e bisognava farsi perdonare per quei sudditi sfuggiti di mano. Nella frantumata crisi mediorientale, alimentata da tanti conflitti politici, etnici e religiosi, prevale ormai lo scontro tra sunniti e sciiti, le due grandi correnti millenarie dell’Islam. E qualsiasi potenza occidentale si addentri nella regione viene coinvolta nell’antica tenzone, che si è risvegliata e non è soltanto teologica. Gli Stati Uniti cercano di sfuggire a quel coinvolgimento, ma l’impresa è ardua. Se la mancata punizione a Damasco, capitale del fronte sciita, è apparsa alle potenze sunnite un tradimento, la mano tesa di Barack Obama a Hassan Rouhani, neo presidente dell’Iran, cuore e principale bastione del mondo sciita, è stata presa come un affronto. Un affronto che ha saldato una coalizione oggettivamente già esistente e che adesso cova un forte risentimento nei confronti degli americani. È un’intesa destinata a restare ufficiosa. Senza protocolli. Può essere definita un insieme di convergenze parallele. Un insieme di entità inconciliabili che conducono a un identico obiettivo. Un ossimoro. Un’alleanza tra avversari poiché unisce Arabia Saudita, Israele, Emirati ed Egitto. E tra Ryad e Gerusalemme non ci sono e non ci sono mai state relazioni diplomatiche. La questione palestinese li divide. Ma è una divisione in questa fase trascurata, lasciata nell’ombra dalla comune avversione per l’Iran. Un nemico che né Gerusalemme né Ryad vogliono dotato di un’arma nucleare. E verso il quale gli Stati Uniti di Obama manifestano una certa indulgenza. Infatti trattano la questione atomica dopo avere risparmiato Assad, stretto alleato di Teheran. La diffidenza verso gli Stati Uniti d’Obama (che il segretario di Stato Kerry cerca con fatica di dissipare visitando le capitali della regione) è alimentata dagli interrogativi sorti con le “primavere arabe”. Se il presidente americano ha abbandonato Hosni Mubarak alla sua sorte dopo l’insurrezione di piazza Tahrir e non ha dato all’opposizione siriana, alla Coalizione nazionale, i mezzi per resistere all’esercito di Assad, perché domani non dovrebbe avere un identico comportamento rinunciatario nei confronti delle monarchie del Golfo in difficoltà? I più pessimisti, i conservatori, si chiedono se Obama non abbia cambiato campo, e si stia schierando con Bashar al Assad, con Hassan Rouhani e con Vladimir Putin. Sono rivelatori gli sperticati elogi indirizzati alla Francia che si è opposta a un accordo affrettato con l’Iran alla conferenza di Ginevra dedicata alla questione nucleare. Parigi approfitta, a buon prezzo, delle difficoltà americane. Ma ne approfitta anche Israele, pur lasciando intatti i legami con gli Stati Uniti chiunque sia l’inquilino della Casa Bianca. I diplomatici israeliani sentono che la loro intransigenza nei confronti delle centrali atomiche iraniane è condivisa dai sauditi e dagli Emirati. Con i quali si è appunto creata l’insolita intesa che cambia, almeno in parte, gli equilibri mediorientali. Quel che crea non poche perplessità, per quanto riguarda la Siria, è la sempre più consistente presenza nell’opposizione a Assad di formazioni jihadiste (legate o ispirate da Al Qaeda). È un argomento usato dagli americani per spiegare la loro rinuncia a colpire direttamente Damasco, con un’azione punitiva che favorirebbe gli estremisti islamici. Il discorso non lascia indifferenti i sauditi e gli israeliani. I primi hanno aiutato alla nascita i jihadisti, e quindi obiettivamente anche Al Qaeda, quando si trattò di combattere in Afghanistan gli occupanti sovietici, ma oggi si oppongono a quelle correnti terroristiche musulmane. I secondi, gli israeliani, non considerano con tranquillità l’idea di avere alle porte, in Siria, un potere influenzato dai jihadisti. La strana, estesa alleanza non perdona certo agli Stati Uniti di avere ridotto gli aiuti all’Egitto, dopo l’esautorazione di Mohammed Morsi, eletto presidente al suffragio universale diretto, e il massacro o l’arresto dei capi e dei militanti della Confraternita dei Fratelli musulmani. Il regno dei Saud preferisce l’esercito del generale Sissi, l’uomo forte del Cairo, ai Fratelli musulmani adesso messi fuori legge, ma in precedenza sostenuti dagli americani quando furono eletti democraticamente. Per compensare i militari egiziani colpiti dalla parziale sanzione americana, l’Arabia Saudita ha aperto la sua ben fornita borsa e ha offerto loro miliardi di dollari. Il Cairo a sua volta si è rivolto a Mosca per avere le armi (soprattutto gli aerei) per il momento negate dagli americani. Putin sarà presto ospite dell’Egitto. Per la Russia alleata di Nasser negli anni Sessanta e poi cacciata da Sadat (quando era ancora sovietica) negli anni Settanta, potrebbe essere un grande ritorno in Medio Oriente. L’intero mosaico politico mediorientale si sta ricomponendo. È in movimento. È una sabbia mobile. Difficile immaginare quel che sarà. È con un altro sguardo che deve essere studiato. La posizione degli Stati Uniti non è più quella di un tempo. Per molte capitali non sono più la superpotenza affidabile. La fallita spedizione in Iraq (del 2003) ha ridimensionato il loro prestigio militare e politico. La mancata rappresaglia siriana e il dialogo che appare conciliante con l’Iran hanno fatto nascere una diffidenza profonda. Ma se Obama si fosse impegnato direttamente contro Damasco si sarebbe trovato impigliato in un altro conflitto mediorientale. E sarebbe stata la peggiore delle situazioni. Adesso corre i rischi di una tentata imparzialità, che è al tempo stesso un segno dell’intelligente consapevolezza dei limiti di una superpotenza in un mondo sempre più multipolare.la Repubblica CULTURA LIBRI-Il segreto del DNA nel DISCO DI FESTO Dopo decenni di tentativi da parte di archeologi e studiosi, il Disco di Festo ha finalmente il suo decifratore. La giovane ricercatrice Barbara Gagliano, autrice del libro: “Il Disco di Festo: Chiave delle malattie genetiche”, racconta la straordinaria avventura vissuta attraverso il lavoro di decodifica del prezioso reperto di origine minoica. Per comprendere l’importanza del Disco di Festo e della sua misteriosa conoscenza – ci spiega Barbara – dobbiamo addentrarci nel genoma umano e cercare di comprendere come funziona il nostro DNA. L’acido desossiribonucleico (ovvero il DNA) è formato da due nucleotidi, cioè due stringhe/filamenti. Nel nostro disco di Festo i due filamenti vengono rappresentati uno su ogni lato. AFORISMIASSIOMI Ho una sola qualità: dico quello che penso.Ho un solo difetto:dico quello che penso!
Posted on: Tue, 19 Nov 2013 16:49:30 +0000

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