PINOCCHIO SUL SOFA’ Di Matteo Baron - TopicsExpress



          

PINOCCHIO SUL SOFA’ Di Matteo Baron CAPITOLO I Chiamatemi come volete, tanto un nome io già ce l’ho. Altre volte mi sono posto il problema, ma in ogni caso mi pareva inutile, inconferente come i cicalecci che riempiono il tempo dei mazzieri che dietro le carte sospirano in attesa di un fante o una dama, magari di cuori. E i cuori si sa, solo il cielo sa dove vanno e che tutto il resto è in fondo un gran mistero, contenuto nei vecchi dischi, e nelle pergamene finte, quelle da pochi danari acquistate nei mercati delle cianfrusaglie. E anche le cartoline, quelle con i marinai e le soubrettes con gli ombretti gialli e le gambe levate a puntare il sipario su su in alto, tese e allungate a sollevar le gonne e a mostrare le crinoline. Io ero li, in una di quelle fotografie, insensibile e catatonico come un giocattolo dispiegato e rotto, appoggiato ad un grande drappo verde e rosso, con degli strani segni, e l’immagine di un sito lontano…con i ventagli ed i kimoni, piccoli uccelli disegnati con la coda lunga e lieve per finir con i draghi scodanti e smodati con tanto di artigli e denti prominenti per non parlar dei serpenti e tutto quel grande pandemonio di fuochi e petardi che ci fanno pensare all’oriente e ai longiqui mondi che mai abbiamo visto. E dopo tante venture, pure avvolto in un lenzuolo da vecchia Cina, a sfidare il drago come Mangiafoco perché non creda lui di essere l’unico a saper fare le cose. Io col fuoco ci ho giocato e mi sono pure bruciato con i piedi su di un vecchio caldano perché un pezzo di legno sono, o meglio ero…oggi in questa carne rosea e profumata come un frutto acerbo perdo il tempo a toccarmi e pizzicarmi per sentirmi vivo, a dispetto di tutti gli altri che non sanno, perché così son nati, senza tante venture e tribolazioni. Tuttavia, in fondo non stavo poi così male, un po’ di rispetto l’ho avuto anch’io e finanche qualche amico, un po’ lazzarone lo ammetto, ma pur sempre un amico, con quelle orecchie d’asino che mi facevano il verso fin a quanto anch’io me le sono ritrovate in capo, a ragliare come un somaro spaventato, imprecando ed invocar perdono per tanta stupida leggerezza. Tutti i giorni ce n’era una, e mi vien da ridere se penso a quanto poca valga la vita se a tutto devi rimediare, alla maleducazione, alla lingua fuori ed ai capricci, perché un bravo bimbo mai lo sono stato, tanto che, pure l’abbecedario mi ero venduto per il teatro dei burattini, e le monete di Mangiafoco le volsi a seminare nel campo dei miracoli, quei pochi danari che compare Volpe mi convinse a rimediare. Non fu un grande investimento, quella notte faceva freddo e così doveva essere, almeno così mi fu spiegato. I denari sono come i tuberi, van seminati nei campi gerbidi e freddi. Io veramente il freddo non me lo ricordo, sapete com’è…un burattino è solo un pezzo di legno e certe cose non le sente. Le mie leve erano di duro noce, così come il naso e le mani, per non parlar della faccia con gli occhi immobili e la nuca nera appena accennata e colorata con pochi colpi di pennello oramai scolorita proprio sulla sommità del capo si da conferirmi una ridicola tonsura. Non era tanto il legno…quello no, era di buona qualità e in grazia della generosità di Mastro Ciliegia, oh si…posso ben dirlo io che ho corso a destra e a manca tanto da cavarmela quasi sempre persino dal ruminoso stomaco di un grosso pesce, ed in quanto a nuotar…beh…lo sapete bene che il legno non ha pari in quanto a galleggiare. Non date retta a quelle storie poco commendevoli per cui ero legna da ardere no…no…del legno non mi lamento, son le giunture, fatte con il vil metallo che porta la ruggine . Sempre a cigolare scontente, a grattare come unghie spuntate sulla lavagna che tanto odiavo solo al pensiero di principiare a scrivere ed a far di conto. Ma per tornare ai mazzieri, devo riconoscere che per quanto mi riguarda non furono nè il fante, tanto meno la dama a segnare il mio destino. Fu quel maledetto ultimo sospiro prima di girar la carta che rammento con fastidio e malcelato rancore. In luogo della bella signora,( non per altro ma qualcosa ne so e me ne intendo) fu un bell’asso di bastoni a segnare con fraterno rigore la mia debole e perigliosa esistenza. Nessuna pietà ebbe per i miei errori, e come si sa, i nostri simili sono spesso i giudici più severi. Fratelli eravamo, questo si, ben lo rammento, ma non tanto per la comune origine, duro nerbo di noce, ma per via dell’inflessibile rigore sulla mia modesta groppa a signoreggiar da padrone per conto del mondo e degli uomini. Ai bastoni preferivo i cuori, non per altro,.. ma mentre i primi si fermavano presto sulla mia schiena neghittosa e svogliata, i secondi volavano leggiadri nell’aere e nei sogni mai sopiti, perché quand’ero marionetta ci ho ben pensato a diventar bambino, ma per giungere a ciò non dovetti mai più raccontar bugie. Buffa storia la mia, dipanata tra le corse e i balocchi, gli assassini e i somarelli, nani e trapezisti, e al fin della via conto i voti sulla pagella, perché in grazia ed in ossequio a questi resto presente insieme a voi in questo mondo. A dire il vero proprio abituato non sono, tant’è che ancora oggi non riesco a camminare come si conviene. Avanzo ancora con la gamba tesa, picchiando forte il tallone sulla strada come si da alle povere marionette che ruzzano scomposte sul proscenio capitolando e saltando per il piacere dei bimbi veri, quelli che in tal guisa sono nati, senza il timore di toccarsi le orecchie, senza la paura dei piedi scottati, senza le brache bianche con i pallini rossi e senza il timor di incrociare qualche pennacchio come mi capitò scappando da Mastro Geppetto, che il Signore lo abbia in gloria, ma fu lui a dolersene e a scoprir la prigione. Dimenticavo il naso, quello si che è stato un bell’affare. Cangiante e nodoso, per via di quella pialla incerta e ruvida che il babbo usava con tanta pazienza, senza tuttavia venirne a capo, perché di buon legno era e mai si sarebbe fatto morbido e carnoso. Era il mio voto di capodanno, tutte le volte allo scandir del nuovo mi ripromettevo tanta bontà da annichilire le malefatte e le bugie tant’è che d’innanzi a una simil menzogna mi rincresceva spavaldo e severo, e in tale doglianza riprendevo a piangere guardando il calendario che correva mese dopo mese nel timore di ritrovarmi ancora e beccheggiare alla mezzanotte nei bicchieri di cristallo importunati dal mio naso irriverente che frullava mortificato e deriso nelle bolle di champagne. Anche se burattino, mi son sempre piaciute le cose del mondo, le fanciulle come le birbonate, ma il circo, quello si che mi garba ancora, ma la mia preferita era la donna cannone, ormai non se ne vedon più, tantomeno quelle barbute, ed era sempre un gran ridere con la mano ferma sulla pancia ed il dito puntato su tutto il ridicolo del mondo, perché il ridicolo si mostra com’è…offerto al dileggio invadente e alla sicumera degli uomini. Offerto e sacrificato sul proscenio dell’esistenza, sbertucciato per il divertimento delle famiglie e dei tribuni, di chi sa e chi sa meno, siano corvi o civette,.can barboni o grilli parlanti. A ben pensare non mi garba più nemmeno il circo, io si che lo conosco ben bene, eccome, ho imparato a ballare e saltar nei cerchi. Rammento lo schioccar della frusta, ma quel che mi ferisce ancora era quella locandina che recitava invereconda “Grande spettacolo di gala…avranno luogo i soliti salti ed esercizi sorprendenti… e sarà presentato per la prima volta il famoso ciuchino Pinocchio” . Capite ? un ciuchino che salta attraverso i cerchi, riverisce il distinto pubblico poggiando sulle gionocchia in un umiliante inchino e poi…il trotto, il galoppo e la corsa, quella di gran carriera girando intorno all’arena, saltanto attraverso i cerchi al ritmo della frusta,… che simula la morte al colpo di pistola per reggermi immediatamente all’udir dello stentoreo comando del mio domatore. No…a ben pensare pure il circo non mi garba, e “a far di testa propria non si avrà mai bene in questo mondo.” Povero ciuchino, non che mi lamenti, questo no, ho avuto anch’io la mia scena, bislacca e rovesciata, come quando fui arrestato nel paese dei Barbagianni, proprio mentre mi riproponevo che sarei divenuto dabbene in ossequio al mio nume tutelare, quella fata che sempre ha pianto in luogo mio. Ad onor del vero qui non mi sembra poi così differente, ma inconcluso e capovolto proprio come si dice. Per l’esattezza si mormora che il mondo sia vario, pertanto bello, ma di questo mi riservo in un altro tempo di disquisire perché prudenza vuole che un ragazzino di senno si appropri del dovuto tempo, quanto necessita, prima di proferir favella. Io Pinocchio…col solo nome mi presento a voi in questa storia di poco conto, senza un cognome o una famiglia perché se son qui, a raccontar di me, dei miei giorni rubati e la scuola marinata, lo devo solo al ben fare ed ai miei buoni intenti poiché di bugie ve ne sono di due specie: quelle con le gambe corte e quelle con il naso lungo. Per l’appunto, le mie appartengono alla seconda e se intendo perseverare di esser presente a voi ed alle cose del mondo mi devo adoperare ad imparare la grammatica della vita, esser ubbidiente e di studiare a buono. Se ben mi sono presentato, abbiate almeno cura di riconoscermi l’onestà dei buoni intenti e la garbatezza di ascoltare la ventura di chi ha visto, perché sia chiaro che non ho mentito né mentirò a voi, pazienti lettori, tanto meno alla mia fata che sa, oh se sa come sia dura dare a intendere a chi del mondo ha visto, e non a imbrogliar le carte come fanno i mazzieri disonesti. Conservo ancora la blusa con il pallini rossi, riposta a modo nei cassetti della vecchia stanza, quella occupata dal babbo che oggi non è più tra noi., dopo aver penato tra le tribolazioni di figlio atteso e mancato perché mai si decideva a rimettere alla saggezza dei grandi le proprie buone intenzioni. Il mio povero babbo portava una parrucca gialla come il grano, per l’appunto un po’ vegetale lo era pure lui, polendina, dolce e iracondo come il peperoncino sulla pasta, che mai ho assaggiato perché di pasti solo di recente ho maturato una certa esperienza. A onor del vero i pasti hanno fatto parte della mia litigata esistenza di burattino, nel senso che ho offerto le mia bislacca persona agli umori gastrici dei più improbabili soggetti di questo pianeta sventurato, dai pescicani ai verdi pescatori dell’isola delle api attratti dall’esotismo impronunciabile del pesce Pinocchio che se non fosse stato per il povero Alidoro mai sarei giunto a raccontarvi di tante venture. Del Grillo poi non mia va di parlarne, forse in altro luogo e tempo, dava sempre buoni consigli, ma sempre all’imbrunire quando la sua vocazione astrologica lo avvicinava al mistero. E di misteri spesso ci si campa per via di quel fare chiuso e inconcluso che hanno i maghi, i giardinieri e le guardie. Per conto mio…ne faccio a meno anche se a ben pensare…come sia divenuto bambino ora come ora non lo si capisce e tantomeno io. Un mio compagno di scuola mi disse un giorno che la trasformazione avviene nei giorni epagomeni, quei giorni che sul finire del mese di agosto ci raccontano di un po’ di pace e della gloria degli dei. E anche di quest’ultimi sempre me ne sono fregato, sempre con quelle facce strane, oblunghe e minacciose. Chi governa le morti, chi le nascite, altri invece sono semplicemente fratelli di qualcuno, madre, zio o cugini, insomma….anche lì un retaggio familiare mica da ridere. E tutti a invocare, chinare il capo…ossequi al Sole..che governa sulla Pioggia e quest’ultima sugli ombrelli. E via di devozioni, invocazioni, assicurazioni, capi chinati e sguardo basso…per non vedere la grande bugia di tale mistificazione. E poi?...non scherziamo..per favore, sarei io quello che e racconta le bugie ? Tutt’al più le racconto alla mia signora fata. Mica mi convince quella, sempre a raccontar di buono e bene, “così non si fa”, oppure giù a lacrimare per ogni dispetto fatto dal sottoscritto. Ma a me non mi garba la scuola, nemmeno ora che son bambino. Bel guadagno ci ho avuto, con queste carni sensibili a tutto, ad ogni dolore, al caldo,al freddo…insomma …oltretutto pure virtuoso devo essere.
Posted on: Sat, 22 Jun 2013 13:38:23 +0000

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