SAGGIO, DOMUS (31): laltra persona a cui debbo la mia attività di - TopicsExpress



          

SAGGIO, DOMUS (31): laltra persona a cui debbo la mia attività di critico è Nino Saggio. Fu lui che mi presentò Gianmario Andreani per il quale iniziai a scrivere recensioni per la rubrica dei libri di Domus, che mi presentò Maria Spina attraverso la quale si concretizzò il libro su Koolhaas della Testo & Immagine e,infine, che mi propose di scrivere HyperArchitettura, il primo volume della serie della Rivoluzione Informatica che aveva ideato. Alle recensioni su Domus, sia io che Nino -le faceva anche lui -tenevamo molto perché Domus era lunica vetrina internazionale che avevamo a disposizione. Andreani, una persone colta con una ottima preparazione filosofica, ci chiedeva pezzi di tremila, massimo quattromila battute. Noi, forzando la mano, glieli facevamo due, tre volte tanto, cercando di trasformarli in mini-saggi. Ricordo che, prima di mandarlo via fax, vedevo e rivedevo il pezzo sino allesasperazione per togliere tutto ciò che fosse superfluo e aggiungere contenuti. Cercavo di costruirli come se fossero mele di Cézanne, cioè tanto densi che se fossero caduti dal tavolo avrebbero sfondato il pavimento. Ero ossessionato da una domanda apparentemente retorica ma che dovremmo farci ogni giorno. La aveva posta Zevi in un lunedì dellInarch: la critica se non critica, che critica é? Ero severo. Stroncai anche un libro di Kenneth Frampton sulla tettonica ( Zevi approvò mandandomi un fax in cui diceva: la tettonica é una stupidaggine). Ciò provocò qualche imbarazzo. In seguito, approfittando della traduzione italiana, il libro venne recensito sulla stessa rubrica da un altro critico, questa volta in termini ingenuamente entusiasti. Io, da parte mia, continuo a credere che Frampton abbia dellarchitettura unidea deprimente. (continua) UNIVERSALE DARCHITETTURA (32): nella seconda metà degli anni novanta, con la Universale di architettura, Zevi lanciò una operazione culturalmente spericolata. Consisteva nel cavalcare il decostruttivismo e il postdecostruttivismo, visti non come la degenerazione della componente formalista e iconica del postmoderno ( una lettura almeno in parte condivisibile), ma come linizio di un percorso che avrebbe riportato larchitettura ad occuparsi dello spazio e, insieme, azzerato i vecchi codici linguistici. Questa operazione permetteva a lui, come critico, di riporsi al centro del dibattito, dopo un periodo segnato dallostracismo nei suoi confronti e dominato dalla figura di Tafuri, e allarchitettura italiana di uscire dalle secche dalla Tendenza e dal gregottismo, che erano la versione triste e storicista del postmodern. A scrivere i singoli volumi, venduti in edicola a un prezzo competitivo rispetto alle paludate pubblicazioni della Electa o delle altre case editrici, erano autori anche non accademici e critici giovani. Ad essere esaminati erano architetti in quel momento poco conosciuti, ma sul punto di affermarsi come Hadid e Koolhaas. Oppure rivisti in una nuova luce: come Gehry, Eisenman, Libeskind. E poi autori, eventi e scritti critici storici ma dimenticati dalla vulgata postmodern. Luniversale la si poteva leggere sotto un duplice punto di vista: delle tesi degli autori dei singoli volumi ( non sempre, devo ammettere, illuminanti) e di un mosaico abilmente intessuto da Zevi per raccontare unaltra storia, quella che laccademia disconosceva. Attraverso Maria Spina, proposi a Zevi un libro su Koolhaas che fu accettato. Mi costò alcuni mesi di lavoro e numerosi viaggi per andare a vedere una per una le opere. Compresa villa dallAva di cui non veniva data lubicazione e che costrinse me e mia moglie a girare per ore in un quartiere di Parigi sino a che, sulla base della cartina reticente pubblicata su S,M,L,XL la trovammo. Di quel libro sono ancora orgoglioso, anche perché fu uno dei primi a raccontare larchitettura senza inutili note, bibliografie mai lette, tecnicismi e paludamenti. Su Koolhaas non esisteva nulla in italiano se non un libro di Lucan che lo descriveva come un architetto sostanzialmente snob e postmodernista. Non perché non fosse anche quello, ma sorvolava sulle novità progettuali introdotte dalla sua ricerca, in quel periodo estremamente fertile e interessante. Il libro andò benissimo, naturalmente non per me ma perché il fenomeno Koolhaas stava scoppiando in Italia. E io lo aiutai con una intensa attività di conferenze segnate dallentusiasmo dei ragazzi e dal boicottaggio dei docenti. Oggi é semplice parlare di Koolhaas e forse ha poco senso: visto che da diverso tempo si ripete e comunque il suo lavoro ha preso una piega commerciale non particolarmente entusiasmante (anche se cé sempre qualcosa da imparare dalle sue uscite). Ma, nella metà degli anni novanta, credetemi, non era così. Le università erano chiuse a riccio e i professori o ti ignoravano o ti trattavano come un avanguardista cretino. Quando si fa storia della critica, bisogna guardare le date in cui escono libri e articoli. Naturalmente il libro non ebbe recensioni. (continua) Sono le puntate 31,32 della autobiografia a-scientifica di LPP. Cento puntate di incontri e scontri con i più rilevanti personaggi dellarchitettura italiana doggi. Chi la volesse leggere tutta insieme, la può scaricare in formato .docx o .pdf gratuitamente al link: presstletter/2013/09/lautobiografia-a-scientifica-di-lpp-versione-completa/
Posted on: Tue, 15 Oct 2013 06:35:27 +0000

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