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Storia della Corsica Da Wikipedia, lenciclopedia libera. Se riscontri problemi nella visualizzazione dei caratteri, clicca qui. 1leftarrow.pngVoce principale: Corsica. La bandiera tradizionale della Corsica La storia della Corsica, in cui linsediamento umano è testimoniato almeno dal X millennio a.C., si collega per alcuni tratti a quella della Sardegna, con la quale ebbe in più epoche punti di contatto, e dopo aver subito numerose dominazioni (come quella genovese) fa parte, dal XVIII secolo in avanti, di quella della Francia.[1] Il fattore geografico Nella storia della Corsica geografia ed orografia hanno avuto conseguenze più spiccate che altrove. La grande isola mediterranea è una sorta di montagna in mezzo al mare, attraversata comè, da nord-ovest a sud-est, da un notevole sistema di catene montuose le cui cime superano spesso i 2500 metri. Tali cime culminano nei 2706 metri del Monte Cinto, la cui vetta - spesso innevata anche destate - dista solo 28 km dal mare, a ponente, illustrando così assai bene lo sviluppo verticale più che orizzontale di questa terra. Questo sistema montuoso ha da sempre diviso la Corsica in due parti: quella a Nord-Est (oggi Haute-Corse), detta storicamente Banda di dentro, Di qua dai monti o Cismonte (avendo come riferimento lItalia), e quella a Sud-Ovest (oggi Corse-du-Sud), detta Banda di fuori, Di là dai monti o Pumonte. I passi che attraversano le montagne - molti dei quali sono situati oltre i 1000 metri - erano bloccati anche per settimane dalle nevicate, venendo così a costituire, assieme ai monti, più una barriera che un vero collegamento tra le due sub-regioni. Ancora, le ripide vallate, spesso prive di collegamenti tra loro anche nellambito della stessa Banda, tracciano una ragnatela a compartimenti stagni nellentroterra còrso. Se da un lato queste caratteristiche del terreno hanno reso lungo e difficile il compito agli invasori, rendendone lenta la penetrazione ed abituando i còrsi a fare di guerra e guerriglia il proprio pane quotidiano per secoli, dallaltro hanno contribuito decisivamente a tenere sempre relativamente bassa la densità della popolazione ed a separare i còrsi tra loro. Il versante rivolto allItalia ha subìto una maggiore influenza dalla Penisola, sia sul piano politico-sociale, sia su quello linguistico, mentre la parte sud-occidentale ha mantenuto unoriginalità più spiccata (ma goduto di un minore progresso politico, almeno sino allattuale periodo francese), mentre il radicamento della popolazione nelle vallate montane - tutte le maggiori città sul mare sono state fondate o sviluppate dagli invasori - ha generato e diffuso ovunque una tendenza al particolarismo, a volte spinta sino a sfociare in una sorta di anarchismo la cui conseguenza forse più drammatica fu il diffondersi e laffermarsi, per secoli, della piaga della vendetta (simile alla disamistade diffusa nella vicina Sardegna ed alla faida nellItalia meridionale e in Sicilia) quale sistema sommario di giustizia, e del diffuso fenomeno del banditismo. Vista satellitare sintetica della Corsica che ne evidenzia il rilievo montuoso. Sullo sfondo lArcipelago Toscano e lArgentario La grande divisione orografica longitudinale e quelle (minori, ma a volte non meno importanti) trasversali, più marcate nella zona sud-occidentale, hanno dunque finito per creare nellisola confini ideali, sociali, linguistici e politici. Tali confini, filtrati dalla storia, si sono tradotti nelle suddivisioni amministrative che, con poche variazioni, sono rimaste immutate sino ai giorni nostri. I due dipartimenti (Départements 2A/2B), reintrodotti dalla Francia nel 1975 (dopo unanaloga parentesi tra 1793 e 1811), ricalcano i confini storici di Pumonte e Cismonte, mentre gli attuali Cantoni (Cantons) corrispondono in buona parte allantico sistema delle Pievi (suddivisione amministrativa del territorio delle parrocchie), sviluppato durante i secoli del dominio genovese (1284-1768). Situata in posizione strategica nel Mar Mediterraneo occidentale, la Corsica suscitò linteresse dei popoli e degli Stati che, via via, si sono affacciati su quel mare come commercianti o come conquistatori. Liguri, Fenici, Greci, Etruschi, Romani, Vandali, Bizantini, Pisani, Aragonesi, Genovesi e, per ultimo, i Francesi (che, con il Trattato di Versailles del 1768 di fatto costrinsero la Repubblica di Genova a cedere lisola, e subito dopo lannessero), si sono fatti signori di Corsica durante il trascorrere di oltre due millenni. Indice [nascondi] 1 Antichità 1.1 I primi abitanti 1.2 Invasioni dellepoca classica 1.3 Sette secoli di Corsica romana 2 Medioevo 2.1 LAlto Medioevo 2.2 Terra di Comune e Terra dei Signori 2.3 Il dominio pisano 2.3.1 Leredità di Pisa 2.4 La parentesi aragonese e la penetrazione genovese 3 La signoria del Banco di San Giorgio e di Genova 3.1 Le premesse della penetrazione francese per la Corsica 3.2 La prima conquista francese e Sampiero Còrso 3.3 Un secolo e mezzo di pax genovese 3.4 La fine della Guardia còrsa papale a Roma 4 La rivolta contro Genova 4.1 Dalla rivolta del 1729 a re Teodoro 4.2 Il primo coinvolgimento francese 5 La Corsica indipendente di Pasquale Paoli 6 La conquista francese 6.1 DallAncien Régime alla rivoluzione francese 6.2 La Rivoluzione francese e il ritorno di Paoli 7 Il regno anglo-còrso 8 Nella Francia imperiale 8.1 Verso il secondo impero 8.2 Lera di Napoleone III 8.3 La Terza Repubblica 9 Il XX secolo 9.1 Da Niccolò Tommaseo alla nascita della letteratura còrsa 9.2 Dalla prima alla seconda guerra mondiale 9.3 Irredentismo 9.4 La seconda guerra mondiale e loccupazione italiana 9.5 Dal dopoguerra alla nascita del FLNC 9.6 Dagli anni ottanta ai giorni nostri 10 Note 11 Bibliografia 12 Voci correlate 13 Altri progetti Antichità[modifica | modifica sorgente] I primi abitanti[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Preistoria della Corsica. Nel settimo secolo per conseguenza delle glaciazioni il livello medio del mare Mediterraneo si abbassò e si crearono diversi ponti naturali che consentirono il passaggio della fauna dal continente italiano allarcipelago sardo-corso, passando per le isole di quello toscano ed attraversando al più uno stretto tratto di mare. Attorno a 12-14 000 anni fa, il clima iniziò levoluzione che lo ha portato verso la sua forma attuale, e la Corsica, distaccatasi dalla Tirrenide, assunse lodierna configurazione insulare. Nel XIX secolo fu sviluppata lipotesi che anche luomo potesse aver popolato queste lande raggiungendole a piedi quando ancora non era completamente unisola; questa tesi del docteur Mattei fu ripresa dal conte Colonna de Cesari Rocca, che notò come, al tempo in cui scriveva, gli antropologi[2] si stessero interessando di curiose somiglianze comportamentali fra i caratteri di alcune tipologie di corsi e di albanesi (anchessi di origine pelagica) che con molta analogia - riferisce lo studioso - avevano spirito di clan e labitudine di assoggettare per poi dominare le popolazioni presso le quali si erano introdotti.[3] Risalgono a circa il 9000 a.C. (Romanelliano) i primi giacimenti paleolitici di pietre scheggiate e gli abbozzi scultorei finora ritrovati in Corsica, nella regione di Porto-Vecchio. Uno scheletro femminile (la dame de Bonifacio) datato al VII millennio a.C. è stato trovato presso la città omonima. Il Neolitico, rappresentato in Corsica anche da reperti di ossidiana importati, si conclude verso il 1800 a.C.. Menhir (stantare) allineati nel sito megalitico di Palaghju nei pressi di Sartena Di questo periodo rimangono sullisola dolmen (stazzòne, trovati presso Cauria e Pagliagio), menhir (stantare) e le originali statue-menhir , concentrate soprattutto a Sud, nel sito di Filitosa ed in quello di Funtanaccia, nei pressi di Sartena, ma presenti anche al Nord, presso San Fiorenzo. Il sito di Filitosa - riconosciuto patrimonio mondiale dallUNESCO - si trova nei pressi di Sollacaro, verso lo sbocco sul mare della valle del Taravo). Secondo larcheologo Giovanni Lilliu, nella seconda metà del III millennio, la Corsica fu investita da una corrente culturale chiamata Cultura di Arzachena, meglio nota anche come aspetto culturale corso-gallurese, considerato un aspetto secondario di un complesso culturale ancora più importante, conosciuto come Cultura di Ozieri ed esteso su tutta la Sardegna. La facies corso-gallurese interessava prevalentemente lintera Gallura con espansione oltre le Bocche di Bonifacio, nella Corsica del Sud. Sempre secondo G. Lilliu, tale facies evidenziava una società a sfondo aristocratico ed individualistico, e si distingueva chiaramente da quella predominante di Ozieri, tendenzialmente democratica e con chiari influssi minoici. La facies pastorale aristocratica di Arzachena e la cultura agricola democratica di Ozieri, costituiranno la più importante componente sociologica delle popolazioni sarde prenuragiche. Secondo lillustre studioso, queste componenti dureranno e si arricchiranno ulteriormente nelle forme e nei modi più vari, durante letà successiva dei nuraghi ossia la civiltà nuragica.[4]. Anche in Corsica , con lavvento delletà del bronzo, si sviluppa una civiltà megalitica di rilievo : la civiltà torreana. Di questa cultura restano oggi numerose torri megalitiche con struttura simile a quella dei nuraghi sardi. Per la natura dei reperti, la loro epoca e la loro localizzazione, gli studiosi hanno accertato che tale civiltà fosse unestensione di quella coeva sviluppatasi in Sardegna. Nelle antiche fonti greche gli abitanti dellisola vengono indicati come Κὁρυιοι, ossia Còrsi. Significativo il ritrovamento di alcune iscrizioni fenicie risalenti al IX secolo a.C. che citano il popolo del mare denominato KRSYM, stanziato a Kition (Cipro). Nella grafia priva di vocali usata dai Fenici e da altri popoli semitici, KRSYM potrebbe stare per KoRSi (essendo -im il fonema caratterizzante le forme plurali). I KRSYM furono abbastanza importanti da render necessaria da parte dei Fenici listituzione di una figura detta MLS HKRSYM, ossia linterprete dei Korsi[senza fonte]. Invasioni dellepoca classica[modifica | modifica sorgente] Iron Age italy-fr.svg Giunsero sullisola in rapida successione Iberi, Liguri[senza fonte], Fenici, Greci ed Etruschi, mentre le popolazioni indigene si rifugiarono tra i monti. Alla presenza ligure sono attribuiti toponimi come Asco e Venzolasca. Iniziata sullisola attorno allVIII secolo a.C., lEtà del ferro termina con lingresso della Corsica nella Storia quando viene fondata da coloni Greci Ioni, i Focei di Marsiglia[5], la colonia di Alalia, nel 565 o nel 562 a.C.[3], presso il sito dellattuale città di Aleria. I Greci chiamarono lisola dapprima Kalliste e in seguito Cyrnos,[6] Cernealis, Corsis e Cirné[3]. Dei Focei parlò Erodoto, lasciando così la prima[3] traccia documentale dellisola, e ne narrò che dopo la fondazione di Alalia altri Focei raggiunsero lisola per sottrarsi al rischio di cadere in schiavitù dei Persiani. Anche i Greci resistettero poco: nel 535 a.C., a seguito della battaglia del mare sardo, furono a loro volta scacciati da una coalizione Etrusco-Cartaginese formata su un patto appositamente stipulato e che, dopo il conflitto, prevedeva in caso di vittoria la spartizione delle due isole su cui era stata conquistata linfluenza: la Sardegna ai Cartaginesi, la Corsica agli Etruschi[7]. In realtà secondo Erodoto i Focei avevano vinto, ma si sarebbe trattato di una vittoria cadmea, dato che delle 60 navi impiegate (la metà del complessivo armo delle flotte avversarie) 40 furono affondate e le restanti rese inservibili. I Focei lasciarono allora la Corsica e Cartaginesi ed Etruschi poterono così dar corpo ugualmente al patto di spartizione. Gli Etruschi ripresero pertanto quel controllo sulle sponde orientali dellisola che già in precedenza avevano consolidato con lattività delle marine da guerra di Pisa, Volterra, Populonia, Tarquinia e Cere[8]. Alla loro presenza è attribuito il toponimo di Tarco nella costa sud orientale, che richiama la città di Tarquinia. Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Battaglia di Alalia. Seguirono le incursioni dei Siracusani che, nel V secolo a.C., fondarono un leggendario Portus Syracusanus e, di nuovo, quelle dei Cartaginesi (IV secolo a.C.). I siracusani mossero una prima volta verso lisola al comando di Apello nel 453 a.C.[9], ma fu nel 384 a.C., con Dionisio I, che sferrarono lattacco più importante poiché rivolto non solo alla Corsica ma anche allisola dElba ed alle coste toscane. Il Portus Syracusanus è stato classicamente individuato nel sito dellattuale Porto Vecchio, tuttavia vi sono diversi studiosi di epoche diverse che confutano questa tesi, sostenendo che possa essere stato nel golfo di Santa Amanza[10], oppure a Bonifacio[11]. Sette secoli di Corsica romana[modifica | modifica sorgente] Le antiche tribù còrse e le principali città e strade in epoca Romana. Cronologia conquista romana dellItalia Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Sardegna e Corsica. Il dato sul primo serio interessamento di Roma allisola lo si ricava da un testo di argomento insospettabile: è infatti in Teofrasto, il botanico greco, che si legge di una spedizione romana in Corsica finalizzata alla fondazione di una città. Le 25 navi della spedizione incorsero però in un inatteso inconveniente, rovinandosi le vele con la selvaggia e gigantesca vegetazione, i cui rami crescevano e si sporgevano dai golfi e dalle insenature dellisola sino a lacerarle irrimediabilmente; e, per completare il disastro, la zattera che caricava 50 vele di ricambio affondò con tutto il carico[12]. La spedizione sarebbe avvenuta intorno al IV secolo a.C., a questo periodo infatti diversi studiosi, fra i quali il Pais[13], riferiscono il brano del botanico. Fallita la spedizione, non era cessata lattenzione dellUrbe per il mare e per questo interesse giunse anche, allincirca nel 348 a.C.[14], a stipulare due trattati con Cartagine, entrambi riguardanti Sardegna e Corsica; ma se rispetto alla prima isola i passaggi dei trattati sono ben chiari[15], i patti sulla seconda sono tuttaltro che nitidi, al punto che Servio osserva che in foederibus cautum est ut Corsica esset medio inter Romanos et Carthaginienses[16]. Anche Polibio, narrando dei trattati[17], non menziona la Corsica e da questo silenzio, insieme al fatto che lisola non figurava nemmeno nelle descrizioni dei territori a controllo cartaginese, il Pais ed altri dedussero che la facoltà di controllarla che tempo prima Cartagine aveva pattuito con gli Etruschi, si fosse da questi trasmessa a Roma[13]. Tuttavia lo stesso Pais ricorda, per converso, che Cartagine non aveva mai rinunziato a mire sullintero Mediterraneo, e che riponeva nella Corsica un interesse specifico, giacché a partire dal 480 a.C. ne assoldava periodicamente fidati mercenari; questa circostanza, unita ad una facile riflessione sullimportanza strategica di unisola a vista, anzi dirimpettaia delle rive liguri, toscane e laziali, punto quindi di osservazione e di attacco, parrebbe smentire lipotesi di un disinteressamento di Cartagine come causa del silenzio dei trattati[13]. I trattati imperituri non durano mai quanto promettono e Roma era infatti impegnata nella prima guerra punica, già dal 264 a.C., quando il console romano Lucio Cornelio Scipione nel 259 sbarcò presso lÉtang de Diane[18], a circa 3 km da Aleria, ed assediò la città; sebbene linvasore contasse sulleffetto sorpresa, Aleria resistette a lungo e dopo la capitolazione Scipione la saccheggiò con accanimento, ciò che secondo Floro avrebbe diffuso lo sgomento nelle popolazioni corse[19]. Prima di potersi dedicare a terminare loccupazione della Corsica, Scipione si allungò in Sardegna dove i locali erano in rivolta contro Roma, secondo lo Zonara poiché sobillati dal generale cartaginese Annone[20]; sulla rivolta non vi sono dubbi, ma sono state espresse perplessità a proposito dellasserita fomentazione cartaginese, ad esempio il Dyson definì lasserzione di Zonara a cryptic passage.[21]. Ad ogni buon conto, Scipione uccise Annone[22] e ne organizzò il funerale[23]. Nonostante al rientro del console a Roma si celebrasse il suo trionfo[24] per la vittoria su Cartaginesi, Sardi e Corsi, nondimeno si rese necessario 23 anni dopo, nel 236 a.C., che il senato capitolino dichiarasse guerra ai Corsi[25] ed inviasse una spedizione di conquista guidata da Licinio Varo, non coerente con il relato di già avvenuta occupazione dellisola pervenuto da alcuni storici romani[26]. Il comandante Varo, comunque, conscio delle proporzioni non schiaccianti della flotta assegnatagli, studiò di far precedere lattacco principale da unoperazione decentrata meno impegnativa, onde affievolire le difese corse, e fece sbarcare sullisola un corpo separato di spedizione al comando dellex console Marco Claudio Clinea. Prima di questa operazione, Clinea aveva già reso pericolante la sua reputazione presso i Romani, avendo osato andare in battaglia contro lavviso degli àuguri[27] ed avendo pure commesso un sacrilegio consistente nellavere (o aver fatto) strangolare dei galli sacri; ansioso di riguadagnare prestigio, mosse da solo contro il nemico e ne fu sconfitto[3]. I Focei lo obbligarono a siglare un umiliante trattato presto sconfessato da Varo, che lo ignorò o lo infranse, a seconda dei punti di osservazione, ed attaccò quando gli avversari, paghi del trattato e non più allertati, proprio non se lo attendevano[3]. Varo vinse facilmente e conquistò territori della parte meridionale dellisola; poi tornò a Roma dove chiese la celebrazione di un trionfo, che gli fu però negato. Quanto allo strangolatore di galli, Clinea, Roma decise di lasciarlo in mano ai Corsi presumendo che lo avrebbero ucciso per esser in qualche modo venuto meno (con lattacco guidato da Varo) al trattato sottoscritto, ma questi lo liberarono ed anzi lo rinviarono a Roma indenne; il Senato non si perse danimo e, dopo averlo riportato in città, lo condannò a morte, inducendo Valerio Massimo a chiosare che hic quidem Senatus animadversionem meruerat[3]. Nel 233 a.C. i consoli Marco Emilio Lepido e Publicio Malleolo, di ritorno da una spedizione in Sardegna in cui avevano razziato dei villaggi, furono costretti da una tempesta a prendere terra in Corsica; gli abitanti li assalirono, massacrarono i soldati e li depredarono del bottino sardo[20]. Il Senato di Roma inviò allora nellisola il console Caio Papirio Maso, il quale dopo una serie di buoni successi nelle zone costiere, si diede ad inseguire i corsi (per Roma i ribelli) sulle montagne. Qui i padroni di casa ebbero facilmente la meglio, dovendo il romano fare i conti anche con la scarsità di rifornimenti e perdendo uomini, oltre che per le azioni militari, anche per la denutrizione delle sue truppe[28]. Papirio fu costretto ad una resa e sottoscrisse un altro trattato i cui dettagli non sono noti, ma che assicurò un buon periodo di pace.[20][29] In seguito Roma completò loccupazione della Corsica durante la prima guerra punica, dando lavvio ad una fase di dominazione che durò ininterrotta per circa sette secoli. Dopo una serie di alterne vicende, che videro i Romani tentare loccupazione della Sardegna a partire dalla Corsica e poi scontrarsi con i còrsi, la definitiva espulsione delle ultime forze puniche si concluse nel 227 a.C. Inizialmente i Romani si limitarono a controllare lisola senza avviare una vera e propria colonizzazione. Il II secolo a.C. fu, specialmente nella sua prima parte, un periodo di importanti fermenti insurrezionali. Nel 181 a.C. ci fu una rivolta dei corsi, sedata nel sangue dal pretore Marco Pinario Posca, che ne uccise circa 2000 e fece un certo numero di schiavi[30]. Nel 173 a.C. una nuova rivolta fece intervenire Attilio Servato, pretore in Sardegna, che fu battuto e costretto a ripararsi sullaltra isola[31]; Attilio chiese rinforzi a Roma, questa inviò Caio Cicerio che, dopo aver fatto voto a Giunone Moneta di erigerle un tempio in caso di successo, ottenne un nuovo sanguinoso successo, con 7000 corsi uccisi e 1700 fatti schiavi[32]. Nel 163 a.C. a domare una nuova rivolta fu invece Marcus Juventhius Thalna, delle cui gesta non è stato tramandato. Oltre al silenzio letterario sulla spedizione, colpiscono due aspetti anche più singolari del poco che ne è stato tramandato: il primo è che dopo aver avuto notizia del successo il senato romano indisse delle preghiere pubbliche, il secondo è che saputo a sua volta di quanto importante fosse stato considerato il suo successo, Thalna ne trasse tanta emozione da addirittura morirne[33]. Morto Thalna, la ribellione dovette riprendere immediatamente, sostiene il Colonna[3], poiché Valerio Massimo, pur senza parlare di altre rivolte, segnala che dalla Sardegna dovette allungarsi sullisola corsa anche Scipione Nasica a completare la pacificazione; circa la complessiva azione romana di repressione delle insurrezioni, lo stesso Colonna suggerisce inoltre che in nessun caso debba essersi trattato di successi pieni poiché, oltre che al primo, a nessun altro condottiero fu poi più concesso il trionfo[3]. Mario fondò la città di Mariana (Colonia Mariana a Caio Mario deducta, sita presso lattuale comune di Lucciana) verso la foce del Golo nel 105 a.C. Da questo momento iniziò la colonizzazione vera e propria e sullisola fiorirono ville rustiche e suburbane, villaggi e insediamenti di ogni tipo, incluse le terme di Orezza e Guagno. Nell81 a.C. furono i legionari di Silla a trovare in Corsica il luogo di pensionamento, stavolta presso Aleria, seguiti dai veterani di Giulio Cesare. Analogamente a quanto avveniva in altre province (la Corsica era amministrativamente associata alla Sardegna con la riforma di Ottaviano Augusto del 4 a.C.), i Romani si guadagnarono il rispetto e la collaborazione dei capi locali (a cominciare dai Venacini, tribù del Capo Còrso), riconoscendo loro funzioni di governo locale ed apportando ricchezza con la messa a profitto delle terre sfruttabili in collina e lungo le coste. Presso Aleria e Mariana si approntarono basi secondarie della flotta imperiale di Miseno. I marinai còrsi arruolati presso i porti dellisola furono tra i primi a ottenere la cittadinanza romana (sotto Vespasiano, nel 75). Nel 44 a.C. Diodoro Siculo visitò la Corsica e notò che i còrsi osservavano tra loro regole di giustizia e di umanità che valutò più evolute di quelle di altri popoli barbari; ne stimò il numero in circa 30.000 e riferì che essi erano dediti alla pastorizia e che marchiavano le greggi lasciate libere al pascolo. La tradizione della proprietà comune delle terre comunali non fu eradicata del tutto se non nella seconda metà del XIX secolo. Seneca passò dieci anni in esilio in Corsica a partire dal 41. Malgrado i continui collegamenti con lItalia e forse per la sua natura selvaggia, lisola divenne regolare mèta desilio e rifugio di cristiani, che probabilmente vi diffusero la nuova fede. In epoca Antonina si perfezionarono le vie di comunicazione interna (strada Aleria-Aiacium e, sulla costa Est, Aleria-Mantinum - poi Bastia - a Nord e Aleria-Marianum - poi Bonifacio - a Sud): lisola era pressoché completamente latinizzata, salvo qualche enclave montana. Sembra accertato che lisola sia stata colonizzata dai Romani soprattutto per mezzo delle distribuzioni di terre a veterani provenienti dallItalia meridionale - o dai soldati provenienti dagli stessi strati sociali ed etnici cui furono similmente assegnate terre soprattutto in Sicilia - il che aiuterebbe a spiegare alcune affinità linguistiche riscontrabili ancor oggi tra còrso meridionale e dialetti siculo-calabri. Secondo altre ipotesi, più recenti, gli influssi linguistici potrebbero essere dovuti a migrazioni più tarde, risalenti allarrivo di profughi dallAfrica tra il VII e lVIII secolo. La stessa ondata migratoria sarebbe approdata anche in Sicilia e in Calabria. Intorno al 150 il geografo Claudio Tolomeo, nella sua opera cartografica, offrì una descrizione piuttosto accurata della Corsica preromana, elencando 8 fiumi principali (tra i quali il Govola-Golo e il Rhotamus-Tavignano), 32 centri abitati e porti - tra i quali Centurinon (Centuri), Canelate (Punta di Cannelle), Clunion (Meria), Marianon (Bonifacio), Portus Syracusanus (Porto Vecchio), Alista (Santa Lucia di Porto Vecchio), Philonios (Favone), Mariana, Aleria - e 12 tribù autoctone (in greco, latino e loro localizzazione): Shepherd Map of Ancient Italy, Northern Part.jpg Kerouinoi (Cervini, Balagna); Tarabenoi (Tarabeni, Cinarca); Titianoi (Titiani, Valinco); Belatonoi (Belatoni, Sartenese); Ouanakinoi (Venacini, Capo Còrso); Kilebensioi (Cilebensi, Nebbio); Likninoi (Licinini, Niolo); Opinoi (Opini, Castagniccia, Bozio); Simbroi (Sumbri, Venaco); Koumanesoi (Cumanesi, Fiumorbo); Soubasanoi (Subasani, Carbini e Livia); Makrinoi (Macrini, Casinca). Santa Devota (martire attorno al 202, persecuzione di Settimio Severo, o al 304, persecuzione di Diocleziano) è, assieme a santa Giulia, una delle prime sante còrse di cui si sia avuta notizia. Secondo la leggenda, la nave che ne trasportava il feretro verso lAfrica fu gettata da una tempesta sul litorale monegasco. Per questo sarebbe divenuta la patrona del Principato di Monaco e della famiglia Grimaldi. Santa Giulia (martire durante la persecuzione di Decio del 250, o quella di Diocleziano), è la patrona di Corsica e di Brescia, città dove riposano le sue reliquie dopo che vi fu fatta trasportare da Ansa, moglie del re longobardo Desiderio nel 762. Santa Giulia è patrona anche di Livorno, dove le spoglie della santa avrebbero fatto tappa provenendo dalla Corsica. Roman Empire with dioceses in 400 AD.png A queste martiri se ne aggiunge unintera schiera, tra i quali san Parteo, che fu forse il primo vescovo di Corsica. Dopo leditto di Milano di Costantino I il Grande e linstaurazione della libertà religiosa, la Corsica, già ampiamente romanizzata e cristianizzata, fu associata alla diocesi di Roma. Il primo vescovo còrso di cui si abbia notizia certa è Catonus Corsicanus, che partecipò al Concilio di Arles indetto da Costantino I. Come altrove in Occidente, lorganizzazione romana in Corsica cadde con linvasione dei Vandali; questi nel V secolo, muovendo dallAfrica, investirono la stessa città di Roma. Aleria fu saccheggiata e, abbandonata, finì in rovina. Mariana fu invece a lungo sede vescovile anche nel Medioevo. Medioevo[modifica | modifica sorgente] LAlto Medioevo[modifica | modifica sorgente] Berengario si sottomette ad Ottone il Grande Durante le convulsioni che accompagnarono la fine dellImpero romano doccidente, la Corsica fu disputata tra tribù di Vandali e di Goti alleate degli ultimi imperatori, sino a che Genserico se ne assicurò il pieno controllo nel 469. Durante i 65 anni della loro dominazione, i Vandali sfruttano il patrimonio forestale dellisola per la cantieristica navale, attraverso la quale si dotarono di una flotta che terrorizzò il Mediterraneo occidentale. La potenza vandala in Africa fu quindi distrutta da Belisario, mentre il suo generale Cirillo conquistò la Corsica nel 534, unita così alla Prefettura del pretorio dAfrica[34] e, come tale, allImpero romano dOriente. Secondo Procopio, storico dellimperatore doriente Giustiniano I, in Corsica restarono meno di 30.000 abitanti. Nel 584, con la riforma mauriziana degli esarcati, la Corsica entrò a far parte dellesarcato dAfrica. A cavallo fra il VI ed il VII secolo, con lo sviluppo del monachesimo, in Corsica come in Sardegna si svilupparono esperienze monastiche e secondo la leggenda San Venerio lasciò il cenobio sullisola di Tino per praticare leremitaggio in Corsica[7]. Justinian555AD.png Aistulfs Italy.svg Nel periodo successivo, Goti e Longobardi presero successivamente dassalto e saccheggiarono lisola, lasciata indifesa dai Bizantini, i quali - a dispetto delle preghiere di papa san Gregorio magno e dopo averla a loro volta impoverita con un eccessivo carico fiscale[35] - non la protessero adeguatamente. Daltra parte, i Bizantini stessi furono travolti in Africa dallinvasione araba e, nel 713, gli Arabi realizzarono le loro prime scorrerie contro la Corsica, muovendo dalle loro nuove basi nordafricane. A questepoca si può far risalire lavvio di un notevole processo di spopolamento dellisola e la formazione, presso Roma, di una colonia còrsa a Porto (Ostia). La Corsica restava nominalmente legata allImpero romano dOriente sino a quando, nel 774, Carlo Magno travolse i Longobardi in Italia e conquistò lisola, che passò così sotto la giurisdizione dei Franchi. Dall806 si segnalò una nuova recrudescenza di incursioni dei Mori, stavolta provenienti dalla Penisola iberica; furono più volte sconfitti dai luogotenenti dellimperatore Carlo Magno (che vi inviò truppe tramite Pipino, re dItalia, ed il giovane Burcardo, connestabile dellimperatore[36]). Nella battaglia dell807, provenienti da una fresca sconfitta in Sardegna, racconta il Muratori che con loro venne alle mani il Burcardo e persero altre 13 navi[37]. I Mori riuscirono tuttavia a prendere brevemente il controllo dellisola nell810, quasi interamente assoggettata perché priva di difesa[38], ma ne furono infine spazzati via da una spedizione guidata dal figlio dellimperatore Carlo; i Mori non si diedero per vinti e continuarono ad investire la Corsica con le loro incursioni. Quella del giugno 813, partita con circa 100 navi dalle rive spagnole, non giunse però nemmeno a destinazione, inghiottita quasi completamente da un fortunale mentre si approssimava alle coste corse[36]. Con la successiva invece i Mori riuscirono a depredare lisola ed a trarne schiavi, ma furono intercettati sulla via del ritorno da Ermengardo dAmpuria, che ne catturò 8 navi e liberò circa 500 corsi[36]. A proposito della situazione dellisola, in passato sono stati sollevati dubbi su un eventuale donativo a papa Leone III da parte di Carlo Magno; il Muratori riferisce infatti[37] di una lettera[39] con la quale il papa avrebbe chiamato limperatore a difesa della Corsica[40]. Al fine di tentare di porre fine a tale stato di cose, nell828 la difesa dellisola fu affidata a Bonifacio II, conte di Lucca, che condusse insieme con il fratello Beretario ed altri nobili toscani una vittoriosa spedizione punitiva direttamente contro i porti nordafricani (sbarcò fra Utica e Cartagine) dai quali partivano gli assalti arabi contro i litorali tirrenici[36]; sulla via del ritorno Bonifacio costruì una fortezza presso la punta Sud della Corsica, fondando così il nucleo fortificato della città di (Bonifacio), affacciata sullo stretto (Bocche di Bonifacio) che separa lisola dalla Sardegna, e lasciando così il proprio nome nei corrispondenti toponimi. La guerra contro i Saraceni, che avevano ben presto ripreso i loro attacchi, fu proseguita dal figlio di Bonifacio, il marchese di Toscana Adalberto I Tutor, che ne ereditò lincarico nell846 e dovette presto (859) assistere ad un nuovo riuscito attacco dei Mori[36]. Tuttavia i Saraceni rimasero padroni di alcune basi sullisola almeno sino al 930. La Corsica, che nel frattempo era stata unita al regno di Berengario II, re dItalia, divenne rifugio di suo figlio Adalberto II nel 962, dopo che Berengario venne detronizzato da Ottone I il Grande. Adalberto, venne definitivamente sconfitto in Italia dalle forze di Ottone II e pertanto si determinò il passaggio dellisola alla Marca di Toscana. Terra di Comune e Terra dei Signori[modifica | modifica sorgente] Attorno allepoca tra la fine del regno di Berengario II e linizio di quella di Ottone I sullItalia, si fa risalire il sorgere dellanarchia feudale che vide esplodere la lotta tra piccoli signori locali, ansiosi di espandere i loro piccoli domini. Tra costoro spiccavano i discendenti di Adalberto (cosiddetti Adalbertini, ramo primogenito degli Obertenghi) che miravano ad espandere il loro dominio sullintera isola. Gli Adalbertini già avevano acquisito il titolo di Marchesi di Massa e Parodi, per il territorio di loro competenza (che andava da Gavi alla Versilia) e, rivendicando alcuni privilegi che già i Marchesi di Tuscia vantavano sulla Corsica, si mutarono il titolo in Massa-Corsica, componendo una giurisdizione formale che andava dalla marca ligure a quella della Tuscia, lungo la marittima toscana[7]. Precisamente fu un altro Adalberto, Adalberto VI signore di Busseto (nipote dellaltro e poi capostipite della famiglia Pallavicino), ad assommarsi il titolo corso dopo aver guadagnato meriti politici, militari e diplomatici grazie al suo comando della spedizione del 1016 contro Mujāhid al-Āmirī, il pirata che teneva in scacco tutte le marinerie cristiane dellepoca. Adalberto VI insediò nellisola suoi visconti (vicecomites), come già ne aveva a Genova[41]. Lautoinvestitura sollevò una notevole opposizione e diede origine a scontri che si protrassero per secoli: per contrastare le perduranti ambizioni dei feudatari, ancora nel XIV secolo Sambucuccio dAlando si mise alla testa di una sorta di Dieta che si opponeva alle loro pretese, confinando i signori nella porzione Sud-Ovest dellisola. Questa prenderà il nome di Terra dei Signori (Pomonte), mentre nella restante parte dellisola si afferma definitivamente un regime che lega tra loro comuni autonomi (sullesempio del modello analogo in sviluppo in Italia sin dallXI secolo). Tale territorio prenderà il nome di Terra di Comune (Cismonte). La divisione è destinata a durare molto a lungo (sino al XVIII secolo) ed a segnare significative differenze nello sviluppo sociale, economico e persino linguistico tra le due parti dellisola, con il nord più legato allItalia e con un idioma sempre più toscanizzato. Dal punto di vista organizzativo, nella Terra di Comune, ciascuno dei comuni più importanti facenti capo a una Pieve (la parrocchia principale del circondario) nominava (tramite suffragio universale, ivi comprese le donne) un numero variabile di rappresentanti detti Padri del comune, responsabili dellamministrazione della giustizia e dellelezione del loro presidente, detto podestà, che ne coordinava loperato. I podestà delle varie Pievi, a loro volta, sceglievano i membri di un consiglio superiore, detto Consiglio dei Dodici, responsabile delle leggi e regolamenti che reggevano la Terra di Comune. I Padri del comune, inoltre, eleggevano per ogni Pieve un caporale, un magistrato responsabile della protezione e della salvaguardia degli strati poveri della popolazione, incaricato di garantire che i più svantaggiati non subissero soprusi e che fosse loro assicurata giustizia. Gran parte delle terre di questa regione erano considerate di proprietà comune delle collettività comunali. La totale abolizione delle proprietà comuni, promossa nella seconda metà del XIX secolo dalla Francia, ebbe conseguenze molto gravi per leconomia della Corsica. In Cinarca (Terra dei Signori) i baroni feudali mantenevano le loro prerogative, come anche quelli che controllavano il Capo còrso, e assieme costituivano una minaccia al sistema in vigore in Terra di Comune. Per farvi fronte, nel 1020 i magistrati di questultima chiesero lintervento di Guglielmo, marchese di Massa (della famiglia poi nota come Malaspina), il quale, arrivato sullisola, ridusse allordine i baroni del Conte di Cinarca e stabilì sulla Corsica un proprio protettorato, da trasmettere poi al proprio figlio. Verso la fine dellXI secolo, tuttavia, il Papato sollevò, sulla base di documenti falsificati (una donazione ad opera di Carlo Magno, il quale aveva al più stabilito una reversibilità del proprio dominio a favore della Santa Sede), la questione della propria sovranità sulla Corsica. Tale rivendicazione trovò largo consenso nel seno della stessa isola, a cominciare dal suo clero, e nel 1077 i còrsi si dichiararono soggetti a Roma. Il dominio pisano[modifica | modifica sorgente] Torre campanaria in stile romanico-pisano della più antica chiesa di Bonifacio, Santa Maria Maggiore (XII sec.) Chiesa di San Michele di Murato in stile romanico-pisano (XII sec) Papa Gregorio VII (1073-1085), nel pieno della lotta per le investiture con limperatore Enrico IV, non prese direttamente il controllo dellisola, ma ne affidò lamministrazione al vescovo di Pisa, Landolfo, investito della carica di legato pontificio per la Corsica. A seguito di tale evento, il titolare della cattedra arcivescovile pisana divenne anche primate di Corsica (e di Sardegna), carica conservata a livello onorifico sino ai giorni nostri[42][43]. Quattordici anni dopo, papa Urbano II (1088-1099), su istanza della contessa Matilde di Canossa, confermò le concessioni del suo predecessore tramite la bolla Nos igitur. Il titolo di legato pontificio passò quindi a Daiberto, installato sulla cattedra di Landolfo. Lassegnazione come suffraganei dei vescovati còrsi fece sì che il vescovo di Pisa assumesse il titolo di arcivescovo. Pisa, con il suo porto, intratteneva da secoli (sin dallepoca romana) stretti rapporti con lisola, espandendovi - via via che la propria potenza come Repubblica marinara cresceva - la propria influenza politica, culturale ed economica. Allamministrazione vescovile seguì inevitabilmente lautorità politica dei giudici (magistrati amministrativi) della Repubblica toscana, destinata in breve tempo a far rifiorire la Corsica e segnarla profondamente, anche dopo la sostanziale perdita di controllo dellisola seguita alla disastrosa disfatta subita dai pisani ad opera dei genovesi, nella battaglia della Meloria (1284). Malgrado quello che ancor oggi viene giudicato generalmente il buon governo della Repubblica di Pisa, non mancarono in Corsica i motivi di dissidio. Parte del clero e dei vescovi dellisola mal sopportavano la soggezione allarcivescovo pisano, mentre la crescente potenza della Repubblica di Genova, arcirivale di quella di Pisa e cosciente del valore strategico della Corsica, affiancava alle lamentele dei còrsi presso la corte papale di Roma i propri intrighi per ottenere una modifica dellassetto dellisola in proprio favore. Fu così che, dopo un periodo durante il quale il papato non prese una posizione chiara e coerente, nel 1138 papa Innocenzo II (1130-1143) delineò una soluzione di compromesso, dividendo la giurisdizione ecclesiastica dellisola tra gli arcivescovi di Pisa e di Genova, segnando così linizio dellinfluenza ligure sulla Corsica, resa ancor più concreta, nel 1195, dalloccupazione genovese dellimportante porto e fortezza di Bonifacio. I pisani tentarono per ventanni, senza successo, di riprendere la città, sino a quando, nel 1217 papa Onorio III (1216-1227), chiamato a mediare, prese formalmente controllo della piazzaforte. La mediazione papale, tuttavia, non bastò a spegnere la lotta tra Pisa e Genova che, con la loro influenza, fecero riverberare durante tutto il XIII secolo anche sullisola la lotta tra Guelfi e Ghibellini che sconvolgeva la penisola. Nellambito di tale lotta (e seguendo uno schema che si era già, e si sarebbe poi, ripetuto più volte nellisola, favorendone la dominazione), i maggiorenti della Terra di Comune si risolsero a invocare lintervento del marchese Isnardo Malaspina. I pisani reagirono instaurando un nuovo conte di Cinarca, e la guerra sconvolse lisola senza che né il partito genovese né quello pisano riuscissero a prevalere in modo decisivo. La sconfitta della Meloria 1284, tuttavia, fece basculare decisamente il piatto della bilancia in favore di Genova che, da allora, estese con sempre maggiore intensità la propria influenza in Corsica. Leredità di Pisa[modifica | modifica sorgente] Chiesa di Aregno in romanico pisano, testimonianza del dominio pisano Espansione di Pisa.png La memoria dellinfluenza pisana è perpetuata dalla toponomastica, che si sviluppa a partire da questo periodo, dallonomastica (sono tuttora diffusi in Corsica molti cognomi dorigine toscana), dalla lingua locale (toscaneggiante soprattutto nella regione di Bastia e del Capo còrso) e da alcuni dei più pregevoli esempi darchitettura romanica rimasti nellisola, testimonianza dellimpegno anche edilizio (chiese ed edifici pubblici: su tutte le cattedrali di Nebbio, Mariana, S. Michele di Murato, S. Giovanni di Carbini, S. Maria Maggiore di Bonifacio, S. Nicola di Pieve) e infrastrutturale (strade, ponti, fortezze e torri). Anche dopo linizio del dominio genovese, Pisa mantenne sempre stretti rapporti con la Corsica, come testimoniato anche dal ricco corpus documentario relativo alla Corsica presente ancor oggi presso la Curia della città toscana, cui fu a lungo annesso un collegio per seminaristi còrsi. Poco noto, ma significativo, il fatto che il Nielluccio, uno dei vitigni più diffusi sullisola (affine al Sangiovese di Toscana) e base del vino còrso Patrimonio, è stato importato in Corsica dai Pisani nel XII secolo. A partire dal dominio pisano, e nei secoli a seguire, sino al XX secolo, non vengono mai del tutto meno i rapporti culturali dellisola con Pisa e la Toscana, testimoniati anche dalla penetrazione di elementi schiettamente toscani e, persino, di interi brani della Divina Commedia di Dante nel ricchissimo repertorio di proverbi e canti tradizionali polifonici (paghjelle) dellisola. Nel frattempo prende prestigio in Corsica anche il volgare toscano, che ne diviene la lingua ufficiale. Pisa sarà anche la prima delle sedi universitarie (seguita da Roma e Napoli) frequentate dai còrsi: diverrà così proverbiale anche nellisola dire parla in crusca di coloro che facevano sfoggio di un perfetto italiano: tale abitudine resterà popolare sino a gran parte del XIX secolo. Hanno studiato a Pisa Carlo e Giuseppe Bonaparte, Francesco Antonmarchi - medico a SantElena di Napoleone -, il poeta Salvatore Viale, ligienista Pietrasanta, medico di Napoleone III venendo, nel caso degli Angeli, Farinola, Pozzo di Borgo ed altri a far parte del collegio docente e rettorale dellUniversità toscana. La parentesi aragonese e la penetrazione genovese[modifica | modifica sorgente] I resti di un torre genovese a Erbalunga, Corsica del nord Il 12 giugno 1295, a complicare il quadro della Corsica, che - dopo la sconfitta di Pisa alla Battaglia della Meloria - sfuggiva al controllo pisano, intervenne papa Bonifacio VIII (1294-1303), con la sua investitura in favore di re Giacomo II di Aragona (impegnato nella lotta per la Reconquista) a sovrano del nascente regno di Sardegna e Corsica (Trattato di Anagni). Gli Aragonesi, tuttavia, si risolsero ad attaccare la Sardegna solo nel 1324, mettendo così termine a qualsiasi velleità residua, da parte dei Pisani, di controllo del nord sardo e della Corsica. La Corsica resta frattanto vittima di una sostanziale anarchia sino al 1347, quando viene convocata una grande assemblea di caporali e dei baroni che, sotto la guida di Sambucuccio dAlando, decidono di porsi sotto la protezione di Genova e di offrire alla Repubblica ligure la sovranità totale sullisola, da esercitarsi a mezzo di un governatore. Secondo lofferta, la Corsica avrebbe pagato regolari tributi a Genova, che a sua volta avrebbe offerto protezione dalla mai sopita piaga che erano le scorrerie dei saraceni (poi corsari barbareschi che proseguiranno con fasi alterne sino al XVIII secolo), e garantito il mantenimento delle leggi còrse e delle sue strutture e consuetudini di autogoverno locale, regolati dal Consiglio dei Dodici per il Cismonte, e dal Consiglio dei Sei per il Pumonte. Gli interessi isolani sarebbero stati rappresentati presso Genova da un «oratore». Intanto lintera Europa era afflitta dal flagello della peste nera, che giunse anche in Corsica mietendovi numerosissime vittime proprio mentre si affermava la supremazia genovese. Laccordo tra caporali e baroni venne presto violato e sia gli uni, sia gli altri, si opposero lun laltro mentre insieme contrastavano linstaurarsi concreto della signoria genovese in Corsica. Di tale situazione approfittò re Pietro IV di Aragona per ribadire la propria sovranità sullisola. In questo quadro prese le mosse il barone Arrigo della Rocca, conte di Cinarca, il quale con lappoggio delle truppe aragonesi nel 1372 prese il controllo quasi totale dellisola, lasciando solo il nord estremo e poche piazzeforti marine al controllo Genovese. Il suo successo spinse i baroni del Capo còrso ad appellarsi a Genova, che pensò di risolvere il problema investendo del governatorato dellisola una sorta di compagnia commerciale detta «Maona», formata da cinque persone, e tentando di coinvolgervi Arrigo, ma senza risultati. La Maona era un consorzio di commercianti - a volte a carattere familiare - che fu impiegato spesso da Genova, soprattutto a cavallo tra XIII e XV secolo, con funzioni di governo anche nelle colonie orientali. Tra le prime maone quella dellisola di Chios, nellEgeo, istituita nel 1347, dai cui aderenti ebbe origine la celebre famiglia patrizia genovese dei Giustiniani. Nel 1380, perdurando le tensioni, quattro dei cinque membri della Maona rassegnarono a Genova i loro incarichi, lasciando il solo Leonello Lomellino ad esercitare le funzioni di governatore. In tale veste Lomellino fondò, nel 1383, la città di Bastia, destinata a divenire il nucleo più importante della dominazione genovese e la capitale dellisola (sino allo spostamento ad Ajaccio di tale funzione, sulliniziativa di Napoleone al XIX secolo). Fu solo nel 1401, a seguito della morte di Arrigo, che lautorità genovese fu formalmente ristabilita su tutta lisola, anche se Genova stessa, nel frattempo, cadeva nelle mani dei francesi: dal 1396 al 1409, infatti, Carlo VI di Francia fu signore della Repubblica di Genova, che gestì attraverso il governatore Jean II Le Meingre detto Boucicault. Sotto il governo di questi, nel 1407, fu fondato il Banco di San Giorgio, un potente consorzio di creditori privati cui verrà affidata nel tempo lamministrazione delle entrate dello Stato e il governo di numerose terre e colonie, inclusa la Corsica. Lomellino fu dunque reinviato in Corsica nel 1407 come governatore per conto di Carlo VI di Francia e vi dovette affrontare Vincentello dIstria il quale, avendo ottenuto privilegi dalla Casa dAragona, sera fatto frattanto signore di Cinarca e, raccolta attorno a sé tutta la Terra di Comune, inclusa Bastia, sera proclamato Conte di Corsica già nel 1405. Gli sforzi di Lomellino non ebbero alcun successo e nel 1410 Genova (intanto tornata indipendente) controllava sullisola esclusivamente le piazzeforti di Bonifacio e di Calvi. Ancora una volta una ribellione intestina avrebbe minato la virtuale indipendenza della Corsica: la ribellione di un feudatario e del vescovo di Mariana portò alla perdita di controllo da parte di Vincentello sulla Terra di Comune e, mentre egli si recava a richiedere aiuto in Spagna, i genovesi ebbero buon gioco a completare rapidamente la riconquista dellintera isola. Ma il complesso gioco delle alleanze e delle rivalità locali non consentì a tale riconquista di essere duratura. A rimettere la situazione in movimento fu lo scisma dOccidente e la lotta per linvestitura papale accesa attorno allultimo antipapa avignonese, Benedetto XIII, sostenuto dai vescovi còrsi favorevoli a Genova da un lato, e quella dellantipapa Giovanni XXIII, sostenuto da quelli favorevoli a Pisa. La Cittadella di Corte. Vincentello, riuscito a sbarcare sullisola con una forza militare aragonese, approfittò così delle rivalità incrociate e prese facilmente controllo della Cinarca e di Ajaccio. Accordatosi con i vescovi pro-pisani, estese la sua influenza alla Terra di Comune e costruì il castello di Corte: nel 1419 linfluenza genovese sullisola era nuovamente ridotta ai soli centri di Calvi e Bonifacio, mentre Vincentello, con il titolo di viceré di Corsica, stabiliva dal 1420 la sede del proprio governo a Biguglia. Fu in questa situazione che Alfonso V di Aragona si presentò con una grande flotta nel mare di Corsica, con lintento di prendere possesso personalmente dellisola formalmente parte del Regno di Sardegna e Corsica. Caduta Calvi, Bonifacio continuò a resistere, assumendo nel frattempo il singolare ruolo di elemento di speranza per i còrsi, che, sperimentato il violento dominio aragonese e oppressi da livelli di tassazione insopportabili, preparavano la rivolta al loro nuovo signore e, in buona parte, si riavvicinavano a Genova. Nel frattempo la lunga resistenza di Bonifacio convinse gli assedianti a togliere il blocco alla città che, ottenuta la conferma dei propri privilegi, divenne di fatto una sorta di microrepubblica indipendente posta sotto protezione genovese. Poco dopo, anche a causa delleccessiva tassazione, scoppiò una rivolta generale contro Vincentello, il quale, durante un tentativo di riparare in Sicilia, fu catturato con un colpo di mano nel porto di Bastia e, condotto a Genova come ribelle e traditore, vi fu decapitato il 27 aprile del 1434. La lotta tra fazioni pro-genovesi e pro-aragonesi proseguì sullisola, e il doge genovese Giano di Campofregoso riprese il controllo della Corsica, strappata dalla superiore artiglieria della Repubblica a Paolo della Rocca (1441). In occasione di tale riconquista fu fondata e fortificata la città di San Fiorenzo (1440). La reazione aragonese portò al culmine la lotta. Nel 1444 sbarcò sullisola, inviata da papa Eugenio IV, unarmata pontificia forte di 14 000 uomini, che fu però sbaragliata dalle milizie còrse controllate da Rinuccio da Leca, a capo di una lega che raccoglieva quasi tutti i caporali e i baroni locali. Una seconda spedizione fu invece vittoriosa e Rinuccio stesso cadde ucciso in battaglia di fronte a Biguglia. La signoria del Banco di San Giorgio e di Genova[modifica | modifica sorgente] Il 1447 può essere considerato un anno di svolta nella storia del controllo genovese sulla Corsica. Energico e colto (introdusse a Roma lo spirito del Rinascimento), sale su trono papale Tommaso Parentucelli (Niccolò V), sarzanese e dunque legato alla Repubblica di Genova. Senza indugio egli riasserisce i diritti papali sullisola (le cui piazzeforti erano sotto il controllo delle truppe pontificie) e contestualmente li trasferisce a Genova. La Corsica viene così ad essere largamente controllata dalla Repubblica ligure con leccezione della Cinarca, sotto nominale controllo aragonese attraverso il più concreto dominio dei Signori locali, e della Terra di Comune, la quale, attraverso unassemblea dei suoi capi, nel 1453 decide di offrire il governo dellintera isola al Banco di San Giorgio, la potente compagnia commerciale e finanziaria istituita a Genova nel 1407, che laccetta. Cacciati gli Aragonesi dallisola (del loro passaggio rimarrà in Corsica solo lemblema della Testa Mora, sviluppato a seguito della Reconquista), il Banco di San Giorgio iniziò una vera e propria guerra di sterminio contro i baroni isolani, la cui resistenza organizzata venne meno nel 1460, quando i superstiti furono costretti allesilio verso la Toscana. Occorsero ancora due anni di lotte per pacificare lisola, arrivando così al 1462, quando il capitano Genovese Tommasino da Campofregoso, la cui madre era còrsa, fece leva con successo sui diritti della propria famiglia per riaffermare il pieno controllo della Repubblica anche nellinterno dellisola. Solo due anni dopo, nel 1464, Genova - e con essa la Corsica - cadde sotto linfluenza di Francesco I Sforza, duca di Milano. Alla sua morte, nel 1466, lautorità milanese nellisola svanì sotto le consuete spinte anarchiche nellinterno e, ancora una volta, solo le città costiere rimasero effettivamente sotto la tutela delle potenze continentali. Nel 1484 Tommasino da Campofregoso persuase gli Sforza ad affidargli il governo dellisola, facendosi consegnare le fortezze. Nel frattempo consolidò il proprio potere interno, stringendo relazioni con Gian Paolo da Leca, il più potente dei baroni isolani. Italia 1494-it.svg Entro tre anni la situazione cambiò nuovamente. Un discendente dei Malaspina, che già avevano incrociato i loro destini con quelli della Corsica nellXI secolo, Jacopo IV dAppiano principe di Piombino, fu invitato ad intervenire da quanti erano avversi a Tommasino, e così il fratello del principe, Gherardo conte di Montagnano, si proclamò conte di Corsica e, sbarcato sullisola, si impadronì di Biguglia e di San Fiorenzo. Piuttosto che opporsi a Gherardo, Tommasino restituì discretamente le proprie prerogative in favore del Banco di San Giorgio, che nel frattempo rifondò e fortificò Ajaccio (1492) presso il sito dellantica Aiacium romana. La decisione di Tommasino fu contestata da altri componenti della sua famiglia e dal Leca non appena il Banco ebbe ragione di Gherardo. Il Banco rivolse allora le proprie armi contro i turbolenti baroni còrsi, che costrinse alla ragione dopo una lunga e sanguinosa lotta protrattasi sino al 1511. Durante il proprio governo, il Banco di San Giorgio diede complessivamente prova di scarsa lungimiranza e acume politico, preferendo cinici tatticismi e la ricerca del profitto più immediato alla elaborazione di una strategia di integrazione, instaurando così un vero e proprio regime coloniale sulla grande isola posta proprio di fronte alle coste di Genova. Le colture, in particolare quella boschiva, vennero promosse, ma i proventi erano in larga parte incamerati dal Banco, che affliggeva lisola con una tassazione in grado di soffocare in partenza qualsiasi reale possibilità di sviluppo locale. Lungo tutte le coste dellisola vennero riadattate e in gran parte costruite ex novo dozzine di torri davvistamento e difesa (molte delle quali visibili tuttora) a realizzare un sistema di allerta contro le incursioni dei corsari barbareschi, integrato dal pattugliamento navale. Seppure non del tutto eliminato (sussisterà sino al XVIII secolo), il flagello fu posto sotto controllo, ma più allo scopo di proteggere i cespiti coloniali che a quello di offrire pace e protezione alla popolazione còrsa, che continuerà a subire le sanguinose incursioni dei corsari virtualmente lasciati liberi di agire nelle zone costiere reputate dal Banco prive di interesse economico e strategico. Le istituzioni locali - tra le quali si distingueva per la sua concezione politica lorganizzazione della Terra del Comune[44]- furono in gran parte abolite o svuotate di ogni significato concreto. I notabili locali ebbero precluso laccesso a un pieno godimento della cittadinanza, per non parlare dellaccesso alloligarchia repubblicana genovese, del tutto negato per definizione. Gli accenni di ribellione vennero generalmente repressi con grande durezza, facendo più volte ricorso alla pena capitale; in alternativa, applicando ciecamente il principio del divide et impera,[45] furono lasciate scoppiare scientemente - o vennero subdolamente incoraggiate - faide locali o focolai di guerra civile, reputandosi tali scontri utili a fiaccare le forze ed il morale dei signori dellisola e dunque a prevenire alleanze che potessero dar luogo ad una sollevazione generale. In tal modo venne incoraggiato lo sviluppo delle piaghe della vendetta e del banditismo, che si radicarono, anziché essere estirpate. Tutto questo mentre in Europa - e soprattutto nella vicina Italia peninsulare - fioriva il Rinascimento.[senza fonte] Alle sfortune politiche si aggiunsero pestilenze e carestie, che non fecero che contribuire al processo dimpoverimento e imbarbarimento dellisola, oltre che ad inasprire unavversione senza pari verso i
Posted on: Fri, 08 Nov 2013 20:34:38 +0000

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