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Storia[modifica | modifica sorgente] Le origini[modifica | modifica sorgente] Cosa nostra nacque nei primi anni del XIX secolo dal ceto sociale dei massari, dei fattori e dei gabellotti, che gestivano i terreni della nobiltà siciliana, avvalendosi dei braccianti che vi lavoravano. Cosa nostra, come tutte le altre mafie, nacque per la scarsa presenza dello Stato sul territorio, ed iniziò ad assumerne le funzioni. Era gente violenta, che faceva da intermediario fra gli ultimi proprietari feudali e gli ultimi servi della gleba dEuropa e, per meglio esercitare il loro mestiere, si circondavano di scagnozzi. Questi gruppi divennero rapidamente permanenti assumendo il nome di sette, confraternite, cosche. Il primo documento storico in cui viene nominata una cosca mafiosa è del 1837: il procuratore generale di Trapani, Pietro Calà Ulloa, riferisce ai suoi superiori a Napoli dellattività di strane sette dedite ad imprese criminose che corrompevano anche impiegati pubblici. Nel 1863 Giuseppe Rizzotto scrive, con la collaborazione del maestro elementare Gaspare Mosca, I mafiusi de la Vicaria, unopera teatrale in siciliano ambientata nelle Grandi Prigioni del capoluogo siciliano. È a partire da questo dramma, che ebbe grande successo e venne tradotto in italiano, napoletano e meneghino, che il termine mafia si diffonde su tutto il territorio nazionale. Fino ad allora la mafia si caratterizzava come una struttura al di fuori dello Stato, ma strettamente legata ad esso. Lo sviluppo della criminalità organizzata in Sicilia è sostanzialmente attribuibile agli eventi contemporanei e successivi allUnità dItalia, in particolare a quella che fu lacuta crisi economica da questa indotta in Sicilia e nel Meridione dItalia. Infatti lo Stato italiano, non riuscendo a garantire un controllo diretto e stabile del governo dellisola (la cui organizzazione sociale era molto diversa da quella settentrionale), cominciò a fare affidamento sulle cosche mafiose che, ben conoscendo i meccanismi locali, facilmente presero le veci del governo centrale. La prima analisi esaustiva in cui venne espressamente usato il termine mafia fu compiuta nel 1876 da Leopoldo Franchetti, dopo la celebre inchiesta compiuta insieme a Sidney Sonnino, che venne pubblicata con il titolo Condizioni politiche e amministrative della Sicilia. Uno dei più clamorosi processi di quegli anni fu quello tenutosi nel 1885 contro gli affiliati alla Fratellanza di Favara, una cosca mafiosa operante nella provincia di Agrigento che aveva un rituale di iniziazione in stile massonico, che avveniva pungendo lindice dei nuovi membri per poi tingere con il sangue unimmagine sacra, che veniva bruciata mentre liniziato recitava una formula di giuramento[3]: tale cerimonia di affiliazione era tipica delle cosche mafiose di Palermo, a cui numerosi membri della Fratellanza erano stati affiliati nel 1879, durante la prigionia con mafiosi palermitani nel carcere di Ustica[4]. Nel 1893, in seguito al delitto Notarbartolo, lesistenza di Cosa nostra (e dei suoi rapporti con la politica) divenne nota in tutta Italia. Lepoca delle rivendicazioni agricole[modifica | modifica sorgente] Cartina della Sicilia dei primi anni del Novecento che mostra la densità mafiosa dei comuni siciliani. Anche se non più con un regime feudale, nelle campagne siciliane gli agricoltori erano ancora sfruttati. I grandi proprietari terrieri risiedevano a Palermo o in altre grandi città e affittavano i loro terreni a gabellotti con contratti a breve termine, che, per essere redditizi, costringevano il gabellotto a sfruttare i contadini. Per evitare rivolte e lavorare meglio, al gabellotto conveniva allearsi con i mafiosi, che da un lato offrivano il loro potere coercitivo contro i contadini, dallaltro le loro conoscenze a Palermo, dove si siglavano la maggioranza dei contratti agricoli. A partire dal 1891 in tutta la Sicilia gli agricoltori si unirono in fasci, sorta di sindacati agricoli guidati dai socialisti locali, chiedendo contratti più equi e una distribuzione più adeguata della ricchezza. Non si trattava di movimenti rivoluzionari in senso stretto ma essi furono comunque condannati dal governo di Roma che, nella persona di Crispi, nel 1893 inviò lesercito per scioglierli con luso della forza. Giuseppe de Felice Giuffrida, considerato il fondatore dei fasci siciliani, venne processato e imprigionato. Poco prima che fossero sciolti, la mafia aveva cercato di infilare alcuni suoi uomini in queste organizzazioni in modo che, se mai avessero avuto successo, essa non avrebbe perso i suoi privilegi. Continuò però anche ad aiutare i gabellotti cosicché, chiunque fosse uscito vincitore, essa ci avrebbe guadagnato fungendo da mediatrice tra le parti. Quando fu chiaro che lo Stato sarebbe intervenuto con la legge marziale, la Fratellanza, detta anche Onorata Società (due dei termini usati allepoca per identificare Cosa nostra), si distaccò dai fasci (che avevano tentato in tutti i modi di evitare la penetrazione di mafiosi nelle loro file, spesso riuscendoci) e anzi aiutò il governo nella sua repressione. Come vendetta per lazione dei Fasci, che voleva mettere in discussione il potere dei latifondisti, nel 1915 a Corleone i mafiosi uccisero Bernardino Verro, che era stato tra i più accesi animatori del movimento dei Fasci siciliani negli anni novanta del XIX secolo. Con Giolitti si permise alle cooperative di chiedere prestiti alle banche e di intraprendere da sole, senza gabellotti, contratti diretti coi proprietari terrieri. Questo, insieme alla nuova legge elettorale del suffragio universale maschile, portò non solo alla vittoria di diversi sindaci socialisti in varie città siciliane, ma anche alleliminazione del ruolo mafioso nella mediazione per i contratti. Per stroncare il pericolo rosso, la mafia dovette allearsi con la Chiesa cattolica siciliana, anchessa preoccupata per gli sviluppi dellideologia marxista materialista nelle campagne. Le cooperative cattoliche quindi non si chiusero ad infiltrazioni mafiose, a patto che questi ultimi scoraggiassero in tutti i modi i socialisti. Nel primo quindicennio del Novecento si iniziano a contare le prime vittime socialiste ad opera della mafia, che colpiva sindaci, sindacalisti, attivisti e agricoltori indisturbatamente. Il tema delle terre negate ai contadini resterà uno dei principali motivi di scontro sociale in Sicilia fino al secondo dopoguerra. Il rapporto Sangiorgi[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Rapporto Sangiorgi. Ermanno Sangiorgi, di origini romagnole, venne inviato a Palermo in veste di questore nel 1898 mentre era in corso una guerra di mafia, iniziata due anni prima, nel 1896. Indagando sui delitti commessi dalle cosche della Conca dOro, Sangiorgi capì che gli omicidi non erano il prodotto di iniziative individuali, ma implicavano leggi, decisioni collegiali, e un sistema di controllo territoriale. Sangiorgi scoprì inoltre che le due famiglie più ricche di Palermo, i Florio e i Whitaker, vivevano fianco a fianco con i mafiosi della Conca dOro, che venivano assunti come guardiani e fattori nelle loro tenute e pagati per ricevere protezione. Nellottobre 1899 Francesco Siino, capo della cosca di Malaspina sfuggito miracolosamente ad una sparatoria tesogli dagli uomini di Antonino Giammona, capo della cosca dellUditore, nel contesto dalla guerra di mafia, venne messo alle strette da Sangiorgi e confessò che il suo avversario Giammona gli contendeva i racket del commercio di limoni, delle rapine, delle estorsioni e della falsificazione delle banconote. Inoltre dichiarò che la Conca dOro era divisa in otto cosche mafiose: Piana dei Colli, Acquasanta, Falde, Malaspina, Uditore, Passo di Rigano, Perpignano, Olivuzza. Disegno del processo ai presunti mafiosi fatti arrestare dal questore Sangiorgi, pubblicato sul quotidiano LOra (maggio 1901) Sangiorgi, in base a queste dichiarazioni, firmò molti mandati di cattura. La notte tra il 27 e il 28 aprile 1900 la Questura fece arrestare diversi mafiosi, tra cui Antonino Giammona. Alla procura di Palermo, Sangiorgi inviò un rapporto di 485 pagine che conteneva una mappa dellorganizzazione della mafia siciliana con un totale di 280 uomini donore. Il processo cominciò nel maggio 1901 ma Siino ritrattò completamente le sue dichiarazioni. Dopo solo un mese, giunsero le condanne di primo grado: soltanto 32 imputati furono giudicati colpevoli di aver dato vita a unassociazione criminale e, tenuto conto del tempo già trascorso in carcere, molti furono rilasciati il giorno dopo. La prima guerra mondiale e le sue conseguenze[modifica | modifica sorgente] Nel 1915, lItalia entra nella prima guerra mondiale e vengono chiamati alle armi centinaia di migliaia di giovani da tutto il paese. In Sicilia, a causa della chiamata alla leva, i disertori furono numerosi. Essi abbandonarono le città e si dettero alla macchia allinterno dellisola, vivendo per lo più di rapina. A causa della mancanza di braccia per lagricoltura e delle sempre maggiori richieste di carne dal fronte, moltissimi terreni vengono adibiti al pascolo. Queste due condizioni fanno aumentare enormemente linfluenza di Cosa nostra in tutta lisola. Aumentati i furti di bestiame, i proprietari terrieri si rivolsero sempre più spesso ai mafiosi, piuttosto che alle impotenti autorità statali, per farsi restituire almeno in parte le mandrie. I boss, nei loro abituali panni, si prestano a mediare tra i banditi e le vittime, prendendo una parcella per il loro lavoro. Alla fine della prima guerra mondiale, lItalia affronta un momento di crisi, che rischia di sfociare in una vera e propria rivolta popolare, ad imitazione della recente rivoluzione russa. Al nord gli operai scioperano e chiedono migliori condizioni di lavoro, al sud sono i giovani ritornati a casa a lamentarsi per le promesse non mantenute dal governo (in particolar modo quelle relative alla terra). Moltissimi quindi vanno ad ingrossare le file dei banditi, altri entrano direttamente nella mafia e altri ancora cercano di riformare i fasci o comunque partecipano ai consigli socialisti siciliani. Fu in questo clima di tensione che il fascismo fece la sua comparsa. Lepoca fascista[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Mafia e fascismo. Il fascismo iniziò una campagna contro i mafiosi siciliani, subito dopo la prima visita di Mussolini in Sicilia nel maggio del 1924. Il 2 giugno dello stesso anno venne inviato in Sicilia Cesare Mori, prima come prefetto di Trapani, poi a Palermo dal 22 ottobre 1925, soprannominato il Prefetto di ferro, con lincarico di sradicare la mafia con qualsiasi mezzo. Lazione del Mori fu dura ed efficace. Centinaia e centinaia furono gli uomini arrestati e finalmente condannati. Celebre è lassedio di Gangi in cui Mori assediò per quattro mesi il centro cittadino, in quanto esso era considerato una delle roccaforti mafiose. In questo periodo venne arrestato il boss Vito Cascio Ferro. Dopo alcuni arresti eclatanti di capimafia, anche i vertici di Cosa nostra non si sentivano più al sicuro e scelsero due vie per salvarsi: una parte emigrò negli USA, andando ad ingrossare le file di Cosa nostra americana, mentre unaltra restò in disparte. Il prefetto di ferro scoprì anche collegamenti con personalità di spicco del fascismo come Alfredo Cucco, che fu espulso dal PNF. Nel 1929 Mori fu nominato senatore e collocato a riposo. I limiti della sua azione fu lui stesso a riconoscerli in tempi successivi: laccusa di mafia veniva spesso avanzata per compiere vendette o colpire individui che nulla centravano con la mafia stessa, come fu con Cucco e con il generale Antonino Di Giorgio. Alcuni mafiosi erano membri del PNF, a conoscenza e con il favore di Benito Mussolini. Tra i mafiosi protetti dal regime fascista cerano: il principe Lanza di Scalea, Epifanio Gristina, il barone Vincenzo Ferrara, i baroni Li Destri e Sgadari e molti altri. Questi ultimi furono processati, ma vennero assolti essendo amici del duce Benito Mussolini. Il principe Lanza di Scalea fu uno dei candidati nelle liste del PNF per le amministrative di Palermo mentre a Gangi il barone Li Destri, pure candidato del PNF, era protettore e capo di banditi e delinquenti. Il carabiniere Francesco Cardenti così riferisce: Il barone Li Destri al tempo della maffia era appoggiato forte ai briganti che adesso si trovano carcerati a Portolongone (Elba)se qualcuno passava dalla sua proprietà che è gelosissimo diceva: Non passare più dal mio terreno altrimenti ti faccio levare dalla circolazione, adesso che i tempi sono cambiati e che è amico della autorità [...] Non passare più dal mio terreno altrimenti ti mando al confino.[5] I mezzi usati dalla Polizia nelle numerose azioni condotte per sgominare il fenomeno mafioso portarono ad un aumento della sfiducia della popolazione nei confronti dello Stato. Mori fu comunque il primo investigatore italiano a dimostrare che la mafia può essere sconfitta con una lotta senza quartiere, come sosterrà successivamente anche Giovanni Falcone. La seconda guerra mondiale, il separatismo e la repressione dei movimenti contadini[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Movimento Indipendentista Siciliano e Salvatore Giuliano. Calogero Vizzini Esistono teorie che affermano che il mafioso americano Lucky Luciano venne arruolato per facilitare lo sbarco alleato in Sicilia (luglio 1943) e su questo indagò pure la Commissione dinchiesta statunitense sul crimine organizzato presieduta dal senatore Estes Kefauver (1951), la quale giunse a queste conclusioni: « Durante la seconda guerra mondiale si fece molto rumore intorno a certi preziosi servigi che Luciano, a quel tempo in carcere, avrebbe reso alle autorità militari in relazione a piani per linvasione della sua nativa Sicilia. Secondo Moses Polakoff, avvocato difensore di Meyer Lansky, la Naval Intelligence aveva richiesto laiuto di Luciano, chiedendo a Polakoff di fare da intermediario. Polakoff, il quale aveva difeso Luciano quando questi venne condannato, disse di essersi allora rivolto a Meyer Lansky, antico compagno di Luciano; vennero combinati quindici o venti incontri, durante i quali Luciano fornì certe informazioni[6] » Infatti la Commissione Kefauver accertò che nel 1942 Luciano (allepoca detenuto) offrì il suo aiuto al Naval Intelligence per indagare sul sabotaggio di diverse navi nel porto di Manhattan, di cui furono sospettate alcune spie naziste infiltrate tra i portuali; in cambio della sua collaborazione, Luciano venne trasferito in un altro carcere, dove venne interrogato dagli agenti del Naval Intelligence e si offrì anche di recarsi in Sicilia per prendere contatti in vista dello sbarco, progetto comunque non andato in porto[7][8]. È quasi certo che la collaborazione di Luciano con il governo statunitense sia finita qui, anche se lo storico Michele Pantaleone sostenne di oscuri accordi con il boss mafioso Calogero Vizzini per il tramite di Luciano al fine di facilitare lavanzata americana, smentito però da altre testimonianze: infatti numerosi storici liquidano laiuto della mafia allo sbarco alleato come un mito perché avvenne in zone dove la presenza mafiosa era tradizionalmente assente ed inoltre gli angloamericani avevano mezzi militari superiori agli italo-tedeschi da non aver bisogno dellaiuto della mafia per sconfiggerli[9][7][10]. In un rapporto del 29 ottobre 1943, firmato dal capitano americano W.E. Scotten, si legge che in quel periodo lorganizzazione mafiosa è più orizzontale [...] che verticale [...] in una certa misura disaggregata e ridotta a una dimensione locale in seguito alla repressione del periodo fascista[7]. Tuttavia, dopo la liberazione della Sicilia, lAMGOT, il governo militare statunitense dei territori occupati, era alla ricerca di antifascisti da sostituire alle autorità locali fasciste e decise di privilegiare i grandi proprietari terrieri e i loro gabellotti mafiosi, che si presentavano come vittime della repressione fascista[7]: ad esempio il barone Lucio Tasca Bordonaro venne nominato sindaco di Palermo, il mafioso Calogero Vizzini sindaco di Villalba, Giuseppe Genco Russo sovrintendente allassistenza pubblica di Mussomeli e Vincenzo Di Carlo (capo della cosca di Raffadali) responsabile dellufficio locale per la requisizione dei cereali[11]. Nello stesso periodo emergeva il Movimento Indipendentista Siciliano, la prima organizzazione politica a mobilitarsi attivamente durante lAMGOT, i cui leader furono soprattutto i grandi proprietari terrieri, tra cui spiccò il barone Lucio Tasca Bordonaro (in seguito indicato come un capomafia in un rapporto dei Carabinieri[6]). Infatti numerosi boss mafiosi, fra cui Calogero Vizzini, Giuseppe Genco Russo, Michele Navarra e Francesco Paolo Bontate, confluirono nel MIS come esponenti agrari e da questa posizione ottennero numerosi incarichi pubblici e vantaggi, da cui poterono esercitare con facilità le attività illecite del furto di bestiame, delle rapine e del contrabbando di generi alimentari[7][6]. Salvatore Giuliano Nellautunno 1944 il decreto del ministro dellagricoltura Fausto Gullo (che faceva parte del provvisorio governo italiano subentrato allAMGOT) stabiliva che i contadini avrebbero ottenuto una quota più grande dei prodotti della terra che coltivavano come affittuari e venivano autorizzati a costituire cooperative e a rilevare la terra lasciata improduttiva[12][13]. Lapplicazione di tale normativa produsse uno scontro sociale tra i proprietari terrieri conservatori (spalleggiati dai loro gabellotti mafiosi) e i movimenti contadini guidati dai leader sindacali, tra i quali spiccarono Accursio Miraglia, Placido Rizzotto e Calogero Cangelosi, che vennero barbaramente assassinati dai mafiosi insieme a molti altri capi del movimento contadino che in quegli anni lottarono per la terra negata[11]. Intanto nella primavera 1945 lEVIS, il progettato braccio armato del MIS, assoldò il bandito Salvatore Giuliano (capo di una banda di banditi associata al boss mafioso Ignazio Miceli, capomafia di Monreale), che compì imboscate e assalti alle caserme dei carabinieri di Bellolampo, Pioppo, Montelepre e Borgetto per dare inizio allinsurrezione separatista; anche il boss Calogero Vizzini assoldò la banda dei Niscemesi, guidata dal bandito Rosario Avila, che iniziò azioni di guerriglia compiendo imboscate contro le locali pattuglie dei Carabinieri[14]. Nel 1946 il MIS decise di entrare nella legalità ma ciò non fermò il bandito Giuliano e la sua banda, che continuarono gli attacchi contro le caserme dei Carabinieri e le leghe dei movimenti contadini, che culminarono nella strage di Portella della Ginestra (1º maggio 1947), contro i manifestanti socialisti e comunisti a Piana degli Albanesi (provincia di Palermo), in cui moriranno 11 persone e altre 27 rimarranno ferite. Infine la banda Giuliano sarà smantellata dagli arresti operati dal Comando forze repressione banditismo, guidato dal colonnello Ugo Luca, che si accordò segretamente con il boss Ignazio Miceli per catturare i banditi: lo stesso Giuliano verrà ucciso nel 1950 dal suo luogotenente Gaspare Pisciotta, il quale era segretamente diventato anchegli un informatore del colonnello Luca[6]. In seguito Pisciotta venne arrestato ed accusò apertamente i deputati Bernardo Mattarella, Gianfranco Alliata, Tommaso Leone Marchesano e Mario Scelba di essere i mandanti della strage di Portella della Ginestra ma morì avvelenato nel carcere dellUcciardone nel 1954, prima di rendere la sua testimonianza sulla strage di Portella al procuratore Pietro Scaglione[15]. Il dopoguerra[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Sacco di Palermo. Nel 1950 venne varata la legge per la riforma agraria, che limitava il diritto alla proprietà terriera a soli 200 ettari ed obbligava i proprietari terrieri ad effettuare opere di bonifica e trasformazione: vennero istituiti lERAS (Ente per la Riforma Agraria in Sicilia) e numerosi consorzi di bonifica, la cui direzione venne affidata a noti mafiosi come Calogero Vizzini, Giuseppe Genco Russo e Vanni Sacco, i quali realizzarono enormi profitti incassando gli indennizzi degli appezzamenti ceduti allERAS e poi rivenduti ai singoli contadini[16][17]. La riforma agraria comportò lo smembramento della grande proprietà terriera (importante per gli interessi dei mafiosi, che dopo la riforma riuscirono a rivendere i feudi a prezzo maggiorato allERAS) e la riduzione del peso economico dellagricoltura a favore di altri settori come il commercio o il terziario del settore pubblico. In questo periodo lamministrazione pubblica in Sicilia divenne lente più importante in fatto di economia: dal 1950 al 1953 i dipendenti regionali passarono da circa 800 ad oltre 1350 a Palermo (sede del nuovo governo regionale), la quale era devastata dai bombardamenti del 1943 e 40.000 suoi abitanti, che avevano avuto la casa distrutta, richiedevano nuove abitazioni[18]. Il nuovo piano di ricostruzione edilizia però si rivelò un fallimento e sfociò in quello che venne chiamato «sacco di Palermo»: infatti quegli anni vedevano l’ascesa dei cosiddetti “Giovani Turchi” democristiani Giovanni Gioia, Salvo Lima e Vito Ciancimino, i quali erano strettamente legati ad esponenti mafiosi ed andarono ad occupare le principali cariche dell’amministrazione locale; durante il periodo in cui prima Lima e poi Ciancimino furono assessori ai lavori pubblici di Palermo, il nuovo piano regolatore cittadino sembrò andare in porto nel 1956 e nel 1959 ma furono apportati centinaia di emendamenti, in accoglimento di istanze di privati cittadini (molti dei quali in realtà erano uomini politici e mafiosi, a cui si aggiungevano parenti e associati) [19], che permisero labbattimento di numerose residenze private in stile Liberty costruite alla fine dellOttocento nel centro di Palermo. In particolare, nel periodo in cui Ciancimino fu assessore (1959-64), delle 4.000 licenze edilizie rilasciate, 1600 figurarono intestate a tre prestanome, che non avevano nulla a che fare con ledilizia, e furono anche favoriti noti costruttori mafiosi (Francesco Vassallo e i fratelli Girolamo e Salvatore Moncada), che riuscirono a costruire edifici che violavano le clausole dei progetti e delle licenze edilizie[20][21]. Inoltre nellimmediato dopoguerra numerosi mafiosi americani (Lucky Luciano, Joe Adonis, Frank Coppola, Nick Gentile, Frank Garofalo) si trasferirono in Italia e divennero attivi soprattutto nel traffico di stupefacenti verso il Nordamerica, stabilendo collegamenti e fornendo contatti con i corrieri statunitensi ai gruppi mafiosi palermitani (Angelo La Barbera, Salvatore Greco, Antonino Sorci, Tommaso Buscetta, Pietro Davì, Rosario Mancino e Gaetano Badalamenti) e trapanesi (Salvatore Zizzo, Giuseppe Palmeri, Vincenzo Di Trapani e Serafino Mancuso), i quali incettavano sigarette estere ed eroina presso i contrabbandieri corsi e tangerini[22][23]: per queste ragioni nellottobre 1957 si tennero una serie di incontri presso il Grand Hotel et des Palmes di Palermo tra mafiosi americani e siciliani (Gaspare Magaddino, Cesare Manzella, Giuseppe Genco Russo ed altri) per concordare lorganizzazione del traffico degli stupefacenti, dopo che la rivoluzione castrista a Cuba (1956-57) aveva privato i mafiosi siciliani ed americani di quellimportante base di smistamento per leroina[23], e si discusse anche sulla creazione di una «Commissione» sul modello di quella dei mafiosi americani, di cui dovevano farne parte tutti i capimandamento della provincia di Palermo e doveva avere il compito di deliberare sulluccisione di uomini donore e di persone esterne, togliendo ai capi delle singole cosche il potere di vita e di morte sugli altri mafiosi, al fine di assicurare lordine nelle file dellorganizzazione per agevolare i trafficanti di stupefacenti[24][25]. La prima guerra di mafia e la stagione della Commissione Parlamentare Antimafia[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi prima guerra di mafia e Commissione Parlamentare Antimafia. Le tensioni latenti riguardo agli affari illeciti e al territorio sfociarono nelluccisione del boss Calcedonio Di Pisa (26 dicembre 1962), che ruppe una fragile tregua raggiunta tra i principali mafiosi del tempo[26]; lomicidio venne compiuto da Michele Cavataio (capo della cosca dellAcquasanta), che voleva fare ricadere la responsabilità sui fratelli Angelo e Salvatore La Barbera (temibili capimafia di Palermo Centro): infatti, dopo lassassinio di Di Pisa, Salvatore La Barbera rimase vittima della «lupara bianca» su ordine della Commissione e ciò scatenò una serie di omicidi, sparatorie ed autobombe; Cavataio approfittò della situazione di conflitto per sbarazzarsi dei suoi avversari e per queste ragioni si associò ai boss Pietro Torretta ed Antonino Matranga: gli omicidi compiuti da Cavataio e dai suoi associati culminarono nella strage di Ciaculli (30 giugno 1963), in cui morirono sette uomini delle forze dellordine dilaniati dallesplosione di unautobomba che stavano disinnescando e che era destinata al boss Salvatore Cicchiteddu Greco[27][28]. La strage di Ciaculli provocò molto scalpore nellopinione pubblica italiana e nei mesi successivi furono arrestate circa 2000 persone sospette di legami con lorganizzazione mafiosa: per queste ragioni la Commissione di Cosa Nostra venne sciolta e molte cosche mafiose decisero di sospendere le proprie attività illecite[29]. Nello stesso periodo la Commissione Parlamentare Antimafia iniziava i suoi lavori, raccogliendo notizie e dati necessari alla valutazione del fenomeno mafioso, proponendo misure di prevenzione e svolgendo indagini su casi particolari, e concluderà queste indagini soltanto nel 1976, dopo numerosi dibattiti e polemiche[30]. Intanto si svolsero alcuni processi contro i protagonisti dei conflitti mafiosi di quegli anni arrestati in seguito alla strage di Ciaculli: numerosi mafiosi vennero giudicati in un processo svoltosi a Catanzaro per legittima suspicione nel 1968 (il famoso processo dei 117); in dicembre venne pronunciata la sentenza ma solo alcuni ebbero condanne pesanti e il resto degli imputati furono assolti per insufficienza di prove o condannati a pene brevi per il reato di associazione a delinquere e, siccome avevano aspettato il processo in stato di detenzione, furono rilasciati immediatamente[31]; un altro processo si svolse a Bari nel 1969 contro i protagonisti di una faida mafiosa avvenuta a Corleone alla fine degli anni cinquanta: gli imputati vennero tutti assolti per insufficienza di prove e un rapporto della Commissione Parlamentare Antimafia criticò aspramente il verdetto[32][33]. Nel marzo 1973 Leonardo Vitale, membro della cosca di Altarello di Baida, si presentò spontaneamente alla questura di Palermo e dichiarò agli inquirenti che stava attraversando una crisi religiosa e intendeva cominciare una nuova vita; infatti si autoaccusò di numerosi reati, rivelando per primo lesistenza di una Commissione e descrivendo anche il rito di iniziazione di Cosa Nostra e lorganizzazione di una cosca mafiosa: si trattava del primo mafioso del dopoguerra che decideva di collaborare apertamente con le autorità e il caso venne citato nella relazione di minoranza della Commissione Parlamentare Antimafia (redatta nel 1976)[13]. Tuttavia Vitale non venne ritenuto credibile e la sua pena commutata in detenzione in un manicomio criminale perché dichiarato seminfermo di mente; scontata la pena e dimesso, Vitale verrà ucciso nel 1984[34]. La stagione dei grandi traffici e dei cadaveri eccellenti[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Golpe Borghese e Pizza connection. La «strage di viale Lazio» (10 dicembre 1969) Nel 1969, dopo la fine dei grandi processi, i capimafia della provincia di Palermo decisero di ricostruire la Commissione e il boss Michele Cavataio tentò di parteciparvi; tuttavia i boss iniziavano ad avere sentore che Cavataio era il principale responsabile di molti delitti della prima guerra di mafia, compresa la strage di Ciaculli, che avevano provocato la dura repressione delle autorità contro i mafiosi: per queste ragioni venne decisa leliminazione di Cavataio, che venne trucidato nella cosiddetta «strage di viale Lazio» (10 dicembre 1969)[35]. Dopo luccisione di Cavataio, nel 1970 si tennero una serie di incontri a Zurigo, Milano e Catania, a cui parteciparono i mafiosi Salvatore Cicchiteddu Greco, Gaetano Badalamenti, Stefano Bontate, Tommaso Buscetta, Luciano Leggio, Giuseppe Calderone (capo della Famiglia di Catania) e Giuseppe Di Cristina (capo della cosca di Riesi), i quali discussero sulla ricostruzione della Commissione e sullimplicazione dei mafiosi siciliani nel Golpe Borghese in cambio della revisione dei processi a loro carico; Calderone e Di Cristina stessi andarono a Roma per incontrare il principe Junio Valerio Borghese per ascoltare le sue proposte ma in seguito il progetto fallì[36][37]. Durante gli incontri, venne costituito un triumvirato provvisorio per dirimere le dispute tra le varie cosche della provincia di Palermo, che era composto da Stefano Bontate, Gaetano Badalamenti e Luciano Leggio (capo della cosca di Corleone), benché si facesse spesso rappresentare dal suo vice Salvatore Riina[38]. Infatti nello stesso periodo il triumvirato provvisorio ordinò la sparizione del giornalista Mauro De Mauro (16 settembre 1970), che rimase vittima della «lupara bianca» forse per aver scoperto un coinvolgimento dei mafiosi nelluccisione di Enrico Mattei o nel Golpe Borghese[39]. Le indagini per la scomparsa del giornalista furono coordinate dal procuratore Pietro Scaglione, il quale si era incontrato proprio con De Mauro pochi giorni prima che questi scomparisse[15]; il 5 maggio 1971 il procuratore Scaglione rimase vittima di un agguato a Palermo insieme al suo autista Antonino Lo Russo: si trattava del primo omicidio eccellente commesso dallorganizzazione mafiosa nel dopoguerra[20]. Gaetano Badalamenti Nel 1974 una nuova Commissione divenne operativa e il boss Gaetano Badalamenti venne incaricato di dirigerla[27]; lanno successivo il boss Giuseppe Calderone propose la creazione di una Commissione regionale, che venne chiamata la «Regione», un comitato di sei rappresentanti mafiosi di ogni provincia siciliana, escluse quelle di Messina, Siracusa e Ragusa (dove la presenza mafiosa era tradizionalmente assente), che doveva decidere su importanti questioni riguardanti gli interessi mafiosi di più province; Calderone venne anche incaricato di dirigere la «Regione» e fece approvare dagli altri rappresentanti il divieto assoluto di compiere sequestri di persona in Sicilia per porre fine ai rapimenti a scopo di estorsione compiuti dal boss Luciano Leggio e dal suo vice Salvatore Riina[40][41]: infatti Leggio e Riina compivano rapimenti contro imprenditori e costruttori vicini ai boss Stefano Bontate e Gaetano Badalamenti per danneggiarne il prestigio, e provvedevano a distribuire i riscatti dei sequestri tra le varie cosche della provincia di Palermo per ingraziarsele, costituendo il primo nucleo della fazione dei Corleonesi[38]. Inoltre gli anni 1973-74 videro un boom del contrabbando di sigarette estere, che aveva il suo centro di smistamento a Napoli: infatti i mafiosi palermitani e catanesi acquistavano carichi di sigarette attraverso Michele Zaza ed altri camorristi napoletani[42]; addirittura nel 1974 si provvide ad affiliare nellorganizzazione mafiosa Zaza, i fratelli Nuvoletta ed Antonio Bardellino in modo di tenerli sotto controllo e di lusingarne le vanità[43][44]. Tuttavia nella seconda metà degli anni settanta alcune cosche (specialmente i boss Stefano Bontate, Gaetano Badalamenti, Salvatore Inzerillo, Giuseppe Bono e i Cuntrera-Caruana[45][46]) divennero attive soprattutto nel traffico di stupefacenti: infatti facevano acquistare morfina base in Turchia o in Thailandia attraverso contrabbandieri già attivi nel traffico di sigarette, e la trasportavano, via mare o via terra, a Palermo e nelle vicinanze, dove veniva raffinata in eroina attraverso chimici di riconosciuta competenza, alcuni dei quali fatti venire appositamente da Marsiglia[47][48]; leroina prodotta veniva smerciata in Nordamerica e in Europa attraverso numerosi contatti: secondo dati ufficiali di quegli anni, i mafiosi siciliani avevano il controllo della raffinazione, spedizione e distribuzione di circa l’80% dell’eroina consumata negli Stati Uniti e nello stesso periodo le cifre della tossicodipendenza da eroina registrarono una crescita vertiginosa in tutta lEuropa occidentale e nellAmerica settentrionale[49]. Tutto ciò però provocò il risentimento della fazione dei Corleonesi (guidata da Riina e dal suo luogotenente Bernardo Provenzano dopo larresto di Leggio nel 1974), che rimanevano esclusi dai grandi traffici di eroina perché non avevano contatti negli Stati Uniti e venivano coinvolti soltanto in piccole spedizioni di droga[50]. Nel 1977 Riina, Provenzano e il loro associato Michele Greco (capomandamento di Ciaculli) ordinarono luccisione del colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo, commissionata da Leggio dalla prigione senza però il consenso della Commissione regionale[27]: infatti il boss Giuseppe Di Cristina (rappresentante della provincia di Caltanissetta nella Commissione regionale) si era opposto allomicidio perché avverso alla fazione corleonese e quindi legato a Bontate e Badalamenti[51]. Tuttavia lanno successivo Riina riuscì a fare espellere Badalamenti dalla Commissione con una scusa e fece passare lincarico di dirigerla a Michele Greco[52]: fu in questo periodo che la fazione corleonese prese la maggioranza nella Commissione perché Riina fece nominare nuovi capimandamento tra i suoi associati attraverso Greco[27]. Per queste ragioni, Giuseppe Di Cristina tentò di mettersi in contatto con i Carabinieri, accusando Riina e Provenzano di essere responsabili di numerosi omicidi per conto di Leggio, allepoca detenuto[53]; alcuni giorni dopo le sue confessioni, Di Cristina venne ucciso a Palermo mentre qualche tempo dopo anche il suo associato Giuseppe Calderone finì assassinato dal suo luogotenente Nitto Santapaola, che si era accordato con Riina[54]. Nellagosto-ottobre 1979 i boss Stefano Bontate, Salvatore Inzerillo, John Gambino e Rosario Spatola si occuparono del finto rapimento del finanziere Michele Sindona, il quale si nascose in Sicilia in seguito alla bancarotta delle sue banche[55][56]; il vero obiettivo del finto rapimento era quello di fare arrivare un avviso ricattatorio ai precedenti alleati politici di Sindona, tra cui lonorevole Giulio Andreotti, per portare a buon fine il salvataggio delle sue banche e quindi del denaro sporco investito da Bontate e dagli altri boss, anche minacciando Enrico Cuccia, presidente di Mediobanca, e lavvocato Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore delle banche di Sindona, che erano i principali oppositori dei piani di salvataggio[57]: tuttavia i vari tentativi di ricatto fallirono e Sindona fu costretto a riconsegnarsi alle autorità[58]. Prima e durante il finto sequestro di Sindona, la Commissione, istigata dai Corleonesi, scatenò una serie di omicidi eccellenti: in quei mesi vennero trucidati il segretario democristiano Michele Reina, il commissario Boris Giuliano, il giornalista Mario Francese e il giudice Cesare Terranova; nellanno successivo vi furono altri tre cadaveri eccellenti: il presidente della Regione Piersanti Mattarella, il capitano dei carabinieri Emanuele Basile e il procuratore Gaetano Costa, che venne fatto assassinare dal boss Salvatore Inzerillo per mandare un segnale ai Corleonesi, dimostrando che anche lui era capace di ordinare un omicidio eccellente[27]. Seconda guerra di mafia[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Seconda guerra di mafia. Lomicidio di Stefano Bontate (23 aprile 1981) Nel marzo 1981 Giuseppe Panno, capo della cosca di Casteldaccia e strettamente legato a Bontate, rimase vittima della «lupara bianca» per ordine dei Corleonesi[53]; Bontate reagì organizzando un complotto contro Riina, che però venne rivelato da Michele Greco: Riina allora ordinò lomicidio di Bontate (23 aprile) e poi anche quello del suo associato Salvatore Inzerillo (11 maggio)[27]. Nel periodo successivo a questi omicidi, numerosi mafiosi appartenenti alle cosche di Bontate e Inzerillo vennero attirati in imboscate dai loro stessi associati e fatti sparire; il gruppo di fuoco corleonese eliminò anche numerosi rivali nella zona tra Bagheria, Casteldaccia ed Altavilla Milicia, che venne soprannominata «triangolo della morte» dalla stampa dellepoca[59]: in quellanno (1981) si contarono circa 200 omicidi a Palermo e nella provincia, a cui si aggiunsero numerose «lupare bianche»[54]; nel novembre 1982 furono ammazzati una dozzina di mafiosi di Partanna-Mondello, della Noce e dellAcquasanta nel corso di una grigliata allaperto nella tenuta di Michele Greco e i loro corpi spogliati e buttati in bidoni pieni di acido: nella stessa giornata, in ore e luoghi diversi di Palermo, furono anche uccisi numerosi loro associati per evitarne la reazione[60]. Il massacro si estese perfino negli Stati Uniti: il mafioso americano John Gambino (imparentato con gli Inzerillo) si precipitò a Palermo e si accordò con i Corleonesi affinché i suoi parenti superstiti si salvassero partendo per New York e avrebbero avuta salva la vita a condizione che non tornassero più in Sicilia[61]; in cambio della fuga dei parenti, Gambino doveva trovare ed uccidere Antonino e Pietro Inzerillo, rispettivamente zio e fratello del defunto Salvatore, fuggiti negli Stati Uniti: Antonino Inzerillo rimase vittima della «lupara bianca» a Brooklyn mentre il cadavere di Pietro venne ritrovato nel bagagliaio di unauto a Mount Laurel, nel New Jersey, con una mazzetta di dollari in bocca e tra i genitali (14 gennaio 1982)[62][63]. Tra il 1981 e il 1983 vennero commessi efferati omicidi contro 35 tra parenti e amici di Salvatore Contorno, un ex uomo di Bontate che era sfuggito ad agguato per le strade di Brancaccio (15 giugno 1981)[27]; si attuarono vendette trasversali pure contro i familiari di Gaetano Badalamenti e del suo associato Tommaso Buscetta, i quali risiedevano in Brasile ed erano sospettati di fornire aiuto al mafioso Giovannello Greco, che apparteneva alla fazione corleonese ma era considerato un traditore perché era stato amico di Salvatore Inzerillo ed aveva tentato di uccidere Michele Greco[64]: il padre, lo zio, il suocero e il cognato di Giovannello Greco furono assassinati[65] ma anche i due figli di Buscetta rimasero vittime della «lupara bianca» e gli vennero uccisi un fratello, un genero, un cognato e quattro nipoti[66]. Lomicidio di Carlo Alberto Dalla Chiesa e della moglie Emanuela Setti Carraro (3 settembre 1982) In queste circostanze, la Commissione (ormai composta soltanto da capimandamento fedeli a Riina) ordinò lomicidio dellonorevole Pio La Torre, che era giunto da pochi mesi in Sicilia per prendere la direzione regionale del PCI ed aveva proposto un disegno di legge che prevedeva per la prima volta il reato di associazione mafiosa e la confisca dei patrimoni mafiosi di provenienza illecita: il 30 aprile 1982 La Torre venne trucidato insieme al suo autista Rosario Di Salvo in una strada di Palermo[67]. In seguito al delitto La Torre, il presidente del consiglio Giovanni Spadolini e il ministro dellinterno Virginio Rognoni chiesero al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa di insediarsi come prefetto di Palermo con sei giorni di anticipio[59]: infatti il ministro Rognoni aveva promesso a Dalla Chiesa poteri di coordinamento fuori dallordinario per contrastare lemergenza mafiosa ma tali poteri non gli furono mai concessi[68]. Tuttavia Dalla Chiesa denunciò il suo stato di isolamento con una famosa intervista al giornalista Giorgio Bocca, in cui parlò anche dei legami tra le cosche ed alcune famose imprese catanesi[69]. La stagione dei maxiprocessi[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Maxiprocesso di Palermo. Dopo la strage di via Carini (3 settembre 1982) in cui Carlo Alberto Dalla Chiesa (prefetto del capoluogo siciliano), Emanuela Setti Carraro (moglie di Carlo Alberto Dalla Chiesa), Domenico Russo (agente di polizia) furono uccisi dalla mafia, lo Stato italiano prese le misure adeguate, facendo votare leggi per accedere ai conti bancari di Cosa nostra. Atti del Maxiprocesso Le efferatezze commesse durante la guerra di mafia di quegli anni, però, spinsero anche alcuni mafiosi a consegnarsi allo Stato (legge sui pentiti). Fra questi cera il boss Tommaso Buscetta, che nel 1984 incontrò per la prima volta Giovanni Falcone. Buscetta scelse di fidarsi di quel magistrato e cominciò a parlare: sulle sue rivelazioni Falcone, Paolo Borsellino e il suo team - il famoso Pool antimafia ideato da Rocco Chinnici - istruirono contro Cosa nostra i maxiprocessi di Palermo, con oltre 1.400 imputati, sferrando il primo vero, duro colpo a Cosa nostra. Il maxiprocesso era iniziato il 10 febbraio 1986 e si era concluso in primo grado il 16 dicembre 1987 con 342 condanne, 2665 anni di carcere e 19 ergastoli (tra cui Luciano Liggio, Bernardo Provenzano e Salvatore Riina). Il 30 luglio 1991 la sentenza dappello ridimensionò le condanne, ma la Cassazione il 30 gennaio 1992 riconfermò tutte le condanne del primo grado che divennero realtà giudiziarie. Lattacco allo Stato[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Bombe del 92 e 93. Dopo questo primo processo ne seguirono altri, vi fu una stagione di veleni interni alla magistratura e alla politica italiana mentre la mafia cercava di riprendersi: nei primi anni novanta il clan dei Corleonesi, che si era imposto nella guerra di mafia dei primi anni ottanta, riorganizzò ciò che restava di Cosa nostra e, dopo lintroduzione, nella legge sullordinamento penitenziario, dellarticolo 41 bis che inaspriva il carcere per i reati di mafia, nel 1993 iniziò una stagione di ritorsioni terroristiche con la strage di via dei Georgofili (5 vittime) a Firenze, la strage al Padiglione di Arte Contemporanea di Milano (5 vittime) e i due attentati al patrimonio artistico di Roma (a San Giovanni in Laterano e a San Giorgio al Velabro). Infine il 16 ottobre 1993 ci fu lultimo tentativo (fallito) di fare un attentato allo Stato da parte di Cosa nostra: venne parcheggiata unautobomba in via dei gladiatori a Roma, fuori dallo Stadio Olimpico durante la partita Lazio-Udinese per colpire i Carabinieri impegnati nel servizio di Ordine Pubblico per la partita. Fortunatamente la bomba non esplose. I più famosi e terribili attentati restano però le stragi di Capaci, 23 maggio 1992, e di via dAmelio, 19 luglio 1992, nelle quali hanno perso la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino insieme alle loro scorte. Il primo, di ritorno da Roma, dove era stato nominato responsabile dellUfficio Affari Penali per espressa volontà dellallora Guardasigilli Claudio Martelli, fu ucciso da una terribile esplosione avvenuta sullautostrada che collega laeroporto di Punta Raisi (oggi aeroporto Falcone-Borsellino) con Palermo città, allaltezza di Capaci. Lesplosione fu provocata da un enorme quantitativo di tritolo (circa 600 kg) che gli esecutori piazzarono in un tunnel sottostante il tratto autostradale. Con Giovanni Falcone morirono la moglie, Francesca Morvillo e tre agenti della scorta. Circa quattro anni dopo fu arrestato colui che quel giorno premette il pulsante del detonatore, Giovanni Brusca detto Scannacristiani. Paolo Borsellino morì in circostanze analoghe, a seguito dellesplosione di unautobomba parcheggiata sotto casa della madre in via Mariano DAmelio a Palermo, fatta esplodere con un radiocomando, probabilmente azionato dal Castello Utveggio, sito sul Monte Pellegrino che sovrasta la città di Palermo. Lautobomba esplose facendo morire pure cinque uomini della scorta. Il lavoro svolto da Paolo Borsellino nei 57 giorni che hanno separato la strage di Capaci da quella di Via DAmelio, ha rappresentato lalto senso del dovere che ha accompagnato i due magistrati nel loro percorso professionale. Nonostante la consapevolezza di essere il prossimo obiettivo della mafia stragista, Paolo Borsellino proseguì freneticamente lopera sino a quel momento svolta dal collega Falcone, in disprezzo di ogni ulteriore cautela che pure in quel frangente si sarebbe resa necessaria. Sul luogo dellattentato fu rinvenuta una borsa che Borsellino portava sempre con sé e probabilmente contenente appunti e atti dindagine che furono trafugati (la famosa agenda rossa). Una indagine è tuttora in corso, e coinvolge presunti servizi segreti deviati. La risposta dello Stato[modifica | modifica sorgente] La rivolta dei lenzuoli a Palermo Allindomani delle stragi in Sicilia come in tutta Italia cè stato un risveglio della società civile che ha portato ad una durissima presa di posizione nei confronti della mafia. La paura, lomertà e la tradizionale veste di Cosa nostra sembravano essere scomparse per la maggior parte della gente, stanca di tutto questo sangue. Migliaia di persone scesero in piazza e nelle strade a manifestare, moltissime finestre e terrazze furono coperte da lenzuoli e cartelli contro la mafia, la cosiddetta rivolta dei lenzuoli. Quasi ogni giorno, e quasi in ogni luogo, cerano lezioni sulla legalità e di educazione civica, nelle quali il posto da insegnante era preso da magistrati e giudici antimafia o da parenti delle vittime. A questo va aggiunta la risposta militare dello Stato che con loperazione Vespri Siciliani inviò nellisola ben 20.000 soldati (dal 25 luglio 1992 all8 luglio 1998) per presidiare gli obiettivi sensibili come tribunali, case di magistrati, aeroporti, porti e istituire posti di blocco, che hanno impedito ai latitanti di muoversi[70]. Il ruolo svolto dallesercito, nonostante le numerose critiche di aver militarizzato lisola, fu ampiamente positivo nel campo della sicurezza urbana. Introducendo un elemento di sicurezza statale, le persone erano più libere di denunciare i mafiosi, per mezzo di telefonate anonime. Ci fu una riduzione dei crimini e anche alcuni arresti eccellenti come quelli di Salvatore Riina, Giuseppe Graviano, Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca. Inoltre la presenza dellesercito liberava la polizia da compiti di sorveglianza in modo che tutte le unità fossero usate per le indagini. A tutto questo va aggiunto larrivo a Palermo di Gian Carlo Caselli come procuratore della Repubblica lo stesso giorno dellarresto di Riina, il 15 gennaio 1993. Lazione della procura venne rilanciata, oltre che per i motivi già citati (sostegno popolare e presenza dellesercito) anche grazie allazione di questo magistrato esperto. In questo modo fu spezzato il sistema grazie al quale la mafia poteva svolgere le sue attività indisturbata. Provenzano e post Provenzano[modifica | modifica sorgente] Bernardo Provenzano A partire dagli anni novanta, Bernardo Provenzano, con larresto di Totò Riina e Leoluca Bagarella, diviene il capo di Cosa nostra (era lalter-ego di Riina fin dagli anni cinquanta), circondandosi solo di uomini di fiducia, come Benedetto Spera, cambia radicalmente la politica e il modus operandi negli affari della mafia siciliana; i mandamenti (divisioni mafiose delle zone di influenza in Sicilia) più ricchi cedono i loro guadagni a quelli meno redditizi in modo di accontentare tutti (una sorta di stato sociale), evitando inutili guerre. Tutto è controllato da un boss con il carisma di Provenzano che gestisce in modo impeccabile lorganizzazione. La mafia ora non è più ricca come ai tempi dei grandi traffici internazionali ed è per questo che in Sicilia è diventata più oppressiva e capillare. Nel 2002 viene arrestato il boss Nino Giuffrè, braccio destro di Provenzano che diviene collaboratore di giustizia. L11 aprile del 2006, dopo 43 anni di latitanza (dal 1963), Provenzano viene catturato in un casolare a Montagna dei Cavalli, frazione a 2 km da Corleone. Il 5 novembre del 2007, dopo 25 anni di latitanza, viene arrestato, in una villetta di Giardinello, anche il presunto successore di Provenzano, il boss Salvatore Lo Piccolo. Le strade che si ipotizza potrebbe intraprendere Cosa nostra sono due: la prima prevede un passaggio di poteri, che potrebbe far arrivare al vertice di Cosa nostra il trapanese Matteo Messina Denaro, latitante dal 1993, con lelezione di un nuovo capo del livello e capacità di Provenzano. La seconda ipotesi è una sorta di riorganizzazione della mafia sul modello calabro: nessun supercapo ma ognuno con capacità gestionale autonoma dei proventi ricavati dal proprio territorio. È stato osservato che questo potrebbe portare a nuove guerre di mafia (di recente la Ndrangheta ha costituito una sorta di commissione, composta dai capi più influenti di ogni ndrina per decidere i grandi affari e sedare le faide). Operazione Old Bridge[modifica | modifica sorgente] Dopo larresto dei Corleonesi e di Salvatore Lo Piccolo, si ipotizzò un ritorno della famiglia Inzerillo dallAmerica, i cosiddetti scappati dalla seconda guerra di mafia scatenata da Totò Riina. Si voleva ristrutturare lorganizzazione e ritornare al passato e rientrare nel traffico di droga, attualmente in mano alla Ndrangheta. Il 7 febbraio 2008 però vengono arrestate 90 persone tra New York e la Sicilia, presunti appartenenti alle famiglie Inzerillo e il suo boss Giovanni Inzerillo, Mannino, Di Maggio e Gambino, tra cui anche il boss Jackie DAmico: fu la più grande retata dopo Pizza connection.[71] Operazione Perseo[modifica | modifica sorgente] Il 16 dicembre 2008, con loperazione Perseo, i Carabinieri di Palermo catturarono 99 mafiosi appartenenti ai vertici di Cosa nostra palermitana che, unitamente a decine di gregari, tentavano di ricostituire la Commissione provinciale palermitana, così sventando il progetto (sostenuto dal boss latitante Matteo Messina Denaro) di riportare in vita la Cupola mafiosa di Cosa nostra.[72] Caratteristiche e struttura[modifica | modifica sorgente] Le conoscenze sullorganizzazione interna della mafia siciliana si debbono prevalentemente allopera di Giovanni Falcone, primo magistrato che riuscì a rompere il muro di omertà su questo tema avvalendosi dellausilio di pentiti (il più importante dei quali fu sicuramente Tommaso Buscetta, personalità di spicco nella Cupola Siciliana e sorta di ufficiale di collegamento con le famiglie di Cosa nostra americana), grazie alle nuove leggi in materia di pentitismo promulgate allinizio degli anni ottanta. Assieme al collega Paolo Borsellino ha donato ai suoi successori una solida base di conoscenze che hanno aiutato a combattere la mafia efficacemente. Cosa nostra è formata da mafiosi che si definiscono uomini donore. Tradizionalmente lingresso nellorganizzazione, e quindi lottenimento del titolo di uomo donore, avveniva attraverso un vero e proprio rito diniziazione definito punciuta, che oggi sembrerebbe superato a fronte di metodi più moderni e sbrigativi. È costituita da gruppi, chiamati famiglie, organizzati al loro interno sulla base di un rigido sistema gerarchico, composto da gregari di diverso livello. Lintero territorio controllato è suddiviso in mandamenti. Questi possono inglobare due o più quartieri in città oppure due o più paesi in provincia. Ogni mandamento è composto da famiglie che, insieme, eleggono un capo mandamento che rappresenta le stesse nella commissione provinciale. Ogni capo mandamento elegge un sottocapo e da 1 a 3 consiglieri. Il grado immediatamente sotto è il capo decina che comanda direttamente parte dellesercito delle famiglie: i picciotti. Un ulteriore livello di importanza è il rappresentante della provincia che fa gli interessi di questultima nella commissione interprovinciale. La struttura di Cosa nostra è verticistica e piramidale e dipende dalla Cupola. Alla base dellorganizzazione ci sono le famiglie in cui tutti gli affiliati si conoscono fra loro, governate da un capo-famiglia di nomina elettiva; altre figure importanti sono il sottocapo e i consiglieri, in numero non superiore a 3. Le famiglie si dividono in gruppi di 10 uomini detti decine comandate da un capodecina. Tre famiglie dal territorio contiguo formano un mandamento e sono rappresentate da un capomandamento che, almeno fino a un certo periodo, non era membro di nessuna di quelle famiglie per evitare che favorisse la propria. I vari capimandamento si riuniscono in una cupola (o commissione) provinciale, di cui la più importante è quella di Palermo. Questa commissione provinciale è presieduta da un capomandamento che, per sottolineare il suo ruolo di primus inter pares, si chiamava in origine segretario, ma sembra che ora abbia preso il titolo di capo. Per lungo tempo non cè stato bisogno di un organismo superiore alla commissione provinciale poiché quasi tutte le famiglie risiedevano in quella di Palermo. Quando però lorganizzazione ha messo radici in tutta lisola si è dovuta creare una cupola regionale detta interprovinciale, alla quale partecipavano tutti i rappresentanti delle varie province e dove il titolo di capo era tenuto dal capo della cupola provinciale più potente e quindi di Palermo. Negli ultimi anni, dopo la riorganizzazione seguita ai colpi inferti dalle forze dellordine, la struttura che era già molto semplice si è fatta ancora meno verticistica e meno localizzata: la città più soggetta alle operazioni antimafia è stata sicuramente Palermo, dove le famiglie hanno perso moltissimo potere per via dei numerosi arresti; si è così creata una situazione di maggiore divisione tra le province, a causa dellindebolimento della Cupola, il che ha comportato la crescita del ruolo criminale di città come Trapani, Agrigento, Catania e Messina, non più totalmente sottoposte ad un controllo dei palermitani. La strategia criminosa di Cosa nostra è duplice: da una parte cerca di garantirsi il controllo del territorio in cui risiede, attraverso una imposizione fiscale alle attività commerciali e industriali della zona (il pizzo o racket) e la feroce e immediata punizione di chiunque osi contravvenire alle disposizioni che essa dirama, mentre dallaltra cerca di corrompere il potere politico ed i funzionari dello Stato attraverso lofferta di denaro e voti, per ottenere limpunità e una sponda allinterno del sistema, da poter usare a proprio vantaggio. Questo connubio di impunità e controllo garantisce ai mafiosi la possibilità di affrontare qualunque nemico, sia esso malavitoso o istituzionale, da una posizione di forza, sicuri di avere in ogni caso un rifugio protetto e degli amici a cui ricorrere: a volte sfruttando perfino le forze dello Stato stesso. I mandamenti mafiosi attuali[modifica | modifica sorgente] La città di Palermo è divisa in otto mandamenti locali: Porta Nuova, Brancaccio, Boccadifalco, Passo di Rigano, Santa Maria di Gesù, Noce, Pagliarelli, Resuttana e S. Lorenzo. Lintera provincia palermitana è ripartita in sette grandi mandamenti: Camporeale, Corleone, Cinisi, Bagheria, Trabia, Belmonte Mezzagno, San Mauro Castelverde (o delle Madonie). La provincia di Agrigento è costituita da 9 mandamenti: Agrigento, Porto Empedocle, Canicattì, Cianciana, Ribera, Sambuca di Sicilia, Casteltermini, Palma di Montechiaro e Campobello di Licata. I mandamenti di Racalmuto e Favara sembrano essere stati assorbiti da quello di Canicattì. La famiglia Sciacca, a Sambuca di Sicilia, potrebbe assumere un autonomo profilo mandamentale. La gerarchia mafiosa della provincia di Trapani continua ad essere improntata alla tradizionale struttura delle famiglie e dei mandamenti, con una Commissione provinciale destinata ad individuare le linee strategiche criminali. I mandamenti sono 4: Castelvetrano, Trapani, Mazara del Vallo e Alcamo. Nella provincia di Caltanissetta vi sono 4 mandamenti: Gela, Vallelunga, Riesi e Mussomeli. La provincia di Enna continua a profilarsi come zona di retroguardia per Cosa nostra, di origine nissena, soprattutto, che ricorre ad alleanze con i gruppi operanti nelle zone limitrofe. Nella provincia di Catania non vi sono mandamenti perché lunica Famiglia mafiosa è quella dei Santapaola, che ha la sua base a Catania e gestisce preferenzialmente il conferimento illecito di appalti pubblici, in società con numerosi gruppi criminali estranei a Cosa Nostra operanti a Catania e in provincia, i cui capi vengono spesso affiliati ai Santapaola per controllarne meglio le attività[73][74]. Come i mafiosi orientano le votazioni elettorali[modifica | modifica sorgente] Esiste una Commissione regionale che decide landamento delle cose anche dal punto di vista politico, ovvero decide per chi, le persone di una famiglia e i loro affiliati dovessero votare[70]. Per esempio Salvo Lima e Vito Ciancimino furono eletti da voti mafiosi di cittadini legati alla mafia della città di Palermo, Salvo Lima non mantenne le sue promesse elettorali e fu ucciso, invece Vito Ciancimino fu condannato per essere stato un mafioso conclamato. Rapporti tra Mafia e Stato[modifica | modifica sorgente] Come si rivela dalle numerose presenze nel Parlamento e nel governo di elementi non estranei a frequentazioni mafiose[75]. Si fa strada negli anni novanta la tesi secondo cui lo Stato italiano nei suoi componenti politici abbia un certo rapporto di convivenza con questo fenomeno mai definitivamente soppresso[76]. Lo stesso comportamento del CSM durante il lavoro di Giovanni Falcone che inizialmente non ricandidò il giudice come presidente della commissione antimafia da lui creata fa intendere una certa tendenza a voler ostacolare un lavoro diventato troppo scomodo per certi poteri deviati allinterno dello Stato[77]. Uno dei momenti più critici è stata la trattativa stato - mafia: fu contattato Vito Ciancimino, per mezzo di rappresentanti del Ministro dellInterno Nicola Mancino fra cui il capitano del ROS Giuseppe De Donno, per far smettere la stagione delle stragi del 1992, 1993, in cambio dellannullamento del decreto legge 41 bis e altri benefici per i detenuti mafiosi. Rapporti con le altre organizzazioni criminali[modifica | modifica sorgente] Cosa nostra, per via del suo carisma criminale e della sua potenza delinquenziale, ha intrattenuto, e intrattiene tuttora, rapporti con le più importanti organizzazioni criminali sia italiane che estere. Il processo di globalizzazione interessa anche il fenomeno criminale mafioso, la mafia di tutti i paesi del mondo si unisce e collabora, portando avanti le sue attività criminali caratteristiche, come il narcotraffico, lesportazione illegale di armi, la prostituzione, lestorsione e il gioco dazzardo, rappresentando un problema per lumanità, per lordine civile della società e il quieto vivere. Rapporti con Cosa nostra americana[modifica | modifica sorgente] Pizza Connection[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Pizza connection. Operazione Old Bridge[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Operazione Old Bridge. Rapporti con la Mafia russa[modifica | modifica sorgente] Nel 1994 viene segnalata la presenza della mafia russa sul territorio degli Stati Uniti, ad Atlanta, e sulla loro collaborazione con Cosa nostra[78]. Verso il 1998, la Solntsevskaya bratva di Mosca, può contare su un proprio capo a Roma che coordina gli investimenti della mafia russa in Italia. Dallindagine risulta che rispettabili banchieri occidentali danno al boss russo consigli molto utili su come riciclare il denaro sporco dalla Russia in Europa, in maniera legale[79]. Nel 2008 viene formalizzata la collaborazione fra mafia russa e Cosa nostra, ndrangheta e camorra[80]. Sotto la supervisione della mafia russa le aziende agricole italiane, i trasporti delle merci: sia a livello internazionale, sia allinterno del paese. La mafia russa nel mondo conta circa 300.000 persone ed è la terza organizzazione criminale per la sua influenza, dopo loriginale italiana e le reti criminali cinesi[80]. Il 2 ottobre 2012 nel Report Caponnetto si leggono le infiltrazioni della mafia russa nella Repubblica di San Marino e in Emilia-Romagna a carattere predatorio come le estosioni.
Posted on: Sun, 03 Nov 2013 17:05:20 +0000

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