Un invito alla riflessione sulle inevitabili commemorazioni di - TopicsExpress



          

Un invito alla riflessione sulle inevitabili commemorazioni di domani, 11 settembre. Spostando però il focus dal 2001 al 1973. Perché «11 settembre» non restituisce alla mente soltanto l’orrore dell’attacco alle Twin Towers ma richiama qualcosa che ci sta ancora influenzando tutti, e che cominciò esattamente 40 anni fa con il bombardamento di un presidente democraticamente eletto fin dentro il suo palazzo presidenziale (!). Non tutti se lo ricordano — e peraltro il nostro è particolarmente un Paese dalla memoria labile — e domani pochi media lo approfondiranno dovutamente, ma l’11 settembre del 1973, a Santiago del Cile, un colpo di Stato militare di inusitata violenza, preparato scientificamente con la collaborazione della CIA di Nixon e Kissinger, rovesciava il presidente eletto Salvador Allende ¹ e il legittimo governo dell’Unidad Popular, e instaurava una dittatura feroce e totalitaria cui seguì una repressione senza precedenti: decine di migliaia di oppositori, di militanti, di operai furono assassinati, fatti scomparire o espulsi dal Paese, centinaia di migliaia furono imprigionati in decine di lager, perseguitati, licenziati per motivi politici, costretti all’esilio. Uno stato d’assedio che rimase in vigore per quindici anni, e che influenzò anche la Storia d’Italia (su tutti, quel sequestro Moro che ‘disinnescò’ il “compromesso storico” DC-PCI, con gran sollievo degli USA). Dobbiamo capire che quella vicenda sudamericana di un ‘vecchio’ Novecento ancora privo di computer, internet e cellulari (ma per fortuna ricco di memorabile musica di protesta, come “El pueblo unido” di Quilapayun e Inti Illimani ci ricorda), è invece assolutamente di stringente attualità. Perché un concetto considerato anche lessicalmente obsoleto, quello di “lotta di classe”, è purtroppo tornato in auge per via del suo oggettivo riapparire A PARTI ROVESCIATE: cioè come “offensiva” da parte del 10% di popolazione più ricca nei confronti delle classi medie e basse, alle quali il reddito viene diminuito sia direttamente (con impieghi sempre più precari e sottopagati) sia indirettamente (tramite tagli allo Stato sociale), mentre gruppi ristretti di finanzieri e di manager arrivano a intascare centinaia o migliaia di volte il salario di un lavoratore di base. La casta del capitale (o, come si diceva un tempo, “classe capitalista”), del tutto transnazionale, gode di un potere mai visto nella Storia, circondata dal consenso di centinaia di milioni di persone, un consenso che essa stessa ha impiegato decenni a costruire e che solo recenti movimenti (come No-global e Occupy) hanno iniziato a mettere parzialmente in discussione, rompendo l’acquiescenza delle Sinistre tradizionali. Il golpe in Cile (11 settembre 1973) è stato propriamente il “laboratorio” in cui i Chicago Boys ² hanno sperimentato quelle ricette economiche che poi, a partire dagli Anni ’80 sotto Reagan e Thatcher, hanno applicato in quasi tutto il resto del mondo — e di cui siamo tuttora vittime. Quell’11 settembre 1973, con il socialista Salvador Allende bombardato fin dentro il palazzo presidenziale dalle truppe di Pinochet (appoggiato dagli Americani), segnò l’inizio della “lotta di classe dall’alto verso il basso”, l’inizio di un percorso di silenziamento e soffocamento della democrazia attuato prima con i carri armati e poi, più soavemente (ma più efficacemente), con l’egemonia dei “mercati” sulla Politica. Alcuni dogmi correnti del pensiero neoliberista, bugiardi e interessati (per esempio, quello secondo cui la precarietà del lavoro incentiverebbe lo sviluppo, o quello secondo cui la Politica avrebbe le mani legate di fronte all’ineluttabilità del capitalismo finanziario), potrebbero essere smontati facilmente. Eppure si sono imposti come verità assolute, come pensiero talmente vincente da essere stato introiettato perfino da gran parte dei partiti “di sinistra”... Grande responsabilità di tale stato di cose è da ascrivere alla macchina bellico-propagandistica degli USA. Nel suo lavoro sporco, la CIA si rifaceva a una letteratura militare “contro-insurrezionale” mutuata pari pari dalle esperienze naziste in Europa. Non a caso, alla fine del Secondo Conflitto Mondiale, i peggiori boia nazisti tipo Klaus Barbie e Walter Rauff furono passati alla rete di fuga del Vaticano e raggiunsero il Sudamerica, dove divennero potenti signori del narcotraffico e del contrabbando di armi, appoggiando poi la CIA nei vari golpe militari del sub-continente... Ma gli USA hanno soprattutto la “propaganda”, ch’è meglio della CIA e dei cannoni. Lo disse apertamente per primo Walter Lippman, il più famoso intellettuale politico del XX Secolo: «Possiamo costruire il consenso attraverso la propaganda, questa è l’essenza della moderna democrazia». Perfino Hitler, nel “Mein Kampf”, tesseva le lodi della propaganda americana. E ci provò pure Lenin. L’arte si è nel frattempo affinata, ed è ritornata all’antica Roma coi suoi gladiatori: c’è un enorme settore dei media, quello chiamato “industria dell’intrattenimento” — che comprende sia il Cinema che lo Sport —, che è interamente dedicato a distrarre l’attenzione della gente e a renderla abulica di fronte alle manovre di chi comanda. L’Industria dello S-vago (vago, cioè indefinito) e dell’In-trattenimento (“trattenere” lontano dalla realtà). Ma grandi sono anche le responsabilità di coloro che nei confronti di questa ideologia neoliberista potrebbero esercitare un pensiero critico (docenti universitari, economisti indipendenti, editorialisti, etc) e che invece si sono fatti quasi tutti “trascinare dalla corrente”, vuoi per conformismo, vuoi per interesse, vuoi per pavidità, vuoi per ignoranza. Con il risultato appunto che, a dispetto della realtà, alle opinioni pubbliche appare ineluttabile — se non addirittura auspicabile — un sistema economico basato sulle colonne della disuguaglianza e dell’insicurezza crescenti. Una cecità che ci impedisce di vedere come paradossalmente questa ideologia, dopo averci portato alla Grande Crisi iniziata nel 2008, pretenda di risolverla usando le stesse ricette e gli stessi dogmi che l’avevano provocata — e pure in versione aumentata (enorme potere alle banche, che ricevono ciclopici flussi di capitali senza se e senza ma). Di qui peraltro i Fronti Nazionali, le Albe Dorate e tutti gli altri contenitori più o meno decenti di frustrazione, fino al boom dell’astensionismo che rischia di svuotare definitivamente democrazie come quella italiana già infettate dalle ‘sliding doors’ tra Politica ed Economia che sono sempre più spesso attraversate dai vari Berlusconi, Passera, Montezemolo (e Monti). Come denuncia l’Unesco, ogni anno muoiono undici milioni di bambini a causa degli interessi sul debito estero che i loro Paesi, nazioni del “Terzo Mondo”, hanno sulle spalle: e muoiono tutti per malattie facilmente curabili da farmaci che costano pochi centesimi di dollaro che però non possono essere loro donati perché, per gli economisti, ciò costituirebbe una «grave turbativa delle leggi di mercato». Questa follìa deve finire. Questa follìa PUÒ finire. Il mondo è per gli esseri umani, non per il Dollaro o per l’Euro o per il “mercato”. Le banche devono essere regolate, la finanza rallentata, servono restrizioni ai movimenti degli azionisti. Per la dignità dei popoli, contro la guerra e il Neo-Liberismo, l’unica rotta alternativa praticabile è quella di ingaggiare la lotta nel suo punto più alto, quello della rottura e della rifondazione di un nuovo ordine internazionale. Senza arroccamenti conservatori o passatisti, opponendo altri modelli di relazioni internazionali, dichiarando l’insostenibilità economica e ambientale del sistema che governa la produzione e la gestione delle risorse, e proponendosi di soppiantarlo con nuove istituzioni, altri modelli di sviluppo, culturalmente meticci, e con una nuova classe dirigente dei saperi “bassi” e del lavoro “cognitivo”. Checché se ne dica (da noi l’esperienza Cinquestelle è finora deficitaria), nei movimenti prima “no-global” e oggi “occupy” è già germogliata questa potenziale nuova classe dirigente formatasi nelle periferie e negli slums di Bangalore o di San Paolo, persone che hanno imparato a muoversi e a viaggiare agilmente sulle autostrade e sugli snodi della Rete, sia essa informatica che commerciale che culturale, da Seattle a Torino, da Londra a Praga, da Seul a Sidney. L’erosione del consenso dall’interno, il rifiuto della militarizzazione della vita, associato al rifiuto altrettanto netto dell’ineluttabilità dello “scontro tra culture e civiltà” (per es., Islam vs Resto del Mondo), costituiscono l’anticorpo piantato nell’Occidente infetto. E la nostra unica speranza per il futuro. Dobbiamo buttare giù il totem del dio Finanza, non dobbiamo avere altro obbiettivo. Per questo è opportuno, domani 11 settembre, commemorare in piena consapevolezza quel golpe in Cile vecchio di 40 anni, più che l’«ancora fresca» ferita degli attacchi terroristici islamici al cuore di New York. Perché degli equivoci del Neo-Liberismo partito violentemente 40 anni fa con Pinochet e i Chicago Boys siamo tuttora vittime più o meno inconsapevoli, TUTTI QUANTI, e tutti quanti rischiamo di restarlo per generazioni. =================== (¹) Salvador #Allende realizzò la nazionalizzazione delle risorse minerarie del Paese, del sistema finanziario e dei servizi telefonici; creò un ampio settore di imprese pubbliche, l’area di “proprietà sociale”; mise fine al latifondo mediante l’espropriazione di un quarto delle terre e la loro distribuzione ai contadini poveri; attuò importanti programmi sociali estendendo la scuola pubblica e il sistema sanitario nazionale, avviando un programma di edilizia pubblica, promuovendo investimenti che ridussero la disoccupazione; migliorò le condizioni di vita di larghe masse consentendo o realizzando significativi aumenti dei salari e delle pensioni; cercò di migliorare la condizione sociale delle donne, del popolo Mapuche, dei settori emarginati delle città e delle campagne; si preoccupò seriamente, diversamente dai governi latinoamericani (e non solo) di allora, del rispetto degli elementari diritti umani. Per ulteriore garanzia, Allende aveva fatto entrare nel governo i massimi rappresentanti delle forze armate, alle quali non aveva lesinato autonomia e privilegi. Insomma, niente di più lontano da una “dittatura”. Ciò era intollerabile per la borghesia cilena e per l’imperialismo nordamericano, che temeva anche il contagio di una “seconda Cuba” in America Latina. La moderazione e la volontà di collaborazione di classe non bastarono ad Allende per salvare le riforme e la democrazia. Al contrario, quella politica e la fiducia nella lealtà democratica delle forze armate contribuirono al disastro: consentirono ai militari di preparare indisturbati la controrivoluzione con l’aiuto della CIA e consegnarono letteralmente disarmato il popolo cileno ai propri massacratori. Quel pazzo di Kissinger era convinto che la socialdemocrazia cilena potesse infettare l’Europa meridionale, per esempio l’Italia del Sud, visto che “l’Eurocomunismo” stava facendo presa sui governanti italiani. Il successo di uno sviluppo in cui l’economia produceva benefici per l’intera popolazione e non solo profitti per le imprese private poteva diventare l’innesco di un preoccupante ‘contagio’ mondiale. (Cfr. “L’Uomo Nuovo”, L. Manglaviti, © 2005, pagg. 518 e segg. — [mangla.it/main/03.php]) (²) I “Chicago Boys” furono un gruppo di giovani economisti cileni formatisi presso l’Università di Chicago, nel 1970 circa, sotto l’egida di Milton Friedman e Arnold Harberger. Successivamente furono assunti a metà degli Anni ’70 nell’amministrazione del ministero dell’economia del Cile durante il regime di Augusto #Pinochet, le cui politiche si caratterizzarono per il processo di privatizzazione e liberalizzazione dell’economia del Paese, a discapito delle riforme collettiviste del precedente governo socialista di Salvador Allende. La teoria dei #ChicagoBoys è stata applicata per anni in tutto il mondo, soprattutto in quei Paesi che chiedevano prestiti al Fondo Monetario Internazionale, in quanto lo stesso #FMI poneva come condizione per l’ottenimento dei prestiti l’applicazione di politiche economiche neo-liberiste “strangolatorie”, anche contro l’orientamento dei governi a cui si rivolgeva (ma la #UE della Merkel segue la stessa strada, per esempio con la Grecia).
Posted on: Tue, 10 Sep 2013 18:05:18 +0000

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