Una delle storie più importanti di questi anni non diventa cinema - TopicsExpress



          

Una delle storie più importanti di questi anni non diventa cinema nella maniera che meriterebbeNel 2007 Julian Assange, già gestore e fondatore di WikiLeaks, incontra Daniel Domscheit-Berg, con lui nel corso di 3 anni porterà la piattaforma per la divulgazione di documenti riservati alla notorietà mondiale attraverso la pubblicazione di una serie segreti clamorosi, culminati con i cablogrammi e i resoconti riguardanti la guerra in Afghanistan del governo americano nel 2010, evento talmente clamoroso da distruggere la stessa organizzazione interna del sito e renderlo il nemico dei principali governi del pianeta. Quella di WikiLeaks è una storia a doppio livello. Da una parte è un racconto dellera digitale, la nascita di un sito (e di una tecnologia dietro di esso) che ha cambiato il concetto di segretezza, consentendo la più grande fuga di notizie nella storia dellinformazione; dallaltra è uno dei molti esempi delle nuove forme di attivismo, cioè di come la tecnologia e la comunicazione digitale stiano cambiando la maniera in cui gli individui agiscono e si muovono per protestare attivamente contro le istituzioni. In questo senso il film di Bill Condon (scritto da Josh Singer, ex collaboratore di Aaron Sorkin) guarda sia alla nuova scia di film che cercano di portare al cinema la più grande rivoluzione dei tempi che viviamo attraverso gli uomini dietro gli indirizzi internet più noti (da The social network fino ai prossimi biografici su Steve Jobs), sia ai movimenti politici e alle tendenze sociali maggiori, come già cercavano di fare i documentari TPB: AFK e We are legion. Forse però non è Bill Condon la personalità più adatta per un simile impiego. Della complessa figura di Julian Assange il regista azzecca ma non calca il contrasto tra tensione verso la verità e continuo ricorso alla menzogna, la costruzione di un personaggio per molti tratti fasullo e lirrefrenabile tendenza alla mistificazione finalizzata ai propri nobili scopi, che poi concidono sempre con quelli della sua creatura. Tuttavia, dotato di un immaginario saldamente radicato nei decenni passati e poco incline a ripensare il cinema per adattarsi alla messa in scena di qualcosa che non cè (un sito internet), Il quinto potere non ambisce al rigore di The social network (che di un network sociale come Facebook mostrava il contesto di nascita, nuove imprese da nuove categorie umane) ma anzi, pur puntando anchesso sul rapporto fedeltà/tradimento di due amici, ha la sua trovata visiva più audace in unidea vecchio stampo per la quale WikiLeaks viene rappresentato da un ufficio anni 50, in cui i file arrivano sotto forma di fogli di carta che bruciano quando viene attaccato. È solo un esempio dellincapacità del film di immaginare un cinema diverso per raccontare dinamiche, personaggi e fatti unici, che si rispecchia anche nella necessaria semplificazione che viene fatta del protagonista. Il quinto potere infatti in molti punti dipinge Julian Assange con i toni del villain classico (quasi da Ian Fleming, dallapparenza anticonvenzionale che si rispecchia in gusti, valori e tendenze non ortodosse), non solo lo mette esplicitamente dalla parte del male facendolo scivolare lentamente nel delirio (del resto il film è tratto dal resoconto molto parziale contenuto nel libro scritto dallex socio di Assange, ora in causa con lui) ma racconta il legame con Daniel Domscheit-Berg attingendo dichiaratamente al repertorio del melodramma e andando ben oltre linnocuo bromance. LAssange di Condon si comporta come una fidanzata ferita che per affermare la propria indipendenza compie il più clamoroso degli atti (di nuovo come Zuckerberg allinizio di The social network, solo che in quel caso si trattava di un fatto ammesso dallo stesso protagonista) e questo senza negarsi nessuno dei peggiori stereotipi legati al mondo dellhacking, dalla solitudine allinettitudine sociale fino al rancore. Diviso tra lammirazione per le conquiste di WikiLeaks e la condanna dei rischi che ha corso, Il quinto potere appare più preoccupato di tirare una morale alla fine della storia (rigorosamente in bocca a giornalisti della carta stampata) che di mostrare la maniera in cui le nuove tecnologie stiano lasciando emergere nuovi protagonisti, nuovi contrasti e nuovi problemi ai vertici socio-economici della società. Il film tralascia totalmente la ricerca di un registro differente dal solito, riducendo una storia complessa da spiegare proprio per la peculiarietà dei suoi contrasti, ad un melò vecchio stampo in cui le dialettiche sono sempre gelosie, invidie e vanità già note e prevedibili dallo spettatore.
Posted on: Mon, 28 Oct 2013 22:39:35 +0000

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