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il punk va allattacco dellemilia paranoica CCCP Fedeli alla linea - 1964-1985 Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi del conseguimento della maggiore età (1987) CCCP - 2:24 Curami - 4:26 Mi ami? (remiscelata) - 2:44 Trafitto - 2:53 Valium Tavor Serenase - 1:17 Morire - 3:22 Noia - 3:47 Io sto bene - 3:08 Allarme - 5:08 Emilia paranoica (remiscelata) - 7:48 CCCP Fedeli alla linea Giovanni Lindo Ferretti - voce Massimo Zamboni - chitarra, drum machine Umberto Negri - basso Silvia Bonvicini - voce 1964-1985 Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi del conseguimento della maggiore età Artista CCCP Fedeli alla linea Tipo album Studio Pubblicazione 1985 Durata 37 min : 08 s Dischi 1 Tracce 10 Genere Punk rock New wave Etichetta Attack Punk Records Produttore CCCP Fedeli alla linea Registrazione Note Ristampato su CD dalla Virgin Dischi Recensioni professionali Recensione Giudizio Ondarock Pietra miliare 1964-1985 Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi del conseguimento della maggiore età è un album discografico del gruppo musicale italiano CCCP Fedeli alla linea, il primo LP, pubblicato nel 1985 dalla Attack Punk Records. Il disco Storia Riscosse, in Italia, buon successo sia di vendite che di critica, ed è generalmente considerato una pietra miliare del punk rock italiano[1]. Il titolo - uno dei più lunghi di sempre tra gli album pubblicati in Italia - è una citazione del libro Le divergenze tra il compagno Togliatti e noi, pubblicato nel 1965 da Edizioni Oriente, e traduzione di un volume collettivo opera di alcuni membri del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese. Probabilmente il più punk del gruppo (CCCP, Mi ami?, Valium Tavor Serenase, Io sto bene), ha momenti più lenti e una citazione di Romagna Mia (trasformata in Emilia mia) allinterno di Valium Tavor Serenase. A differenza dei due EP e dei dischi successivi, solo CCCP ha molti riferimenti alla cultura filosovietica, mentre nelle altre canzoni il tema prevalente è una vita di provincia incolore (... non studio, non lavoro, non guardo la TV, non vado al cinema, non faccio sport recita Io sto bene). Probabilmente ispirati dallesperienza come operatore psichiatrico di Ferretti sono i riferimenti a medicinali come Valium, Tavor e Serenase (nella traccia omonima, il cui protagonista ne fa uso ciclico come eccitanti e calmanti) e Plegine (fendimetrazina, unanfetaminosimile, citata in Emilia Paranoica). Lalbum è presente nella classifica dei 100 dischi italiani più belli di sempre secondo Rolling Stone Italia alla posizione numero 12. Brani CCCP Brano punk omonimo del gruppo, è lunico brano del disco con veri e propri riferimenti alla cultura sovietica (come il KGB) Curami Brano punk \Wave, caratterizzato dal riff di chitarra e dal suono dello xilofono nella sezione ritmica. Il ritornello è stato preso dalla hit: Un autre monde del gruppo Francese Telephone , uscita nel loro 5º ed ultimo album (Disco di Platino in Francia con 600.000 copie) (fonte: Fabio Mercante). Mi ami? (Remiscelata) Considerato il brano simbolo del gruppo, era già presente nei precedenti EP del gruppo (seppur in versione differente) Trafitto Canzone tipicamente rock con un testo riguardante lapatia della società Valium Tavor Serenase Lepisodio più hardcore del disco ed uno dei più violenti del gruppo, il testo risente dellesperienza psichiatrica di Ferretti Morire Dopo un inizio lento suonato da una malinconica chitarra, il brano diventa una scorribanda punk nella parte finale. Il testo risente dellinfluenza di un certo esistenzialismo e vengono citati Mishima Yukio e Vladimir Vladimirovič Majakovskij Noia Brano in cui si riprendono alcuni temi di Trafitto Io sto bene La composizione più new wave del disco, condito con la chitarra distorta ed una base ritmica robusta. Il tema dellapatia ritorna (non studio\non lavoro\ non guardo la TV...) Allarme Il brano è caratterizzato da un particolare riff di basso, che prosegue per tutto il brano. Gli Offlaga Disco Pax omaggeranno la canzone nella loro Cinnamon Emilia Paranoica (remiscelata) La composizione più lunga del disco (ed una delle più conosciute del gruppo), qui in una versione meno punk rock rispetto alla precedente. Nella parte centrale vi è una rapida accelerazione della canzone. Può essere considerato una sintesi di tutto il disco Recensione di Claudio Fabretti (ondarock) (pietra miliare italiana) I CCCP possono ragionevolmente ambire al titolo di massima rock band italiana di sempre. Si continuerà a discutere allinfinito sul rapporto tra la nostra scena e quella internazionale, sulla specificità locale della realtà italiana e sulla (presunta) impossibilità di confrontarla con quella dascendenza anglo-sassone, ma un fatto è certo: la band emiliana è riuscita a catturare lo spirito di quella cosa che tutti chiamano rock, e lo ha fatto con un linguaggio che, pur risentendo del contesto dorigine - Europa, Italia, Emilia (paranoica e non) - può ritenersi appieno universale. In questo connubio, così spinto da apparire spesso surreale, tra provincia italiana e avanguardie internazionali, sta la grandezza del gruppo, il cui fervore punk è incarnato anche fisicamente dal cantante-sciamano Giovanni Lindo Ferretti: ossuto, nevrotico, allucinato, quasi una sorta di John Lydon padano. I CCCP nascono nel 1982 in una discoteca di Berlino, dallincontro di Ferretti con il chitarrista Massimo Zamboni. I due si muniscono di drum machine e suonano in giro per la Germania. Il ritorno in Italia porta lilluminazione. La cultura popolare emiliano-romagnola, tradizioni comuniste comprese, può essere filtrata da etica ed estetica punk. Le coordinate sonore della band sono soprattutto la scena elettro-industriale tedesca, dai Kraftwerk agli Einsturzende Neubauten, il punk e proto-punk americano (Mc5, Stooges, Ramones), il cantautorato italiano (Franco Battiato in primis) e la dark-wave britannica (dai PIL ai Bauhaus). Ma i CCCP non sono lennesima copia di una band straniera: sono una band provinciale italiana che ha deturpato tutto quello che poteva essere tradizionalmente italiano, dalla canzonetta al ballo liscio, e lha tritato in un frullatore punk a velocità supersonica. Dopo un paio di Ep, i cui brani vengono raccolti su Compagni, cittadini, fratelli, partigiani (1984), i CCCP pubblicano nel 1986 il loro vero primo album, dal chilometrico e icastico titolo di Affinità e divergenze fra il compagno Togliatti e noi. Del conseguimento della maggiore età. E un periodo cruciale per il rock italiano: due anni prima, infatti, era uscito Siberia dei Diaframma, lanno precedente Desaparecido dei Litfiba, due dischi-chiave per la nascente scena new wave. Ma rispetto a Litfiba e Diaframma, i CCCP sono ancor più radicali ed eversivi. Nessuno prima di loro aveva osato infarcire le canzoni italiane con simili dosi di violenza, disperazione e paranoia. Le loro provocazioni sarcastiche - che dal vivo si accompagnano al circo surreale di Danilo Fatur (Artista del popolo) e Annarella Giudici (Benemerita Soubrette) - si riflettono fin nella confezione dellalbum. La copertina è beffardamente griffata in stile socialismo reale, con leffige del compagno Togliatti sullo sfondo. Loriginale è in vinile rosso, firmato Attack Punk Records, con su un lato il ritratto di un punk, sullaltro la scritta Punk filosovietico/ musica melodica emiliana. Farvi scivolare la puntina sopra (o, più prosaicamente, inserire il cd ristampato dalla Virgin nel lettore) equivale a una seduta di elettroshock prolungata. Pronti via: ecco subito lurlo-proclama di CCCP, con le chitarre gracchianti e un ritornello che mette subito in chiaro le (in)certezze politiche del gruppo: Fedeli alla linea e la linea non cè. Un nugolo di feedback, un basso indolente e una batteria elettronica che è una pulsazione continua sono il marchio di fabbrica della band, che torna subito alla carica con uno dei suoi inni: Curami. I CCCP cantano le psicosi di una generazione di zombie, che percorre gli anni 80 di traverso, sentendosi costantemente fuori posto. Per questo, più che lamore e i buoni sentimenti, invocano una cura, una medicina che liberi la mente dagli incubi paranoici da cui è ossessionata: Prendimi in cura da te, curami, curami, implora Ferretti con il suo canto rantolato, tra il giro punk della chitarra e i tintinnii stranianti di uno xilofono; poi, la canzone sembra quasi incantarsi nella reiterazione ossessiva (altro tipico espediente dei CCCP) della frase Solo una terapia, solo una terapia!. Alla fine, non restano che il bit meccanico della batteria elettronica e gli ultimi spasmi dello xilofono. Non siamo molto lontani dalle crisi di nervi dei PIL. Le droghe, per i CCCP, non sono mai funzionali alleccitazione o allampliamento delle facoltà percettive: sono antidepressivi, calmanti, sonniferi... sono il Valium Tavor Serenase: Il valium mi rilassa/ il serenase mi stende/ il tavor mi riprende. I ritmi del brano, invece, sono forsennati: una sfuriata hardcore di violenza inaudita che si spezza di colpo per lasciare il campo a un intermezzo di liscio (Emilia mia, Emilia in fiore, in puro tre quarti da balera!). Il punk che sposa Casadei: che inaudito oltraggio! Se la musica conserva sempre una carica detonante, le storie sono immerse in una desolazione surreale, da Trafitto, che allenta il ritmo con il suo proclama dapatia (Trafitto sono/ trapassato dal futuro/ cerco una persona/ Fragili desideri/ a volte indispensabili/ a volte no) a Noia, cupa e depressa come da titolo. LEmilia dei CCCP mantiene la sua verve ironica, seppur inacidita da una vena sarcastica, ma abbandona ogni traccia di bonarietà ed edonismo. Anche lamore, si diceva, ha perso ormai ogni connotato sentimentale, ed è ridotto a una dimensione brutalmente meccanicistica: Unerezione, unerezione triste per un coito molesto, per un coito modesto/ Spermi spermi indifferenti, per ingoi indigesti/ io attendo allucinato la situazione estrema (da Mi ami?). Morire è unaltra staffilata esiziale: Ferretti, sempre più visionario muezzin (perdonate labusato termine, ma si tratta pur sempre di colui che ha scritto Punk Islam...), infierisce sullascoltatore con il suo canto indolente: Produci, consuma, crepa/ Produci, consuma, crepa/ Cotonati i capelli, riempiti di borchie/ rompiti le palle/ rasati i capelli/ crepa/ crepa. A Io sto bene il compito di assestare il colpo finale: su una cadenza ballabile, Ferretti intona uno degli inni del decennio: Non studio, non lavoro, non guardo la tv, non vado al cinema, non faccio sport. Gli anni 80 visti alla rovescia: ledonismo lascia posto alla depressione, il consumismo allabulia, larrivismo allinsicurezza: Io sto bene io sto bene/ io sto male io sto male/ io non so io non so/ come stare dove stare. Il clima dark di Allarme, inquieto tango dai sussulti rock, (Muore tutto, lunica cosa che vive sei tu. Solo tu, solo tu) è il preludio al lungo delirio finale di Emilia Paranoica, manifesto del disco e forse dellintera carriera del gruppo. Una stasi oppressiva - batteria elettronica al ralenti, con gli accordi di chitarra in sincrono con il canto sillabato e monocorde di Ferretti - improvvisamente prende velocità, con le chitarre urticanti di Zamboni a squarciare lorizzonte; poi, tutto si blocca di colpo, e ritorna la cupa lentezza dellinizio. LEmilia solare dei luoghi comuni diventa una landa fredda e nebbiosa, terra di tossici e sbandati, frontiera finale dellalienazione. Aspetto unemozione sempre più indefinibile è il testamento finale di Ferretti. Lalbum lancerà i CCCP nel firmamento del rock italiano e non solo: i concerti a Pankow e a Mosca sanciranno il riconoscimento internazionale della più internazionale tra le nostre rock band. Poi, anche Ferretti e compagni dovranno adeguarsi ai tempi e alle nuove sigle, e sarà il tempo dei CSI. Ma questa è unaltra storia. Recensione di Raffaele Meale (kalporz) Dopo aver concluso il discorso di Ortodossia con luscita di Compagni, cittadini, fratelli, partigiani Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni, sempre accompagnati dal teatro sadomaso/militante/surreale di Danilo Fatur (Artista del popolo) e Annarella Giudici (Benemerita Soubrette), si buttano a capofitto nel nuovo lavoro. Che meriterebbe di passare alla storia già solo per il titolo, assolutamente geniale e irriverente. Ma visto che sto per parlare di uno dei massimi capolavori del rock europeo, preferisco procedere con calma. I riferimenti musicali della band sono sempre gli stessi: reminiscenze mitteleuropee (con uno sguardo attento alla scena tedesca di Kraftwerk e Einsturzende Neubauten), furore punk, testi che rimandano al cantautorato italiano (soprattutto Battiato) e echi della scena dark britannica. La rabbia e limmediatezza dellalbum precedente sfumano in unatmosfera più decadente, cupa, sempre permeata da unironia di fondo dissacrante e spiazzante, che la voce profonda di Ferretti rende con sorprendente forza. Se CCCP, il brano di apertura, non è altro che un manifesto programmatico, già dalla seguente Curami si entra in unatmosfera onirica e impalpabile. La canzone, resa epica da un uso straniante dello xilofono, si regge su un testo ossessionante e delicatamente squarciante. La batteria elettronica non fa che acuire il senso di straniamento dellascoltatore, sospeso in un limbo indefinito, in una terra di mezzo indefinita, dove si mescolano mestizia e furore. Non a caso vengono riprese dallalbum precedente tre canzoni altamente evocative come Mi ami?, Morire e Emilia Paranoica che simboleggiano i tre stati danimo della band: lironia, la delicatezza, il divertissement in Mi ami?, linvettiva sloganistica e politica in Morire e lo spietato e preoccupato quadro generazionale in Emilia Paranoica. Il delicato arpeggio acustico che apre Trafitto è subito sopraffatto dagli squarcianti riff di Zamboni e procede come una stralunata marcetta attraversata dalla voce di Ferretti che prima urla slogan (Nel bel mezzo del progresso di diversi colori tra i quali il nero, il verde, il moderno, Tifiamo rivolta!) poi quando il ritmo si fa più sincopato lancia il suo proclama di apatia (Trafitto sono, trapassato dal futuro, cerco una persona. Fragili desideri, a volte indispensabili, a volte no). Sulla stessa lunghezza donda langosciante Noia, dove i rimandi dark si fanno più definiti. Un gioiello la bipartizione emozionale di Valium Tavor Serenase, rapidissimo brano punk che alle uncinanti parti iniziale e finale (mai il punk dei CCCP è stato così urticante e distorto) somma un intermezzo folk assolutamente geniale (Quando ci penso vorrei tornare alla mia bella al casolare…). E infine le vere e proprie hit di questalbum, che rilanceranno alto il nome della band, improvvisamente destinato a passare dal semi-anonimato alle principali ribalte italiane ed europee (i concerti a Pankow e a Mosca): il minimal-tango Allarme, trainato dal basso e dalle tastiere destinati a perdersi in un ritornello claustrofobico e rumorista e nellurlo finale muore tutto, lunica cosa che vive sei tu!, e il punk ballabile di Io sto bene destinato a passare alla storia per il celebre ritornello che recita non studio, non lavoro, non guardo la tv, non vado al cinema, non faccio sport, lucida e devastante istantanea di una generazione resa apatica dalla sfrenata corsa al consumismo e incapace di definire la propria posizione (Io sto bene, io sto male io non so come stare, io sto bene io sto male io non so cosa fare). Uno dei più grandi album della storia della musica italiana, seminale, acuto, profondo e imperdibile. Rrecensione di Poisonheart (heartofglass.altervista) Forse è proprio una questione di qualità … Sotto la sigla di bolscevica memoria, si nasconde in realtà il geniale duo Giovanni Lindo Ferretti + Massimo Zamboni, che abbandonata Lotta Continua, decidono di percorrere vie ed ideali meno obbligati, approdando nel decadente-nascente punk italico, trovando buona linfa ed ottime provocazioni per esprimere un disagio generazionale apolitico e disinteressato a ciò che accadeva nella stanza dei bottoni. Affinità-Divergenze fra il compagno Togliatti e noi nel conseguimento della maggiore età, mostra con sagace irriverenza lo status dei giovani militanti di sinistra (ma non solo!) verso un ideologia certo affascinante nella teoria quanto mediocre nella pratica italiana. Ed il tutto si gioca in sonorità che devono molto ai Clash più propositivi, ed in generale ad una seconda ondata punkeggiante meno irruenta nelle mode, ma più concreta nei contenuti. I CCCP sono “fedeli alla loro linea”, scrupolosi ed critici osservatori, attenti ai mutamenti sociali, in opposizione contro chi maneggia le redini del Belpaese: ecco quindi che nella loro musica (e specialmente nei testi) si accende la luce per vedere oltre il buio, scoperchiando i meri concetti cattolico-borghesi che nel panorama nazionale andavano per la maggiore. Ne viene fuori un disco lucido, forse di parte, spietato nel ritrarre una condizione giovanile spezzata tra sesso-amore, nichilismo-attivismo, noia-sovversione, in un condimento coreografico che nei live mimava ad un integrazione totale fra tutte le culture. Mi ami? è tra le chiavi di lettura geniali, atte a ridicolizzare il concetto sentimentale di una borghesia nostalgica e possessiva, ricordando in fondo con sottile ironia, che punks e hippies hanno sempre avuto qualcosa in comune. L’alienazione si taglia a fette in due brani crudi e disillusi come Trafitto e Noia; e se nel primo il no-future italiano si materializza in una democrazia con il culo attaccato alla poltrona: «splende il sole fa il bel tempo nell’era democratica … trafitto sono, trapassato dal futuro», la tensione del secondo brano cristallizza la pelle in pungenti confessioni condite di un cinismo selvaggio ma autentico «Noia normale noia mortale». A volte il minimalismo musicale dei CCCP lascia stupefatti, capace nell’immediatezza delle dinamiche sonore di colorare ulteriormente con tinte dense i deliri buddhisti di Ferretti. Eppure la versatilità della band sta nell’atteggiamento verso la musica come mezzo di comunicazione amico per smuovere le coscenze sopite, piuttosto che nella tecnica compositiva o nella ricercatezza: come un ritmo tribale da metropoli segregata (un indizio su Berlino, ove la band si formò) nel quale la parola dei CCCP fuoriesce chiara e messianica. Ricche di spunti, sottili ironie, pillole di filosofia moderna, la band scomoda Majakovskij (prim’ancora di Capovilla&Co.) e Mishima, in un affresco nel quale la “voglia di conoscere” diventa l’unico viatico per uscire dalle maglie della segregazione democristiana, come un bisogno impellente, non di meno della fame o della sete. Io sto bene è uno dei brani più conosciuti del repertorio, e mostra con tinte seppur leggere la condizione pressurizzata ed incerta dei giovani contemporanei, come se avere 20anni del 1984 (l’anno orwelliano!) non fosse così eccitante come aver avuto 20anni nel 1968 o nel 1977. Eppure le critiche non piovono solo sulla sponda bacchettona e borghese, ma pure sul fronte rosso di quell’Emilia Paranoica raccontata nel brano-capolavoro che chiude il disco. Un Emilia ferma alle ferventi giornate partigiani, immobile tra Parma e Carpi, a pane e mortadella a suon di liscio, «Emilia di notti dissolversi stupide sparire una ad una impotenti in un posto nuovo dell’A.R.C.I.». Una metafora sulla sinistra senza idee divisa tra progresso e tradizione, una sinistra che lascia confusi, paranoici appunto, come mille idealisti in cerca di un unico ideale: «aspetto un’emozione, sempre più indefinibile». Disco fondamentale e propedeutico per capire come il sentimento degli anni ’80 sia in realtà un tantino diverso dagli amarcord che le televisioni trasmettono con sittanta parsimonia. La migliore espressione musicale giovanile densa di contenuti e di sentenze spietatamente vere … da studiare!!! Recensione di joyello (fardrock.wordpress) Con un iter discografico da far invidia ai migliori uffici marketing, CCCP Fedeli alla Linea, nel 1985 1986 fecero uscire il primo album ufficiale. Un disco a 33 giri che seguiva la pubblicazione di due mediometraggi come Ortodossia (uscito anche in versione estesa, con un brano in più e col titolo Ortodossia II) e Compagni Cittadini Fratelli Partigiani (picture disc a 12”), autentici culti discografici in grado di appassionare molti giovani italiani oltre a sollevare le sorti della piccola etichetta bolognese Attack-Punk Records che li aveva prodotti. L’arrivo del primo lavoro di lunga durata, dunque, fu un piccolo evento e funzionò talmente bene da ingolosire la Virgin che offrì un contratto discografico alla band (e che in futuro avrebbe ristampato tutti i lavori usciti su Attack). L’album, dal titolo chilometrico di 1964-1985 Affinità-Divergenze tra il compagno Togliatti e noi del conseguimento della maggiore età, faceva riferimento al volume Le divergenze tra il compagno Togliatti e noi, pubblicato vent’anni prima da un collettivo di membri del Partito Comunista Cinese, e continuava nel sottile gioco del gruppo di abbinare il punk rock con la filosofia del comunismo storico che sarebbe stata definita nel genere Punk Filo-sovietico. La copertina, come già successe con quella dell’esordio Ortodossia, si presentava con una grafica fortemente ispirata ai volantini del Socialismo Reale con sullo sfondo l’effige di Palmiro Togliatti e in primo piano i membri della band. Il nome del gruppo incorpora la sigla CCCP che replica ironicamente quella dell’Unione Sovietica; in realtà non è chiaro se la pronuncia all’italiana (ci-ci-ci-pì) al posto di quella correttamente traslitterata dal cirillico (SSSR) fosse intenzione originaria dei fondatori, di fatto sono stati sempre chiamati così, spesso familiarmente omettendo la seconda parte del nome (Fedeli alla Linea) che comunque appare in tutte le pubblicazioni discografiche ed editoriali. CCCP si concessero anche il lusso di inserire nell’LP due brani già pubblicati in precedenza: le canzoni Mi ami? e la lunga Emilia Paranoica, già ampiamente celebrate dal pubblico dei concerti, furono remissate (o, per dirla come le note di copertina che evitavano provocatoriamente ogni inglesismo: remiscelate) in favore del suono generale del lavoro. Attorno a queste due pietre miliari, il gruppo pubblicò alcune delle canzoni più importanti della nostra musica leggera, talmente fondamentali da diventare ispirazione per molte delle formazioni rock degli anni seguenti. Curami si genuflette alla dirompente novità compositiva di Zamboni e Ferretti con ritmo serrato, chitarra tagliente e un riff melodico di vibrafono sul quale la voce snocciola crisi esistenziali e reiterazioni schizofreniche: “Solo una terapia, solo una terapia, solo una terapia…“ Il mondo della musica rock di casa nostra non è già più lo stesso. Trafitto si tuffa nella depressione della vita di provincia, esprimendosi con un linguaggio che avrebbe fatto scuola: “Trafitto sono, trapassato dal futuro… cerco una persona. Fragili desideri a volte indispensabili, a volte no”. Valium Tavor Serenase chiarisce le idee dei CCCP riguardo le droghe: non eroina o cocaina, non marijuana o hashish quanto piuttosto un elenco dei più famosi antidepressivi, calmanti e rilassanti della farmacia commerciale, con confluenza nella dirompente citazione di una Romagna Mia trasportata in Emila e sorretta dal tipico trequarti del valzer-liscio di Secondo Casadei. Noia e Io sto bene, legate tra loro, sono diventate due veri e propri classici, la seconda con il suo celebre verso “Non studio, non lavoro, non guardo la tv, non vado al cinema, non faccio sport” ha creato un modo di dire tra i molti di quella generazione che ancora la citano. Così come il reiterato “Produci, consuma, crepa” della dolente Morire. CCCP Fedeli alla Linea avevano pubblicato, forse senza nemmeno esserne del tutto coscienti, uno dei dischi fondamentali dell’intera storia della musica italiana, uno di quegli album in grado mettere un cardine tra quello che c’era stato prima (prendendo molti spunti, tra Battiato Ciampi e deAndrè…) e quello che sarebbe venuto dopo (influenzandolo più o meno totalmente). Appena il disco fu stampato, CCCP Fedeli alla Linea, cedettero 23 copie alla cult band Rosemary’s Baby per essere vendute dopo essere state numerate e personalizzate dal gruppo veronese. Chi possiede una di queste copie, oggi, ha un piccolo gioiello raro. Recensione di josef k. (3rdeye.forumfree) Un disco che è un manifesto. Il manifesto di un decennio. Un disco che è un inno. L’inno di una generazione. La storia del gruppo è cosa nota, ormai. In breve, nel 1982 Massimo Zamboni e Giovanni Lindo Ferretti (ex-militante di Lotta Continua) si incontrano per caso in un locale di Berlino, dove entrambi si trovavano per un viaggio intrapreso con l’obbittivo di dare una svolta alla propria vita. Quando scoprirono di provenire entrambi da Reggio Emilia, senza essersi mai incontrati prima, capirono che qualcosa doveva succedere. Tornano di corsa in Italia, a Reggio, appunto, e cominciano a scrivere musica che cambierà la storia del rock italiano (e non solo). La line-up nasce dalle ceneri dei Frigo il gruppo di Zamboni (che non pubblica e non si esibisce mai dal vivo), di cui fanno parte Umberto Negri al basso e Zeo Giudici alla batteria. Con l’ingresso di Ferretti cominciano a scrivere pezzi che verranno raccolti nei primi tre EP, Ortodossia, Ortodossia II e Compagni, cittadini, fratelli, partigiani. Affinità-divergenze tra il compagno Togliatti e noi (del conseguimento della maggiore età) è il primo LP che raccoglie pezzi dei precedenti EP con alcuni inediti. Le difficoltà incontrate nella registrazione del disco sono famose: la mancanza di strumentazione, le sessions infinite per i problemi di isolamento sonoro dovuti al passaggio della ferrovia adiacente allo studio che tormentava i musicisti e addirittura la fortuita smagnetizzazione del nastro contenente la versione definitiva di Emilia Paranoica! Nonostante questo, il prodotto finale è uno dei migliori dischi di rock italiano. Il disco inizia con una furia punk al grido di “CCCP!” e subito sono chiare le intenzioni: riff di chitarra taglienti con giri di batteria elettronica (l’apporto di Giudici infatti è quasi nullo) sopra i quali Ferretti imbastisce linee melodiche monotone e ripetute, infarcite di contenuti filosovietici, che diventeranno un punto di riferimento per tutta la scena italiana che seguirà. I riferimenti sono quelli tipici della punk-wave newyorkese (Ramones, Combustions e MC5 su tutti) e della scena alternativa tedesca (Kraftwerk e Einstürzende Neubauten). Ma le novità ci sono, eccome. Curami è una preghiera di difficile interpretazione, ma estremamente coinvolgenti sono le raffinatissime liriche, che abbelliscono la base di 4/4 serrati e un giro di chitarra che ormai è nella storia. La successiva Mi ami? divenne l’inno dei giovani alternativi che frequentavano i club ai tempi. Il testo, che allude chiaramente all’approccio sessuale con fare ironico, nasconde una serie di citazioni tratte dal saggio del 1977 del linguista francese Roland Barthes, “Frammenti di un discorso amoroso”. La grande cultura di cui si avvale Ferretti nello scrivere le parole che compongono le sue canzoni, ricordano fortemente un altro personaggio di spicco della scena italiana del momento, Franco Battiato. La “ballata” (se così si può chiamare) del disco è forse la successiva Trafitto, che inneggia alla rivolta proletaria (tifiamo rivolta,tifiamo rivolta!) vista sotto l’ottica dell’individuo che riflette sull’incedere del progresso. Valium Tavor Serenase è il riassunto del “CCCP-pensiero” sull’assunzione di sostanze stupefacenti e sulla polemica contro la società contemporanea (Meglio un medicinale a storia infernale Meglio giornate inerti o dei capelli verdi?). Il concetto viene sottolineato dalla musica: dopo l’intro furioso e soffocante, il pezzo si ferma e parte una citazione (a tempo di walzer) di Romagna mia, che diventa Emilia mia. Finito l’inciso, riparte la progressione punk, il tutto per 1’15” di pura follia. La prima facciata dell’LP originale si chiude con Morire, che inizia con l’incedere lento e ipnotico di un arpeggio orientaleggiante. Il testo è un misto unico di riflessioni dell’individuo e della massa su un tema particolare come la morte. Vengono “lodati” Mishima e Majakosky, due morti suicidi per cause differenti, ma assimilabili, fino ad arrivare al tipico “produci consuma crepa”. La critica al sistema occidentale è fortissima. D’altronde Ferretti non ha mai negato che il loro “filosovietismo” scaturisce più dall’essere anti-americani che da motivazioni ideologiche. Noia inaugura la seconda facciata con un fill di batteria elettronica e basso cupi e minacciosi. Anche qui il testo mette in luce un tema che verrà poi sviluppato meglio nella bruciante Io sto bene: il consumismo sfrenato porta l’individuo ad una devastante sensazione di malessere e monotonia. L’unico modo per sfuggirne è uscire dalla massa (Non studio non lavoro non guardo la tivù Non vado al cinema non faccio sport). Dal punto di vista compositivo, il pezzo parte lento per accelerare velocemente il riff ripetuto e martellante di basso pulsante (io sto bene io sto male) fino ad entrare nel cervello dell’ascoltatore. Il penultimo pezzo del disco è Allarme. Ancora un’atmosfera cupa, che ricorda i Bauhaus, con la voce di Ferretti che recita versi inquietanti che incitano ancora una volta l’individuo all’emancipazione dalla cultura di massa imposta dagli stilemi americani (Muore tutto lunica cosa che vive sei tu). Questo clima si mantiene fino al pezzo che chiude il disco, il più lungo, Emilia Paranoica. Una marcia cupa e un riff acido di chitarra che, in crescendo, fanno da sottofondo ai deliri cantilenati di Ferretti. Il testo è una raccolta di pensieri su quello che circonda il gruppo e delle consuete riflessioni sulla società: da Reggio a Parma da Parma a Reggio a Modena a Carpi a Carpi a Carpi al Tuwat (che è un locale dove i CCCP tennero i loro primi, storici, concerti) , Consumami distruggimi è un po che non mi annoio, Chiedi a settantasette se non sai come si fa (i critici travisarono il significato della parola “settantasette”, imputando loro richiami a certi movimenti sociali, quando invece Settantasette era un punk di quattordici anni che si iniettava, sembra, addirittura Jack Daniel’s in vena!). A questi si aggiungono ricordi del Ferretti assistente sociale in un ospedale psichiatrico: Due tre quattro plegine e Il Roipnol fa un casino se mescolato allalcol (psicofarmaci,così come il Serenase). Il delirio culmina nell’urlo Paranoica! che chiude questo capolavoro di rivolta sociale (i Rage Against the Machine avevano degli antenati anche in Italia..). Per concludere, riporto una frase presente in un volantino che accompagnava il disco alla sua uscita, nel 1985 (anche se alcuni sostengono che l’anno di pubblicazione sia il 1986): “Superfluo quindi augurare un buon ascolto, controproducente addirittura consigliare lalto volume, perché nulla è totalizzante e predefinibile, ed in fondo ciascuno ha il suo karma...” Il resto, è storia,no? Biografia di Claudio Fabretti, Massimo Spezzaferro (ondarock) Cccp / Csi - Il punk sovietico Emancipandosi dai dogmi musicali anglo-americani ed elevando la provincia emiliana a scenario universale, la saga epica di CCCP-CSI ha segnato uno dei momenti fondamentali del rock italiano. Tra manifesti ideologici e inni dolenti, ironia e paranoia, rabbia punk e misticismo orientale. I CCCP nascono nel 1982 a Berlino, dallincontro di Giovanni Lindo Ferretti (voce) e Massimo Zamboni (chitarre). I due si muniscono di drum machine e suonano in giro per la Germania, rifacendosi soprattutto al punk espressionista di Einsturzende Neubauten. Il ritorno in Italia porta lilluminazione. La cultura popolare emilano-romagnola può essere filtrata da etica ed estetica punk. Non si tratta di colte ricerche ma proprio della superficie culturale turistico-godereccia-comunista della regione. Del resto, anche il nome CCCP non inneggia al comunismo sovietico ma ne celebra la pronuncia storpiata da un ipotetico militante provinciale. Quasi anni 50. Quasi Guareschi. I due mettono in piedi degli show, ma limpatto col pubblico non è dei migliori: la complessità e il distacco dei testi e la mancanza di linee melodiche non aiutano. Lidea allora è arricchire lo show con situazioni e personaggi. Così Danilo Fatur e Antonella Annarella Giudici si uniscono alla band.Ora la formazione è al completo: questa è la vera nascita dei CCCP. Nel 1984 esce il primo Ep Ortodossia. E tutto punk e filastrocche elementari urlate su chitarre spigolose a ritmo forsennato: Spara Yuri spara, spera Yuri spera e Islam punk, Islam punk, punk Islam e Islam punk sono i vagiti di questa italianissima creatura che nella sua necessaria violenza ricorda più gli MC5 o gli Stooges che le band inglesi del 77. A Ortodossia segue Ortodossia II che aggiunge a Spara Yuri spara, Islam punk e Live in Punkow, tutte già presenti nel primo Ep, Mi ami che resterà una delle canzoni simbolo della band, con landamento iniziale lento che accompagna nel loro corso gli spermi indifferenti del testo e poi lo scatto in avanti in un hard-core musicale mozzafiato e il primo soliloquio depresso-esistenziale di Ferretti. E una canzone punk italiana, e tutti i ragazzi dell85 ci si possono riconoscere. E quello che non si era (forse) mai visto in Italia: una band che non fosse una scopiazzatura di modelli inglesi e americani. Limpianto ideologico si veste di un bizzarro kitsch est-europeo e si concretizza in manifesti teorici, nei quali i CCCP si dichiarano punk filo-sovietici. I riferimenti più evidenti sono reminiscenze mitteleuropee (soprattutto la scena new wave tedesca, dai Kraftwerk agli Einsturzende Neubauten), punk e proto-punk americano (MC5, Stooges, Ramones), cantautorato italiano (Battiato in primis) e dark britannico (dai PIL ai Bauhaus). Ma i CCCP non sono un clone provinciale di una band inglese o americana: sono una band provinciale italiana che ha storpiato tutto quello che poteva essere canzonetta o ballo liscio e lha tritato in un frullatore punk al massimo dei giri. Sempre nel 1984 arriva lalbum Compagni, cittadini, fratelli, partigiani, che raccoglie i pezzi già presenti sugli Ep e un pugno di altre canzoni. Il suono è casereccio, rozzo e povero, ma dentro ci sono energia da vendere e lesatto contrario dellenergia: canzoni annichilite e annichilenti come la lunga Emilia paranoica, uno dei capolavori della band, in cui una stasi pesante e obesa (una batteria elettronica in quattro e lentissima, accoppiata agli accordi di chitarra in sincrono con il declamato sillabato di Ferretti) improvvisamente inciampa per prendere velocità, come una caduta dalle scale, e poi si blocca immobile per riprendere lossessiva lentezza dellinizio. Cè Morire, con il suo testo reducistico ed emozionato, cè Militanz a mille allora. In sostanza, è un disco ancora acerbo, non tutto è ancora a fuoco: a parte Emilia paranoica e Mi ami, è dichiaratamente un disco di formazione, i testi non sono ancora i proclami di disperazione e ribellione che arriveranno poi, limpianto musicale è ancora troppo lineare, troppo deboli ancora le influenze popolari. Un anno dopo esce 1964-1985. Affinità-Divergenze fra il compagno Togliatti e noi. Del conseguimento della maggiore età . Il disco si apre con una dichiarazione di identità, un urlo CCCP e via, in un mare di feedback, una batteria elettronica che è una pulsazione continua e le parole che sono quelle che non senti altrove fedeli alla linea, anche quando la linea non cè, quando limperatore è malato, quando muore o è dubbioso. Il disco ripropone Morire con il suo arpeggio sospeso e la voce lontanissima che declama Esiste una sconfitta pari al venire corroso che non è mia ma dellepoca in cui vivo e ci sono ancora Emilia paranoica e Mi ami. Tra i brani nuovi, svetta Curami, con il suo tipico giro punk che si interrompe per lasciare solo il bit meccanico della batteria elettronica con la frase Solo una terapia in una pausa sospesa che sembra durare allinfinito, e con un uso straniante dello xilofono. Ma ci sono anche Trafitto, con il suo proclama dapatia (Trafitto sono, trapassato dal futuro, cerco una persona. Fragili desideri, a volte indispensabili, a volte no); Noia, cupa e depressa come da titolo; Allarme, inquieto e improbabile tango dai sussulti prepotentemente rock; Fedeli alla linea, con la sua ritmica sconnessa; Valium, Tavor, Serenase, una trottola esplosiva di violenza inaudita che si spezza di colpo per lasciare il campo a del vero liscio (Romagna mia, Romagna in fiore in puro tre quarti da balera!). Ma cè soprattutto Io sto bene. Questa è la canzone che li identificherà, perché in questo lieve accelerando in quattro quarti cè tutta la provincia italiana e tutta il senso di vuoto degli anni Ottanta (Non studio, non lavoro, non guardo la TV, non vado al cinema, non faccio sport...). A emergere è anche il canto distaccato e straniante di Giovanni Lindo Ferretti, sorta di John Lydon padano, che si rivela forse il primo cantante italiano capace di adattare la propria lingua alle esigenze ritmiche e armoniche del rock. Dal vivo, la band si presenta come un circo sfavillante e decadente, un tempio del kitsch con trampolieri e mangiafuoco, con Fatur (Artista del popolo) che si denuda e Annarella (Benemerita Soubrette) che officia questi riti agnostici. Ma dietro questimmagine istrionica, si inizia a intravedere unombra di misticismo. Passano due anni ed esce il singolo Oh battagliero (1987), con il suo andamento tangheggiante e poi, nello stesso anno, il primo album per una major, la Virgin. Si tratta di Socialismo e barbarie. Lapertura del disco è affidata alla prima cover della loro carriera: A Ja Ljublju SSSR, ovvero linno sovietico con un testo epico originale di Ferretti, una roboante ed echeggiante batteria elettronica e la tagliente chitarra di Zamboni a cantare la melodia. Nel disco, la violenza punk si smorza contro lapparire di un Oriente di facciata, da musicassette dautogrill. E così troviamo Hong Kong, con il suo gocciolare di chitarre in un vuoto pneumatico, Inchallah ça va, con un cantato in francese, e Radio Kabul, che riprende i tempi e le movenze delle danze sufi. Le chitarre distorte e i tempi veloci ci sono ancora, ci sono Per me lo so e Tu menti, linno religioso per organo e voce di Libera Me Domine e soprattutto Rozzemilia, inno disperato e devastato, pieno di amore-odio per la propria terra segnata da quelle cataste di maiali sacrificati. E il disco di passaggio, un lavoro in cui lenergia, la rabbia e la depressione degli esordi iniziano a diluirsi in una inquieta introspezione e in un altrove da film di Salvatores. Il disco suona tutto sommato ancora bene e riesce a stare in equilibrio fra impulsi nativi e nuove fascinazioni. Il passo seguente è spiazzante, un singolo con Amanda Lear, una cover di Tomorrow. Poi viene il 1989 con il nuovo disco Canzoni, preghiere e danze del II millennio - sezione Europa. Più elettronica e meno distorsione: un disco di techno pop. Tutta la forza del gruppo si stempera fra tastierine e scale arabeggianti, anche se linizio è affidato alla poco duttile voce di Ferretti che canta da solo una canzone tradizionale degli alpini Il testamento del capitano. Il disco in sé non è poi brutto, però sembra quasi uno scherzo, come il maccheronico italiano di Uligani dangereux, la sinceramente spiacevole Vota Fatur, blaterata dallo stesso Fatur, o la inutile Reclame, dove su un tappeto di tastiere in stile ambient Annarella presenta i musicisti e i tecnici del gruppo. Il Medio Oriente la fa da padrone in pezzi come E vero , Madre, Le qualità della danza e And the radio plays, a dire il vero solo in questultima sembrando un qualcosa di non totalmente sintetico e di maniera. Per chi volesse trovare qualcosa dei vecchi dischi, restano Fedele alla lira? e Conviene, che negli arrangiamenti elettronici perdono senso e impellenza per restare solo filastrocche. Gli episodi meglio riusciti sono proprio le canzoni che tentano la via di una epica techno-pop: B.b.b., Svegliami e Roco roco rosso. Il gruppo sembra dirigersi verso la sua fine, almeno per come lo avevamo conosciuto. La svolta avviene durante un tour in Unione Sovietica, effettuato nello stesso 1989 insieme ai Litfiba, il gruppo di riferimento per la dark-wave italiana. Da questo tour nasce lultimo disco dei CCCP, quello della svolta e della fine. Epica, Etica, Etnica, Pathos nasce infatti dallincontro di Ferretti e Zamboni con Francesco Magnelli, Ringo De Palma e Gianni Maroccolo, rispettivamente tastiere, batteria e basso degli allora morenti Litfiba, e da una nuova idea della registrazione: andarsene tutti insieme in campagna vivendo in comune e registrare tutto live. Il disco è qualcosa di totalmente nuovo per i CCCP. Cè una diversa competenza strumentale e non ci sono più i sapori di plastica del disco precedente. La violenza e la rudezza dei primi dischi sembrano essersi sì stemperate, ma anche compattate in un suono meno selvaggio e straziato, ma austero e solido. La qualità del suono è decisamente migliorata. Con questo disco nasce una entità nuova, è lultimo lavoro dei CCCP ma in realtà è il primo disco di un gruppo nuovo. Fanno capolino le fisarmoniche e i testi si sbilanciano definitivamente verso il misticismo, le chitarre di Zamboni si addolciscono e per la voglia di distorsione deve fare il suo ingresso nella band Giorgio Canali. Ci sono alcune cose fra le più affascinanti suonate dal gruppo. Aghia Sophia è un collage musicale straniante, che spazia da uninvocazione ecclesiastica (Tedio domenicale, quanta droga consuma. Tedio domenicale, quanti amori frantuma) alle intuizioni brechtiane di Kurt Weill fino a sprazzi folk. Paxo de Jerusalem e Sofia completano il capitolo con continui rimandi alla mistica e al folklore. Depressione Caspica, con le sue chitarre amplissime e taglienti, potrebbe sembrare una Io sto bene suonata a velocità dimezzata; Amandoti è un ¾ liscio popolare con la voce narrante e terribile di Ferretti; Campestre è una improbabile ballata bucolica; in più, ci sono linfinita cavalcata di Maciste contro tutti e il canone Annarella come testamento del gruppo - Lasciami qui lasciami stare lasciami così, non dire una parola che non sia damore - che, sentito dal più devastante e devastato gruppo punk italiano, sinceramente commuove. Così nel 1990 il gruppo, a cui chiunque oggi suoni in Italia deve almeno un piccolo grazie, chiude la sua esistenza. Quello che resta sono sicuramente le parole di Ferretti, con la consapevolezza di non essere per sempre legati alla dimensione cantautorale per esprimere in italiano qualcosa che vada oltre la banalità, e un suono semplice ma dannatamente efficace, che fa della sua povertà la sua maggiore dote, mettendo a nudo le personalità fortissime di quelli che lo hanno creato. Ci sarà una lunga pausa, poi gli stessi attori di questo ultimo disco si reincontreranno e ripartiranno insieme con il progetto CSI. I CCCP si trasformano in CSI (Consorzio Suonatori Indipendenti) nel 1992, in un concerto a Prato. Quello che potrebbe anche sembrare un ironico riflesso della politica internazionale su un gruppo politicizzato si concretizza in un disco collettivo, Maciste contro tutti (con Ustmamò e Disciplinatha). I pezzi sono tutti tratti da Epica Etica Etnica Pathos dei CCCP e non cè nulla di nuovo: si potrebbe trattare di una reducistica reunion ma non è così. Lanno seguente (1993) esce infatti Ko De Mondo. E il vero disco di esordio per la nuova sigla. In formazione entrano stabilmente Gianni Maroccolo, Giorgio Canali, Francesco Magnelli e Ginevra di Marco (cori), mentre abbandonano la compagnia Fatur e Annarella. Dagli ultimi CCCP mutua una certa severa austerità e la modalità di lavoro: tutti insieme in campagna a far crescere suoni e idee. Il disco suona molto asciutto, gli arrangiamenti sono dosati, le chitarre di Zamboni sono molto ordinate e quelle di Canali riscoprono qua e là un uso primitivo del feedback, lontano dal grunge, dalla no wave o dai Sonic Youth, e vicino ai gruppi dei tardi Sessanta, che resta sempre in secondo piano. Ferretti unisce misticismo e pensiero femminile a uno sguardo che dalla provincia italiana abbraccia lEuropa. A tratti apre il disco con potenza e con il monito se divento un megafono mincepperò; Del mondo culla con il piano e taglia con le chitarre una magica amarezza; Fuochi nella notte recupera un sapore di ballata popolare, mentre lipnotica In viaggio è quasi rock da autostrada. Se Celluloide è un piacevole scherzo su un tempo fra il funky e lelettronico, Finestere è sinceramente un po ingombrante con il suo latino e le sue chitarre obese e Intimisto è un monologo faticoso. Il passo successivo è un benvenuto da parte del mainstream pop-rock: un live acustico (come di moda al tempo) da Mtv: In Quiete (1994). Nel disco brillano vecchie gemme dei CCCP che in questa forza, controllata dalla sottile elettricità, vengono fuori con una indiscussa eleganza di scrittura. E così il live si ricorda soprattutto per il tango di Allarme, laccatastarsi di percussioni e distorsioni di Stati di Agitazione, la lineare e danzante Io Sto Bene (che poi così unplugged non sono); la nuova Fuochi nella notte e la vecchia And the radio plays, messe così vicine in scaletta, mostrano la loro discendenza. Seguono molti altri concerti, in cui il gruppo si appropria anche di Noi non ci saremo dei Nomadi in un lento mormorare di tastiere. Bisogna aspettare il 1996 per avere il nuovo disco, Linea Gotica. Dedicato al mito della Resistenza (in particolare quella italiana durante la Seconda guerra mondiale e quella bosniaca di Sarajevo), il disco presenta una ricerca quasi disperata dellintimità. Una ricerca di profondità che si evidenzia con la quasi totale rinuncia alle percussioni, con il rallentamento di tutti i tempi, con la scelta di una uniformità timbrica data dalle chitarre appena distorte e dalle tastiere, che fanno da piccolo organo, il tutto a fare da tappeto alle parole di Ferretti e ai vocalizzi di Ginevra di Marco, senza mai cercare variazioni improvvise o aperture potenti. Quasi fosse una lunga preghiera. In alcuni frangenti il disco raggiunge una grande intensità, e questo proprio nei momenti in cui questo lungo mantra si avvolge su se stesso prendendo respiro, ad esempio nellintrico di archi e chitarre in tempo ternario della splendida Cupe Vampe (sullassedio di Sarajevo) o alla fine del disco (Irata), nel moto circolare della frase pasoliniana ad onta di ogni strenua decisione o voto contrario mi trovo imbarazzato sorpreso ferito per unirata sensazione di peggioramento di cui non so parlare né so fare domande. Da segnalare anche la cupa cover di E ti vengo a cercare, cantata insieme allautore, Franco Battiato, e lipnotica Esco, con cadenze rallentate alla Codeine. In altri momenti, però, il disco scorre pesante e lento (Blu, Io e Tancredi) e non riesce a trovare quella sintesi di spirito e materia così fortemente cercata. La band, che ormai ha in pianta stabile anche Ginevra di Marco e Francesco Magnelli, parte per un viaggio in Oriente e ne ritorna per un nuovo album. Si tratta di Tabula Rasa Elettrificata, (1997). Il disco esce in estate e questo fa sì che nel vuoto di uscite circostante, vendendo poco più dei due precedenti, catapulti i CSI in testa alle classifiche italiane, con oltre 80.000 copie vendute. Che si tratti di calcolo o di casualità, se ne discute a lungo... il rock alternativo italiano conquista i mercati... Ma di alternativo il disco non ha molto. I testi di Ferretti sono i meno interessanti di sempre (Mimporta na sega?), lalbum è super prodotto con strati di chitarre su strati di chitarre e sopra uno sfarfallio continuo di tastiere e piatti nelle parti più potenti, cui si alternano parti quiete guidate dal basso con batteria soft e piccoli respiri di tastiere o di chitarre: un quasi dub senza il coraggio di spingersi in terreni più elettronici. Questa stanca alternanza copre tutto il disco e la distorsione non riesce quasi mai a comunicare quella durezza che forse si cercava. Fanno eccezione il singolo Forma e sostanza, molto trascinante anche se chiaramente orientato alle classifiche di vendita, e lorientaleggiante Ongii, che concede forse i momenti più spirituali dellalbum. Per il resto, è un disco sinceramente imbalsamato, power pop senza neanche il dono della felicità melodica. Sembra una strada da cui è difficile uscire e invece nel 1998 esce La terra, la guerra, una questione privata concerto in onore e a memoria di Beppe Fenoglio, suonato e registrato ad Alba in una chiesa, le cui note di copertina così si concludono Uscirà il 29 gennaio 1998, ci accompagnerà durante il Mimporta na sega tour, ma non ce ne sarà traccia in quei concerti. Verrà ritirato dal mercato il 1° maggio 1998. Non è una questione economica, è una questione privata. E un disco splendido, una gemma purissima e tagliente. Una magica sospensione tiene insieme una architettura sonora semplice che al tempo stesso è leggera e solidissima. Le canzoni, denudate da qualsiasi orpello, mostrano il loro solido scheletro e le loro radici, che siano piantate nello spirito o nella memoria di ognuno, e trovano quello spazio, non dentro di sé ma in mezzo a tutti, che può far parlare di capolavoro. E capolavoro è questo concerto dalle chitarre di Campestre alle tastiere di una In viaggio rallentata e rarefatta, allemozione di risentire Annarella accompagnata solo dal pianoforte, al finale con la ripresa di Guardali negli occhi con la sua ode partigiana e le chitarre di Canali in un feedback delicato quanto straziante. Il disco brilla dallinizio alla fine, e chiude la storia di questa band. Quella frase Se divento un megafono mincepperò diventa la barriera oltre cui non si può andare: il gruppo si spacca fra chi prende impegni per il futuro sempre più stringenti, nuovi dischi, nuovi concerti, libri, e chi vuole un tempo diverso e forse motivazioni diverse per continuare a suonare. Zamboni e Ferretti si lasciano male. Ora i CCCP sono finiti sul serio, usciranno ancora due live postumi che nulla aggiungeranno e nulla toglieranno a quanto fatto dal gruppo. Nel 2001 Ferretti pubblica un disco solista (Co.Dex, 2000), che passa quasi inosservato così come il debutto sotto la nuova sigla Per Grazia Ricevuta (2002), sorta di rimpatriata dei Csi senza Zamboni, improntata a sonorità electro-world, con la produzione di Hector Zazou e il mixaggio dellesperto Peter Walsh (presente anche in The Last Broadcast dei Doves). Ferretti ha intanto vinto la più difficile delle battaglie, sconfiggendo il cancro alla pleura da cui era affetto. Ma tutto lascia pensare che la sua vena artistica sia ormai in declino. A ridestare la nostalgia per i tempi doro di CCCP-CSI provvede il live Montesole, registrazione del concerto, in memoria di Don Dossetti, tenutosi il 29 giugno 2001 nel parco storico di Montesole, che ha portato alla ricostituzione dei CSI nel nuovo progetto dei Per Grazia Ricevuta. Il disco (18 tracce per 72 minuti) presenta vecchi brani dei CCCP, canzoni dei CSI, letture di Ferretti, inediti dei PGR. Tutti i brani, infatti, sono scarnificati, ridotti allosso, rallentati, dilatati, senza percussioni e batteria, suonati perlopiù con lausilio di pianoforte e di una buona dose di effetti elettronici. A trarre giovamento da questi riarrangiamenti sono soprattutto i brani dei CSI e in particolare le tre tracce che aprono il disco. Guardali negli occhi, Unità di produzione, Cupe vampe. Dopo questa prima sequenza di canzoni, il disco si fa frammentario e un po ripetitivo: troppi intermezzi (Libera me domine, Veni Creator Spiritus) e qualche canzone che non dà il meglio di sé nella sua versione edulcorata (Morire, quasi irriconoscibile). Massiccio lutilizzo dellelettronica (che, con la complicità di Hector Zazou, assumerà un ruolo ancora più importante nel loro disco in studio): nella lettura La notte, di Elie Weisel, la voce di Ferretti è accompagnata, e talvolta quasi sovrastata, da suoni techno, mentre in Unità di produzione si può ascoltare addirittura il cantato di Ferretti filtrato col vocoder. Gli inediti (registrati a parte) sono interessanti: P.C. - Popular Correct, urlata, non sfigurerebbe in un disco dei CCCP; 1/365° è una semplice canzone a due voci accompagnata dal solo pianoforte. Seguiranno altri progetti minori, come le due collaborazionidi Ferretti - Iniziali: BCGLF (con Giorgio Barberio Corsetti, 2003) e la composizione di ispirazione sacra Litania (con Ambrogio Sparagna, 2004) - più la nuova produzione targata Per Grazia Ricevuta, Danime e danimali (2004), che segna un ritorno agli assalti rock di qualche anno prima, seppur senza più loriginaria verve. Nel frattempo, Ferretti intraprenderà anche una brillante carriera letteraria, pubblicando, tra gli altri, Fedeli alla linea dai CCCP ai CSI (con Massimo Zamboni e Alberto Campo), Il libretto rozzo dei CCCP e CSI (con Massimo Zamboni e Remo Bonazzi) e In Mongolia in retromarcia (con Massimo Zamboni). Composto dal trio di capisaldi Giovanni Lindo Ferretti, Giorgio Canali e Gianni Maroccolo, l’ultimo atto dei PGR, Ultime notizie di cronaca, non è certo il loro canto del cigno. Piuttosto, dopo partenze (non ultima, quella di Ginevra Di Marco) e soprattutto opere mediocri (l’omonimo e D’anime d’animali, con l’eccezione forse del non indegno live a Montesole), si può parlare di doveroso capolinea per la saga dell’ultima incarnazione musicale di Ferretti e compagnia. Il contenuto delle “Ultime notizie” è ben espresso fin dalla confezione del cd, che preferisce mostrarsi come opera dei tre nomi reduci, più che della band-progetto. In effetti, i tremendi deja vu sovraprodotti a base di elettronica (“Cronaca montana”, “Cronaca di guerra 1”), i clichè new age (“Cronaca del ritorno”, con una nuova riscoperta della drum machine dai tempi dei Cccp, e “Cronaca di guerra 2009”), e le tiritere del cantante (“Cronaca settimanale”), non impressionano il fan più incallito. Il finale di “Cronaca Divina Te Deum” è tanto sorprendente quanto le dichiarazioni filo-clericali di Ferretti. La saga epica di CCCP-CSI ha segnato una tappa decisiva nella storia del rock italiano. Tutta la scena nostrana degli anni Novanta deve qualcosa a Ferretti e compagni. Un ruolo fondamentale, dunque, ma non solo dal punto di vista strettamente musicale. La band emiliana, infatti, è stata per lungo tempo il simbolo di una controcultura musicale, di un attacco irriverente e spietato al sistema, che ha traghettato attraverso due decenni il pubblico alternativo italiano. E alcuni dei loro classici - da Curami a Emilia Paranoica, da Annarella a Cupe Vampe - resteranno tra i massimi traguardi raggiunti dal rock italiano. Contributi di Davide Bassi (Montesole), Michele Saran (Ultime notizie di cronaca)
Posted on: Sun, 03 Nov 2013 21:51:36 +0000

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