Antestor – Omen (Cd 2012 – Bombworks Records) Definirli - TopicsExpress



          

Antestor – Omen (Cd 2012 – Bombworks Records) Definirli geniali, è l’aggettivo giusto per valutare questo settetto norvegese. Ebbene sì, dopo la dipartita successiva all’album “The Forsaken” del 2005, che li aveva fatti annoverare tra le band più influenti del panorama estremo del Metal Cristiano, dopo sette lunghi anni separati, quando sembrava che fossero definitivamente morti (come affermò Ronny, all’epoca dei fatti nei Morgenroede, all’Elements of Rock del 2009, per poi risuonare con la stessa band, sullo stesso palco, due anni dopo), tornano con una nuova line-up, un “tantino” ritoccata, aggiungendo nuovi membri agli originari, per l’appunto, Ronny e Lars; per l’occasione hanno invitato due musicisti ospiti, Jo Einar Sterten Jansen e Morten Sigmund Mageroy, che danno finalmente alla luce l’Album (con l’A maiuscola.) Il più oscuro, il più veloce e aggressivo mai proposto in tutta la loro gloriosa carriera: Omen! Il già citato nuovo album della band, ha superato ogni attesa in fatto di creatività, cambiando in toto il modo di comporre; non più limitato a seguire pedissequamente i canoni classici dell’Unblack, anzi, li hanno personalizzati e arricchiti con innesti folk orchestrali (con tanto di cori), le cui linee melodiche richiamano fortemente la musica popolare della loro terra, che si fonde a un’onda tellurica eretta da ritmiche violente e i riff al fulmicotone. Senza contare anche lo stile del cantato che è stato del tutto rivoluzionato: Ronny Hansen, ha un approccio allo scream più esasperato, al tempo stesso, oscuro, con una vocalità più profonda e incisiva. Un primo esempio evidente di quanto descritto sopra, lo possiamo evincere dall’opener “Treacherous Domain”, brano che apre con un intro dalle atmosfere sulfuree, prepotentemente doom, riff distorti e ritmiche martellanti, di una pesantezza inaudita che impongono un drumming sostenuto, in cui l’esasperata sofferenza espressa dagli scream di Ronny (accorpando cori folk in pulito) trova il suo massimo sfogo; per poi infuriare con vorticosi e veloci uptempo, contornati da blast beat fulminei. E poi, ripartire a tutta velocità, con le rullate macinasassi impresse da “Unchained”, supportate da riff sostenuti e ritmici sempre più incalzanti; nella parte centrale di questo brano, non mancano ritmiche e riff più cadenzati con parti di clean vocals che si amalgamano bene con gli scream furibondi di Ronny Hansen. Durante l’ascolto di questa gemma, non si può rimanere indifferenti a un brano come “The Kindling”, caratterizzato da un lungo e profondo gorgheggio di basso del cantante supportato da un andamento ritmico dapprima rallentato con solo riff monocorde, e, d’improvviso, la sezione ritmica irrompe con una veemenza inaudita portata da un drumming roccioso dai pattern veloci e precisi nell’accelerare e decelerare di ritmo, e infine, parti acustiche molto evocative, cori atavici terminano il tutto. Proseguendo l’ascolto, ancora a sorprenderci, troviamo “Remnants”, caratterizzato da variegati cambi di tempo, il cui riffing work dapprima monolitico, impone le sue improvvise accelerazioni, le scale armoniche abbastanza articolate, tapping vertiginosi dai forti richiami progressive, a un certo punto del brano, con crescendo inarrestabili proposti da una sezione ritmica sempre puntuale. Voci di sottofondo fanno da contraltare al clima già pregno di sofferenza e oppressione, che il cantato esprime in modo chiaro ed evidente. Con “All Towers Must Fall”, si torna (per certi versi) stilisticamente ai canoni classici dell’unblack sinfonico distanziandosi davvero poco dalle contaminazioni sopra citate, ma caratterizzato da frequenti lunghi assoli e saltuari arpeggi (più frequente nel finale), rafforzate da scream & growl laceranti. Proseguendo, si torna a premere il piede… ehm, pardon, il pedale sull’acceleratore con la velocissima “Torn Apart”, che ci porta dopo il suo reboante incedere alla strumentale “Tilflukt”, in cui la presenza dell’Ebow conferisce un effetto particolare alla chitarra acustica di Erik Normann Aanonsen (bassista), portando l’ascoltare a viaggiare con la mente verso le sonorità popolari delle lande norvegesi, a quanto pare, molto care ai nostri. Ultima menzione degna di nota sono le arrembanti partiture di “Benighted”, infarcite dalle stupende note che vengono fuori della tastiera di Niclolas Main Henriksen, il quale erge brevi intermezzi sui rintocchi della batteria di Jo Henning Borven, a sostegno delle chitarre che scandiscono fraseggi moderatamente veloci e avvolgenti. Morale della favola, ogni singolo elemento, svolge un ruolo parimenti indispensabile per la riuscita di questo capolavoro: dalla sezione ritmica sostenuta da Jo (batteria) ed Erik (basso), solida e quadrata, passando per le stupende melodie prodotte dal tastierista Nickolas Main Henriksen, sino al terzetto di chitarristi, composti da Lars Stokstad, Robert Bordevik e Thor Georg Buer le cui trame acustiche sanno infondere ai pezzi un ritrovato vigore. I temi frequenti riguardano per lo più i recessi più oscuri del loro passato, portati alla luce dalla loro profonda esperienza di fede cristiana, morale ed etica. Un dieci e lode doveroso, va al Capitano della nuova ciurma, Ronny Hansen, per aver creduto fino in fondo alla rinascita del progetto Antestor oltre ad aver impartito una ventata di novità alla storica act scandinava.
Posted on: Tue, 05 Nov 2013 11:05:19 +0000

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