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Dipartimento di Scienze Cliniche Veterinarie - Sezione di Clinica Medica Università degli Studi di Napoli “Federico II” Il randagismo canino rappresenta allo stato attuale in Italia una problematica poco risolta e dai complicati risvolti di ordine etico e igienico-sanitario. La normativa preposta al suo controllo è ancora uno strumento poco efficace per la tutela degli animali d’affezione; in particolare essa non garantisce sufficientemente il benessere e la vivibilità dei cani randagi ospitati nei canili comunali o convenzionati. Premessa Il nostro articolo si propone di individuare un insieme di criteri per la progettazione di un canile per cani abbandonati e di realizzarne un progetto. Questa esigenza nasce dall’osservazione diretta di molti canili della Campania e dalla consapevolezza che soltanto in pochi di questi i cani trovino condizioni di vita accettabili. L’impatto che molte di queste strutture danno al visitatore è innanzitutto quello di un grave sovraffollamento e poi di poca attenzione alla qualità di vita degli animali. Questa condizione è innanzitutto correlata ad uno scarso controllo del fenomeno del randagismo: i canili sono sovraffollati perché i nostri centri abitati pullulano ancora di cani randagi. D’altro canto la normativa preposta alla costruzione, gestione e controllo dei canili appare ancora inadeguata a garantire il benessere degli animali ospitati. Il nostro obiettivo dunque non può prescindere da una analisi della normativa vigente in materia di randagismo. Il randagismo: una problematica attuale Il randagismo consiste nella presenza, in un dato territorio, di popolazioni canine che, sfuggite al controllo dell’uomo, trovano nelle condizioni ambientali più svariate la capacità di sopravvivenza e di espansione. La popolazione canina, sia padronale che vagante, ha subito negli ultimi decenni una vera esplosione demografica. In particolare, le mutate condizioni economiche hanno fatto registrare un notevole aumento del numero dei cani padronali, nonché un allungamento della loro vita media, grazie ad un miglioramento dell’alimentazione e delle cure sanitarie. Parallelamente nel 1991, con l’entrata in vigore della legge n. 281,è cessato il ricorso all’eutanasia per il controllo della popolazione dei cani randagi. Di conseguenza si può affermare che la presenza dei cani vaganti sul territorio è un fenomeno relativamente recente, ma che, in pochi anni, ha assunto il peso di una rilevante problematica di ordine etico e sanitario. Della popolazione complessiva nazionale di sei milioni di cani, 730.000 sono randagi e ospitati nei canili, mentre poco meno di 5,3 milioni risultano avere un padrone. La Calabria (77.000 cani randagi e 10.377 ospiti di canili), Campania (69.070 cani randagi e 81.259 ospiti di), Sicilia (68.700 cani randagi e 9.500 ospiti di canili) e Puglia (69.145 cani randagi e ospiti di canili 61.671) sono le Regioni dove la problematica del randagismo è meno risolta; infatti sul loro territorio vivono più di 277.000 cani randagi ( fonte:Ministero della Salute per il biennio 2005-2006). Ciò che di anno in anno non fa altro che alimentare il serbatoio dei cani vaganti è senza dubbio l’abbandono da parte dell’uomo, fenomeno purtroppo frequente soprattutto nel periodo estivo. L’animale domestico è dunque considerato alla stregua di un oggetto, di cui è facile disfarsi quando la cura dello stesso si contrappone alle esigenze, anche le più banali, del proprietario. L’animale, lasciato solo ed in un ambiente sconosciuto, non sempre è capace di procacciarsi il cibo e spesso muore di fame o di sete; allo stesso modo i soggetti abbandonati perchè vecchi o malati non hanno grandi possibilità di sopravvivere. Alla indubbia sofferenza inflitta agli animali dall’abbandono, si aggiungono altre complesse problematiche connesse al randagismo, quali attacchi all’uomo, incidenti stradali, diffusione di zoonosi (Echinococcosi-Idatidosi, Leishmaniosi, ecc.), impatto sulla zootecnia attraverso la predazione diretta e la trasmissione di agenti patogeni al bestiame. Il randagismo è dunque un fenomeno complesso, capillarmente diffuso sul territorio nazionale e ricco di risvolti dalle diverse sfaccettature. Le misure intraprese negli ultimi anni per garantire un maggior controllo sulla popolazione canina non sono state sufficienti, soprattutto perché, nonostante le numerose campagne di sensibilizzazione in merito, il fenomeno dell’abbandono non accenna a diminuire. Il controllo del randagismo: la normativa nazionale Nell’agosto del 1991 lo Stato italiano sancisce il principio della tutela degli animali d’affezione, della salute pubblica e dell’ambiente attraverso la Legge 281 del 14 Agosto 1991. Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo. Tale legge cerca innanzitutto di approntare una serie di provvedimenti per combattere la problematica del randagismo e di stabilire le competenze dei vari enti pubblici presenti sul territorio. Ai servizi veterinari delle “unità sanitarie locali” viene affidato il compito di controllare la popolazione dei cani e dei gatti mediante la limitazione delle nascite. Alle Regioni spetta il compito di disciplinare, con propria legge, l’istituzione dell’anagrafe canina presso i Comuni o le unità sanitarie locali; nelle liste dell’anagrafe è obbligatoria l’iscrizione dei cani padronali e di quelli vaganti detenuti nelle strutture comunali. Le Regioni provvedono anche a determinare i criteri per il risanamento dei canili comunali e la costruzione di nuovi rifugi per i cani; dette strutture sono sottoposte a controllo da parte dei servizi veterinari delle unità sanitarie locali. Ai Comuni, invece, è affidato il compito di risanare i canili comunali esistenti e di costruire rifugi per i cani nel rispetto di quanto sancito con Legge Regionale. Le strutture di cui sopra possono essere gestite da enti e associazioni protezionistiche, sotto il controllo sanitario dei servizi veterinari dell’unità sanitaria locale. Il randagismo: aspetti normativi e operativi in Campania La Regione Campania, in particolare, attua quanto disposto dalla legge 14 agosto 1991, n. 281, con proprio provvedimento legislativo, ovvero con la Legge Regionale n. 16 del 24.11.01. Alle Aziende Sanitarie Locali è affidato il compito di istituire, per ogni territorio di competenza, una anagrafe canina, presso la quale qualsiasi proprietario debba iscrivere il proprio cane entro il termine di 60 giorni dalla nascita o dal possesso del cane. Da ciò si può facilmente dedurre che anche i cani ospitati nei canili pubblici, essendo di proprietà del Sindaco, dovranno essere iscritti presso l’anagrafe e a suo nome. L’anagrafe canina dovrebbe rappresentare uno strumento fondamentale di prevenzione contro l’abbandono; infatti, nel momento in cui un cane viene registrato a carico di una persona o di un Ente, questi ne diviene responsabile a tutti gli effetti, civili e penali. Purtroppo, allo stato dei fatti, e soprattutto nei Comuni più piccoli, dove peraltro il fenomeno del randagismo è più diffuso, molto scarsa è l’iscrizione dei cani di proprietà presso l’anagrafe canina; non esiste infatti un controllo capillare sul territorio da parte delle autorità competenti (peraltro neanche individuate dalla normativa) e non sono state bene individuate sanzioni sufficientemente severe che puniscano i trasgressori. Ne deriva che chi vuole abbandonare il proprio cane può farlo senza incorrere nel reale rischio di essere punito. Altri sono i compiti delle Aziende Sanitarie Locali che: - “predispongono ed effettuano interventi finalizzati alla profilassi delle malattie infettive, diffusive e delle zoonosi nei canili”; - “promuovono ed attuano interventi mirati al controllo demografico dei cani e dei gatti con mezzi chirurgici o con altri mezzi idonei riconosciuti dal progresso scientifico"; - “attivano il servizio di accalappiamento dei cani vaganti ed il loro trasferimento presso i canili pubblici”; - si occupano della gestione sanitaria dei canili pubblici tramite medici veterinari dipendenti o libero professionisti convenzionati. Per gestione sanitaria si intende la fornitura di personale veterinario, di farmaci e parafarmaci, mentre le attrezzature sanitarie e chirurgiche saranno a carico del Comune; - “predispongono presso i canili pubblici un servizio di pronta reperibilità di primo soccorso tramite medici veterinari dipendenti o libero professionisti convenzionati”; - “aggiornano l’anagrafe canina e trasmettono ai comuni, ogni sei mesi, una copia dell’anagrafe stessa”;
Posted on: Sat, 22 Jun 2013 23:34:06 +0000

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