Lincendio di Mosca[modifica | modifica sorgente] Dividi Si - TopicsExpress



          

Lincendio di Mosca[modifica | modifica sorgente] Dividi Si propone di creare una pagina separata, intitolata Incendio di Mosca (1812). Segui i consigli sulla dimensione delle voci. Vedi anche la discussione. Per maggiori informazioni vedi Aiuto:Scorporo. Il generale Kutuzov era riuscito ad evitare una sconfitta campale definitiva ed aveva fortemente indebolito larmata francese, ma la situazione rimaneva difficile, le sue truppe erano provate dalle perdite e le prospettive di una nuova battaglia erano molto incerte; egli quindi, dopo qualche incertezza e confronti vivaci con i suoi generali, alle ore 03.00 del mattino ordinò la ritirata verso Mosca; durante la notte le truppe russe abbandonarono le loro posizioni e iniziarono a ripiegare lungo la strada oltre Možajsk, dove Napoleone entrò con il suo esercito l11 settembre[116]. Il governatore di Mosca, Fëdor Vasilevič Rostopčin. Il 13 settembre 1812 a Fili, nei sobborghi di Mosca, il generale Kutuzov convocò un decisivo consiglio di guerra per prendere le decisioni operative fondamentali; dopo molte discussioni il comandante in capo russo decise di rinunciare a difendere Mosca e, ritenendo impossibile contrattaccare sul fianco destro francese, considerò inevitabile abbandonare la città per conservare lintegrità dellesercito[117]. La ritirata sarebbe stata effettuata inizialmente verso sud-est, lungo la strada di Kolomna, in previsione di avvicinarsi alla fertili regioni del sud della Russia non ancora devastate dalla guerra, e di minacciare le linee di comunicazione francesi. Tutta la notte del 13 settembre e lintero giorno 14 settembre lesercito russo attraversò con ordine e disciplina la città e proseguì lungo la strada di Kolomna; nel frattempo il governatore di Mosca, il conte Fëdor Vasilevič Rostopčin, che aveva approvato il piano del generale Kutuzov, decise di liberare i detenuti e di organizzare la completa evacuazione della città. Mosca, abitata da 250.000 persone, venne abbandonata in massa dalla popolazione per patriottismo e per timore delloccupante, le classi umili se ne andarono con ogni mezzo di trasporto o a piedi, lalta società moscovita lasciò i suoi palazzi e i suoi beni e partì a sua volta dalla città. Dopo lesodo generale, a Mosca rimasero solo 25.000 persone tra sbandati, vagabondi, stranieri, criminali, malati e feriti[118]. Napoleone, alla notizia della ritirata dei russi, si recò il mattino del 14 settembre sulle Colline dei Passeri dove osservò la città e il Cremlino; limperatore parve sollevato e emozionato per aver raggiunto Mosca; egli proseguì con il suo seguito fino alla porta Drogomilov, la via di accesso occidentale lungo la strada di Smolensk, mentre la cavalleria guidata da Murat si diresse con prudenza verso la Moscova, che attraversò a guado, e quindi raggiunse le mura del Cremlino senza trovare alcuna resistenza. Limperatore raggiunse la fortezza il mattino del 15 settembre ed entrò attraverso la torre della Trinità; dopo un primo momento di euforia, Napoleone fu sorpreso e turbato dalla vista delle strade deserte, segno evidente del completo esodo della popolazione e dallassenza di deputazioni cittadine inviate ad accogliere umilmente il conquistatore[119]. Napoleone osserva lincendio dalle mura del Cremlino. Mentre limperatore si stabiliva negli alloggi dello zar nel Palazzo delle Sfaccettature allinterno del Cremlino, i soldati francesi, ugualmente soddisfatti per aver raggiunto la città e sbalorditi per la partenza in massa dei suoi abitanti, entrarono a Mosca e si dispersero in tutti i quartieri. Il primo giorno furono ispezionati i palazzi signorili e si cercò di organizzare confortevoli acquartieramenti. Presto tuttavia la disciplina militare si allentò, e per quanto Napoleone avesse proibito ogni saccheggio, le truppe estenuate dalla sfibrante campagna iniziarono a depredare le case abbandonate mentre per le strade si aggiravano criminali e sbandati[120]. Alle ore 04.00 del 16 settembre Napoleone venne svegliato al Cremlino da una notizia che avrebbe impresso una inattesa svolta agli eventi; un grande incendio era scoppiato in città e si stava diffondendo in modo incontrollabile mettendo in pericolo la stessa sicurezza delimperatore. Napoleone alla vista delle fiamme ebbe espressioni di ammirazione per la grandiosità dellevento che egli attribuì ad una iniziativa dei russi[121]. Nonostante alcuni confusi tentativi di circoscrivere lincendio e la cattura e la fucilazione di saccheggiatori e presunti incendiari, le fiamme continuavano ad estendersi; alle ore 17.30 lo stesso Napoleone dovette abbandonare il Cremlino e rifugiarsi a dieci chilometri di distanza nel Palazzo Petrovskij[122]. Il gigantesco incendio proseguì fino al 18 settembre e distrusse i quattro quinti di Mosca; su oltre 9.200 edifici, in maggioranza in legno, oltre 6.000 andarono distrutti[123]; il Cremlino tuttavia rimase quasi intatto e anche le chiese, situate nelle piazze si salvarono[124]. Lincendio di Mosca. La catastrofe provocò il collasso della disciplina tra le truppe che saccheggiarono disordinatamente le case per appropriarsi i beni disponibili prima che fossero distrutti dalle fiamme; pellicce, sete, argenteria, liquori furono depredati, lubbriachezza e la riottosità si diffusero tra i soldati che irruppero anche nelle chiese per asportarne i tesori; Napoleone rientrò al Cremlino il 18 settembre e cercò di porre la situazione sotto controllo ristabilendo la disciplina per salvaguardare i beni materiali rimasti e permettere un acquartieramento prolungato dellesercito nella città distrutta[125]. Sulle responsabilità dellincendio sembra ormai stabilito che liniziativa di appiccare le fiamme venne direttamente dal governatore Rostopčin che agì senza consultare lo zar o il generale Kutuzov; egli avrebbe diramato precise disposizioni ai suoi subordinati[126] e avrebbe evacuato tutti i mezzi antincendio disponibili per rendere incontrollabili le fiamme[127]. Il gesto è stato interpretato sia come unazione di grande patriottismo per indebolire gli invasori, sia come unazione personale dovuta allemotività e alla instabilità del governatore[128]. Teoricamente lincendio di Mosca non pregiudicava in modo irreparabile la situazione della Grande Armata; lintendente dellarmata Pierre Daru confermò allimperatore che, nonostante le difficoltà, sarebbe stato ancora possibile trascorrere linverno con lesercito nella zona della città distrutta[129], tuttavia Napoleone considerava i grandi problemi che sarebbero sorti se fosse rimasto bloccato a Mosca per sei mesi: le comunicazioni tra i settori dellesercito sarebbero divenute molto precarie durante linverno, i collegamenti erano in misura crescente intralciati dai cosacchi e dai gruppi sempre più numerosi di guerriglieri audaci e agguerriti. Anche se la tradizione storiografica russa ha esaltato in misura eccessiva limportanza e la vastità della resistenza patriottica della popolazione allinvasore, sottolineandone il carattere di resistenza nazionale di tutto il popolo[94], è indubbio che i contadini abbandonarono le terre, distrussero i raccolti, dimostrarono odio verso il nemico, e organizzarono raggruppamenti di partigiani che, guidati da capi abili come Denis Davydov, Jermolai Četverikov e Aleksandr Figner[130], inflissero perdite significative ai distaccamenti isolati e alle pattuglie francesi, rendendo il territorio e le campagne molto pericolose per i soldati nemici[131]. La guerra dei partigiani era spietata e costellata di crudeltà e distruzioni a cui i francesi risposero con rappresaglie, processi sommari e fucilazioni che accrebbero lodio popolare verso linvasore[132]. Il capo guerrigliero russo Denis Davydov. Napoleone considerava inoltre i problemi politici che sarebbero stati causati dalla sua permenenza a Mosca durante linverno; cera il rischio di uninsurrezione in Germania e di torbidi in Francia, in mancanza di notizie certe sulla sorte dellimperatore e dellarmata[94]. Inoltre con il trascorrere del tempo, mentre lesercito francese, isolato in una terra ostile, si indeboliva, larmata russa al contrario si rafforzava, grazie allapporto delle riserve dallinterno e dellafflusso di rifornimenti e materiali. In realtà Napoleone non ebbe fretta di prendere una decisione e sperò fino a metà ottobre di poter risolvere la difficile situazione inducendo lo zar a concludere una pace di compromesso che ricalcasse i trattati di Tilsit[133]. Napoleone a colloquio con lambasciatore Jacques Lauriston, incaricato di aprire le trattative di pace. Limperatore fece tre tentativi per convincere Alessandro a trattare[134], ma lo zar, spronato alla resistenza ad oltranza dai nobili della sua corte e dai consiglieri stranieri esasperati e desiderosi di vendetta dopo linvasione e la distruzione di Mosca, era ormai convinto dellindebolimento di Napoleone e, esaltato dalla possibilità di rappresentare il vendicatore delle nazioni europee oppresse e la guida della crociata contro lanticristo, respinse tutti gli inviti al dialogo[94]. Alessandro, che fin dal 30 luglio aveva con un proclama solenne richiamato nella milizia 230.000 uomini, aveva progettato un ambizioso piano per tagliare fuori e distruggere lesercito francese con il concorrso combinato degli eserciti del generale Wittgenstein, di Kutuzov e dellammiraglio Čičagov[135]. La lettera personale del 20 settembre scritta in tono quasi compassionevole da Napoleone, non fece che rafforzare la sicurezza dello zar; quindi il 4 ottobre lambasciatore Lauriston fu trattenuto da Kutuzov e poté solo trasmettere una nuova lettera allo zar, per mezzo del principe Volkonskij, che Alessandro respinse sarcasticamente dichiarando che la mia guerra è solo allinizio. Infine il 14 ottobre una lettera del maresciallo Louis Alexandre Berthier al generale Kutuzov con la richiesta di interrompere le violenze dei contadini e di combattere una guerra secondo le regole codificate, venne ugualmente respinta dal generale che accusò lesercito francese invasore di essere la causa della esasperazione e della brutalità dei mugiki[136]. Fin dal 30 settembre Napoleone aveva riunito il maresciallo Davout, Murat, il principe Eugenio e il maresciallo Berthier per prendere una decisione sulla prosecuzione della guerra; dopo aver valutato in un primo momento la possibilità di una marcia su San Pietroburgo, limperatore considerò due opzioni principali: rimanere a Mosca per linverno o avanzare verso sud nelle fertili terre lungo la strada di Kiev per affrontare il generale Kutuzov in una seconda battaglia prima di eventualmente ripiegare verso Smolensk[137]. Tuttavia Napoleone lasciò trascorrere altro tempo prima di agire; il clima era ancora mite ma linverno si avvicinava. Egli non prese una decisione fino al 17 ottobre dopo aver inutilmente atteso una risposta del generale Kutuzov al suo terzo tentativo di aprire trattative; Napoleone decise di abbandonare Mosca entro tre giorni e di avanzare verso sud per affrontare lesercito russo lungo la strada di Kaluga[138]. Gli imprevisti eventi del 18 ottobre affrettarono la decisione dellimperatore e inflissero un primo serio colpo alla sua sicurezza e alle illusioni dellesercito francese. La ritirata[modifica | modifica sorgente] « Lesercito avversario sta scappando come nessun altro esercito ha mai fatto nella storia. Abbandona le salmerie, i malati e i feriti » (Considerazione del generale russo di cavalleria Matvei Platov[139]) Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Battaglia di Krasnoi e Battaglia della Beresina. Da Tarutino a Vjazma[modifica | modifica sorgente] La battaglia di Malojaroslavec il 24 ottobre 1812. Il generale Kutuzov, dopo aver abbandonato Mosca, inizialmente aveva ripiegato con il suo esercito verso sud-est lungo la strada di Kolomna, ma nei giorni seguenti decise di deviare verso sud e sud-ovest per imboccare la strada diretta a Tula e Kaluga; questo movimento avvicinava le truppe russe alle loro basi di rifornimento e soprattutto minacciava il fianco destro e le linee di comunicazione dellarmata francese giunta a Mosca. Murat aveva seguito con la sua cavalleria la marcia dei russi, ma quasi subito aveva perso il contatto con il nemico e solo il 26 settembre riuscì ad agganciare nuovamente lesercito russo a cinquanta chilometri a sud di Mosca; il generale Kutuzov continuò a ripiegare fino a Tarutino mentre i francesi si fermarono a Vinkovo. Le due forze rimasero su queste posizioni per tre settimane durante le quali i combattimenti praticamente cessarono e si instaurò una tregua tra le due parti con contatti non ostili che illusero Murat sulla scarsa aggressività dei russi[140]. In realtà il generale Kutuzov continuava nella sua prudente strategia in attesa che il tempo e il clima indebolissero in modo decisivo larmata francese, e mentre i suoi luogotenenti levavano critiche alla sua presunta passività, lesercito russo si rafforzava fino a contare in quel momento oltre 120.000 soldati e 620 cannoni, oltre ai reparti di partigiani che si muovevano nelle campagne. Inoltre erano arrivati ventisei reggimenti di cosacchi del Don che assicuravano al comandante in capo una netta superiorità nella cavalleria e una grande mobilità per attaccare e indebolire progressivamente lesercito francese[141]. Per tacitare i suoi critici, finalmente il 18 ottobre il generale Kutuzov decise di sferrare un attacco limitato contro le avanguardie di Murat, sfruttando il clima di tregua che regnava nel campo francese. Nonostante alcuni errori tattici e organizzativi, ritardi e profondi contrasti allinterno del quartier generale tra Kutuzov e il suo capo di stato maggiore Levin von Bennigsen[142], nella nebbia del primo mattino lattacco russo colse di sorpresa la cavalleria del generale Horace Sébastiani ed anche la fanteria francese fu in difficoltà e dovette ripiegare; Murat riuscì coraggiosamente a superare il panico ed organizzare una ritirata fino a Voronovo, venti chilometri più a nord, e il generale Kutuzov preferì non insistere negli attacchi. La battaglia di Tarutino terminò con la vittoria dei russi e dimostrò la loro maggiore aggressività; soprattutto la sconfitta indusse Napoleone ad accelerare la partenza dellesercito da Mosca per muovere subito verso sud, attaccare il generale Kutuzov e rimediare allo scacco subito[143]. Larmata francese, costituita ancora da 87.000 fanti, 14.750 cavalieri e 533 cannoni[144], lasciò Mosca allalba del 19 ottobre 1812; lesercito era accompagnato da numerosi civili, donne, bambini, prigionieri e soprattutto da oltre 40.000 carrozze e carrette su cui era stato ammassato tutto il bottino raccolto nella città; la marcia, a causa di questo enorme e confuso traino, si trasformò subito, contrariamente ai piani di Napoleone, in una lenta avanzata di un lungo e pesante convoglio. Limperatore aveva deciso che il maresciallo Édouard Mortier sarebbe rimasto con una parte della Guardia a Mosca per completare le distruzioni e far esplodere il Cremlino, prima di ritirarsi a sua volta lungo la strada di Možajsk. La Grande Armata aveva imboccato la strada nuova di Kaluga e inizialmente colse di sorpresa il generale Kutuzov che apprese solo il 22 ottobre della partenza dei francesi da Mosca[145]. Attacco di cosacchi alle truppe francesi in ritirata. Il 23 ottobre le avanguardie russe constatarono la presenza dellesercito francese e il generale Dmitrij Dochturov riuscì con una marcia notturna a raggiungere limportante villaggio di Malojaroslavec dove il 24 ottobre si combatté una sanguinosa battaglia; le truppe del IV corpo del principe Eugenio, in cui si distinsero i reparti italiani del generale Domenico Pino, riuscirono a respingere i russi e a conquistare la cittadina e il ponte sul fiume Luža; i russi persero oltre 7.000 uomini ma nonostante la sconfitta ripiegarono solo di un chilometro lungo la strada mentre le perdite francesi furono di 4.000 uomini. Napoleone apprese tardi della battaglia e non intervenne con le riserve; egli sembrò incerto e depresso. Il mattino del 25 ottobre rischiò addirittura di essere ucciso o catturato da un distaccamento di cosacchi mentre effettuava una ricognizione senza scorta. Durante la giornata raggiunse Malojaroslavec, dove tenne un nuovo e decisivo consiglio di guerra con Murat, il principe Eugenio e i marescialli Davout, Berthier e Jean-Baptiste Bessières[146]. Nel corso della conferenza solo Murat propose, senza molta convinzione, di riprendere loffensiva verso sud e rischiare una nuova battaglia campale; gli altri luogotenenti dellimperatore concordarono invece sulla necessità di ripiegare verso Smolensk; il maresciallo Bessières per primo parlò esplicitamente di ritirata. Napoleone concluse la riunione annunciando la sua decisione di abbandonare la marcia verso Kaluga e di ritornare verso Možajsk per riprendere la strada di Smolensk già percorsa durante lavanzata estiva; limperatore voleva affrettare la ritirata e questa strada diretta consentiva di guadagnare tempo e di rompere il contatto con i russi; inoltre il generale Junot con lVIII corpo era già a Možajsk dove dal 23 ottobre si stava dirigendo anche il maresciallo Mortier con la Guardia imperiale, dopo aver abbandonato Mosca senza essere riuscito a distruggere il Cremlino come ordinato da Napoleone. Tuttavia, percorrendo questa strada, lesercito avrebbe attraversato di nuovo un terreno già devastato dalla guerra e privo di beni materiali e di risorse; le truppe percorsero tristemente a ritroso il cammino e ben presto raggiunsero e superarono il macabro campo di battaglia di Borodino[147]. Il 28 ottobre lesercito francese raggiunse Možajsk; il tempo era nettamente peggiorato, cadde la prima neve, la temperatura discese a -4 °C[148]; Napoleone si mostrò ancora ottimista durante un colloquio con Caulaincourt che invece realisticamente affermò: più linverno avanza, più tutto volgerà a favore dei russi e soprattutto dei cosacchi. In realtà la ritirata si stava già disorganizzando lungo la strada; la colonna si allungava per oltre ottanta chilometri e gli sbandati e i ritardatari, in numero crescente, arrancavano nelle retrovie[149]. Dopo Možajsk alcuni soldati gettarono le armi e molti iniziarono anche a disfarsi del carico di oggetti, beni preziosi, opere darte, libri. I cosacchi stavano diventando un reale pericolo per la colonna; in continuo movimento, apparivano allorizzonte sui fianchi dellarmata e colpivano rapidamente gruppi di ritardatari e reparti francesi colti di sorpresa[150]. Il generale russo Michail Miloradovič. In questa fase della ritirata il generale Kutuzov, che aveva accolto con enorme sollievo la notizia del ritorno dei francesi sulla strada di Možajsk, si limitò a seguire cautamente la colonna nemica marciando con il suo esercito lungo la strada meridionale che da Medyn conduceva a Smolensk. Il generale russo continuò ad adottare una strategia di attesa contando di logorare progressivamente i francesi durante la ritirata, grazie al concorso dellinverno russo e dei partigiani, senza necessità di una grande battaglia campale[151]. Egli continuava ad esaltare nei suoi proclami il carattere patriottico e religioso della guerra contro linvasore[152], ma per il momento marciava sulla strada parallela senza ricercare uno scontro diretto[153]. La sua condotta, lodata da Lev Tolstoj nella sua opera Guerra e pace[154], era invece severamente criticata dai suoi consiglieri stranieri ed anche da alcuni generali russi; essi consideravano il comandante in capo, vecchio, stanco e debole, e reclamavano un grande attacco risolutivo. Lo zar, che peraltro non interveniva nella condotta delle operazioni, consigliava di cordinare i movimenti con le armate del generale Wittgenstein e dellammiraglio Čičagov per bloccare la ritirata nemica[155]. La battaglia di Vjazma dove la retroguardia francese rischiò di essere distrutta. Per tacitare le critiche il generale Kutuzov decise di organizzare un primo tentativo di bloccare la colonna francese a Vjazma, dove si congiungevano le due strade dirette a Smolensk[156]. Con una temperatura di -4 °C e cielo sereno, Napoleone arrivò in questa città con la Guardia il 31 ottobre[153]. Limperatore ripartì dopo una sosta di tre giorni seguito dagli altri corpi, ma prima che fosse arrivata anche la retroguardia francese, costituita dal I corpo del maresciallo Davout. Limperatore aveva criticato il comportamento di questo maresciallo che stava conducendo la marcia della sua retroguardia troppo lentamente; le truppe del I corpo erano ancora a cinque giornate di marcia; Napoleone riteneva il maresciallo Davout ormai stanco e intendeva trasferire al maresciallo Ney il compito di guidare la colonna di coda dellarmata[157]. Il generale Michail Miloradovič passò allattacco il 3 novembre con 20.000 uomini, mentre i cosacchi dellataman Matvei Platov caricavano da est. La situazione dei francesi divenne critica; i gruppi di civili presenti nella colonna si sbandarono; la retroguardia del maresciallo Davout fu salvata dallintervento di due divisioni del IV corpo del principe Eugenio che tornarono indietro e riaprirono il passaggio. I russi ripresero lattacco e sembrò che entrambi i corpi potessero essere distrutti; dopo sei ore di combattimenti, lintervento di una divisione del III corpo, fatta intervenire dal maresciallo Ney, riuscì a disimpegnarli[158]. I francesi ebbero 4.000 morti e feriti e 3.000 prigionieri nella battaglia di Vjazma; il I corpo del maresciallo Davout ne uscì molto provato e venne sostituito alla retroguardia dal III corpo del maresciallo Ney; la catastrofe fu evitata anche per il mancato intervento del grosso dellesercito russo che il generale Kutuzov trattenne a cinquanta chilometri di distanza[159]. Il 5 novembre la colonna francese abbandonò Vjazma e si diresse verso Smolensk dove si sperava di poter riorganizzare e nutrire le truppe grazie ai grandi depositi preparati nella città. Gli sbandati che seguivano i reparti erano in aumento mentre nella notte del 5 novembre riprese a nevicare e la temperatura scese ulteriormente; nei bivacchi cresceva il numero dei soldati trovati morti per il freddo e le sofferenze. La penosa marcia dei soldati francesi ora si svolgeva in mezzo a grandi campagne innevate, punteggiate da boschi di abeti[160]. Da Krasnoi alla Beresina[modifica | modifica sorgente] La Grande Armata nella tormenta. Dopo Vjazma, dove larmata giunse ridotta a 65.000 uomini, la situazione dellesercito francese divenne veramente critica; i cosacchi moltiplicavano le loro incursioni nascosti nei boschi che costeggiavano la strada dove si trascinava la colonna in ritirata; sbandati, ritardatari e pattuglie inviate alla ricerca di cibo e legname, cadevano facile preda di questi temibili cavalieri. I partigiani erano altrettanto pericolosi per i francesi colti isolati in piccoli gruppi nelle campagne; la guerra di questi combattenti irregolari era spietata; i prigionieri venivano torturati e uccisi, i piccoli gruppi terrorizzavano con la loro brutalità i soldati francesi, mentre grosse bande erano in grado di affrontare con successo scontri con interi reparti nemici[161]. Le condizioni dei soldati stavano declinando rapidamente; sempre più uomini morivano di fame e di freddo. Il 7 novembre iniziarono le bufere di neve, con temperature molto basse e scarsa visibilità; per ripararsi dal freddo, i soldati si coprivano con quanto era disponibile: capi dabbigliamento depredati a Mosca, vestiti cinesi e tartari, pellicce da donna, sete, sciarpe, stoffe per avvolgere i piedi, trasformando penosamente laspetto delle orgogliose truppe napoleoniche. In mancanza di viveri, i soldati si nutrivano di carne di cavallo e di verdure avariate, ci furono anche episodi di cannibalismo. Dopo estenuanti marce anche di quattordici ore, le truppe non trovavano alcun riparo dalle intemperie; i feriti erano spesso abbandonati senza cure; i cavalli morirono a migliaia e vennero macellati; di conseguenza dovettero essere abbandonati carri pieni di bottino, e soprattutto gran parte dei cannoni che furono catturati dai russi. La disciplina stava cedendo; disperazione e demoralizzazione si diffondevano tra i soldati. A Smolensk, con una temperatura di -26 °C, arrivarono 41.000 uomini[162]. Napoleone era, in carrozza o a cavallo, in testa alla lunga colonna con la Guardia imperiale, ancora relativamente organizzata; egli non controllava personalmente la marcia delle truppe e dei ritardatari; appariva distaccato, impassibile, rassegnato[163]. Il 9 novembre giunse a Smolensk dove ricevette la pessima notizia che la divisione di riserva del generale Louis Baraguey dHilliers, in avvicinamento da sud-ovest per rinforzare larmata, era stata sorpresa e quasi annientata da un attacco dei partigiani; il generale Jean-Pierre Augereau, fratello del famoso maresciallo, era stato catturato. Il 6 novembre Napoleone aveva appreso dellinquietante episodio della congiura del generale Claude François de Malet a Parigi che, pur rapidamente soffocata, dimostrava la dubbia stabilità del regime in sua assenza[164]. La battaglia di Krasnoi. Inoltre egli era stato informato del peggioramento della situazione anche sulle due ali del fronte. Il generale Wittgenstein a nord aveva riconquistato Polock il 18 ottobre, nonostante la tenace difesa delle truppe del maresciallo Gouvion-Saint-Cyr, e stava discendendo lungo il corso della Dvina[165]; il 7 novembre riconquistò Vitebsk; il maresciallo Macdonald dovette rinunciare al suo inutile assedio di Riga e ripiegare verso il Niemen dove rimase tagliato fuori dalle operazioni principali[166]. A sud anche lammiraglio Čičagov si stava avvicinando e, dopo essersi congiunto con larmata del generale Tormasov, marciava su Minsk[3]. Il generale austriaco Schwarzenberg, intralciato dal corpo di truppe russe del generale Fabian von der Osten-Sacken, stava ripiegando verso Varsavia insieme al VII corpo del generale Reynier[167], lasciando lammiraglio libero di marciare verso nord dove avrebbe potuto mettere in pericolo le linee di comunicazione dellarmata francese[168]. Nelle lontane retrovie francesi il reparto di cavalleria regolare e cosacchi dellaudace colonnello Aleksandr Černyšev fin dal mese di ottobre stava attaccando magazzini militari e reparti isolati dal Granducato di Varsavia alla regione baltica[169]. Napoleone si preoccupò inizialmente soprattutto di bloccare lavanzata del generale Wittgenstein da Vitebsk, e quindi ordinò al maresciallo Oudinot con il II corpo e al maresciallo Victor con il IX corpo, che stazionavano di riserva tra Vitebsk e Orša, di marciare verso nord per contrastare il passo ai russi nel territorio compreso tra la Dvina e il Dniepr[166]. Dal 10 al 12 novembre il grosso dellesercito francese arrivò a Smolensk; il maresciallo Ney aveva condotto il combattimento in retorguardia con grande tenacia per cercare di guadagnare tempo[170], ma il IV corpo del principe Eugenio, che aveva tentato di ripiegare abbandoando la strada maestra e deviando verso Vitebsk, andò incontro al disastro. Attaccati continuamente dai reparti del generale Platov, le truppe francesi e italiane del viceré si disgregarono nel tentativo di passare l8 novembre il fiume Vop ghiacciato e poi lungo il percorso dopo la decisione di ritornare indietro verso la strada di Smolensk. In parte circondate, queste truppe subirono gravi perdite e solo con grande difficoltà i 5.000 uomini superstiti si ricongiunsero con il III corpo del maresciallo Ney e arrivarono a Smolensk il 13 novembre[171]. Napoleone rimase nella città fino al 14 novembre; egli era consapevole della necessità di accelerare la ritirata, nonostante le condizioni deplorevoli delle truppe totalmente esauste, prima che gli eserciti russi da nord e da sud potessero bloccare il passaggio verso ovest. A nord i marescialli Oudinot e Victor erano riusciti per il momento a fermare lavanzata del generale Wittgenstein da Vitebsk, ma a sud lammiraglio Čičagov il 16 novembre prese Minsk, si impadronì dei grandi depositi di rifornimenti francesi che erano stati ammassati in quella città, e continuò ad avanzare verso la Beresina. Nel frattempo anche il generale Kutuzov, arrivato a Elnja con il grosso del suo esercito, sembrava finalmente intenzionato a manovrare per intercettare la linea di ritirata francese a sud del Dniepr tra Smolensk e Orša[172]. Smolensk disponeva di grandi depositi di viveri ed equipaggiamenti su cui Napoleone aveva fatto grande conto per rifornire e riorganizzare le sue truppe, ma la confusione e lindisciplina resero impossibile un regolare approvvigionamento dei soldati. Una parte dei rifornimenti era già stata sprecata, per mancanza di pianificazione, dal comandante di Smolensk, generale Charpentier, che, male informato, non era a conoscenza delle disastrose condizioni dellarmata. Prima i soldati del IX corpo del maresciallo Victor, poi la Guardia imperiale e torme di sbandati assaltarono senza controllo i depositi ed esaurirono in tre giorni tutti i rifornimenti; di conseguenza le colonne che seguivano non trovarono più quasi nulla; la città stessa venne infine devastata e saccheggiata[173]. Napoleone, apparentemente impassibile nonostante le condizioni caotiche della sua armata, decise di ripartire a scaglioni da Smolensk e marciare lungo la riva meridionale del Dnieper fino a Orša; non potendo passare per Vitebsk, occupata dallesercito del generale Wittgenstein, lesercito francese avrebbe quindi dovuto superare lostacolo della Beresina. Larmata contava ancora circa 36.000 soldati, di cui 3.000 cavalieri, ma erano già stati persi 350 cannoni[174]; limperatore avrebbe marciato in testa con la Guardia, mentre il maresciallo Ney avrebbe comandato la retroguardia. La nuova ritirata fu estremamente lenta e faticosa; nelle brevi giornate autunnali, su terreni innevati e strade ghiacciate, la colonna che si estendeva su circa 65 chilometri di lunghezza, procedette con grande fatica e abbandonando ritardatari, feriti e dispersi lungo il cammino[175]. Il maresciallo Michel Ney con i suoi soldati a Krasnoi. Larmata lasciò Smolensk tra il 14 e il 17 novembre, in modo poco coordinato; di conseguenza i vari corpi darmata non riuscirono a rimanere in stretto contatto e si trovarono in grave difficoltà di fronte agli sbarramenti organizzati dallesercito del generale Kutuzov lungo la strada a est di Krasnoi[3]. Il 15 novembre i superstiti dellVIII corpo, guidati dal generale Exelmans, riuscirono a superare uno sbarramento di cosacchi; subito dopo Napoleone con la Guardia imperiale poté passare senza incontrare molta resistenza e raggiunse Krasnoi da dove il generale Sèbastiani con pochi granatieri scacciò la fanteria russa[176]; il 16 novembre invece la situazione dei francesi peggiorò in modo disastroso. Il generale Miloradovič, con 20.000 soldati, tagliò la strada, bloccando la marcia del IV corpo del principe Eugenio che era ripartito da Smolensk solo il 15 novembre preceduto da colonne di sbandati. Bersagliati dal fuoco dellartiglieria russa, gli sbandati, guidati dal generale Guilleminot, rifluirono indietro e alcuni si riunirono ai resti del IV corpo che il principe Eugenio aveva schierato attraverso la strada maestra per fronteggiare i russi del generale Miloradovič[177]. I russi non attaccarono a fondo e il principe riuscì ad evitare unimmediata disfatta. Dopo aver sferrato un attacco disperato per sviare lattenzione del nemico, il viceré ripiegò con i resti del IV corpo nella notte attraverso la campagna e raggiunse in salvo Krasnoi, dopo aver abbandonato il traino con il rimanente bottino di guerra[178]. Napoleone cercò di aiutare il principe Eugenio e impegnò la Giovane Guardia al comando del generale Roguet che respinse il nemico e protesse la ritirata del IV corpo[179]. Il I corpo del maresciallo Davout e il III corpo del maresciallo Ney erano però ancora a est dello sbarramento russo lungo la strada di Krasnoi e la loro situazione era molto grave. Il generale Matvei Platov, comandante della cavalleria leggera russa. Il 17 novembre, mentre il principe Eugenio riprendeva la ritirata con i resti del suo corpo, Napoleone decise di fare entrare in azione lintera Guardia imperiale, sempre risparmiata in precedenza, per cercare di liberare il passaggio a Krasnoi ai corpi darmata isolati; la Guardia, guidata dal maresciallo Mortier, mostrò ancora efficienza e combattività e impressionò il nemico con la sua compattezza e disciplina. Mentre la divisione del generale Claparède difendeva Krasnoi, Mortier e Napoleone con le divisioni della Guardia del generale Roguet e del generale Delaborde marciarono contro il nemico che li attaccava da tre direzioni. La strada di Krasnoi venne riaperta e il I corpo del maresciallo Davout, pur dando segni di disgregazione, riuscì a passare, ma il III corpo del maresciallo Ney sembrava destinato alla rovina. Napoleone, allarmato dalle difficoltà del generale Claparède che rischiava di essere sopraffatto, non poté più rimanere a Krasnoi e diede ordine al maresciallo Mortier di ripiegare a sua volta; le divisioni della Guardia dei generali Roguet e Delaborde, pur molto provate, effettuarono una ritirata combattuta e abbandonarono ordinatamente Krasnoi[180]. Essendo partito in ritardo a causa di un malinteso con il maresciallo Davout, il maresciallo Ney non aveva potuto mantenere il contatto; lasciata Smolensk alle ore 15.00 del 17 novembre, il III corpo trovò le forze russe del generale Miloradovič a Krasnoi nel pomeriggio del 18 novembre; Napoleone era già lontano a Orša e anche il maresciallo Davout non intervenne in aiuto[181]. Nonostante la situazione apparisse disperata, il maresciallo Ney respinse tutti gli inviti alla resa e con i suoi 3.000 soldati trovò il modo di sfuggire alla morsa dei quasi 80.000 uomini radunati dal generale Kutuzov e dal generale Miloradovič sulle colline intorno a Krasnoi[182]. Il maresciallo decise quindi di passare di nascosto sulla riva settentrionale del Dniepr, che era solo parzialmente gelato, e fuggire verso ovest lungo quella riva. Dopo aver attraversato con grandi difficoltà il fiume, il 21 novembre il maresciallo Ney riuscì a raggiungere, insieme a 925 superstiti, la città di Orša e ricollegarsi con le truppe del principe Eugenio[183]. Napoleone, già 32 chilometri più a ovest, mostrò grande sollievo per la salvezza del maresciallo Ney, nonostante la quasi completa distruzione del III corpo. Il maresciallo Davout venne criticato per il mancato soccorso alle truppe del maresciallo Ney[184]. La battaglia di Krasnoi, confusa e drammatica, era durata tre giorni ed era costata gravi perdite ai francesi che ebbero 10.000 morti, i russi catturarono 20.000 uomini e 200 cannoni; il generale Kutuzov si ritenne soddisfatto dei risultati raggiunti, nonostante le nuove critiche ricevute da alcuni suoi generali; egli riteneva indispensabile non affaticare in modo disastroso le sue truppe nellinseguimento e considerava ormai raggiunta la vittoria[185]. Il 19 novembre il grosso dellarmata francese ripartì per Orša che Napoleone con la Guardia raggiunse il 20 novembre[186]; il nuovo ostacolo alla ritirata era ora rappresentato dal fiume Beresina. Catastrofe finale della Grande Armata[modifica | modifica sorgente] La ritirata dellesercito francese. Dopo il 20 novembre anche Napoleone sembrò più pessimista sullesito della campagna; il 23 novembre disse a Caulaincourt che la situazione si sta facendo molto grave; due giorni prima aveva appreso della caduta di Minsk e dellavvicinamento da sud dellammiraglio Čičagov con 30.000 uomini. Egli sperava tuttavia di poter contare sui 20.000 soldati ancora efficienti del II corpo del maresciallo Oudinot e del IX corpo del maresciallo Victor e, dopo aver superato la Beresina, sulle guarnigioni e sui depositi ammassati tra il Niemen e la Vistola. Limperatore prese la decisione, per agevolare la marcia, di liberarsi di tutto lequipaggiamento inutile ed anche di bruciare tutte le barche da ponte[187]; egli credeva che i marescialli Victor e Oudinot fossero in grado di difendere i ponti di Borisov e prevedeva di attraversare in quel punto il fiume. In realtà fin dal 21 novembre i russi si erano impadroniti di Borisov e dei ponti sulla Beresina; lammiraglio Čičagov era avanzato da Minsk con il suo esercito diviso in tre colonne e, dopo aver sopraffatto laspra resistenza dei polacchi del generale Jan Henryk Dąbrowski, aveva conquistato la cittadina e i ponti. Lammiraglio sembrava ottimista e, convinto di poter bloccare i francesi, diramò un proclama alle sue truppe in cui spronava a catturare Napoleone in persona e ne tratteggiava le fattezze fisiche che permettessero di identificarlo. Nel frattempo il generale Wittgenstein che aveva riconquistato Polock il 18 ottobre respinse i marescialli Gouvion-Saint-Cyr e Victor fino al fiume Ulla; il 22 novembre si rimise in marcia verso sud con 40.000 soldati[188]. Ma i francesi reagirono a queste minacce sui fianchi; il maresciallo Oudinot accorse alla Beresina con le sue truppe e contrattaccò subito il 22 novembre, sorprese lavanguardia russa e riconquistò la cittadina di Borisov sulla riva orientale del fiume; i russi ripiegarono sulla riva occidentale, bloccando lattraversamento del fiume, dopo aver incendiato i ponti[189] indispensabili per passare sulla riva occidentale, dato che, a causa del disgelo provocato da un temporaneo aumento delle temperature, la Beresina non era più ghiacciata. Il 24 novembre Napoleone apprese del disastro a Borisov; per alcuni giorni dopo aver lasciato Orşa la situazione dellarmata era sembrata migliorare, grazie anche agli abbondanti rifornimenti trovati in quella città, anche se la marcia nel fango che si formò per limprovviso disgelo fu molto faticosa. Sulla riva orientale della Beresina i superstiti e gli sbandati si congiunsero finalmente con i soldati relativamente freschi del II e del IX corpo che rimasero impressionati dalle miserabili condizioni dei loro commilitoni. Limperatore mantenne una fredda lucidità anche in questa drammatica situazione; nonostante la distruzione dei ponti a Borisov e la mancanza di materiali, egli decise di studiare un piano per trasportare in salvo oltre il fiume i suoi soldati[190]. Il passaggio della Beresina. Per evitare la trappola dei tre eserciti russi convergenti da nord, sud ed est, Napoleone contava anche sulle esitazioni del generale Kutuzov e degli altri comandanti russi molto prudenti e ancora intimoriti dalla sua reputazione di condottiero formidabile; in particolare Kutuzov si era fermato a Kopys con il grosso delle sue forze per riorganizzare e far riposare le truppe, e aveva mandato avanti solo il contingente del generale Miloradovič, preceduto a sua volta da una colonna volante partita allavanguardia il 19 novembre al comando del generale Aleksej Ermolov[191]. La sera del 24 novembre limperatore venne informato della presenza di un possibile punto di passaggio sulla Beresina non occupato dai russi a nord di Borisov, nel villaggio di Studienka; egli decise quindi di attraversare in quel punto il fiume. I soldati del II corpo del maresciallo Oudinot occuparono subito Studjenka e il generale del genio Jean Baptiste Eblé venne inviato sul posto per costruire i ponti necessari alle truppe[192]. I 30.000 uomini del generale Wittgenstein erano a 20 chilometri di distanza a nord; il grosso dellesercito del generale Kutuzov era ancora sul Dniepr a oltre 150 chilometri dalla Beresina, mentre lammiraglio Čičagov aveva disseminato le sue truppe lungo la riva occidentale[193]. Napoleone, dopo il rinforzo del II e del IX corpo, disponeva di circa 40.000 soldati efficienti e di un numero molto elevato di sbandati; i piani dellimperatore prevedevano di ingannare lammiraglio Čičagov con una serie di finte a Borisov e quindi attraversare di sorpresa a Studienka; il maresciallo Victor avrebbe dovuto trattenere le truppe del generale Wittgenstein, mentre il maresciallo Davout avrebbe controllato un eventuale avanzata del generale Kutuzov da est[194]. La notte del 25-26 novembre Napoleone arrivò con i suoi soldati a Studienka; i russi non individuarono subito questo movimento e trattennero le loro forze intorno a Borisov, dando tempo ai francesi di organizzare il passaggio della Beresina[195]. Dal mattino del 25 novembre il generale Eblé aveva dato inizio alla costruzione dei ponti; grazie alla sua energia e al coraggio dei suoi uomini del genio, furono costruiti due ponti su cavalletti servendosi del legno delle case del villaggio; alle ore 15 del 26 novembre il primo ponte venne completato e alle ore 16.30 terminarono i lavori anche del secondo[196]. La maggior parte dei 400 genieri impegnati morirono assiderati lavorando nellacqua. Dopo il passaggio del II corpo del maresciallo Oudinot, entro la sera attraversarono la Beresina anche i reparti del maresciallo Davout e del principe Eugenio; si crearono ritardi e difficoltà a causa del crollo del secondo ponte e i genieri dovettero sacrificarsi continuamente per risolvere i problemi tecnici, mentre i soldati passavano penosamente il fiume[197]. Il maresciallo Claude Victor. Napoleone con la Guardia imperiale, Murat con gli ultimi cavalieri e i superstiti del corpo del maresciallo Ney passarono la Beresina il 27 novembre; limperatore controllò la marcia allinizio del ponte e apparve molto calmo. Il 28 novembre i russi passarono finalmente allattacco sulle due rive del fiume per bloccare gli attraversamenti e distruggere lesercito francese; il generale Wittgenstein, ancora ignaro della situazione a Studienka, si diresse verso Borisov e durante lavanzata incontrò la divisione francese del generale Louis Partouneaux che venne accerchiata e infine costretta alla resa; 4.000 francesi caddero prigionieri[198]. Sulla riva occidentale del fiume lammiraglio Čičagov attaccò in forze il 28 novembre ma i suoi attacchi vennero respinti dalle truppe del maresciallo Oudinot e del maresciallo Davout; sulla riva orientale fu invece il maresciallo Victor che rimase fino allultimo con il IX corpo e trattenne lavanzata verso i ponti delle truppe del generale Wittgenstein e del generale Ermolov, arrivato il 27 novembre con la sua colonna volante[199], precedendo il grosso dellesercito del generale Kutuzov. Il maresciallo Victor riuscì, durante la notte del 28 novembre, ad attraversare a sua volta il fiume sui ponti che alle ore 10.00 del mattino del 29 novembre il generale Eblé diede ordine di incendiare, sacrificando i ritardatari[200]. Sulla riva orientale erano rimasti circa 12.000 sbandati che cercarono di passare nella più grande confusione sui ponti in fiamme; la maggior parte annegò o rimase uccisa nella fase finale della battaglia[201]. Pittura Nel 1812, di Illarion Pryanishnikov. Circa 30.000 soldati attraversarono la Beresina, di cui circa 20.000 truppe combattenti, con i quali Napoleone continuò subito verso Vilna, passando per Zembin; nonostante la riuscita manovra dellimperatore che permise di evitare una disfatta definitiva grazie anche alle esitazioni dei generali russi, le perdite francesi nella battaglia della Beresina furono molto elevate: circa 25.000 morti, dispersi e prigionieri tra le truppe combattenti e quasi altrettanti sbandati[202]. Nonostante il sollievo delle truppe per lo scampato pericolo, le sofferenze dei superstiti della Grande Armata non erano affatto terminate, al contrario lultima parte della ritirata fu la più difficile e penosa per i soldati. La marcia continuò dalla Beresina a Vilna per 250 chilometri e poi per altri 60 chilometri fino a Kovno[203]; il clima colpì duramente le truppe: mentre nella prima parte della ritirata le temperature erano state relativamente miti e si erano avuti solo tre giorni di gelo, nellultima fase ve ne furono ventidue consecutivi[204]. La temperatura che oscillò tra i -20 e i -30 °C, la neve e il vento completarono il disfacimento dellesercito. Dopo una settimana di marcia verso Vilna, solo 13.000 soldati erano ancora in grado di combattere; le truppe avanzavano in silenzio, ancora disciplinate, cercando di non addormentarsi nei bivacchi per evitare lassideramento[205]; Napoleone marciava a piedi o a cavallo, circondato dai suoi aiutanti e dai marescialli[206]. Il 2 dicembre Napoleone e i superstiti raggiunsero Molodechno e la strada principale che deviava verso Vilna; limperatore decise finalmente di informare la Francia, dove si era alloscuro del reale andamento della campagna. Venne quindi redatto il famoso 29° Bollettino della Grande Armata in cui Napoleone cercava di delineare un quadro edulcorato, ma tuttavia sufficientemente chiaro, dellesito disastroso dellimpresa. Il Bollettino si dilungava su alcuni successi, imputava le difficoltà soprattutto al clima invernale, lamentava la grande perdita di cavalli e si manteneva molto reticente sulla sorte dei soldati; tuttavia parlava di spaventosa calamità e di armata orribilmente stremata: Il 29° Bollettino si concludeva con rassicuranti parole sullottima salute dellimperatore, allo scopo di tranquillizzare i funzionari dellimpero ed evitare il diffondersi di notizie incontrollate[207]. Carte delle operazioni durante la ritirata della Grande Armata. La ritirata continuava; a Molodechno il maresciallo Ney e poi il maresciallo Victor trattennero le forze dellammiraglio Čičagov e poi si diressero a Smorgon dove appresero la decisione finale di Napoleone. Egli, preoccupato della solidità del regime e del sistema di alleanze e temendo il panico a seguito delle notizie diffuse dal 29° Bollettino, riteneva indispensabile abbandonare larmata e ritornare alla massima velocità a Parigi per consolidare la situazione politica, tranquillizzare gli animi e organizzare un nuovo esercito. Dopo unultima riunione il 5 dicembre, in cui la maggioranza dei partecipanti consigliò allimperatore di partire, Napoleone lasciò larmata insieme a Caulaincourt, Duroc e Agathon Fain, affidando il comando in capo a Gioacchino Murat[208]. Egli partì in segreto da Smorgon alle ore 22.00 del 5 dicembre con la scorta di uno squadrone di cacciatori a cavallo della Guardia e di uno squadrone di cavalleria polacca; a Vilna questi reparti furono sostituiti dai cavalleggeri della Guardia reale napoletana[209]. Napoleone evitò Vilna e si diresse in carrozza a Kovno e poi a Głogów dove salì con Caulaincourt su una slitta con cui proseguì il resto del rapido viaggio. Il 10 dicembre raggiunsero Varsavia, entrarono a Dresda il 13 dicembre, il 16 dicembre passarono il Reno a Magonza e il 18 dicembre arrivarono nel massimo segreto a Parigi[210]. Nel frattempo Murat aveva perso definitivamente il controllo della situazione; il 6 dicembre la temperatura scese a -30 °C, le truppe si disgregarono completamente, circa 20.000 soldati morirono per il freddo e le sofferenze lungo la strada tra Smorgon e Vilna, tra cui buona parte degli uomini della divisione fresca del generale Louis Henri Loison[211]. I superstiti raggiunsero Vilna l8 dicembre; le truppe senza controllo saccheggiarono i cospicui depositi di rifornimenti e persero ogni coesione e disciplina[212]. Murat ripartì già il 9 dicembre e circa 10.000 soldati ripresero la ritirata verso Kovno; il maresciallo Ney difese coraggiosamente il ponte sul Niemen e coprì le spalle della colonna con la retroguardia; infine il maresciallo si ritirò a sua volta dopo aver incendiato il ponte; i suoi uomini furono gli ultimi soldati francesi ad abbandonare il suolo russo il 14 dicembre 1812[213]. Circa 10.000 soldati si trascinarono fino a Königsberg, seguiti nelle settimane seguenti da altri 40.000 sbandati e dispersi in piccoli gruppi[3]; sui fianchi dellarmata principale che aveva marciato fino a Mosca, il maresciallo Macdonald ripiegò alla metà di dicembre verso Tilsit con 7.000 francesi e 17.000 prussiani, mentre i generali Schwarzenberg e Reynier si erano già ritirati sul Bug con 35.000 soldati[214]. La campagna di Russia era finita e la Grande Armata era ormai distrutta. Bilancio e conseguenze[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Sesta coalizione. Le perdite della Grande Armata in Russia furono catastrofiche ed ebbero uninfluenza irreversibile sullequilibrio militare in Europa; secondo Georges Lefebvre Napoleone ebbe circa 400.000 morti e dispersi e 100.000 prigionieri[3]; David G. Chandler parla invece di 370.000 morti e dispersi e 200.000 prigionieri, tra cui 48 generali e 3.000 ufficiali; oltre alle perdite umane, disastrose furono anche le perdite materiali subite dallesercito; i francesi riportarono indietro dalla Russia solo 250 cannoni, i russi affermarono di averne catturati 925; gravissima fu anche la perdita per i francesi di oltre 200.000 cavalli che privò la cavalleria napolenica dei mezzi per ritornare alloriginaria potenza nelle successive campagne di guerra[215]. Un grafico di Charles Joseph Minard che mostra la disastrosa riduzione degli effettivi della Grande Armata nella sua marcia verso Mosca e nella ritirata: il percorso beige indica landata da Kovno a Mosca, quello nero il ritorno, e lo spessore indica la quantità di uomini vivi. Vengono mostrate anche le temperature rilevate in gradi Réaumur. Nonostante le dimensioni del disastro in Russia, tuttavia limperatore, alla partenza da Smorgon, non era affatto rassegnato alla sconfitta; rimaneva invece fiducioso e considerava la situazione ancora rimediabile; ritornando subito a Parigi, egli era intenzionato a organizzare un nuovo esercito per riprendere la guerra in primavera. Limperatore si illudeva della fedeltà allalleanza di Prussia e Austria e riteneva inoltre che Murat, sfruttando lindebolimento anche dei russi, sarebbe riuscito a resistere almeno sulla linea della Vistola[216]. Effettivamente anche lesercito russo era esausto dopo la durissima campagna; le sue perdite, secondo David G. Chandler, erano state di almeno 150.000 morti e dispersi e un numero doppio di feriti e malati a causa della guerra[217]; larmata del generale Kutuzov contava a metà dicembre solo 42.000 soldati, il generale Wittgenstein disponeva di 35.000 soldati, mentre lammiraglio Čičagov ne aveva ancora 24.000[218]. Inoltre il generale Kutuzov, stanco e malato, riteneva esaurito il suo compito dopo la liberazione della patria e non attraversò subito la frontiera. Fu lo zar Alessandro che, sollecitato dai suoi consiglieri a liberare i popoli europei dal dominio napoleonico e desideroso di assumere il ruolo eroico di salvatore della cristianità, decise, giunto il 23 dicembre a Vilna insieme a Nesselrode, di continuare la guerra ed entrare in Polonia[216]. Cattedrale della Vergine di Kazan a San Pietroburgo dove sono scolpite le vittorie russe contro Napoleone La missione di Murat divenne quasi impossibile anche a causa della defezione della Prussia, innescata dalla decisione del generale Yorck di abbandonare le truppe del maresciallo Macdonald e passare nelle file russe con i suoi 17.000 soldati dopo aver concluso il 30 dicembre 1812 la convenzione di Tauroggen. Alla fine di gennaio 1813 anche il generale Schwarzenberg ritirò le sue truppe dal fronte scoprendo il fianco destro dello schieramento francese; Murat e il principe Eugenio, che prese il suo posto al comando dopo la decisione del re di Napoli di rientrare precipitosamente nel suo regno, non furono quindi in grado di difendere il Granducato di Varsavia che venne subito invaso dai russi. Le scarse forze francesi abbandonarono Varsavia e ripiegarono sulla linea dellOder, da dove ben presto dovettero ritirarsi ancora in attesa dellarrivo dei rinforzi organizzati in Francia di Napoleone[219]. Nella primavera del 1813 limperatore, nonostante le catastrofiche perdite in Russia e limpegno di 200.000 uomini in Spagna, fu ancora in grado di organizzare un nuovo esercito di oltre 300.000 soldati che, pur costituito principalmente da giovani coscritti inesperti, si batté bene nella campagna di Germania. Tuttavia le perdite di soldati e ufficiali esperti subite in Russia furono irreparabili e impedirono un nuovo amalgama tra coscritti e veterani che era il punto di forza degli eserciti francesi della Rivoluzione e dellImpero[220]. Alla battaglia di Lipsia Napoleone venne sconfitto e costretto ad abbandonare la Germania; dopo la campagna di Francia del 1814 limperatore sarebbe stato infine costretto ad abdicare. Sulle cause della catastrofe della Grande Armata, Napoleone nel 29° Bollettino e poi nel Memoriale di SantElena ricondusse la rovina della sua impresa quasi esclusivamente al precoce clima invernale russo che avrebbe debilitato le truppe e trasformato la campagna di Russia in un disastro[204]. Questa interpretazione tradizionale fu ripresa dalle testimonianze e dai primi storici francesi; Philippe-Paul de Ségur, partecipe e primo grande storico dellimpresa, spiegò la catastrofe anche evidenziando le precarie condizioni di salute di Napoleone, che ne avrebbero pregiudicato lattività e la risolutezza, e facendo riferimento a fattori esterni come il destino avverso e la mancanza di fortuna[221]. Queste analisi ottocentesche sono state criticate dallanalisi storiografica più recente. Jean Tulard sottolinea come solo nellultima fase, dalla Beresina a Vilna quando già il disastro era completo, ci fu un clima veramente invernale con temperature estreme[204], mentre David G. Chandler evidenzia come la decimazione della Grande Armata iniziò subito e che lavanzata durante il periodo estivo fu altrettanto sfibrante e micidiale per le truppe francesi della fase di ritirata. Lo storico militare britannico identifica le cause della disfatta in primo luogo nelle enormi difficoltà logistiche di unavanzata in profondità in Russia e nei problemi di trasporto e di rifornimento; egli inoltre rileva errori tattici e incertezze strategiche di Napoleone, alcune sue esitazioni ed un decadimento in alcune fasi della campagna delle sue grandi capacità intellettuali e della sua energia fisica[222]. Nella storiografia russa invece è sempre stato dato grande rilievo alla resistenza patriottica della popolazione che distrusse il territorio davanti allavanzata francese e abbandonò i villaggi, alla guerra dei partigiani nelle campagne e alle scelte tattiche e strategiche dei generali russi ed in particolare del maresciallo Kutuzov[204]. La campagna di Russia ebbe una importanza decisiva nella storia europea e segnò la rovina dei progetti di Napoleone e del suo sistema di dominio; per le sue catastrofiche dimensioni e per le sue caratteristiche la sconfitta è diventata nel tempo un evento quasi mitico dellepopea napoleonica; paradossalmente la grandiosità degli eventi e della disfatta hanno accresciuto, anziché diminuito, la fama e il valore del percorso storico quasi leggendario dellimperatore[223][224]. Note[modifica | modifica sorgente]
Posted on: Sun, 24 Nov 2013 19:35:35 +0000

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