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( nona parte ) Ma quanto detto finora, Venerabili Fratelli, in gran parte dipende dall’accurata preparazione, sia remota, sia prossima, degli sposi al matrimonio. Non si può infatti negare che tanto il saldo fondamento dell’unione felice, come le rovine delle unioni disgraziate, si vanno preparando e disponendo nel cuore dei fanciulli e delle fanciulle sin dalla loro puerizia e giovinezza. È da temere che coloro che nel tempo precedente alle nozze, dappertutto non cercavano che se stessi e le proprie comodità, e solevano accondiscendere ai propri desideri, anche se turpi, giunti poi al matrimonio, siano poi tali quali erano prima, e che abbiano poi a mietere ciò che hanno seminato [88]: vale a dire che abbiano a ritrovare tra le mura domestiche tristezza, pianto, disprezzo scambievole, litigi, avversione di animo, noia della vita coniugale, e, ciò che è peggio, abbiano a trovare se stessi con le proprie sfrenate passioni. I futuri sposi dunque si presentino al matrimonio ben disposti e ben preparati, perché possano a vicenda porgersi il dovuto conforto nelle vicende tristi e liete della vita, e molto più nel procurarsi la salute eterna e nel formare l’uomo interiore nella misura dell’età piena di Cristo [89]. Ciò servirà loro di aiuto a dimostrarsi veramente tali verso la loro diletta prole, quali Iddio vuole che siano i genitori verso i loro figli: cioè un padre che sia veramente padre, una madre che sia veramente madre; sicché, grazie al loro pio amore e alle loro cure assidue, la casa paterna diventi per i figli, anche nella povertà più dura, in questa valle di lacrime, quasi un’immagine di quel paradiso di letizia, dove il Creatore dell’uman genere aveva collocato i nostri progenitori. Anche per questo avverrà che dei figli sapranno fare degli uomini perfetti e dei perfetti cristiani, imbevuti dello schietto sentimento della Chiesa cattolica, e infonderanno loro quel nobile amore e sentimento di patria ch’è richiesto dalla pietà e dalla riconoscenza. Pertanto, sia coloro che pensano di contrarre un giorno questo santo connubio, sia coloro che hanno cura dell’educazione della cristiana gioventù, facciano grandissimo conto di questo avvenire, lo preparino lieto e impediscano che sia triste, tenendo in mente gli ammonimenti da Noi dati nell’Enciclica sopra l’educazione: « Sono dunque da correggere le inclinazioni disordinate, da promuovere e ordinare le buone sin dalla più tenera infanzia, e soprattutto si deve illuminare l’intelletto e fortificare la volontà con le verità soprannaturali e i mezzi della grazia, senza i quali non si può né dominare le perverse inclinazioni né raggiungere la debita perfezione educativa della Chiesa, compiutamente dotata da Cristo della dottrina divina e dei Sacramenti, mezzi efficaci della grazia » [90]. Rispetto poi alla preparazione prossima di un buon matrimonio è di somma importanza la diligenza nella scelta del coniuge; da essa infatti dipende molto la felicità o l’infelicità futura del matrimonio, potendo l’un coniuge essere all’altro di grande aiuto a condurre nello stato coniugale una vita cristiana, oppure di grande pericolo ed impedimento. Affinché dunque non abbia per tutta la loro vita da scontare la pena di una scelta inconsiderata, chi desidera sposarsi sottoponga a matura deliberazione la scelta della persona con la quale dovrà poi sempre vivere; ed in siffatta decisione abbia anzitutto riguardo a Dio ed alla vera religione di Cristo, indi a se medesimo, al coniuge, alla futura prole, come pure alla umana e civile società, la quale dal matrimonio nasce come da propria fonte. Implori con fervore il divino aiuto, perché possa scegliere secondo la cristiana prudenza, e non già spinto dal cieco e indomito impeto della passione, o dal mero desiderio di lucro, o da altro men nobile impulso, bensì da vero e ordinato amore, e da sincero affetto verso il futuro coniuge, cercando nel matrimonio quei fini appunto per i quali esso fu da Dio istituito. Non tralasci infine di richiedere il prudente consiglio dei genitori sulla scelta da fare; anzi, di questo faccia gran conto, affinché mediante le loro maggiore esperienza e matura conoscenza delle cose umane, abbia ad evitare dannosi errori, e ottenga pure più copiosamente, nel contrarre il matrimonio, la divina benedizione del quarto comandamento: «Onora il padre e la madre tua (che è il primo comandamento della promessa): affinché tu sia felice e viva lungamente sopra la terra » [91]. E poiché non di rado l’esatta osservanza della legge divina e l’onestà del matrimonio sono esposte a gravi difficoltà, quando i conıugi sono oppressi dalla scarsezza dei mezzi e dalla grande penuria di beni temporali, bisognerà certamente, nel miglior modo possibile, venire in aiuto delle loro necessità. Ed in primo luogo dovrà con ogni sforzo procurarsi quanto fu già sapientissimamente decretato dal nostro predecessore Leone XIII [92], cioè che nella civile società le condizioni economiche e sociali siano così ordinate, che ogni padre di famiglia possa meritare e lucrare quanto è necessario al sostentamento proprio, della moglie e dei figli, secondo le diverse condizioni sociali e locali, « poiché è dovuta all’operaio la sua mercede » [93], e il negarla o il non darla in equa misura è commettere una grande ingiustizia, che dalla Sacra Scrittura viene annoverata tra i massimi peccati [94]. Così pure non è lecito pattuire salari tanto esigui, che non siano sufficienti per le condizioni dei tempi e le circostanze in cui si trova la famiglia da sostenere. Occorrerà tuttavia provvedere che gli stessi coniugi, già molto tempo prima di contrarre matrimonio, rimuovano gli ostacoli materiali, o procurino almeno di diminuirli, lasciandosi istruire da persone esperte sul modo di riuscirvi efficacemente, nonché onestamente. Se essi da soli non bastano, si provveda con l’unione degli sforzi delle persone di simili condizioni, e mediante associazioni private e pubbliche, ai modi di soccorrere alle necessità della vita [95]. Allorché poi i mezzi fin qui indicati non riescano a pareggiare le spese, soprattutto se la famiglia è piuttosto numerosa o meno capace, l’amore cristiano per il prossimo richiede assolutamente che la carità cristiana supplisca a quanto manca agli indigenti, che i ricchi anzitutto assistano i più poveri, e quelli che hanno beni superflui, anziché impiegarli in vane spese o addirittura dissiparli, li impieghino per la vita e la sanità di coloro che mancano del necessario. Quelli che nei poveri daranno a Cristo delle proprie sostanze, riceveranno dal Signore abbondantissima mercede, allorché Egli verrà a giudicare il mondo; coloro invece che faranno il contrario saranno puniti [96]. Infatti non invano avverte l’Apostolo: « Chi avrà dei beni di questo mondo, e vedrà il suo fratello in necessità, e gli chiuderà le sue viscere, come la carità di Dio dimora in lui? » [97]. Qualora poi i privati sussidi non bastassero, compete alla pubblica autorità supplire alle forze insufficienti dei privati, specialmente in una cosa di tanta importanza per il bene comune, quanto è la condizione delle famiglie e dei coniugi che sia degna di uomini. Se infatti alle famiglie, a quelle specialmente che hanno una numerosa figliolanza, mancano convenienti abitazioni; se l’uomo non riesce a trovare l’opportunità di procacciarsi lavoro e vitto; se le cose occorrenti agli usi quotidiani non possono comprarsi che a prezzi esagerati; se perfino le madri di famiglia, con non piccolo danno dell’economia domestica, sono gravate dalla necessità e dal peso di guadagnar denaro col proprio lavoro; se esse, negli ordinari o anche straordinari travagli della maternità, mancano del conveniente vitto, delle medicine, dell’aiuto di un medico esperto, e di altre simili cose: non è chi non vegga quanto grande pericolo ne possa nascere per la pubblica sicurezza, la salvezza e la vita stessa della società civile, se tali uomini, non avendo più nulla da temere che sia loro tolto, siano spinti a tanta disperazione, che osino ripromettersi di poter forse conseguire molto dallo sconvolgimento dello Stato e di ogni cosa. Quanti dunque hanno cura della cosa pubblica e del bene comune, non possono trascurare queste materiali necessità dei coniugi e delle famiglie, senza arrecare grave danno alla cittadinanza ed al bene comune; ed è perciò necessario che, nel fare le leggi e nell’ordinare le pubbliche spese, tengano in massimo conto la cura di venire in aiuto alla penuria delle famiglie povere, stimando ciò tra i precipui doveri della loro carica. Con dolore poi avvertiamo non essere oggi raro il caso in cui, contrariamente al retto ordine, molto facilmente si provvede di pronto e copioso sussidio la madre e la prole illegittima (sebbene a questa pure si debba soccorrere, anche per impedire mali maggiori), mentre alla legittima o è negato il soccorso, o concesso grettamente e quasi strappato a forza. Sennonché, non soltanto per quello che spetta ai beni temporali, Venerabili Fratelli, importa moltissimo alla pubblica autorità che il matrimonio e la famiglia siano bene costituiti, ma anche per quanto concerne i beni propri delle anime: il sancire cioè giuste leggi, che riguardino la fedeltà della castità e il mutuo aiuto dei coniugi e cose simili, e la loro fedele osservanza, giacché, come insegna la storia, la salvezza dello Stato e la prosperità della vita temporale dei cittadini non possono restare salde e sicure, ove vacilli il fondamento su cui si appoggiano, che è il retto ordine morale, e ove per i vizi dei cittadini si costruisca la fonte donde nasce la comunità, cioè il matrimonio e la famiglia. Ma alla tutela dell’ordine morale non bastano le forze esterne della comunità e le pene, e nemmeno il proporre agli uomini la bellezza stessa della virtù e la sua necessità; è necessario che vi si aggiunga l’autorità religiosa, che illumini la mente con la verità, diriga la volontà e valga a fortificare l’umana fragilità con gli aiuti della divina grazia. Tale autorità è soltanto la Chiesa, istituita da nostro Signore Gesù Cristo. Pertanto, vivamente esortiamo nel Signore quanti hanno la suprema potestà civile ad entrare in concorde amicizia, e sempre più rafforzarla, con questa Chiesa di Cristo, affinché mediante la collaborazione e la solerte opera della duplice potestà si allontanino i danni enormi che, per le irruenti e procaci libertà contro il matrimonio e la famiglia, minacciano non solo la Chiesa, ma la stessa civile società. A questo gravissimo compito della Chiesa possono infatti giovare assai le leggi civili, se nei loro ordinamenti terranno conto di ciò che prescrive la legge divina ed ecclesiastica, e stabiliranno pene contro i violatori. Non mancano infatti persone che stimano essere loro lecito, anche secondo la legge morale, quanto dalle leggi dello Stato è permesso o almeno non è punito; oppure, anche contro la voce della coscienza, compiono queste azioni poiché né temono Dio, né vedono esservi alcunché da temere dalle umane leggi; donde non di rado e a se stessi e a moltissimi altri sono causa di rovina. Né poi è da temere alcun pericolo o menomazione dei diritti e dell’integrità della società civile da questo accordo con la Chiesa. Sono insussistenti e del tutto vani siffatti sospetti e timori, come ebbe già a mostrare eloquentemente Leone XIII: «Non v’è dubbio — egli dice — che Gesù Cristo, fondatore della Chiesa, abbia voluto la potestà sacra distinta dalla civile, e che l’una e l’altra avessero nell’ordine proprio libero e spedito l’esercizio del proprio potere, ma con questa condizione tuttavia, che torna bene all’una ed all’altra e che è di molta importanza per tutti gli uomini, che cioè fossero tra loro unione e concordia … Se l’autorità civile va in pieno accordo con la sacra potestà della Chiesa, non può non derivarne grande utilità ad entrambe. Dell’una infatti si accresce la dignità, e sotto la guida della religione il suo governo non riuscirà mai ingiusto; all’altra poi si offrono aiuti di tutela e di difesa per il comune vantaggio dei fedeli » [98]. E, per portare un esempio recente e illustre, così appunto è avvenuto, secondo il retto ordine e del tutto secondo la legge di Cristo, che nelle solenni convenzioni felicemente stipulate tra la Santa Sede e il Regno d’Italia, anche rispetto ai matrimoni fossero stabiliti un pacifico accordo ed una amichevole cooperazione, quali si addiceva alla gloriosa storia ed alle vetuste memorie sacre del popolo italiano. Così infatti si legge decretato nei Patti Lateranensi: « Lo Stato italiano, volendo ridonare all’istituto del matrimonio, ch’è base della famiglia, la dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al Sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili » [99]. A tale norma fondamentale sono aggiunte ulteriori determinazioni del mutuo accordo. Questo può a tutti essere di esempio e di argomento, onde anche nella nostra età nella quale, purtroppo, così di frequente si va predicando una assoluta separazione dell’autorità civile dalla Chiesa, anzi da qualsiasi religione, possano le due supreme potestà, senza alcuno scambievole detrimento dei propri diritti e poteri sovrani, congiungersi ed associarsi con mutua concordia e patti amichevoli, per il bene comune dell’una e dell’altra società, e possa aversi dalle due potestà una comune cura per ciò che spetta al matrimonio, in modo che siano rimossi dalle unioni coniugali cristiane pericoli perniciosi, anzi la già imminente rovina.
Posted on: Tue, 12 Nov 2013 08:24:18 +0000

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