Camorra Il colera a Napoli Nell’estate del 1884 una grave - TopicsExpress



          

Camorra Il colera a Napoli Nell’estate del 1884 una grave epidemia di colera colpì Napoli, facendo contare, alla fine, circa settemila morti nella sola città e quasi ottomila nella provincia. A essere più duramente colpiti furono i vecchi quartieri di Vicaria, Porto, Pendino, Mercato con il degradato tessuto di fondaci, vicoli stretti, edifici putridi. L’epidemia pose il tema della riqualificazione della città di Napoli al centro del dibattito dell’opinione pubblica nazionale e legò, inscindibilmente, le urgenti misure igieniche di cui Napoli necessitava al più ampio obiettivo della modernizzazione della città. Per la prima volta si cominciò a parlare di un intervento straordinario per Napoli. La legge «pel risanamento della città di Napoli» fu approvata nel gennaio 1885 e prevedeva la bonifica dei quartieri bassi, con finanziamento statale, l’ampliamento della città, con la costruzione di nuovi rioni, la realizzazione di fognature e il proseguimento della costruzione dell’acquedotto del Serino. L’inaugurazione di una parte dell’acquedotto e la cosiddetta posa della prima pietra per la costruzione del nuovo rione Vomero, rispettivamente il 10 e l’11 maggio del 1885, lasciavano ben sperare sulla rapidità di realizzazione dei lavori. Ma, a una prima fase di concordia amministrativa dettata dall’urgenza e dall’attenzione nazionale, seguirono quattro anni di stallo dei lavori, bloccati di fronte alle difficoltà e alle lotte interne alle giunte che si scioglieranno e si formeranno sulla questione dei lavori del Risanamento. La questione del Risanamento si incrocerà con la difficile congiuntura finanziaria dell’Italia di fine secolo, e le vicende generali del Paese si sovrapporranno a quelle di Napoli. Nella crisi bancaria nazionale verranno coinvolti anche Istituti che avevano contribuito col proprio capitale alla nascita della “Società per il Risanamento”, affidataria dei lavori. L’opera di risanamento della città di Napoli perderà il carattere emergenziale e i suoi lavori si protrarranno ben oltre i tempi previsti. Inoltre, la gestione dei finanziamenti destò subito sospetti: inchieste amministrative sulle case popolari e sulle opere del Risanamento e un clima di sospetto si tradussero nel primo commissariamento del comune di Napoli, sciolto nel 1891 e affidato al commissario regio Giuseppe Saredo. Dieci anni dopo, Saredo firmò l’inchiesta che porta il suo nome, sui rapporti tra camorra e amministrazione a Napoli. Memoria sulla consorteria dei Camorristi esistente nelle Provincie Napolitane Archiviati presso il Ministero dell’Interno tra «atti diversi» di gabinetto del cinquantennio che va dal 1849 al 1895, si trovano due manoscritti, invenuti da Marcella Marmo, «Memoria sulla consorteria dei Camorristi esistente nelle Provincie Napolitane» e «Rapporto sulla camorra», conservati senza firma e senza data. Solo un appunto a mano, con scritto “1860”, ci mette probabilmente sulle tracce della congiuntura politica dell’Unità d’Italia. Marmo scrive: “Benché in stesura non ufficiale, si tratta con ogni probabilità della documentazione sulla camorra pervenuta al Ministero di Torino nella primavera del 1861 dal Dicastero di Polizia della Luogotenenza napoletana, affidato fin dal novembre del 1860 a Silvio Spaventa, già emigrato di prestigio e leader a Napoli del “partito piemontese”. Tra i tanti e complessi problemi dell’ordine pubblico e degli indirizzi generali per la politica meridionale nel 1861, l’attivo ed intransigente Consigliere dell’Interno e della Polizia fin dalle prime settimane del suo insediamento si era orientato a reprimere la virulenta camorra della capitale, organizzazione misteriosa ma visibilissima nelle pratiche estorsive tra carceri e città”. Due testi che rappresentano dunque un buon osservatorio sul fenomeno criminale di metà Ottocento. Di seguito alcuni tra i più interessanti passaggi tratti dalla «Memoria»: «Sotto il patronato della Madonna del Carmine vive nelle Province Napolitane una mala consorteria che Consorteria dei Camorristi o Camorra semplicemente si appella. Essa ha organamento, mezzi di azione e scopo determinato e questo scopo è: campare la vota nell’ozio mediante estorsione e scrocco da praticarsi a scapito dei giuocatori anzi tutto, poi di quanti si guadagnano anche onestamente un pane. Non sono riuscito a spiegare la causa di questo nome: camorristi». «I camorristi sono divisi in tre classi: la prima comprende i Picciotti d’onore, poi vengono i Picciotti di sgarro, nella terza categoria sono i Camorristi propriamente detti. Queste tre classi costituiscono un vero ordine gerarchico, né si può essere Camorrista senza essere prima stato Picciotto d’onore e Picciotto di sgarro». «La Consorteria dei Camorristi ha tanti centri quanti sono i Capo-luoghi di Provincia. A Napoli havvi un centro in ogni quartiere e i quartieri della città sono dodici. Ciascun centro ha un capo, eletto di camorristi compresi nella sfera in cui egli avrà impero. Si sceglie sempre a capo della società chi è più provetto ed abile in materia di Camorra e maneggio del coltello. Nei bagni, nelle prigioni, nei corpi militari, è pure stabilita la Camorra, ed in ogni luogo di pena come in ogni corpo militare havvi un proprio Capo-società.Tutti questi camorristi sono in relazione fra loro, quelli di una Provincia con quelli delle altre Province, quelli dei bagni, delle prigioni e dell’armata con quelli che sono liberi». «Ora ecco in quel modo lucrano i camorristi. Essi intervengono dove si giuoca, sui mercati, nei postriboli, nelle piazze e strade, dove vi sono vetture a nolo o facchini, si trovano al porto, si trovano in qualsiasi altro luogo pubblico e sempre quando uno busca qualche cosa, deve farne parte al camorrista. (…) E non vi è modo alcuno per sottrarsi al pagamento di questo tributo dovuto alla Camorra. Il Camorrista ha mezzi troppo potenti e temuti, perché gli si osi far resistenza». Il voto: nuovo mercato della camorra La seconda metà dellOttocento rappresentò per la camorra il momento della scoperta di un nuovo mercato. Lallargamento del suffragio giocò in merito un ruolo fondamentale. Gigi Di Fiore nel suo libro «La camorra e le sue storie. La criminalità organizzata a Napoli dalle origini alle ultime guerre», descrive molto bene quanto stava accadendo: «Il Dio voto si affermava. L’allagamento del suffragio, seppure limitato agli uomini e a persone con un alto censo e requisiti culturali, faceva aumentare le possibilità di pressione che i camorristi potevano esercitare sugli elettori, in appoggio a questo o quel candidato. All’estorsione, dopo appena una decina di anni dall’unità d’Italia, si aggiungeva un altro monopolio della Bella Società Riformata che, però, continuava a non possedere colore politico preciso. Gli appoggi ai candidati erano momentanei e strumentali: i camorristi speravano di ricavarne benefici immediati o successivi». A proposito della presenza della camorra sulle elezioni, «Il Mattino», nato nel marzo del 1892 e destinato a diventare il maggiore giornale cittadino, in occasione di due tornate elettorali, una per le elezioni provinciali del luglio 1892 e l’altra per le elezioni politiche del maggio 1895, nel quartiere di Montecalvario a Napoli, parla con chiarezza della presenza della malavita impegnata nelle elezioni e presente nei seggi a sostenere l’uno o l’altro candidato. A scriverne è il direttore Edoardo Scarfoglio che il 30 luglio del 1892 scrive un articolo dal titolo “La mala vita e l’elezione di Montecalvario”, duro attacco e denuncia del sistema clientelare e affaristico che si serve, per fini elettorali, della malavita. «L’avvocato Girardi, che ha perorato assai fiaccamente per se stesso davanti agli elettori di Montecalvario, nel suo discorso-programma commise due errori di tattica talmente grossolani, che non s’intende come abbia potuto cadervi. Il primo (lo rilevammo ieri con sufficiente efficacia), ponendo in campo la significazione morale della sua candidatura; e l’altro, lanciando un’emozionante invettiva contro la mala vita suscitata contro di lui da Billi. Chi ignora che tutte le speranze dell’on. Girardi riposano appunto su questa tanto deprecata mala vita?». Scarfoglio ha amici e – soprattutto – nemici in città. Le sue parole possono essere dettate da inimicizie o interessi. L’accusa di connivenza con la camorra e di manipolazione di questa forza per vantaggi elettorali potrebbe essere usata dal direttore come arma politica. Ciò che è certo, però, è che, da un lato o dall’altro, gli articoli riflettono la presenza della malavita nelle elezioni. L’impressione che si ha è quella di una politica che tiene le redini e che indirizza i rapporti con la mala vita locale che sta con chi gli concede favori, al di là di ogni tipo di ideologia. «Invano in un portoncino al numero 75 del vico Lungo San Matteo si sono distribuite migliaia e migliaia di lire, senz’alcun ritegno; invano la feccia di Montecalvario, violentemente scossa tra il terrore dell’ispettore Rinaldi e la lusinga d’un biglietto di banca, gli è stata suscitata contro, invano tutte le citeree del quartiere hanno promesso piaceri inediti e gratuiti agli elettori che tradissero il vecchio lupo nella fatal giornata: Billi ha vinto», scrive Tartarin, pseudonimo di Scarfoglio, il primo agosto 1892. Il terremoto dellIrpinia Il 23 novembre del 1980 un violentissimo terremoto (6.9 della scala Richter) colpì Campania e Basilicata. L’Irpinia fu l’epicentro di questa catastrofe che contò quasi tremila morti e un numero esorbitante di sfollati. Circa 280.000 persone rimasero senza casa in una sola notte. La forza del terremoto fu tale che tutto il centro-sud Italia avvertì le scosse e anche Napoli, pur lontana dall’epicentro, fu interessata da numerose scosse che andarono a infierire su palazzi già fatiscenti. Furono cinquantadue i morti in città. Non si capì subito la gravità del sisma. Ci vollero parecchi giorni perché ci si rendesse conto della drammaticità della situazione. I soccorsi, duramente criticati dall’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini, recatosi sul luogo della tragedia, furono lenti, scarsi e poco efficaci. Stati Uniti, Germani, Francia, Svizzera e numerosi altri paesi intervennero in aiuto delle popolazioni colpite dal sisma. La ricostruzione post terremoto in Irpinia - dopo trent’anni ancora inconclusa - rappresentò un’enorme speculazione per imprese e clan camorristici che subito fiutarono l’affare che girava intorno alla ricostruzione e ai finanziamenti che sarebbero arrivati – e infatti arrivarono – per la ricostruzione. I comuni interessati, in lista per i fondi pubblici destinati alla ricostruzione, furono prima 36, poi divennero 280 e, infine, 687. Gli amministratori locali facevano carte false per riuscire ad entrare nella lista e partecipare alla spartizione della torta. A nove anni dal terremoto Oscar Luigi Scalfaro, futuro presidente della Repubblica, fu messo a capo della “Commissione parlamentare dinchiesta sullattuazione degli interventi per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti dai terremoti del novembre 1980 e del febbraio 1981 della Campania e della Basilicata”, organismo che doveva fare luce sulla quantità di soldi destinati dallo Stato alla zona colpita. 50.620 miliardi di lire la cifra che comparirà nella relazione conclusiva della bicamerale. Anche Manipulite si occupò, in seguito, del terremoto. Dopo il salto di qualità determinato dal passaggio dal contrabbando alla droga è lo scenario del post terremoto a determinare il nuovo salto di qualità e un’ulteriore trasformazione della camorra. (tratto da bibliocamorra.altervista.org)
Posted on: Mon, 11 Nov 2013 19:51:31 +0000

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