LE LETTERE DEL GENNAIO 1934 DAL GULAG (di Pavel Florenskij) 17 - TopicsExpress



          

LE LETTERE DEL GENNAIO 1934 DAL GULAG (di Pavel Florenskij) 17 gennaio 1934 Cara Oleka, quanto mi dispiace che tu, poveretta, sia rimasta male per non aver ricevuto la lettera del babbo. Lui ci aveva messo ogni sforzo, e l’aveva scritta lunga lunga. Si vede che ha ecceduto e per questo la lettera non è giunta. Tieni presente, d’ora in poi, che non dimentico nessuno, che amo ugualmente tutti e penso sempre a tutti. Scrivo sempre a tutti e se, per qualche motivo, non faccio in tempo a scrivere a qualcuno di voi, ve ne informo. Pazienza, ciò che è perso, è perso. Sono appena tornato al lavoro; prima ho dato, per la prima volta, una lezione a una ragazza della tua età, figlia di un ingegnere. Si chiama Vera. Fino alla mia partenza per Skovorodino l’aiuterò a imparare la trigonometria e, se faremo in tempo, anche altri rami della matematica, perché è venuta qui da Chabarovsk ed è rimasta indietro rispetto alle sue amiche. Se guadagnerò qualcosa con queste lezioni, il ricavato lo manderò a te, quindi non sorprenderti se ricevi l’avviso del versamento. Qui, per un mese, ho insegnato il latino ai corsi per assistenti medici e tecnici di medicina. Ora queste lezioni sono finite, visto che sono corsi accelerati. I tecnici di medicina sono del tutto impreparati, non sanno un’acca della grammatica russa, e alcuni non parlano neanche bene il russo. Gli assistenti medici sono più evoluti e sono riuscito a insegnare loro qualcosa, nonostante ci fosse poco tempo, poche lezioni e mancassero anche i libri di testo. La mamma parla del tuo lavoro. In linea generale non sono d’accordo che tu lavori, perché devi studiare. Ma se pensi di avere un po’ di tempo per i lavori di orticoltura, non sarebbe male acquistare anche per il futuro certe esperienze, imparare i nomi delle piante, abituarsi a esaminare la loro composizione e a conoscere la loro vita. Se poi avrai abbastanza tempo per questo lavoro, e se si può organizzarlo in modo che non sia troppo gravoso e non ostacoli altre tue occupazioni, non sarei contrario. Quanto al museo del giocattolo, non vale la pena di impegnarsi in questa cosa, perché ti distoglierebbe dalla strada intrapresa e ne verrebbe fuori una confusione e una perdita di tempo. Fammi sapere se hai ricevuto la mia lettera in cui ti scrivevo che cosa e come bisogna leggere in materia di letteratura. Mi dispiacerebbe se quei pensieri non ti fossero giunti, perché non credo di poter formularli per iscritto una seconda volta; e poi, dà noia riscrivere le stesse cose. Vorrei sapere come va la tua musica. Faresti bene a leggere qualcosa della storia della musica, per iniziare, almeno le biografie dei musicisti, e dopo, la storia stessa (sta nel mio scaffale). Cerca di meditare ciò che ascolti, quando frequenti i concerti o quando impari qualcosa, sia per quanto riguarda i dettagli della forma e della composizione musicale, sia per quanto riguarda lo stile. In seguito, quando acquisterai una certa esperienza e, soprattutto, un materiale concreto, dovrai leggere i libri sull’estetica. Il più semplice di essi è “Che cos’è la bellezza”, di Milthaler. Se non troverai il libro, nei miei quaderni c’è il sunto dettagliato di esso e anche del libro di Gross che tratta dello stesso argomento: puoi usarli. Sono quaderni non rilegati, con copertine che ho dipinto alla tua età. Sai, cara figliola, qual è la cosa più importante? Non scoraggiarti, lavora, cresci e accumula cognizioni ed esperienze. Se nel leggere i libri, non capirai qualcosa, non turbarti, lo comprenderai a poco a poco in futuro. La bellezza non è una cosa nella quale si possa penetrare immediatamente. O meglio, e più precisamente, ci si può penetrare anche subito, ma dopo esserci rimasti accanto per un po’, e dopo che nell’animo i vari elementi assimilati progressivamente si sono composti insieme in maniera organica. Dai giornali abbiamo saputo della morte di Andrej Belyj (uno dei più grandi poeti simbolisti russi, figlio del professore di matematica di Florenskij, divenne amico di Florenskij, dopo alcuni incontri a casa sua rimase affascinato dall’originalità e, allo stesso tempo, dall’enigmaticità dell’allievo di suo padre. Florenskij sentì l’attrazione per il pensiero dell’amico la cui opera egli definì: «Uno straordinario esempio della nuova creazione mitologica non paragonabile con nessun’altra». Al centro del loro comune interesse fu il tema del simbolo. Il giovane Florenskij era convinto che l’opera dell’amico fosse il segno di una svolta decisiva nella coscienza dell’umanità verso i nuovi orizzonti del pensiero e della cultura. Una svolta che consisteva, appunto, nel guardare il mondo mitologicarnente, percependo, cioè, i fenomeni come simboli di una realtà superiore, trans-empirica. L’anno 1905 segnò la fine della loro amicizia ed essa non venne mai più riallacciata anche a causa delle diverse scelte di vita: Belyj si incamminò verso i circoli dei teosofi e degli antroposofi, Florenskij trovò il suo posto nella Chiesa ortodossa-russa. Nonostante ciò, Belyj fu sempre stimato da Florenskij come il «personaggio più originale della letteratura russa»). L’abbiamo saputo e ci siamo rattristati. Una volta, infatti, c’era un rapporto molto stretto tra noi due e, sebbene in seguito esso si sia lacerato, l’immagine di Andrej Belyj nel pieno della sua attività creativa è ancora viva in me, anche se lo stesso Andrej Belyj nella vita, si è coperto di ceneri ed è diventato grigio. Vasja e Kira forse ricordano vagamente quando era stato a casa nostra, mentre tu, più probabilmente, non ne ricordi nulla. Un bacio forte a te. 18 gennaio 1934 Caro Kirill, è da molto che non mi scrivi. So che lavori tanto e che nei giorni di festa vai al bosco. Comunque, non dimenticare il tuo papà. (...). Sono appena tornato dalla seduta di un circolo di fisica e chimica, in cui si è tenuta una relazione sulle recentissime tendenze nel campo del sistema periodico degli elementi chimici. Un giovane ha esposto, in rapporto a queste tendenze, la propria teoria. In sostanza sostiene che si deve tornare alla variante originale di Mendeleev, in cui il numero di periodi si riteneva pari a sei e non a sette. Con tale periodicità viene eliminata una serie di disguidi del sistema e si arriva, dopo le correzioni della composizione elettronica degli atomi, a un quadro molto più integrale e coerente. Certamente c’è ancora da lavorare, ma quest’idea promette chiaramente certi vantaggi. Io qui cerco di essere attivo, intervengo a tutte le riunioni di carattere scientifico, studio molto per distrarmi un po’ dalla realtà, ma, ciò nonostante, vi penso continuamente e mi preoccupo per voi, poiché mi è impossibile fare ciò di cui sarei capace. Mi venite in mente continuamente tu e Vasja, Mik e Tika e, separatamente, Olja. Mik e Tika li ricordo abbracciati, sul divano vicino alla stufa, tristi e silenziosi: stavano così quando la mamma era stata male. Allora erano rimasti buoni dallo spavento, poverini. E così li vedo sempre. Qui a Svobodnyj, nonostante la bruttezza del posto, si può comunque vedere qualcosa di bello: il cielo. Le stelle luminosissime, la luna che manda sempre la sua luce e attorno alla quale è spesso un halo; le aurore straordinariamente luminose con colori stupendi. La cosa più bella qui è il segmento crepuscolare che si leva alto, di un colore grigio azzurro intenso e orlato da un arco purpureo luminoso. Un segmento e delle aurore così non li ho visti in nessun’altra località. Delle piante di qua ne conosco una sola: la quercia della Manciuria, i cui polloni coprono le dune e i versanti delle rive. Non so se cresca fino a diventare un vero albero, gli esemplari che ho visto sono piuttosto dei cespugli, o meglio un misto tra il cespuglio e l’albero. Il suo fogliame è così saldo che anche nella stagione attuale è difficile staccare una foglia da un ramo. Questi polloni, dunque, rimangono bronzei, e quando al tramonto o allo spuntare del sole vengono illuminati da un raggio luminoso, sembrano di oro vecchio fuso. Vicino al nostro gabinetto, sul pendio della duna, c’è uno di questi cespugli di bronzo, ed io lo contemplo spesso; per farlo a volte esco di corsa di proposito, nonostante il freddo. C’è poca neve, la terra non è del tutto coperta, ma il fatto che la neve ci sia è già un bene. La terra è piena di fessure, profonde e abbastanza larghe. Anche le croste di ghiaccio si fendono, come ghiaccioli, ma per un altro motivo. Poco fa mi è capitato di sentir parlare di un fenomeno molto interessante: in un piccolo tratto del fiume Lena la freccia del magnete gira come matta; non oscilla, ma proprio gira, e sempre nella stessa direzione. Ecco, pensa un po’ con Vasja se ciò sia possibile e per quale motivo avvenga. Io ora ci sto riflettendo e penso di aver trovato una spiegazione; forse farò degli esperimenti per verificarla. Ti bacio, caro. Non dimenticarmi e scrivimi. Bacia la nonna. Salutami la nonna a Zagorsk. 19 gennaio 1934 Cara Annulja, l’11 gennaio ho ricevuto la tua lettera del 27 dicembre. Riguardo alle lettere, ti prego di spedirle ancora qui a Svobodnyj, casella postale n. 25, come hai fatto finora. Infatti per il momento starò ancora qui e non so quando partirò, così come non si sa per quanto tempo: forse per un mese, o forse per un periodo più lungo. In ogni caso, chiederò a qualcuno di farmi avere le lettere. P. N. probabilmente verrà con me, almeno per il momento così è deciso. (...). La vita va avanti al solito ritmo. Per quasi tutta la giornata sono al lavoro, o leggo, o scrivo. A volte partecipo a delle riunioni, in genere di carattere scientifico, soprattutto nei giorni festivi. Mangio a sufficienza, più di quanto mangiassi a casa, e certamente molto più e meglio di voi. Al mattino, il tè con qualcos’altro (un dolce, la kaa, aringa affumicata, ecc.), verso le dodici compriamo un panino o altro al buffet, verso le quattro o le comunque c’è il pranzo che consta di tre piatti, e la sera verso le undici ceniamo e beviamo il tè. Come vedi, mangiamo molto. In più, negli ultimi tempi, il cibo è migliorato di qualità. Ci danno anche una razione di zucchero, sapone, perfino biscotti e qualche caramella. Pane, ne danno più che a sufficienza. Tutto ciò mi pesa, quando penso (e ci penso continuamente) che a voi mancano tante cose. Mi chiedi delle coperte, del cuscino, delle lenzuola: ma io ho tutto questo e non ho proprio bisogno di niente, e ogni cosa in più non è che un peso, che non saprei dove mettere, che non ho la possibilità di custodire e che non potrò trasportare. Infatti è quasi certo che dovrò viaggiare. Non ci sono grosse novità, se non quella dell’acquisto di una buona cartella di pelle: finora le mie carte si sciupavano e si logoravano, e trasportare i libri a mano, al gelo, è difficile. Allora ho deciso di prendermi questa cartella, per poi regalarla a te. Un’altra novità è che mi hanno rubato il paltò di pelle, dalla mia stanza, mentre ero al lavoro. Quando faceva molto freddo, non potevo metterlo perché non era abbastanza pesante, ed ecco che me l’hanno rubato. Questo fatto ti dimostra che qui bisogna possedere il minimo indispensabile, perché tanto non si può sorvegliare tutto. Anche a P. N., nello stesso giorno, hanno rubato una coperta, che era dello Stato. Succede spesso che le cose spariscano. Ancora una novità: oggi a pranzo ci hanno dato quattro piatti. Quindi, come vedi, non possiamo proprio dire di fare la fame. Io e P. N. non ci separiamo quasi mai, a parte quelle poche ore in cui l’uno o l’altro è occupato nell’insegnamento. Tutto il resto del tempo lo trascorriamo insieme: lavoriamo allo stesso tavolo, mangiamo insieme alla mensa, i nostri letti sono vicini, e andiamo al lavoro insieme. La sua salute si è del tutto ristabilita, e i postumi dello scorbuto non si manifestano più, cosicché i suoi familiari possono stare tranquilli. (...). Cara mammina, è da tanto che non ti scrivo, ma immagino che tu veda spesso i ragazzi e sappia da loro come sto. Presto lascerò Svobodnyj per una missione di lavoro alla Stazione sperimentale degli studi sul gelo di Skovorodino, dove devo fare alcuni esperimenti sul gelo. Probabilmente da lì andrò ancora oltre per impratichirmi dei fenomeni del gelo e osservarli personalmente. Qui, nonostante la latitudine [nord] sia modesta (52°), fa freddo, per esempio ieri faceva sui meno 40°. Tra l’altro anche a Mosca, a quanto pare, quest’anno fa piuttosto freddo. Sono in pensiero per tutti voi e già da tempo non ho notizie del tuo stato di salute. Io vivo come al solito, mi accorgo di mangiare troppo e devo decidermi a ridurre la quantità di cibo. Finora mi occupo soprattutto di studiare i testi scientifici e i lavori teoretici. È prevista anche una pubblicazione alla quale, se si realizzerà, prenderò parte (i risultati di questi studi sul gelo furono effettivamente pubblicati nel 1940, ma senza l’indicazione del cognome di Florenskij). Ti bacio. Salutami Ljusja e la zia Sonja. (da "Non dimenticatemi").
Posted on: Thu, 18 Jul 2013 04:05:13 +0000

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