Nucleare iraniano, le resistenze francesi bloccano laccordo - - TopicsExpress



          

Nucleare iraniano, le resistenze francesi bloccano laccordo - Giuseppe Acconcia Laccordo sul nucleare iraniano non cè ancora. Mentre chiudiamo il giornale, questa è lultima notizia che arriva da Ginevra. Dopo tre giorni che hanno tenuto con il fiato sospeso le cancellerie di mezzo mondo, non è stata siglata la storica intesa di Tehran con la comunità internazionale (P5+1 - membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite e Germania). Tutto sembrava presagire la fine positiva dei colloqui, mentre si susseguivano gli incontri tra il segretario di Stato John Kerry, il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif e lAlto rappresentante dellUe Catherine Ashton. Ma Zarif, in unintervista alla Bbc , nel tardo pomeriggio di ieri, ha gelato tutti parlando di accordo slittato di «7-10 giorni», in seguito «alle divergenze interne ai 5+1». I colloqui potrebbero quindi riprendere dopo la visita a Tehran del direttore dellAgenzia internazionale per lEnergia atomica, Yukiya Amano, prevista per lunedì. Eppure non si tratta di un fallimento perché per la prima volta sono stati proprio i negoziatori iraniani a tentare di strappare a tutti i costi una road map per uscire dallangolo, in cui si è messo il paese negli anni di governo ultra-conservatore. E così, quando sono emerse le divergenze, il pragmatico presidente Rohani ha chiesto da Tehran di non perdere un«occasione eccezionale». In caso di successo, il compromesso sarebbe stato rappresentato allopinione pubblica nazionale come il tentativo di affermare lindipendenza iraniana, pur senza cedere al diritto di dotarsi di un nucleare a scopo civile. E più concretamente di chiudere con lasfissiante crisi economica innescata dal muro contro muro di Ahmadinejad. Ma a far saltare il tavolo è stata lennesima divisione interna allUnione europea. Il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius si è rifiutato infatti di siglare la prima bozza, annunciata da Mosca, che circolava sin da venerdì a Ginevra. Le preoccupazioni in materia di sicurezza, espresse dalla Francia, hanno provocato lo strappo di parte della delegazione iraniana che ha lasciato il tavolo per alcune ore, accusando Parigi di essere sulle stesse posizioni intransigenti di Israele. Eppure, la possibilità di un accordo imminente aveva fatto volare in Svizzera tutti i ministri degli Esteri dei paesi coinvolti nel negoziato. Dal canto loro, Londra e Berlino hanno spinto fino allultimo momento per chiudere il cerchio. Il britannico William Hague ha chiesto di «cogliere lattimo» e il tedesco Guido Westerwelle ha assicurato «trasparenza nei controlli». Mentre risuonava il laconico «rifiuto categorico» dellintesa da parte del premier Benjamin Netanyahu. Non solo, anche il Senato americano sembrerebbe pronto a mantenere alta la pressione sullIran tanto che, fonti dagli Stati uniti, hanno fatto trapelare che sarebbero addirittura in discussione sanzioni aggiuntive sul programma nucleare. In particolare, i senatori repubblicani hanno ripetutamente espresso preoccupazioni sulle possibilità che venga raggiunto un compromesso: «Laccordo lascerebbe le strutture nucleari iraniane in funzione, minando lefficacia delle sanzioni che abbiamo costruito duramente», ha dichiarato il senatore Mark Kirk. Ma il dibattito pubblico sulla questione nucleare si è acceso anche a Tehran. Il quotidiano conservatore Kayhan, in un articolo apparso ieri, ha smorzato gli entusiasmi parlando di «miraggio» di intesa nucleare e di tentata «estorsione» da parte degli Stati uniti. I colloqui di Ginevra sono entrati nel pomeriggio di ieri in una fase molto delicata. La principale richiesta dei negoziatori è che lIran congeli le attività del reattore ad acqua pesante di Arak, che blocchi le 19mila centrifughe già in funzione e la costruzione delle nuove Ir-2. Mentre è ancora da definire dove andranno a finire le scorte di uranio già arricchito al 20%. «Quando il reattore (di Arak, ndr ) inizierà le sue attività, ogni azione ostile avrebbe conseguenze ambientali gravi», ha detto Olli Heinonen, ex vice direttore dellAiea. «Per questo la costruzione deve essere fermata prima della sigla di un accordo», ha aggiunto. In cambio, i 5+1 si sono detti pronti a scongelare almeno 50 miliardi di dollari, proventi della vendita di petrolio iraniano, bloccati nelle banche di mezzo mondo. Secondo stime vicine al governo iraniano, i fondi a cui Tehran non può accedere oscillano tra i 60 e i 100 miliardi. Mentre la Cina, coinvolta in negoziati paralleli con lIran e implicata insieme a Mosca e Islamabad nel suo programma nucleare, nonché primo acquirente di greggio iraniano, ha confermato che i fondi bloccati sono pari a 47 miliardi di dollari, 25 dei quali trasferiti da Tehran alle banche europee tra il 2006 e il 2011. Da ilmanifesto.it
Posted on: Sun, 10 Nov 2013 16:44:59 +0000

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