PIANTE TRANSGENICHE, ECOSISTEMI E GENI DELLA MORTE . MANUELA - TopicsExpress



          

PIANTE TRANSGENICHE, ECOSISTEMI E GENI DELLA MORTE . MANUELA GIOVANNETTI, Università di Pisa. IL PONTE, Anno LV, n. 9, settembre 1999, pagg. 104- 110. I principali motivi che hanno scatenato ondate di articoli giornalistici sulle biotecnologie sono stati i recenti scandali a limentari del pollo alla diossina e di mucca pazza, che niente hanno a ch e fare con le biotecnologie stesse. Al contrario, i casi menzionati riguardano il cibo, ed infatti è attraverso la loro associazione con il cibo che è stato possib ile effettuare operazioni culturali come quella che ha portato a discutere di biotecnologie e piante transgeniche in contrapposizione a sapori antichi e slow food. Così, si è arrivati a mettere in discussione, al massimo, gli allevamenti intensivi, nel caso del pollo alla diossina, ed il fatto che un erbiv oro fosse stato alimentato come un carnivoro, nel caso di mucca pazza. Utilizzand o questo sistema, che preferirei chiamare trucco, si è evitato che il cit tadino-consumatore medio si ponesse domande quali: a) come è possibile che olio di scarto contenente d iossina finisca negli alimenti dei polli? b) come possono cadaveri di pecore malate finire ne i mangimi delle mucche, senza neanche avere la certezza che non contengano più lagente infettante? Soprattutto si è evitato di dire al cittadino-cons umatore che dietro ad ogni caso/scandalo ci sono stati forti interessi economi ci dei quali si è spesso taciuto, e che i vari governi europei nellemanare leggi e n el fare controlli non hanno certamente difeso la salute e la sicurezza alimenta re del cittadino-consumatore stesso. Analogamente, ogni volta che si cerca di discutere seriamente dei rischi connessi alla coltivazione ed alla utilizzazione di piante transgeniche, si innesca il meccanismo sopra descritto di associazione col c ibo, che porta inevitabilmente a considerazioni sulle possibilità che il cibo transgenico sia dannoso per la salute umana, e provochi reazioni al lergiche ed intolleranze alimentari. Questo argomento è molto importante, è stato molto dibattuto ed è oggetto di controversie internazionali, riguardanti soprattutto le importazioni di cibi transgenici dagli Stati Uniti dAmerica allEu ropa. I governi di molte nazioni, tra cui India, Norvegia e Danimarca, insie me a Consumers International, una federazione di 246 organizzazion i di consumatori, chiedono da tempo che tutti i cibi prodotti attraverso tecni che di modificazione genetica (GM) siano etichettati, opponendosi al concetto di sostanziale equivalenza introdotto nel 1993 dalla Organization for Economic Cooperation and Development (OECD), in base a cui i cibi GM sono co mparati con i corrispettivi non-GM, in termini di tossicità e qua lità nutrizionali. La etichettatura faciliterebbe lo svolgimento di studi epidemiologici perdeterminare qualsiasi aumento delle allergie o mala ttie possibilmente collegate al cibo transgenico. Al di là del rischio alimentare dei cibi transgeni ci, che suscita così tanto interesse nei media, a mio parere i pericoli più gr andi connessi alluso di piante transgeniche riguardano la loro stessa coltivazione , poichè del destino dei geni modificati dopo il loro rilascio nellambiente non si conosce ancora quasi niente. In particolare non si conoscono gli effetti che le piante transgeniche coltivate possono avere su tutti gli altri componen ti dellecosistema, come gli insetti e gli uccelli che si cibano delle loro fogl ie e radici. Né si conoscono le interazioni delle enormi quantità di residui della coltivazione delle piante transgeniche con i microrganismi del suolo che deco mpongono lintera pianta e rimettono in circolo gli elementi nutritivi. Di cer to sappiamo che in natura i geni possono essere trasferiti da un organismo all altro, esattamente come in laboratorio. Di seguito cercherò di descrivere i principali ris chi ambientali connessi alla coltivazione di piante geneticamente modificat e, utilizzando i dati della letteratura scientifica internazionale, e citerò l esempio della modificazione delle piante con la tecnologia Terminator, il gen e della morte, a sostegno della tesi che lassenza di scienza e coscienza, e la contemporanea presenza di forti interessi economici, costituiscono la base de i disastri ambientali passati e futuri. Piante transgeniche . Gli organismi geneticamente modificati (OGM), defi niti anche transgenici, sono prodotti utilizzando processi di ingegneria genetica, che permette laggiunta di nuovi geni o il cambiamento di geni già esistenti nellorganismo oggetto della manipolazione. Siccome il codice genetico è universale, geni prelevati da topi o da batteri pos sono funzionare bene in organismi vegetali come mais o cotone e viceversa. Il processo di trasferimento di geni da una specie allaltra prende il nome di trasformazione , i geni inseriti nella nuova specie sono definiti transgeni ed il prodotto è un organismo transgenico . Le piante transgeniche sono diventate una importan te realtà commerciale in agricoltura in pochissimi anni: nel 1996 solo un a varietà di mais transgenico era coltivata negli USA ed interessava lo 0,75% dei terreni coltivati a mais; nel 1997 le varietà diverse di mais transgenico coltiva te erano sette ed interessavano il 9% delle colture di mais; nel 1998 undici varietà transgeniche rappresentavano il 25% della superficie totale colt ivata a mais (Nature, 398, 736). Oltre al mais, anche la soia transgenica ha r apidamente invaso il mercato agricolo americano: ingegnerizzata dalla Corporazio ne Monsanto, la soia Roundup Ready® contiene nel suo patrimonio genetico un gene batterico che la rende tollerante allerbicida Roundup® , prodotto a nchesso da Monsanto. Questa soia fu introdotta per la prima volta nel 19 96 e si stima che nel 1998 ne siano stati coltivati negli USA circa 18 milioni di acri (Horstmeier, 1998). La maggior parte delle piante transgeniche attualm ente coltivate sono state modificate per renderle tolleranti a erbicidi o ad insetti dannosi. Per quanto riguarda le varietà erbicida-tolleranti, que lle coltivate più comunemente sono in grado di crescere bene in presenza di erbic idi come il glifosato e glufosinato, che possono così essere distribuiti su lle colture senza danneggiarle: oltre alla soia già citata, un altro esempio è cost ituito dalla varietà di mais T25, prodotto dalla compagnia biotecnologica tede sca AgrEvo. Per quanto riguarda le varietà di piante resistent i ad insetti, gli esempi più importanti sono costitutiti da mais, cotone e patat e Bt , varietà geneticamente modificate per produrre tossine che in natura sono prodotte da un batterio del terreno, Bacillus thuringensis ( Bt ). Dal 1995, anno di registrazione delle colture Bt da parte della Environmental Protection Agency de gli USA, sono state approvate sette varietà di mais, una di cotone ed u na di patata, prodotte dalle multinazionali Monsanto, Novartis, Mycogen, DeKalb, AgrEvo. Nel 1998 circa 20 milioni di acri sono stati coltivati con varietà Bt negli Stati Uniti, 15 milioni dei quali erano costituiti da mais, che rappresenta vano il 20% circa della superficie totale coltivata a mais (Nature, 397, 63 6). E interessante notare, anche ai fini di quanto verrà discusso in seguito, che ogni singola cellula di ogni singola pianta coltivata contiene il gene atti vo e produce tossine. Rischi connessi alla coltivazione di piante transge niche . I rischi ecologici connessi al rilascio nellambie nte di piante geneticamente modificate sono stati e sono tuttora al centro di controversie internazionali, sia in ambito scientifico che polit ico (Rissler, Mellon, 1996). Uno dei primi rischi di cui si è discusso è rappres entato dalla possibilità di diffusione del polline proveniente dalle piante tra nsgeniche, attraverso il vento o gli insetti impollinatori. La propagazione dei tr ansgeni attraverso il polline è inevitabile ed ingovernabile e sono stati ormai des critti molti casi di ibridizzazione tra specie transgeniche coltivate e specie correlate che crescono spontanee nei campi vicini (Bergelson, Purrington, Wichman, 1998). Per esempio, la ibridizzazione tra Brassica napus (colza) transgenica, tollerante lerbicida glufosinato, e Brassica campestris è stata provata in esperimenti in campo, e gli ibridi interspecifici della seconda ge nerazione contenevano il transgene della tolleranza allerbicida (Mikkelsen, Andersen, Jorgensen, 1996). E evidente che la rapida propagazione di geni per la tolleranza agli erbicidi potrebbe portare in tempi brevi alla nascita di pia nte spontanee altamente invasive e non più controllabili con gli erbicidi c onosciuti, o alla proliferazione di piante superinfestanti. Il rischio di impollin azione incrociata e di diffusione incontrollata dei transgeni diventa molto alto nell e colture agrarie, dove possono venire coltivate varietà GM e non-GM a dist anze non di sicurezza. Proprio perchè non siamo ancora certi del destino d ei transgeni in natura, la Svizzera ha recentemente negato il permesso di cond urre sperimentazioni in campo con la varietà di mais transgenica T25 alla c ompagnia biotecnologica tedesca AgrEvo, sulla base del fatto che i dati su lla valutazione del rischio erano inadeguati e che dovevano essere presentati p iani di monitoraggio del flusso potenziale di geni verso le piante vicine e gli organismi viventi nel terreno (Nature, 398, 736). Questo è uno dei primi esempi di applicazione del principio di precauzione, che dovrebbe essere all a base di ogni azione umana. In realtà, flusso di geni da piante coltivate a pia nte spontanee vicine è stato già documentato per piante come mais, carota, sorgo, gi rasole, fragola, barbabietola (Nature, 392, 653-654). Il rischio di inquinamento genetico incontrollabil e riguarda anche le varietà transgeniche Bt , che producono tossine attive contro insetti danno si. Oltre a tale rischio, nelle colture di piante Bt , potrebbe verificarsi, nel giro di pochi anni, levoluzione della resistenza alle toss ine negli insetti-target (bersaglio), dovuta alla forte pressione selettiva esercitata sugli insetti stessi dalla produzione costante di tali tossine in ogni c ellula della pianta (Gould, 1997). Molte associazioni americane di produttori di pest icidi e di semi Bt sottolineano che i rischi ambientali non sono ancor a provati sperimentalmente, e che mancano dati scientifici sul trasferimento di transgeni Bt a piante vicine, o sui danni delle tossine Bt ad insetti utili o ad altri organismi. Al contrari o, nel caso del mais, una recente ricerca pubblicata sull autorevole rivista scientifica Nature ha dimostrato che il polline proveniente da mais Bt depositato sulle foglie di una diversa specie di pianta provocava la morte del 40% circa delle farfalle monarca che si cibavano di tali foglie (Lo sey, Raynor, Carter, 1999). La farfalla monarca non è un insetto dannoso, è sempli cemente uno dei tanti organismi che vivono nei prati, vicini o lontani da i campi coltivati, e che non costituiscono certo il bersaglio delle tossine prod otte dalle piante transgeniche Bt : sono cioè insetti non-target. Altre ricerche hann o dimostrato un impatto negativo su insetti non-target, che avevano ingerit o a loro volta insetti alimentati con piante transgeniche produttrici di t ossine (Hilbeck, 1998). I potenziali pericoli ambientali risiedono quindi nel la possibilità concreta che si verifichi una catena di eventi dannosi per tutti gl i organismi viventi in un dato ecosistema. Ai sostenitori del rischio zero potrebbe essere po sta la seguente domanda: quanti organismi non-target possono essere messi a rischio dalle tossine Bt quando il polline che le contiene è disperso dal ve nto e si deposita su tutte le specie di piante viventi nel raggio di almeno 60 me tri dalle coltivazioni? Se si pensa poi alla enorme quantità di residui vegetali che le coltivazioni di mais lasciano sui terreni agrari, residui che vengono in terrati e sono ingeriti dalla microfauna del suolo e degradati dai microrganismi, non possiamo escludere che le tossine Bt , contenute in ogni cellula di ogni pianta, possano interagire negativamente con altri componenti dellecosistema e costituire un reale rischio per organismi non-target. Dunque linquinamento genetico provocato dalla col tivazione delle piante transgeniche ha profonde implicazioni per la conser vazione della biodiversità. Anche Robert May, il principale consigliere scienti fico del governo britannico, che minimizza i rischi derivanti dallevoluzione di possibili superinfestanti e dalla impollinazione incrociata, si è mostrato inve ce preoccupato per limpatto che le piante geneticamente modificate possono aver e sulla conservazione della biodiversità e del paesaggio naturale (Nature, 398 , 654). La consapevolezza che gli scienziati non conoscono in anticipo tutte le possibili interazioni tra i geni introdotti nel pat rimonio genetico di una pianta e lintero ecosistema, dovrebbe guidare lazione dei governi europei, per poter garantire la sicurezza alimentare, la salvaguardia dellambiente, la difesa della biodiversità. Solo ricerche sperimentali a lungo te rmine ed in campo, sottoposte a controlli pubblici rigorosi e trasparenti, potran no produrre serie valutazioni di impatto ambientale delle piante transgeniche e chia rire alcune delle incognite che i bioingegneri non riescono a calcolare a causa della complessità degli ecosistemi. I geni della morte . Nell agricoltura moderna alcune colture, tra cui il mais, non sono riseminate utilizzando i semi prodotti dal raccolto precedente, ma sono regolarmente vendute ogni anno agli agricoltori dal le grandi industrie sementiere che selezionano sementi ibride per lagr icoltura intensiva. Molte altre colture importanti, come riso, grano, soia, c otone, non sono invece coltivate da semi ibridi, e spesso i contadini, spe cialmente nei paesi più poveri, utilizzano la pratica antica di seminare i campi co n i semi prodotti dal proprio raccolto. Questa pratica non sarà più possibile se un brevetto americano del 1998 sarà utilizzato per costruire piante geneticam ente modificate perchè uccidano i loro stessi semi di seconda generazione. Tale brevetto è stato denominato Terminator Technology dal RAFI (Rural Advancement Foundation International), una organizzazione inter nazionale dedicata alla conservazione ed allo sviluppo sostenibile della bi odiversità in agricoltura ,che ha analizzato le possibili implicazioni sociali, ec onomiche ed ambientali dellinvenzione. Non è questa la sede per descriver e nel dettaglio il complicato processo che induce i semi al suicidio invece che a lla germinazione. In sintesi, la pianta ingegnerizzata contiene il gene per la pr oduzione di una tossina che ucciderà il seme prodotto dalla pianta stessa. Tra le tante tossine possibili, gli inventori di Terminator suggeriscono di utilizzare una proteina che inibisce la sintesi delle proteine, in mancanza delle quali ogn i pianta muore in tempi brevi, e che sostengono non essere attiva contro organismi diversi dalle piante. Per quanto sopra discusso riguardo ai rischi di pr opagazione del polline transgenico nellambiente e di impollinazione incro ciata con piante vicine della stessa specie, possiamo facilmente immaginare il di sastro ecologico che potrebbe derivare dal rilascio nellambiente agrari o di semi transgenici contenenti geni della morte. Inoltre tali semi po trebbero avere effetti imprevedibili sugli organismi che se ne cibano, com e uccelli ed insetti, e sui microrganismi del suolo, che li utilizzano dopo ave rli degradati. Siccome si conosce ancora molto poco di come i geni siano atti vati e disattivati nei vari organismi, e sono noti casi di geni introdotti in u na pianta per una precisa funzione che in realtà hanno funzionato in tuttalt ro modo, potrebbe avvenire che i geni della morte siano attivati improvvisamen te in tempi diversi ed in siti diversi dal seme. Come sostiene Martha Crouch, Professore di Biologi a allUniversità dellIndiana, gli inventori di Terminator nella des crizione del loro brevetto mostrano un modo di pensare pericolosamente riduzio nista, omettendo di considerare qualsiasi effetto sulla ecologia di tut ti gli organismi che possono venire in contatto con i geni della morte. Certo è che interferire così pesantemente su processi naturali fondamentali dell a vita senza conoscere niente delle lunghe catene di relazioni tra compone nti diversi e lontani degli ecosistemi, può produrre effetti globali inaspettat i, imprevedibili e disastrosi. A questo punto si impone una riflessione sulle pos sibili conseguenze che lutilizzazione e diffusione della tecnologia Termi nator potrebbe avere sulla sopravvivenza delle popolazioni dei paesi più pover i. Lintroduzione dei geni della morte in colture fondamentali come il riso o il grano potrebbe consegnare nelle mani delle multinazionali delle sementi la so rte di interi paesi. Le implicazioni di Terminator sono quindi anche di nat ura sociale e politica, oltre che economica. Sarebbe opportuno che linteresse di politici e st udiosi di bioetica, così forte per la sorte degli embrioni oggetto di studio o frutto di fecondazioni in vitro si estendesse anche ai geni della morte, dall a cui commercializzazione può dipendere la sorte di milioni di persone. BIBLIOGRAFIA - Mikkelsen, T. R., Andersen B., Jorgensen R. B. 19 96. The risk of crop transgene spread. Nature, vol. 380, pag. 31. - Bergelson, J., Purrington C. B., Wichman G. 1998. Promiscuity in transgenic plants. Nature, vol. 395, pag. 25. - Losey, J. E., Raynor L. S., Carter M. E. 1999. T ransgenic pollen harms monarch larvae. Nature, vol. 399, pag. 214. - Hilbeck, A. 1998. Environemental Entomology, vol. 27, pagg. 480-487. ??? - Rissler, J., Mellon M. 1996. The ecological risk of engineered crops. The MIT Press, Cambridge, Massachussetts, U. S. A.
Posted on: Thu, 14 Nov 2013 09:23:06 +0000

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